Antrace, mittente individuato
Un triestino aveva spedito una lettera alla Dal Lago dal carcere di Padova
di Diego Neri
Il mittente della lettera che provocò il panico negli uffici della Provincia ora ha un nome. La Digos ha denunciato Gerardo Deganutti, 48 anni, di Trieste, per procurato allarme. L’aspetto inquietante della vicenda è che l’uomo - già noto per episodi simili in varie province del Nordest - spedì la busta minatoria con polverina bianca che pareva antrace mentre era in carcere, con la censura della posta. Gli investigatori della questura sono giunti a lui nei giorni scorsi, e lo hanno segnalato in procura. Verso le 13 del 25 novembre scorso, in segreteria di contrà Gazzolle l’impiegata Loredana Berlato aprì una busta con mittente il misterioso acronimo “Pot - Prima organizzazione triestina” - indirizzata alla presidente Manuela Dal Lago, che ne conteneva un’altra per il presidente del consiglio regionale Enrico Cavaliere. Dentro c’era la fotocopia di un articolo di giornale che parlava della vicenda di una bambina trevigiana traumatizzata da un filmato sui lager fatto vedere a scuola, condito con la scritta “Antrace ricino carbonchio camera a gas per tutti i designati ci si limita a quanti descritti”. E ancora un altro foglio con le foto di Dal Lago, Galan con il ministro Lunardi, Diego Bottacin (segretario regionale della Margherita) e il candidato per il centrosinistra Massimo Carraro. Accanto ad ogni viso, una frase offensiva o minatoria, in piena par condicio partitica. Tutto l’insieme era avvolto da polverina bianca, che fece scattare l’allarme antrace con intervento dei vigili del fuoco, che sigillarono tutto, e della polizia. I successivi esami dell’istituto zooprofilattico di Legnaro stabilirono che la polvere non era pericolosa, e che era composta in gran parte di calce. I detective guidati dal capo di gabinetto David De Leo si scervellarono per capire il senso di quelle farneticazioni, e inviarono richieste di informazioni in merito a tutte le questure del Nordest. Uno spunto decisivo arrivò da Padova, città dalla quale la lettera era stata spedita. Nell’ottobre 2003 l’ormai ex assessore Maurizio Saia aprì in Comune una busta indirizzata all’onorevole di An Filippo Ascierto, da cui uscì della polvere bianca. Il mittente? Gerardo Deganutti. La polizia padovana ha inoltrato a quella vicentina la documentazione. Il confronto calligrafico e altri accertamenti tecnici hanno portato i poliziotti ad indicare in Deganutti il responsabile della spedizione a rischio a palazzo Nievo. Il triestino, infatti, che è in carcere con pena fino al 2007 per lesioni e violenza, era già finito nei guai negli anni Ottanta per una serie di lettere minatorie (la presunta antrace non si usava per questi scopi, vent’anni fa) spedite a politici ed enti di Trieste, e sempre con la firma “Pot”. Altre lettere sono state spedite a Padova con la stessa sigla nelle scorse settimane, per non dire di una serie di missive scritte ai giornali padovani a firma di Deganutti per commentare episodi di attualità, e la calligrafia è la stessa. Restano due aspetti da chiarire: perché il triestino ce l’abbia con i politici («Dal Lago da seviziare e torturare», «Galan da eliminare» sono gli auspici più gentili), e soprattutto come abbia potuto spedire le lettere visto che è in carcere al Due Palazzi di Padova con la censura della posta, che dovrebbe essere controllata prima di spedirla. Un errore dei secondini?