18 OTTOBRE 2006

Il 26 ottobre si vota in Consiglio La sala Bernarda sarà blindata
Degrado ai Giardini Salvi «Togliere tutte le panchine»
“Affitti” stranieri sotto la lente La finanza nei quartieri extra
ARZIGNANO.«Stipati come in carro bestiame» Un’odissea per colpa del “Rossi”

Caso Dal Molin. Verranno chieste misure di sicurezza speciali per la maratona
Il 26 ottobre si vota in Consiglio La sala Bernarda sarà blindata
Solo 40 posti disponibili: Sarracco proporrà maxischermi e biglietti numerati

di G. M. Mancassola

La data è fissata: giovedì 26 ottobre. La sede anche: sala Bernarda, palazzo Trissino. Sciolte le ultime riserve, il consiglio comunale si prepara ad andare al voto sul progetto presentato dagli Usa per potenziare la Ederle costruendo una nuova caserma all’aeroporto Dal Molin. Si discuterà a lungo su quello che si sono detti realmente il ministro della Difesa Arturo Parisi e il sindaco Enrico Hüllweck nei 105 minuti di colloquio riservatissimo: agli annali della piccola storia vicentina, però, passerà la decisione di convocare un Consiglio monotematico e di esprimere un giudizio di accettabilità che il Governo invoca dalla scorsa estate. Da lunedì sera, quindi, i colonnelli della maggioranza di centrodestra sono al lavoro per organizzare l’evento. Il più preso nella parte, naturalmente, è il presidente del consiglio comunale Sante Sarracco (nella foto), eletto sotto le insegne di Alleanza nazionale. È da Sarracco, tanto per cominciare, che è venuta l’indicazione del giorno: nonostante molti premessero per andare al voto già nella riunione di domani, il presidente ha scelto la data del 26: domani, infatti, molti protagonisti della vita politica e istituzionale cittadina saranno impegnati a Verona per la visita di Papa Benedetto XVI, mentre per martedì, altra data possibile, sono già state annunciate alcune importanti defezioni. Si va quindi al 26 e si andrà in sala Bernarda, la sede storica del civico consesso. Lo stesso Sarracco aveva ipotizzato un temporaneo trasloco in altre sedi, come la Fiera, per poter disporre di una platea più capiente, in grado di ospitare qualche centinaio di spettatori. La proposta, però, non aveva trovato un gran seguito, tanto che lo stesso Sarracco è tornato sui suoi passi: «Si creerebbe un precedente, quindi resteremo in sala Bernarda». Dopo le intemperanze e le tensioni che hanno indotto il presidente a sospendere l’ultima seduta consiliare, però, uno degli aspetti più delicati da considerare sarà l’ordine pubblico: «Mi rivolgerò a prefetto e questore per organizzare un servizio d’ordine accurato, con vigili e forze dell’ordine. Avverto molto la responsabilità dell’evento, che ricade soprattutto sulle mie spalle. E devo dire che temo infiltrati che possano far degenerare la riunione». Il capogruppo di Forza Italia Andrea Pellizzari è tranchant: «Porte aperte, senza problemi, espellendo chiunque esca dalle righe». In conto dovranno essere messi anche i limiti di capienza dell’aula, fissati in 40 spettatori in seguito a perizie statiche. La soluzione che Sarracco proporrà alla conferenza dei capigruppo, convocata per domani pomeriggio, è duplice: da un lato distribuire “biglietti numerati” ai due comitati e ai sindacati, in modo da avere un’eguale rappresentanza fra favorevoli e contrari; il resto del pubblico, che verrebbe escluso dalla visione e dall’ascolto del consiglio comunale, potrebbe seguire la storica riunione attraverso due maxischermi, collocati uno nell’atrio e l’altro nella loggia del Capitaniato, con accesso da piazza dei Signori. La seduta sarà monotematica, annuncia Sarracco e seguirà questa formula: comunicazioni del sindaco Hüllweck sul caso dal Molin e dibattito, con proposta di un ordine del giorno da mettere ai voti. La riunione si presenta, così impostata, come un’autentica maratona ai microfoni: ognuno dei 41 consiglieri avrà a disposizione 10 minuti per articolare il proprio intervento, mentre i dieci capigruppo disporranno di venti minuti a testa. Difficilmente si scenderà sotto le cinque ore di discussione. Il tema dei prossimi giorni sarà il testo dell’ordine del giorno. Le diplomazie sono già al lavoro. Il documento potrebbe prevedere una premessa che precisa come la responsabilità della decisione finale spetti al Governo, che ha già dichiarato il progetto compatibile e rispondente all’alleanza e al rapporto di amicizia fra Italia e Usa, con una conclusione che chiede garanzie, in particolare per l’impatto che avrà l’insediamento sul territorio comunale. Il centrodestra, con il forzista Pellizzari, ha già fatto i conti dei Sì, che dovrebbero essere risicata maggioranza, ma nulla appare scontato.

