18 NOVEMBRE 2006

Dal Molin, a rischio i rapporti Italia-Usa
Nomadi traslocati negli ecocentri Proposta della Chiesa ai Comuni

Dal Molin, a rischio i rapporti Italia-Usa
Gli americani anticipano il bando, ma la Difesa italiana prende le distanze

di G. M. Mancassola

«Il Governo non ha ancora deciso nulla sul Dal Molin. Fino ad allora, ogni atto o iniziativa statunitense è da considerare del tutto priva di rilevanza per l’ordinamento italiano». Sono le 10,07 quando le agenzie battono la presa di posizione del ministero della Difesa rispetto alla notizia data dal Giornale di Vicenza della pubblicazione in internet da alcuni giorni di un pre-bando di gara per l’appalto della nuova caserma Usa all’aeroporto Dal Molin. Un comunicato flash, ad appena un’ora dalla rassegna stampa, a dimostrazione che le notizie vicentine sono fra le prime a essere lette a Roma. La nota del dicastero retto da Arturo Parisi conferma la pubblicazione dell’anteprima del bando da 300 milioni di euro: «L’emanazione di una “presolicitation notice” da parte del Naval Facilities engineering command Europe and Southwest Asia division Usa, tesa ad avviare il progetto di realizzazione delle strutture idonee ad accogliere la 173ª brigata Usa è priva del presupposto essenziale: l’assenso da parte del Governo italiano»; e, fino a quel momento, «ogni atto o iniziativa è da considerare del tutto priva di rilevanza per l’ordinamento italiano». Il ministero, nella nota, «conferma che nessuna decisione è stata assunta al riguardo. Questo perché non è ancora conclusa l’istruttoria in corso, e in particolare la verifica e la valutazione del consenso di tutte le parti in causa». «Come è stato ribadito più volte in tutte le sedi istituzionali, conviene ripetere ancora una volta - aggiunge il ministero della Difesa - che a causa delle conseguenze derivanti dall’impatto del nuovo insediamento militare sul territorio coinvolto per il significativo accrescimento della sua dimensione, il Governo intende assumere la decisione a partire dagli orientamenti espressi dalla comunità locale nelle sedi e attraverso gli strumenti istituzionali previsti. Fino alla decisione del Governo italiano - conclude la Difesa - ogni atto o iniziativa al riguardo è da considerare come interna all’ordinamento statunitense e in quanto tale del tutto priva di rilevanza per l’ordinamento italiano». Per la Difesa, dunque, il problema Dal Molin non ha fatto alcun balzo in avanti: il progetto è in fase di istruttoria e da lì non si è spostato. Se le cose stanno davvero così, resta l’impressione di una sfasatura negli atteggiamenti del Governo italiano e del suo principale alleato: Washington dice di avere fretta, di voler concludere la pratica entro settembre, perché deve dare il via libera ai finanziamenti da parte del Senato, che nel frattempo arrivano; Roma invece prende tempo, dice di voler riconsiderare il progetto, sollecitando però Vicenza perché esprima una posizione; e mentre Washington avvia un giro di orizzonti sull’appalto, Roma tira nuovamente il freno a mano. La nota del ministero suona così come un messaggio agli alleati statunitensi, dal cui dinamismo si registra una presa di distanza. La pubblicazione del bando ha sfiorato l’incidente diplomatico fra Governi, ma ha esposto ancora una volta la compagine di Romano Prodi agli attacchi di altri alleati, quelli della sinistra massimalista che siede in Parlamento. Non a caso, la prima reazione in una giornata bollente è timbrata dai Comunisti italiani con il deputato veneto Severino Galante, che ha presentato subito un’interrogazione parlamentare sul caso Dal Molin e sul bando americano.

Le reazioni. Nuova interrogazioni dei Comunisti italiani alla Camera. L’Udc sollecita una decisione
A destra: «Il Governo in difficoltà» A sinistra: «Ai vicentini le briciole»

