21 MAGGIO 2005

dal Giornale di Vicenza

«Taglio gli stipendi della Giunta»
Saranno processati lo stesso giorno
«In circoscrizione 5 ci dissero: palestra a chi avrà più iscritti»
«Scusi, è qui che danno il kit anti-topi?»

Infuriato dopo gli attacchi in Consiglio sugli sprechi, Hüllweck minaccia clamorose riduzioni
«Taglio gli stipendi della Giunta»
Il sindaco avrebbe chiesto di predisporre la delibera

di Gian Marco Mancassola

Sembrava impazzito, ieri, il barometro di palazzo Trissino, passato in poche ore dallo scampato naufragio in consiglio comunale sull’incarico del portavoce del sindaco, al gelido vento che annuncia nuove burrasche in maggioranza. E ancora una volta, più che un barometro somiglia tanto a un sismografo. L’ultimo terremoto politico, per il momento, è appiccicato come un chewing-gum al via vai di voci e chiacchiere su presunti propositi del sindaco Enrico Hüllweck, che giovedì sera, infuriato dopo i plateali attacchi dell’opposizione sugli sprechi a palazzo dovuti ad assunzioni e incarichi ad personam, avrebbe maturato l’intenzione di tagliare gli stipendi degli amministratori, ovvero della Giunta e dei presidenti di circoscrizione. E ieri mattina, dopo aver covato un acuto malumore per critiche che riteneva ingiuste, il capo dell’amministrazione avrebbe chiesto di predisporre la delibera dei tagli. Sarebbe un taglio clamoroso, per dimostrare che chi regge le redini della città non lo fa per interesse economico. Il bisturi, però, non agirebbe indisturbato e l’intervento non sarebbe indolore. Nel primo pomeriggio di ieri, infatti, si era già scatenata una girandola di telefonate e messaggini fra gli assessori e i presidenti dei parlamentini di zona, choccati perché quella che in un primo momento credevano essere soltanto una boutade, uno sfogo figlio delle tensioni post-consiliari, si stava trasformando in un atto ufficiale. In base alle indiscrezioni, infatti, il sindaco avrebbe già chiesto al segretario generale Domenico Giuliani di studiare una delibera ad hoc con la quale vengono ridotte le indennità degli amministratori. A questa potrebbe addirittura associarsi una variazione di bilancio. A breve il provvedimento dovrebbe essere spadellato sul tavolo della Giunta, dove sarà curioso vedere come verrà accolto da chi poi lo dovrà effettivamente votare. Si annunciano già conclavi di partito e faccia a faccia a raffica. Va detto che l’Amministrazione berica già assegna compensi che si collocano in una fascia piuttosto bassa per una città da oltre 100 mila abitanti. Un assessore, infatti, percepisce ogni mese circa 2.400 euro netti, mentre ai presidente di circoscrizione spettano oltre 1.500 euro. Da segnalare che qualcuno incassa mezza indennità nel caso si sovrappongano entrate provenienti da altre professioni, come accade in circoscrizione 6, ad esempio. In altre città si abbonda molto di più. D’altra parte, è vero anche che sono poche le città con 14 assessori. In queste ore non si registra soltanto agitazione e stato confusionale nel centrodestra; a cavallo delle notizie e delle indiscrezioni c’è già anche l’opposizione, che con il capogruppo dei Democratici di sinistra, Luigi Poletto, avanza le prime riflessioni: «La designazione di un portavoce a cui destinare 83 mila euro su base annua, per quanto legittima, configura una vera e propria dissipazione di denaro pubblico tanto più grave e inaccettabile quanto più il Comune di Vicenza si trova in una situazione di autentica sofferenza finanziaria con il rischio di dover operare tagli alle prestazioni erogate ai cittadini. Il sindaco vuol ridurre l'indennità propria e degli assessori per compensare gli emolumenti garantiti al portavoce? Ma allora le critiche hanno colto nel segno e in tal modo si assecondano le spinte più demagogiche e triviali su una presunta ridondanza degli stipendi degli amministratori». «In realtà - prosegue Poletto - chi amministra la cosa pubblica ha il diritto di percepire un equo compenso - e le attuali indennità di carica per gli assessori non sono eccessive - sia a tutela della dignità istituzionale del ruolo ricoperto, sia per la delicatezza e la complessità delle funzioni espletate; non c'è spreco di risorse quindi ma equità. Il portavoce appare con ogni evidenza una figura superflua anche perché se c'è una cosa che il sindaco sa fare è esprimersi in un decente italiano; non c'è equità dunque, ma spreco di risorse. La proposta Hüllweck perciò taglia dove non dovrebbe tagliare e non taglia dove dovrebbe tagliare. Non è un gioco a somma zero, ma una cattiva allocazione delle risorse di tutti».