L’intervento. Parla il leader del Ppe, ex big di Forza Italia
Ma in quel modo Hüllweck fa un regalo al centrosinistra
Carollo: «Ha diviso la città, ha nascosto, senza prendere posizione»

di Giorgio Carollo*

Il sindaco Enrico Hüllweck è uscito pimpante dall’incontro con il ministro Arturo Parisi. Dire che non capisco il motivo di tanta contentezza è poco. Ha diviso la città per mesi, l’ha lasciata incattivire, ha nascosto fin che ha potuto, ha lasciato andare avanti un suo assessore, salvo poi smentirlo e maramaldeggiare nei suoi confronti approfittando del fatto che, per essersene servito e averne abusato, l’aveva reso inviso al suo stesso partito, Alleanza nazionale, ha reso i rapporti tra le forze politiche cittadine, se possibile, ancora più difficili. Tutto per non prendere una posizione. Per non dire da che parte stava. Anche se a nessuno sfuggiva. Risultato? Va da Parisi a farsi dire quello che era chiaro da sempre. Questo Governo, come il precedente, non può dire di no agli Americani. Checché ne pensi Diliberto. Ma se non può dire di no agli Americani, non ha nessuna voglia di levare le castagne dal fuoco a Enrico Hüllweck, facendo quello che il sindaco sperava, e cioè che arrivasse da Roma l’ordine perentorio, a cui dire: obbedisco ma non c’entro. La colpa è tutta del governo. Questo è quello che il nostro sindaco ha sempre voluto. Poter dire: cari cittadini, comitati contro, forze politiche contrarie al progetto, se fosse per me direi di no, ma è Prodi che me lo impone. Un giochetto infantile, non degno di un sindaco di una città dalle nobili e grandi tradizioni democratiche qual è Vicenza. Ma c’è un risultato che il sindaco ha conseguito con tutto il tempo che ha fatto perdere alla città: scoprire che non c’è più il tempo per fare un referendum. E scoprire che anche Parisi su questo è d’accordo. Complimenti, sindaco, bel regalo al governo di sinistra, questo. Un referendum avrebbe fatto scoppiare le contraddizioni tra le forze politiche della maggioranza romana. Nel chiuso del Consiglio comunale, invece, ciascuno reciterà la sua parte, scontata, e Parisi potrà stare tranquillo. E qualcuno dell’opposizione avrà il mal di pancia. Avesse almeno portato a casa qualche contropartita. Gli avesse Parisi garantito quelle opere che possono almeno alleviare l’impatto di un insediamento di questo genere. Nossignori, neanche questo. No, solo blande promesse che non ci saranno oneri per il Comune. E ci mancherebbe! Tutto questo mentre Forza Italia, un bel giorno, d’improvviso, ha detto sì. Per bocca del segretario cittadino. Senza, mi risulta, uno straccio di riunione, senza neanche la convocazione di un direttivo. Un ordine dall’alto, una comparsata sul giornale e poi basta. E il sindaco, come niente fosse, che continuava a fare un’indegna melina. Noi abbiamo cercato per anni di portare in tale partito un po’ di democrazia. Siamo usciti quando abbiamo capito che l’impresa era disperata. Dobbiamo ogni volta prendere atto, però, che è la mancanza di democrazia nei partiti ciò che consente quelle indecorose manfrine ai danni della città, di cui Hüllweck ha dato un fulgido esempio. È almeno sperabile che in consiglio comunale ci vada subito e soprattutto ci vada con una “sua” posizione, chiara e responsabile. I cittadini, poi, giudicheranno.
* Leader del Movimento veneto per il Ppe

