19 FEBBRAIO 2006

dal Giornale di Vicenza

Vendeva droga alle amiche Arrestato giovane finanziere
Ha sfregiato sedi e portoni ma stavolta è “catturato”
I servizi segreti: «L’estrema destra recluta forze fra gli ultrà al Menti»
CASSOLA.«Grazie alle telecamere il territorio è più sicuro»

L’operazione dei Cc di Trento e delle Fiamme Gialle di Vicenza
Vendeva droga alle amiche Arrestato giovane finanziere
Il graduato dal 1999 era in servizio alla tenenza di Arzignano

di Ivano Tolettini

Il salto della barricata gli è stato fatale. Si è messo a piangere quando i suoi stessi colleghi lo hanno arrestato in caserma a Vicenza. Gli hanno messo davanti agli occhi l’ordine di custodia firmato dal tribunale di Trento per spaccio di cocaina ed ecstasy. Il giovane finanziere Stefano Ravelli, 27 anni, originario di Mezzocorona e dal ’99 in servizio alla tenenza di Arzignano, si è coperto il volto con le mani ed ha detto di sì, come a dire che l’inchiesta dei carabinieri trentini, con i quali hanno collaborato gli investigatori arzignanesi, aveva fatto centro. Del resto, le conversazioni telefoniche registrate dai detective parlano chiaro. In diverse occasioni, quando Ravelli si trovava in Trentino di riposo o in ferie, dal luglio dell’anno scorso a dicembre avrebbe ceduto piccole dosi di stupefacente per ingraziarsi amici, ma soprattutto qualche bella figliola delle sue vallate con la quale intratteneva rapporti di quel tipo. Come al solito “cercate la femmina” e avrete la soluzione di tanti problemi. Sì, perché pare che nel caso del finanziere la compravendita di droga la facesse non per guadagnare soldi, ma per ingraziarsi i favori soprattutto di un’amica per la quale aveva perso la testa. Come testimoniano le registrazioni. Dall’altro pomeriggio Ravelli dall’ottimo curriculum professionale - le sue note caratteristiche sono di eccellente -, si trova dietro le sbarre in attesa di incontrare il gip per l’interrogatorio di garanzia. Con il finanziere sono state arrestate altre otto persone, tre delle quali sono state poste ai domiciliari, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio. Ogni settimana sembra che la gang movimentasse 2500 pasticche di droga sintetica. Al vertice della presunta organizzazione c’erano l’albanese Alekasander Dodoni, 41 anni, e Riccardo Landolina, 30 anni, di Brenna (Como), che periodicamente avrebbero incontrato il finanziere ed altri giovani lombardi che avrebbero rifornito di droga. A loro volta il finanziere e i complici avrebbero smerciato le piccole dosi di “neve” e le pastiglie di ecstasy nella cosiddetta “piana Rotaliana”, dove si coltivano i vitigni che producono l’ottimo Teroldego. Ma a Ravelli, finanziere indefesso ad Arzignano, non interessava il buon vino quando si recava a casa, quanto intrattenere rapporti da codice penale con ragazzi della sua età che bazzicavano gli ambienti delle discoteche e avevano bisogno del propellente per le lunghe notti. Le puntate del gruppo di discotecari erano verso il Bresciano e il lago di Garda, dove consumavano stupefacenti e amoreggiavano al ritmo di musica. Stefano Ravelli dal gip Laganga viene indicato come il capo della piccola organizzazione di spacciatori di provincia, anche se la stessa procura di Trento mette sullo stesso piano l’albanese Dodoni, Landolina e il militare, la cui posizione è naturalmente più pesante per il suo ruolo istituzionale. Fare il salto della barricata comporta sempre dei grossi rischi se si viene scoperti. In realtà il finanziere pare avesse un ruolo secondario, perché era usato come specchietto per le allodole dall’albanese. A Ravelli era consegnata la droga che aveva il compito di trasportare in Trentino. Si intuisce che lo stesso finanziere qualche pastiglia di ecstasy la consumasse in quei fine settimana che libero dal servizio si recava a Mezzocorona. I carabinieri di Trento partendo da alcune confidenze di piccoli consumatori di “neve” e droga sintetica hanno messo sotto controllo alcuni telefonini individuando la figura del finanziere. Gli altri arrestati trentini sono Christian Loner, 28 anni di Lavis, Lorenzo Cristiani, di 39 anni, e Sonia Fratucello, 28 anni di San Michele all’Adige. In Lombardia, invece, sono coinvolti Giuseppe Carbone, 37, di Gussago (Brescia); Matteo Pellicani, 23 di Milano; Roberta Baccarin, 22, di Roncoferraro (Mantova), Stefano Del Vecchio, 34 anni, di Clusone (Bergamo). Dunque, il finanziere aveva un doppio regime di vita. Se era corretto in servizio nel Vicentino, tanto che l’inchiesta ha stabilito che non aveva mai commesso illeciti nella nostra provincia, a casa indossava i panni del presunto piccolo criminale per smerciare la droga. Il padre, maresciallo in pensione dell’esercito, quando l’altro giorno è stato informato dell’arresto del figlio avrebbe voluto mettergli le mani addosso. Quasi nove anni di servizio, visto che Ravelli si era arruolato a 19 anni, sono naufragati negli ultimi mesi. Ora è a meditare nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere.