Il sindaco e la moglie per una coincidenza il 13 giugno compariranno in tribunale per fatti diversi
Saranno processati lo stesso giorno
Hüllweck per omesso rapporto, la consorte per abuso edilizio

di Ivano Tolettini

Marito e moglie processati la stessa mattina per fatti diversi. Di per sè potrebbe essere una notizia curiosa per l’insolita coincidenza. Il condizionale cade subito nell’apprendere che i coniugi in questione non sono cittadini qualunque, bensì il sindaco del capoluogo, Enrico Hüllweck, e la gentile consorte Lorella Bressanello, direttore del dipartimento Territorio del Comune. Il capo della Giunta sarà giudicato dal consigliere Giovanni Biondo per l’omesso rapporto alla magistratura nella controversa vicenda che ha tenuto banco in municipio per le denunciate molestie sessuali, sgonfiatesi in maniera altrettanto fragorosa una settimana fa con l’assoluzione dell’ex assessore Gilberto Baldinato dall’accusa di violenza sessuale. La moglie, invece, è chiamata in causa per un presunto abuso d’ufficio per la costruzione del palazzo di vetro a Ponte Alto per il quale il pm Paolo Pecori ha chiesto il rinvio a giudizio di nove persone, sospettate a vario titolo di abuso edilizio, falsità ideologica e, appunto, abuso d’ufficio. L’udienza preliminare è fissata davanti al gup Eloisa Pesenti a metà giugno. In questo secondo caso, cioè nel processo per l’edificio di Ponte Alto, c’è un’ulteriore variabile che non ha riscontri nella vita giudiziaria vicentina, ma che con ogni probabilità ha pochi precedenti anche a livello nazionale. La procura ha identificato come potenziali parti civili il Wwf, Legambiente e naturalmente il Comune nella persona del sindaco Enrico Hüllweck. Questi lo stesso giorno dovrà difendersi nel primo giudizio dall’omesso rapporto, ma in teoria nel secondo processo potrebbe indossare i panni dell’accusa privata, proprio contro la moglie. Pare, dicono in tribunale, che sia stato il caso a far incrociare i destini giudiziari della coppia più in vista della città, visto che entrambi ricoprono, contemporaneamente, importanti uffici pubblici. Quello del sindaco è di nomina elettiva, mentre quello della moglie è di tipo fiduciario come contempla il contratto dirigenziale, in epoca di “spoil system”, cioè il meccanismo per il quale si distribuiscono le cariche dirigenziali ai fedeli del partito vincente. In questo caso Forza Italia. La coincidenza del doppio processo è stata determinata dal fatto che l’avvocato del sindaco è Niccolò Ghedini di Padova, di recente nominato coordinatore degli azzurri per il Veneto, ed è uno dei legali più ascoltati di Berlusconi. Tra l’altro il premier è compare della coppia. Al deputato padovano Ghedini, poiché gli altri giorni della settimana è impegnato in Parlamento, per non creargli problemi è stata selezionata un’udienza ad hoc di lunedì. E il processo è già scritto che si terrà con il rito abbreviato, cioè allo stato degli atti in camera di consiglio. Ma quel giorno sono in ruolo anche le udienze del gup Pesenti. E le cancellerie dei due uffici sono diverse, pertanto la sovrapposizione appare come un puro caso. Per l’udienza preliminare del palazzo di Ponte Alto il pm Pecori chiede il rinvio a giudizio per abuso edilizio dei committenti Alvio Banelli (avv. Paolo Rossi), Carmine Criscuolo (avv. Luca Moscheni) e Carmelo Vitetta. Sono a processo anche Carlo Braida come amministratore (in epoche diverse con Banelli e Vitetta) dell’impresa che realizzò l’immobile da 20 milioni di euro e l’arch. Sergio Carta direttore dei lavori. Il gup valuterà la posizione anche dell’altro direttore dei lavori Roberto Ronda (avv. Mario Calgaro). Entrambi i professionisti sono imputati anche di falso ideologico. Infine, oltre all’arch. Bressanello, sono coinvolti il direttore del settore edilizia Roberto Pasini e il geometra Silvano Gianello. Si stanno avviando verso l’archiviazione le posizioni di Gianni Bressan e Antonio Pupa, difesi da Enrico Ambrosetti e Lino Roetta. Per tutti gli altri imputati l’appuntamento è il 13 giugno. Alle idi, quando i destini giudiziari di sindaco e moglie si incroceranno. E saranno anche rivali. Almeno sulla carta.