Il senatore Zanettin si dichiara soddisfatto dopo il faccia a faccia. Il capogruppo diessino contrattacca
FI: «Finite le ambiguità»
Poletto (Ds): «Inaccettabile militarizzazione della città»

(g. m. m.) C’è chi la prende male e chi la prende bene. C’è chi morde il freno per arrivare al voto in consiglio comunale e c’è chi si prepara a dare battaglia. Sono le due facce dell’esito dell’incontro fra il ministro Parisi e il sindaco Hüllweck, ben rappresentate dalle interpretazioni che nel day-after vengono fornite dal senatore forzista Pierantonio Zanettin e dal capogruppo diessino Luigi Poletto. «Anche per il ministro Parisi la base statunitense di Vicenza va ampliata. Ne prendiamo atto con soddisfazione, finalmente il governo esce dall’ambiguità», commenta l’esponente azzurro. Secondo Zanetti, il governo ha chiarito «una volta per tutte che l’estensione della base non è soltanto compatibile con la politica estera del nostro Paese, ma risponde allo spirito di amicizia e collaborazione in atto tra i due Stati». «A questo punto - conclude - l’amministrazione Comunale di Vicenza è nelle condizioni di discutere a ragion veduta la questione, ponendo all’attenzione del Governo le condizioni di compatibilità ambientale, sociale ed infrastrutturale del nuovo insediamento». Di tutt’altro tenore il taglio dato da Poletto: «Il governo non ha potuto far altro che riconfermare la non incongruità della nuova installazione a Vicenza con le scelte tradizionali di amicizia e cooperazione della Repubblica Italiana con gli Stati Uniti. In altre occasioni - è il caso della Maddalena - sono state le istituzioni locali ad intervenire presso il Governo e a reclamare la chiusura della base. Qui invece l’Amministrazione municipale ha nascosto per due anni al Consiglio comunale l’offerta americana, ha condotto trattative “coperte” senza alcun mandato del Consiglio per poi presentare come ineluttabile una scelta che andava gestita in modo assolutamente diverso. La responsabilità prima dunque è in capo al sindaco che ha taciuto quando doveva parlare, non ha agito quando doveva agire e ha agito male quando doveva agire bene». Così in Consiglio, Poletto annuncia che i Ds sottolineeranno «l’inaccettabile impatto urbanistico, la vibrante preoccupazione per la sicurezza della città in un mondo in cui crescerà la minaccia terroristica, il rifiuto della militarizzazione di una città vocata alla cultura della pace, della solidarietà, dell’arte e dell’impresa».

L’appello. Interviene Giancarlo Albera, uno dei portavoce
Ma il comitato del No insiste «È più giusto il referendum»
«Il Governo non ha ancora detto sì, diamo la parola ai cittadini»

(g. m. m.) «Sarebbe più giusto coinvolgere la popolazione, ascoltare i cittadini, interrogarli direttamente». Tradotto: rispetto per il consiglio comunale, ma il referendum scatterebbe la fotografia più precisa del sentimento popolare rispetto all’operazione Dal Molin. L’appello pro-referendum arriva dal coordinamento dei comitati che si battono contro il progetto della nuova caserma Usa all’aeroporto. Rendicontando sul faccia a faccia avuto con Parisi, il sindaco Hüllweck lunedì sera aveva precisato che nel valutare le diverse ipotesi, il ministro aveva fatto intendere che il voto del consiglio comunale, ovvero dei rappresentanti eletti dai cittadini, godeva di una procedura più rapida rispetto all’indizione di un referendum. Gli Usa sollecitano, il Governo ha fretta e quindi se Vicenza vuole esprimersi lo deve fare in tempi veloci. Il comitato del No, tuttavia, non demorde: «Leggendo il comunicato del ministro, non mi sembra che la posizione sia cambiata - commenta uno dei portavoce, Giancarlo Albera -. Ritengo che non sia stata assunta una decisione, ma credo che non sia sufficiente il parere del consiglio comunale. Per questo faremo appello a tutti i rappresentanti politici». Albera punta la lente, poi, su quella che ritiene una contraddizione: «Molti esponenti del centrodestra, a partire dalla presidente della Provincia Manuela Dal Lago, hanno evidenziato i problemi dell’area del Dal Molin, tanto da proporre un progetto alternativo in via Moro. Hanno riconosciuto che ci sono problemi».