La doppia vita del militare Dall’encomio alle manette
Mesi fa si era meritato un elogio per la cattura di uno spacciatore

(i. t.) Stefano Ravelli qualche mese fa aveva contribuito ad arrestare uno spacciatore. Aveva fatto scattare le manette, come è capitato a lui, ma a parti inverse, l’altro giorno. Il maresciallo che coordinava la pattuglia si fidava di quel ragazzo sveglio che in servizio pareva saperci fare. Per quell’arresto Ravelli si era meritato un elogio del comando provinciale della Guardia di Finanza. Nessuno, al comando tenenza di Arzignano, avrebbe mai immaginato che quel giovane trentino taciturno e attaccato alle sue radici - così dipinto perché quando aveva un momento libero prendeva l’auto e tornava a Mezzocorona -, serio e scrupoloso sul lavoro, potesse nascondere una doppia personalità. Quando la verità ha cominciato a fare capolino e i suoi stessi colleghi, non facendogli capire nulla, si sono preparati per l’arresto su mandato della procura di Trento, hanno ripensato a quel continuo bisogno di tornare a casa. Pareva quasi un’ossessione. Una necessità che era diventata più frequente nelle ultime settimane e che i suoi superiori avevano ritenuto fosse dovuta a una fidanzata. E in effetti Stefano Ravelli, classe 1978, una ragazza del cuore ce l’aveva. Le intercettazioni telefoniche lo dicono chiaramente che era coinvolto da una seducente mora che gli inviava messaggini calienti. Ma quell’amore si è rivelato un clamoroso autogol, perché sembra che proprio a causa di quella ragazza il finanziere è sceso a compromesso con la propria coscienza, preparando le chiavi della propria cella. Il giovane finanziere, ritenuto un modello dai superiori, che nelle note caratteristiche aveva meritato “eccellente” anche grazie agli ultimi servizi, in realtà aveva una doppia vita. Fedele e preciso in servizio, disordinato e autolesionista quando tornava nella piana Rotaliana. Aveva cominciato a mettere il piede in fallo in estate. Ad Arzignano era arrivato nel ’99. Visto il suo ruolo era un esecutore di volontà superiori, ma quello che gli veniva ordinato lo faceva con rigore. Mai una sbavatura, almeno fino a qualche settimana fa, ed educato con i colleghi. Un bravo ragazzo, così lo consideravano in caserma, fino a quando i suoi capi sono stati informati che stava per arrivare la clamorosa tegola. Il pm Davide Ognibene lo ritiene avesse un ruolo di primo piano nel gruppetto di spacciatori. Quando giovedì gli è stato consegnato l’ordine di custodia Ravelli, dopo avere inizialmente cercato di negare, si è messo a piangere mentre sfogliava l’ordinanza che gli sbatteva in faccia le sue presunte responsabilità. «Ho fatto una grossa cazzata», ha detto mentre chi gli stava davanti, soffriva per il disonore di una divisa infangata.