Un’istruttrice al processo per abuso d’ufficio contro Luca Milani
«In circoscrizione 5 ci dissero: palestra a chi avrà più iscritti»

(i. t.) «In circoscrizione 5 ci dissero che la palestra sarebbe stata assegnata a chi aveva più iscritti». L’istruttrice Giulia Casarotto incalzata dalle domande dell’avvocato di parte civile Lino Roetta sembra incerta. Poiché nei processi il ruolo più ingrato è quello del testimone, che ha l’obbligo di dire la verità altrimenti finisce a sua volta sotto processo, la donna non essendo sicura anche perché si tratta di ricordare fatti di oltre tre anni fa, è cauta. Allora il legale affonda la domanda: «Fu il presidente della circoscrizione a dirvi che chi aveva più iscrizioni avrebbe avuto la palestra di Laghetto?» Giulia Casarotto risponde in maniera incerta, forse in aula si avverte un “sì” (bisognerà sentire la registrazione), quando però le viene ripetuto il quesito aggiusta il tiro: «Non mi ricordo, non ho avuto un colloquio con Milani». «Signora - insiste Roetta -, chi ha detto che più iscrizioni avrebbero significato avere la palestra?» «Lo decise la circoscrizione, personalmente non lo ricordo», Casarotto chiude la sua testimonianza. È stato uno dei passaggi chiave della terza udienza al processo per abuso d’ufficio che si celebra contro l’ex presidente della “5”, e attuale capogruppo di An in consiglio comunale, Luca Milani (avv. Marco Dal Ben e Gaetano Mazzeo) e contro il presidente dell’associazione sportiva Nastro Rosso Mirto Zordan (avv. Ilaria Benedetti), davanti al collegio presieduto da Perillo (giudici Bianchi e Giuffrida). Il riassunto della vicenda è semplice. Nel luglio 2002 dall’associazione Vicenza Ginnastica con al vertice l’arch. Maurizio Magrin (parte civile) fuoriescono quattro istruttrici che danno vita a un nuovo sodalizio presieduto da Zordan. Il 5 agosto il nuovo gruppo si costituisce con atto privato (lo spiega in aula ieri Maurizio Casarotto, padre di Giulia, e segretario del sodalizio) e l’indomani fa richiesta di affiliazione al Centro sportivo italiano (Csi). Subito dopo presenta domanda alla “5” di potere ottenere la palestra perché ha 65 iscritti. In settembre le preiscrizioni superano le più rosee previsioni toccando quota 90-95. Nel confronto, così, soccombe la Ginnastica Vicenza, che da qualche anno organizza i corsi, perché raccoglie pochi iscritti e deve segnare il passo. Maurizio Magrin prese cappello e si rivolse ai carabinieri della procura perché sostiene che Milani favorì la neonata associazione che non aveva rispettato la data del 15 giugno per la presentazione delle domande. Sul punto Casarotto padre e figlia hanno detto che sapevano che il bando fosse chiuso da giugno, ma fu chiesto un parere in circoscrizione e fu loro detto di lasciare ugualmente la domanda di assegnazione della palestra. I difensori hanno fin qui sostenuto che quel termine non era tassativo e che il comportamento di Milani fu neutro. Tuttavia, l’accusa del pm Alessandro Severi replica che essendo in ambito amministrativo la data era un limite invalicabile e l’ipotetico abuso si concretizzò nella violazione del regolamento comunale e nell’ingiusto danno patito dalla Vicenza Ginnastica. In aula l’attenzione si è concentrata anche su un volantino della Nastro Rosso del settembre 2002, dunque prima dell’assegnazione della palestra, nel quale si annunciava l’inizio dei corsi il 2 ottobre. L’avv. Roetta, con ironia, nel porre le domande ha parlato di “intuzione”. Giulia Casarotto ha risposto che la Nastro Rosso non aveva ancora la certezza e che si trattava di una previone. Il processo è stato rinviato al 21 ottobre tra lo scoramento del testimone Marco Bonafede, attuale presidente della “5”. Per la terza volta (dopo il 17 settembre 2004 e il 22 aprile) ha trascorso parte della mattinata nella disadorna aula dei testimoni nell’attesa di una chiamata che non è giunta. Quando si è aperta la porta convinto che fosse il suo turno e il presidente gli ha spiegato che era “rimandato” a ottobre, non ha trattenuto con gli occhi un motto di stizza e un interrogativo pronunciato sottovoce: «Sarà la volta buona?».