(g. m. m.) Ancora una volta parte della maggioranza di centrosinistra ricorre allo strumento tipico dell’opposizione, l’interrogazione, per incalzare il Governo Prodi. È accaduto anche ieri, per mano di Severino Galante, capogruppo PdCi in commissione Difesa della Camera, che scrive: «La notizia trapelata via internet ci preoccupa non poco. In sostanza sembra che, sul piano tecnico-operativo sia stato dato il via libera all’edificazione del faraonico progetto con il silenzio-assenso, politico-diplomatico, del Governo. Come se non bastasse, sembra che la gara d’appalto, come riporta il Giornale di Vicenza, abbia catalizzato l’attenzione di tre grandi aziende cooperative. Ci allarma e ci sconcerta dover constatare che il nostro Paese, in questa vicenda, esca come “territorio a sovranità limitata”». Dall’allarmismo di Galante si passa alla serenità della diessina Lalla Trupia, deputata ulivista: «Non vedo dove sia la novità. Per me conta quello che fa il nostro Governo e mi risulta che la situazione sia ferma, che non sia cambiato nulla. Come ha ripetuto più volte il ministro Parisi, anche a me di persona, il progetto è in fase istruttoria». La Trupia ribadisce il suo no all’operazione, «chiunque sia a vincere l’appalto», e ripete l’opportunità di dare corso a un referendum: «La democrazia è sempre superiore a tutto». Nel centrodestra nessuno si mostra granché sorpreso. «Il Governo ancora una volta mostra la sua incapacità di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità, esponendosi così all’ennesima magra figura - commenta Giorgio Conte, deputato di Alleanza nazionale -. Questa situazione rappresenta l’ennesima presa in giro ai danni dei vicentini, che non se la meritano». Nessun commento (e a quanto pare nessuna sorpresa) nemmeno da palazzo Trissino, dove il sindaco Enrico Hüllweck non ha rilasciato dichiarazioni. Di politica Giano bifronte parla il senatore forzista Pierantonio Zanettin: «Quando Parisi incontra la sinistra dice che non c’è nulla di deciso, dall’altra parte però è molto probabile un preaccordo con gli Usa. Capisco l’imbarazzo del ministro di fronte alla virulenza della sinistra massimalista, che ricatta il Governo. La domanda è: cosa accadrà? Finora ha sempre vinto la sinistra massimalista». Per l’Udc, il segretario cittadino Daniele Guarda «sollecita il Governo ad uscire da questo atteggiamento ambiguo e a fornire in tempi brevi risposte chiare e definitive alla città, sulla fattibilità dell'ampliamento, sulle condizioni formulate dal Consiglio comunale il 26 ottobre scorso e sulla destinazione futura dell'area aeroportuale del Dal Molin». Il capogruppo dei Democratici di sinistra in consiglio comunale Luigi Poletto, auspicando che il comitato dei saggi accenda la luce verde al nuovo quesito referendario in fase di presentazione: «Gli Usa vanno avanti per la loro strada, ritengono sbagliando che la faccenda sia già archiviata. Al contrario non c’è alcun via libera governativo, la partita è ancora aperta, anche se il sentiero è molto stretto». Sia Poletto che Ciro Asproso dei Verdi, infine, dedicano un pensiero al bando e all’interesse manifestato da imprese extravicentine: «È la prova dell'ingenuità o forse della malafede - afferma Asproso - di molti esponenti della maggioranza e accesi sostenitori del Sì, che in questi mesi hanno evocato le ricadute positive per l'economia vicentina. Ora abbiamo la conferma che la gara sarà a livello nazionale, se non addirittura europeo; che le aziende locali potrebbero facilmente essere escluse dalla spartizione della torta e che ai vicentini rimarranno poco più che le briciole».

Gli ordini del Pentagono per la Ederle
Intanto i paracadutisti della 173ª brigata fanno ritorno in Iraq

Il Pentagono ha annunciato una vasta rotazione delle truppe in Iraq e in Afghanistan che riguarderà 57 mila militari americani dall’inizio del 2007. Lo ha reso noto con un comunicato la Difesa Usa, dopo che il provvedimento è stato firmato dal ministro dimissionario Donald Rumsfeld. Tra le unità che sono state chiamate a partire per l’Iraq, c’è la 173a Brigata aviotrasportata, che ha sede nella caserma Ederle di Vicenza. L’unità vicentina era stata utilizzata nelle fasi iniziali della guerra in Iraq ed è stata poi in buona parte destinata a missioni in Afghanistan. La rotazione non cambierà il livello delle forze Usa in Iraq, che sono attualmente poco più di 141mila, perché le decine di migliaia di soldati che partiranno per il paese ne rimpiazzeranno altrettanti che tornano a casa. I numeri effettivi di soldati americani che saranno presenti in Iraq nel corso del 2007 saranno decisi alla luce della revisione complessiva della strategia avviata da Casa Bianca e Pentagono. Il grosso delle truppe per l’Iraq proverranno dalla 3a Divisione di fanteria, con brigate anche della 1a e 2a. Parte per il Golfo anche una brigata dell’82ma Divisione aviotrasportata, che è già stata impegnata più volte in Iraq. Inoltre, sono stati messi in stato di allerta per la partenza migliaia di riservisti. I nuovi ordini di partenza «riflettono il continuo impegno degli Stati Uniti per garantire la sicurezza e la stabilità in Iraq», ha detto il portavoce del Pentagono, Brian Whitman.