Scritte contro An e Cgil. Secondo i primi rilievi delle indagini è stata la stessa mano a tracciarle
Ha sfregiato sedi e portoni ma stavolta è “catturato”
La telecamera appena installata in piazza Biade ha ripreso il vandalo notturno

di G. M. Mancassola

Questa volta la gatta potrebbe aver lasciato lo zampino sul lardo. La gatta in questione è il vandalo, con i suoi eventuali complici, che nella notte fra venerdì e sabato ha scorrazzato in centro storico e in altre zone della città, imbrattando monumenti e palazzi storici, compresi due edifici che hanno un particolare valore politico: la sede di Alleanza nazionale in piazza Biade e quella della Cgil in via Vaccari. Lo zampino, invece, è rappresentato dai movimenti che il misterioso vandalo ha compiuto per rovinare il portone della sede di An. Sull’altro lato della piazza, infatti, agganciata al palazzo degli uffici comunali, c’è una telecamera installata per sorvegliare piazza dei Signori sul lato delle due colonne, con la possibilità di visionare la zona ruotando per 360 gradi. Nell’angolo visuale della telecamera rientra anche lo spicchio di piazza Biade su cui sventola la bandiera del partito del vicepremier Gianfranco Fini. L’atto vandalico, dunque, è stato ripreso: tutta la scena è registrata e sarà visionata nella centrale operativa della Questura, alla quale sono collegate le telecamere per il controllo del territorio installate dal Comune. Da ieri gli uomini della Digos sono al lavoro per esaminare i filmati e cercare di individuare l’autore del graffito, impresso con una vernice speciale, che per essere cancellata richiede una pulizia molto costosa. Il principale ostacolo, per il momento, è dovuto all’oscurità che avvolgeva i portici all’ora in cui è stato confezionato il graffito. «Mi auguro solo che questi cretini vengano scoperti grazie alle telecamere. Chi di dovere sta già guardando le immagini», è il commento del vicesindaco Valerio Sorrentino, due volte coinvolto nella vicenda: perché è segretario cittadino di An e perché da assessore alla pubblica sicurezza è stato il promotore delle telecamere in centro storico. Secondo le prime indiscrezioni, non è escluso che l’autore delle scritte da An e alla Cgil possa essere lo stesso, paludato dietro il nome di battaglia “Acab”, inciso a chiare lettere in via Vaccari, ma assente in piazza Biade. Non è chiaro quale fosse l’obiettivo del raid che ha colpito da destra a sinistra e quale possa essere l’appartenenza ideologica dell’autore. Sarà l’approssimarsi della data delle elezioni politiche, sarà una coincidenza, ma negli ultimi tempi si stanno ripetendo numerosi episodi di vandalismi mirati contro protagonisti della vita politica cittadina. Il segretario dei Democratici di sinistra Luca Balzi, ad esempio, è finito nel mirino di due scritte minacciose nella zona di viale Quadri a distanza di tre mesi l’una dall’altra. Sulla vicenda, intanto, si registrano i primi commenti, come quello particolarmente duro del presidente provinciale di Alleanza nazionale, l’on. Giorgio Conte. «Lunedì denunceremo l’episodio all’autorità di pubblica sicurezza - afferma il parlamentare -. Sono curioso di verificare i risultati dei filmati, perché queste sono le situazioni in cui possono davvero servire, altrimenti rischiano di essere inutili. Per questo mi auguro che la telecamera abbia potuto coprire anche quella parte della piazza. Non posso dire di essere preoccupato da questo tipo di aggressioni, a cui siamo purtroppo abituati: il portone della sede è già stato imbrattato più di dieci volte. Mi preoccupa, piuttosto, lo scenario futuro: questo è un gesto addebitabile a gruppi antagonisti e disobbedienti. Nella lontana e malaugurata ipotesi che personaggi come questi possano ricoprire ruoli istituzionali, ci dobbiamo preoccupare perché questi atteggiamenti non diventino tollerati anche dalle nostre istituzioni». Conte dice di attendersi una ferma condanna da più parti, per quanto compiuto l’altra notte: «E tuttavia devo dire che, per tutta la giornata, nonostante l’atto sia ormai di dominio pubblico, non ho ancora ricevuto alcun atto di solidarietà. E di questo sono molto amareggiato». «Sono scritte ingiuriose - commenta invece Oscar Mancini, segretario della Cgil - che se confrontate con altre apparse nella zona mi inducono a pensare che l’autore volesse affermare la sua contrarietà alla legge che compara droghe leggere e pesanti. Dire, però, che siamo servi di Fini mi sembra francamente troppo. Se ne poteva discutere: la Cgil è sempre aperta al confronto»