Burla riuscita ieri in municipio dove, in base a una lettera goliardica distribuita in settimana, avrebbe dovuto andare in scena la distribuzione di materiale per l’eliminazione fai da te di roditori e affini. Ma un vero ratto si sarebbe aggirato davvero l’altra mattina a palazzo Trissino, seminando autentico panico fra gli impiegati
«Scusi, è qui che danno il kit anti-topi?»
Si annunciava la consegna di speciali spray immobilizzanti, micidiali pillole anticoncezionali,guanti e retine

di Gian Marco Mancassola

Giallo a palazzo Trissino: è avvolta nel mistero l’identità della mente diabolica che ha intinto la penna nel fiele della goliardia, prendendosi gioco di una dozzina di ignari cittadini in assoluta buona fede, che ieri mattina si sono presentati con rigoroso senso civico alla portineria del palazzo degli uffici municipali in piazza Biade per ritirare il loro kit di sterilizzazione nel nobile intento di unire la loro buona volontà alla lotta dell’intera città contro l’invasione di topi e roditori. A scatenare il bizzarro equivoco, che prima ha imbarazzato e poi ha finito per divertire gli uscieri e gli impiegati dell’ufficio ecologia, è stata una insidiosa missiva, che riporta la data del 13 maggio e che è stata ad uopo intestata con il regolare stemma scudocrociato. Dietro l’iniziativa, patrocinata dall’assessorato all’igiene pubblica e all’ecologia e da un sedicente “Consorzio di bonifica delle acque storiche del Vicentino”, ci sarebbe stato il fantomatico progetto “Vicenza, città senza roditori”, slogan stentoreo adottato con il fine di «ridurre l’ingente problematica dei roditori che infestano le rive e gli argini delle acque cittadine». La lettera, nella sua folle corsa, ha fatto il giro degli appartamenti nobili del centro storico: la maggior parte dei destinatari si è fatta una grassa risata, ma qualcuno ci è cascato (o si è fatto complice deglia utori) e ieri ha provato a telefonare in municipio o addirittura ha esibito il foglio, venendo prontamente indirizzato al quarto piano, dove sono allocati gli uffici dell’ecologia. A una prima occhiata, in effetti, il ciclostilato sembra possedere tutti i crismi dell’ufficialità: c’è lo stemma, c’è il richiamo alla normativa, c’è la firma del responsabile del procedimento, c’è il burocratese con abuso di maiuscole, c’è addirittura la garanzia del «rispetto delle linee guida della Convenzione delle Città europee, tenutasi ad Eggelihconisa in Finlandia». Un solo suggerimento: evitate di leggere al contrario il nome della ridente località scandinava, se non volete arruolarvi nella pattuglia dei gabbati. A prima vista anche un paio di amministratori, raccontano, ci sono cascati. Salvo poi buttare l’occhio sul nome del coordinatore del progetto tal dr. Barba Matteo Strejo, tanto simile alla versione