Le reazioni. Colpi di cannone da sinistra all’indirizzo di Parisi: «Basta con la politica dello scaricabarile»
«Il ministro venga a riferire in Parlamento»

Come da copione, le cannonate contro il ministro della Difesa Arturo Parisi esplodono dalla sua stessa maggioranza di centrosinistra, impegnata con l’ala radicale a tentare di bocciare il progetto americano. «Parisi venga in Parlamento e dica chiaramente come intende rispondere il governo italiano alle richieste Usa di trasformare l’aeroporto Dal Molin nella più grande base americana in Europa». Lo chiede in un’interrogazione la Verde Luana Zanella, vicepresidente dei deputati del Sole che Ride, la quale esprime «la preoccupazione degli ambientalisti di fronte ad una ipotesi inaccettabile». «Le richieste dell’amministrazione Bush - prosegue Zanella - devono essere respinte al mittente perché non vogliamo una militarizzazione del territorio che avrebbe conseguenze devastanti per l’equilibrio della città e perché confermerebbe la dipendenza del nostro paese dagli interessi statunitensi». «Il Governo italiano deve avere una posizione coerente con il programma dell’Unione. Prodi e Parisi devono trovare il coraggio politico di dire a Bush: no grazie». Lo sostiene Alfio Nicotra (Prc), che parla di «politica dello scaricabarile» commentando l’incontro tra il ministro della Difesa e il sindaco Hüllweck. «Stiamo assistendo - dice - ad un vero e proprio rimpallo di responsabilità tra l’amministrazione della Difesa e quella del comune di Vicenza. L’incontro ormai evidenzia una politica dello scaricabarile che non è più accettabile». E spiega: «In questo modo si alimenta allarme e preoccupazione tra la popolazione di Vicenza e al contempo si tende a deresponsabilizzare il parlamento e il governo da una scelta che è, per il suo rilievo, di assoluta preminenza nazionale». Berlusconi, ricorda ancora il parlamentare, «ha dato il via libera all’aspirazione degli Usa di costruire in quella zona la nuova base militare, il governo Prodi dovrebbe invece dichiarare l’indisponibilità dell’Italia a concedere nuove basi che ledono la nostra sovranità nazionale e che sono per di più anacronistiche».


Da tempo si segnala la presenza di balordi, ubriachi e spacciatori
Degrado ai Giardini Salvi «Togliere tutte le panchine»
È la ricetta della Lega per recuperare il parco in centro storico