Sul caso indaga la Digos
Acab, fra Bibbia e Moby Dick «Ma non è uno spot elettorale»

(d. n.)Acab, con cui si firmano gli sconosciuti imbrattatori delle sedi di An e della Cgil, è una sigla nota in questura. Con ogni probabilità, più che al personaggio biblico che fu re di Israele nel nono secolo avanti Cristo, il riferimento è ad Achab, il capitano che voleva ammazzare la balena bianca Moby Dick nel celebre romanzo di Melville. Negli archivi della Digos l’utilizzo di questo nome risulta fin dal 1996; dieci anni fa comparvero numerose scritte firmate Acab che facevano spesso riferimento a tematiche della campagna antiproibizionistica, e furono vergate sui muri della città almeno fino al 1998. Poi Acab scomparve nel nulla, fino a comparire qualche settimana fa nella zona di Anconetta e poi in varie zone della città, fino alle scritte della notte scorsa che inneggiano all’uso degli spinelli. Per la polizia non è semplice dare una connotazione politica alle persone che hanno utilizzato la vernice indelebile su muri e portoni. «L’attacco è bipartisan - è stato riferito in questura - e pare vergato dalla stessa mano, con vernice rossa e arancione; medesime sono le tematiche». Di certo, per gli investigatori della Digos, col vicequestore Eduardo Cuozzo, non si tratta di una campagna legata a quella elettorale, ma di una presa di posizione contro la nuova legge sulla droga. Resta da capire perché, accanto ad An (è stato il ministro Fini il primo promotore della legge) sia stata imbrattata anche la Cgil, accusata però direttamente anche di essere “serva” (di chi?) e “traditrice”.


La relazione del Sisde punta l’indice sugli spalti dello stadio: anche a Vicenza attività di propaganda
I servizi segreti: «L’estrema destra recluta forze fra gli ultrà al Menti»

(d. n.) Le formazioni politiche di estrema destra reclutano aderenti nella curva del Menti. Lo sostiene il Sisde in una relazione semestrale inviata al Parlamento, che lascia stupiti gli addetti ai lavori. Lo stadio di via Schio come luogo di propaganda politica però viene descritto dai servizi segreti in maniera dettagliata. Ma il fenomeno non interessa solo la tifoseria biancorossa. Le formazioni della destra più estrema considerano le curve degli stadi italiani «ambito privilegiato per attività di propaganda e reclutamento». È quanto rileva la Relazione semestrale dei servizi segreti. «La diffusione, in occasione di eventi sportivi, di materiale di stampo neonazista, xenofobo ed antigovernativo - secondo l’intelligence - ha costituito, per settori dell’ultradestra, strumento di infiltrazione tra le frange del tifo ultras. In questo contesto - aggiungono gli esperti - sono maturati gli episodi di intolleranza razziale e di violenza contro le forze dell’ordine, ritenute simbolo della “repressione”, avvenuti in alcuni stadi italiani». Il Sisde segnala anche «lo sviluppo di legami internazionali, attraverso gemellaggi con omologhe aggregazioni inglesi, tedesche, spagnole, francesi e forme di coordinamento tese a fomentare disordini in occasione delle trasferte». I contatti erano stati evidenziati negli anni passati anche da un’indagine della polizia, che aveva scoperto dei patti fra le frange estremiste vicentine con quelle altoatesine. Le principali città interessate dall’infiltrazione dell’estrema destra nelle tifoserie ultras sono, secondo il Sisde, oltre a Vicenza, Roma (sponda laziale), Siena, Ancona, Trieste, Udine e Treviso, ma anche Milano, Ascoli, Piacenza, Torino, Verona, e Napoli. Ma la tifoseria ultras non è solo di destra. Ci sono, infatti, spiega la Relazione, componenti della sinistra antagonista che si collocano in «una prospettiva di lotta dichiaratamente antifascista ed antirepressiva». Tra queste figurano «agguerrite frange dell’estremismo toscano». Al riguardo sono stati segnalati «incontri di carattere organizzativo e programmatico tesi a contenere e a contrastare la presenza sugli spalti degli avversari politici, anche attraverso un’azione di propaganda e proselitismo». Un fenomeno, questo, che non ha legami con il Veneto. Questa situazione stupisce gli addetti ai lavori in ambito sportivo, ai quali non risultano episodi particolari avvenuti negli ultimi anni. Ma l’indicazione del Sisde è di quelle da non sottovalutare.