vernacolare del pipistrello veneto. La firma, poi, è il tradizionale pejo el tacon del sbrego: a ripercorrere le linee tracciate dal velenoso pennino si ricostruisce la sagace firma di Batman, niente popodimeno. D’altra parte l’appello ai valori civici suonava convincente: «Nonostante i ripetuti sforzi delle aziende circondariali dei servizi e di imprese di derattizzazione, non si è per ora riusciti, nonostante i notevoli costi, ad ottenere che dei risultati piuttosto scarsi. Ci vediamo quindi costretti a chiedere, nuovamente, alla cittadinanza uno sforzo e una partecipazione attiva». Cosa dovesse contenere il kit di sterilizzazione, è presto detto: nr. 1 confezione di 10 pillole anticoncezionali a basso dosaggio ormonale, completa di dispenser, un retino raccoglitore, dieci paia di guanti in lattice monouso, dieci paia di soprascarpe impermeabili al ginocchio, dieci mascherine igieniche, due bombolette spray immobilizzanti, un manuale di uso e un contratto assicurativo a totale carico del Comune, a copertura di eventuali danni o spese mediche sostenute «nel caso foste, malauguratamente, aggrediti dagli animali nell’esercizio dell’attività». Attenzione, però: ogni famiglia avrà diritto a un massimo di 10 kit. Al termine dell’iniziativa, tuttavia, a parziale risarcimento e a congruo premio, «la Giunta ha deliberato uno sgravio fiscale del 6,9% sull’Ici del 2006 per i cittadini aderenti che abbiano provveduto al ritiro del materiale». Autentica chicca, infine, è il post scriptum: «chi volesse adottare un gatto addestrato alla caccia ai roditori, anche nell’ottica di ridurre la popolazione residente al gattile municipale, riceverà un contributo una tantum, detraibile, per il primo mantenimento del felino, preventivamente e gratuitamente vaccinato». Resta il mistero sull’identità degli artefici, anche se fra i primi a chiedre lumi si è appalesato Sandro Santini, che dal suo bar, proprio di fronte al municipio, qualche settimana fa aveva annunciato l’intenzione di dar vita a un clamoroso scherzo. Ma c’è di più e rasenta l’inverosimile: chi ieri tentava di chieder conto a palazzo Trissino della burla sui ratti, veniva equivocato e si sentiva raccontare la storia di un grosso topo, questa volta vero per davvero, che avrebbe seminato il panico giovedì mattina nell’ufficio personale, in mezzo a urla terrorizzate e improvvisate strategie di cattura. Alla fine, la moreja, probabilmente fuoriuscita dai vicini archivi comunali, sarebbe stata acchiappata con un sacco di nylon nero. Interrogato sulla scabrosa vicenda, l’assessore al personale Michele Dalla Negra affida la smentita a una sapida freddura, che si merita la palma d’oro per la battuta migliore in questo rosicatissimo venerdì mattina: «Nel mio assessorato topi non ne ho visti, ma devono esserci tante talpe».