(g. m. m.) «Via le panchine dai Giardini Salvi». È la soluzione targata Lega Nord invocata dal consigliere comunale Alessio Sandoli per avviare il recupero dal degrado del parco in centro storico. «Da tempo - scrive in una articolata interrogazione indirizzata alla Giunta - sono segnalati episodi di spaccio di droga, risse tra ubriachi, punkabbestia con cani, anche di razze pericolose e il caso del bambino della scuola elementare che ha trovato una siringa. Purtroppo si tratta di episodi sempre più frequenti nella zona, che vanno a seguire la chiusura domenicale del parco giochi di campo Marzo». «In passato - argomenta Sandoli - l’amministrazione comunale ha cercato di porre rimedio con un’ordinanza che vieta i bivacchi nei parchi pubblici e la cui applicazione risulta alquanto difficoltosa da parte della polizia locale tanto che i risultati ottenuti sono pressoché nulli». Così, dopo aver chiesto quante multe siano state appioppate contro i bivacchi a Campo Marzo e Giardini Salvi, il consigliere leghista chiarisce la sua posizione: «Urgono allora interventi immediati visto che le soluzioni adottate finora non hanno portato a niente». L’esponente del Carroccio cita addirittura Renato Baioni, sindaco ulivista di Bazzano, nel Bolognese, che ha dichiarato: «Una strada del centro stava diventando una zona franca dove stazionavano spacciatori, ubriachi, gente che incuteva paura. Il ripristino della legalità passa anche da piccoli provvedimenti come, per esempio, togliere le panchine». «Il primo ad adottare simili provvedimenti è stato Giancarlo Gentilini a Treviso che sollevò un mare di polemiche quando rimosse le panchine nei giardini fuori dalla stazione per la continua presenza di spacciatori extracomunitari. Ne seguirono discussioni, accuse di razzismo da parte dei soliti benpensanti ma il problema fu risolto». E poi una sfilza di altri casi, da Prato a Bovolone, dove la cura delle panchine sembra risolto le situazioni di degrado più pesante. Per questa ragione, Sandoli invita palazzo Trissino ad armarsi di un pizzico di coraggio per adottare provvedimenti semplici quanto radicali come eliminare ogni comfort dall’area verde, dal momento che proprio le panchine sono diventate un refugium peccatorum. La priorità è restituire decoro al parco e «salvaguardare la sicurezza dei bambini e dei genitori della vicina scuola elementare, soprattutto durante gli orari di entrata e di uscita».


“Affitti” stranieri sotto la lente La finanza nei quartieri extra
Verifiche fiscali in viale Milano, ma anche in via del Carso e in provincia

di Diego Neri

Scattano i controlli sugli affitti agli immigrati. La guardia di finanza sta predisponendo un’indagine a vasto raggio, con centinaia di verifiche su contratti e locazioni. E un’attenzione particolare verrà dedicata a quelle zone nelle quali la concentrazione degli stranieri è molto alta. Per fare un esempio in città, nel quartiere di viale Milano o in via del Carso, oppure ancora in molti paesi della provincia laddove la percentuale di extracomunitari è particolarmente significativa. Nel caso dell’area vicino alla stazione ferroviaria di Vicenza, di fatto l’iniziativa rientra nell’operazione sicurezza che le forze dell’ordine stanno compiendo in queste settimane per superare il degrado e riportare ordine e legalità. Un’operazione che ha meritato il pauso di Alternativa sociale: «Speriamo non si tratti di un’azione temporanea e propagandistica ma che la presenza delle forze dell’ordine sia costante e si espanda anche in altre zone a rischio», ha dichiarato Alex Cioni. Nel mirino del comando di contrà S. Tommaso ci saranno i rapporti fra i proprietari di appartamenti e i loro affittuari immigrati. Una realtà sempre più diffusa stante il crescente numero di stranieri che vivono nel Vicentino e che il comando generale delle fiamme gialle, su scala nazionale, ha deciso di mettere a fuoco nell’ottica di combattere forme di irregolarità e di evasione. «Si tratta di uno dei nostri obiettivi fin da inizio anno - precisa il tenente colonnello Antonio Morelli, che comanda la finanza provinciale -. Non ci saranno realtà precise su cui puntare l’attenzione se non quelle in cui la presenza straniera è più forte». Nelle scorse settimane, quando era scoppiato il caso del muro antispaccio di via Anelli a Padova, era intervenuto il ministro Amato a sottolineare come spesso dietro la concentrazione di extracomunitari, magari clandestini, ci fosse la complicità dei proprietari italiani, che lucrano su di loro affittando gli appartamenti a prezzi molto alti per pareggiare, in questo modo, il rischio che corrono. In effetti, oltre alle sanzioni amministrative, chi affitta a clandestini o a prostitute può essere denunciato per favorire o agevolare realtà da codice penale. I finanzieri vicentini perciò dovranno verificare la documentazione che regolamenta i rapporti fra i proprietari degli alloggi e chi ci vive. Un’indagine analoga era stata affrontata sul fronte degli affitti agli studenti universitari, e gli inquirenti riscontrarono numerose irregolarità. L’iniziativa rientra nel novero dei controlli per stanare gli evasori, di cui si fa un gran parlare in questi mesi a livello politico. Chi ha un alloggio prima di cederlo in affitto deve controllare se lo straniero a chi lo affida è in regola con il permesso di soggiorno; in caso contrario potrebbe essergli contestato il favoreggiamento della permanenza clandestina in Italia, se era a conoscenza che si trattava di una persona senza permesso. Inoltre, oltre al rispetto del contratto con il versamento di contributi, c’è da accertare anche che chi abita nell’alloggio non lo subaffitti ad altri, e che il numero di persone che vi abitano sia superiore ai termini previsti dalla legge. L’inchiesta delle fiamme gialle mira a far luce nel sottobosco di affitti che costituiscono un ingente movimento d’affari per i proprietari di appartamenti: affari gestiti a volte totalmente o parzialmente in nero, con vantaggi fiscali tanto per i titolari quanto per gli stranieri, che in questo modo abbattono illegalmente le spese. In questo modo sarà possibile anche avere una mappa molto più completa della dislocazione degli extracomunitari, che potrebbe tornare utile in caso di inchieste o di ricerche.