Cassola-Mussolente. Presentato il servizio di sorveglianza
«Grazie alle telecamere il territorio è più sicuro»
Da alcuni mesi ne sono in servizio 21 fisse e 4 mobili

(c. z.) È entrato pienamente in funzione nell’ottobre dello scorso anno e da allora il nuovo sistema di videosorveglianza a fibra ottica attivo a Mussolente e Cassola è considerato il vanto dell'Unione dei due comuni e, per i rispettivi sindaci, un fiore da appuntare all'occhiello. Con venticinque occhi elettronici in attività e con una qualità delle immagini che il primo cittadino cassolese Antonio Pasinato definisce «la migliore possibile», il nuovo strumento elettronico è stato presentato come uno dei mezzi più efficaci in dotazione al comando della polizia locale per garantire un monitoraggio continuo sul territorio e la sicurezza dei cittadini. Costato complessivamente 532 mila euro, l'impianto è stato finanziato in parte con i mezzi delle singole municipalità o con gli avanzi di amministrazione e in parte grazie a finanziamenti pubblici. La Regione ha contribuito alla spesa versando 66 mila euro, mentre il ministero dell'Interno ne ha stanziato 126 mila. Ventuno telecamere fisse e quattro brandeggianti sono state posizionate nei punti ritenuti maggiormente sensibili. Il comandante Franco Alberton e due agenti autorizzati in forza al Corpo dei vigili ora possono tenere sotto controllo, dalla stazione di San Zeno, tutte le zone monitorate e, in caso di necessità, intervenire immediatamente sul posto. «A Mussolente - ha precisato il sindaco Mario Zanchetta - abbiamo sette videocamere fisse e due mobili che sorvegliano gli impianti sportivi, il piazzale della chiesa del capoluogo e la piazza di Casoni, l'ecocentro, l'incrocio tra via Roma, via Dante e via Vittoria, l'area nei pressi delle scuole medie e del parco». Anche nel comune cassolese, dove sono presenti 14 telecamere fisse e due rotanti sono stati posti sotto il controllo elettronico gli ecocentri, le scuole, le piazze delle tre frazioni, oltre ad alcuni punti, come la cosiddetta zona dei "quattro cantoni" l'incrocio di viale Venezia a San Giuseppe, forse non particolarmente critici sotto il profilo della sicurezza ma, a quanto ha assicurato Pasinato, cruciali per la circolazione. Oltre a scoraggiare episodi di criminalità il sistema di videosorveglianza potrà infatti essere utilizzato anche per ricostruire correttamente la dinamica degli incidenti stradali. «L'impiego della fibra ottica - ha rilevato il sindaco di Cassola - ci permette di ottenere in tempo reale delle immagini eccellenti, tanto da consentire, anche se solo come misura preventiva, la lettura delle targhe delle auto inquadrate». I monitor ad ogni modo, come hanno tenuto a precisare i vigili, sono accessibili solamente al personale addetto a questo tipo di funzione in modo da non violare in alcun modo la privacy di ogni cittadino che, come è stato più volte ribadito, non dovrà sentirsi sorvegliato ma protetto. «Molto presto - hanno annunciato i due amministratori - il sistema sarà potenziato; installeremo altre videocamere e ci stiamo attivando per riuscire a trasmettere direttamente i dati alla stazione dei carabinieri». D'altro canto la potenzialità delle fibre ottiche non si esaurisce con il monitoraggio del territorio. Zanchetta e Pasinato hanno assicurato che si sta già studiando un sistema per permettere anche ai privati e alle aziende di allacciarsi ad una rete che potrà sostituire o integrare il sistema di collegamento veloce Adsl, che ancora non copre tutto il territorio dell'Unione.