Appello di Nosiglia a parrocchie ed enti: «Servono condizioni minime di sopravvivenza»
Nomadi traslocati negli ecocentri Proposta della Chiesa ai Comuni
Caritas e vescovo: «In quelle aree ci sono i sottoservizi per Rom e Sinti»

di Eugenio Marzotto

Un mini campo nomadi per ogni ecocentro. È la prima proposta concreta che tenta di risolvere la questione degli accampamenti di Rom e Sinti sparsi nella provincia che hanno suscitato negli ultimi mesi montagne di polemiche e prese di posizione. È la Chiesa vicentina a rompere gli indugi con appelli e proposte. Il vescovo si rivolge prima di tutto ai nomadi, ma anche alle comunità cristiane, ai Comuni e alle Ulss: «Possiamo tollerare che questi fratelli Rom e Sinti non abbiano condizioni minime per vivere, terra, acqua, dimora e sentirci a posto come cristiani?». Così, dopo lo sgombero di via Nicolosi, il fossato di Schio e le denunce dell’associazione Opera Nomadi, arrivano appelli e proposte. Don Giovanni Sandonà direttore della Caritas, un’idea ce l’ha per evitare il sovraffollamento dei campi e gravi condizioni igienico sanitarie: «Trasferiamo una o due famiglie negli ecocentri dei Comuni interessati. In questo modo potremmo risolvere una serie di problemi. In quelle aree sono predisposti allacciamenti per l’acqua e sottoservizi, si tratta di zone lontane dai centri abitati ma comunque non isolati, senza contare che spesso gli ecocentri sono gestiti da associazioni o cooperative che potrebbero rapportarsi con le famiglie nomadi. Un accordo ventennale per esempio - prosegue don Sandonà - garantirebbe ai Comuni l’integrazione sul territorio e un impiego per i nomadi visto la loro tradizione nel riciclo dei materiali». Sono i due livelli d’intervento pensati dai rappresentanti della Chiesa berica. Da una parte la sensibilizzazione, dall’altra il braccio operativo che cerca il confronto con istituzioni e cittadini. Del resto il richiamo al dialogo che arriva dal vescovo Cesare Nosiglia ha i toni di chi non vuole più aspettare. E ieri in un incontro con la stampa al palazzo delle Opere Sociali ha chiarito che «il problema non si può rimandare, si devono affrontare con coraggio situazioni che riguardano vite umane e la cura di molti bambini. La prima condizione - continua il vescovo di Vicenza - è che siano gli stessi nomadi a voler migliorare la loro condizione, da parte della Chiesa non ci sarà nessuna forma di assistenzialismo ma promozione al dialogo. I nomadi che vogliono essere aiutati ad uscire dalla precarietà devono rispettare le regole di questa società, ma tutti insieme dobbiamo pensare a soluzioni concrete per aiutare degli essere umani». Cesare Nosiglia, i volti e le malecondizioni di Rom e Sinti li ha visti a vicino, quando qualche mese fa si è recato in visita pastorale nei campi di via Diaz e via Cricoli. «Parlano veneto meglio di me - scherza - è gente che vuole integrarsi, vive qui da generazioni. Serve un piano serio sul lavoro e sulla scolarizzazione dei minori». Guai a pensare però che i nomadi presenti in città e provincia seguano le orme dei loro padri. Il censimento fatto dalla Caritas, peraltro difficile da definire, parla di 450 nomadi stanziali di cui un centinaio rappresentato da minori, distribuiti in quattordici Comuni. Molti, se si pensa che il freddo alle porte rischia di mettere in ginocchio intere famiglie e decine di bambini. Ma il percorso indicato dal vescovo sembra lungo e molto, molto difficile. «Settimane di ricerche e richieste ai comuni - spiega il direttore della Caritas, non hanno portato a nulla». Insomma, nessun privato o ente pubblico disposto a fornire un’area che sia attrezzata per affrontare l’inverno e nessuno che riesca a garantire container per ripararsi dal freddo. L’unica per ora a farsi avanti è stata la parrocchia di Saviabona che fornirà ai bambini in età scolare docce calde e stufette per passare l’inverno