Domani mattina a Vicenza gli studenti della vallata protesteranno con un corteo fino alla stazione delle Ftv
«Stipati come in carro bestiame» Un’odissea per colpa del “Rossi”

di Nicola Rezzara

In piedi e schiacciati come sardine, costretti ad un cambio di corriera supplementare, gli studenti della vallata che frequentano le superiori a Vicenza rientrano a casa a pomeriggio inoltrato. Stanchi di questa situazione protesteranno domani, dalle 7,45 alle 8,15, con un corteo che dal liceo Quadri e dall’istituto Boscardin raggiungerà la stazione delle corriere di Vicenza, per chiedere migliori condizioni di viaggio. «Abbiamo pagato l’abbonamento 30 euro più dell’anno scorso per avere un servizio pessimo. Dobbiamo correre e fare quasi a pugni per trovare un posto sul pullman. In piedi naturalmente», protestano alcuni di loro, mentre attendono di effettuare l’ennesimo viaggio nella corriera che ormai chiamano “carro bestiame”. Sono da poco passate le 13.30 alla stazione delle corriere di Alte, quando scendono dal pullman gli studenti dell’Ovest Vicentino che frequentano gli istituti “Canova”, “Quadri”, “Montagna” e “Boscardin” di Vicenza. Una volta arrivati ad Alte devono attendere un’altra corriera che li porti a Chiampo. Chi deve proseguire verso l’alta valle ne prenderà una terza. Due o tre cambi di mezzo per arrivare a casa verso le 15. L’anno scorso una corriera li portava direttamente da Vicenza a Chiampo, senza cambi e con il posto a sedere, ma per quest’anno le comodità sono solo un sogno. Tutta colpa di uno slittamento dell’orario all’istituto tecnico industriale “Rossi”, che ha portato al riassetto generale delle corse. All’andata, da Chiampo a Vicenza, la tratta è diretta come l’anno scorso, ma il ritorno si trasforma quotidianamente in un’odissea. «Da quando è cambiato l’orario del “Rossi” sono iniziati i problemi - spiegano i ragazzi in attesa di tornare a casa -. La corriera che prima partiva dalla nostra scuola, ora parte dall’istituto tecnico, e quando arriva da noi è già piena. Noi allora dobbiamo prendere quella per Trissino e Brogliano, togliendo il posto agli studenti di quelle zone, per poi scendere ad Alte e cambiare mezzo. Qui prendiamo una corriera che parte sempre dal “Rossi”, va diretta a Chiampo, e siamo nuovamente costretti a lottare per un posto». Nella confusione di corse e orari, che molte volte costringe alcuni ragazzi a restare a piedi ed attendere a lungo un altro mezzo, gli studenti ricordano anche l’intervento dei carabinieri. «Tempo fa su una corriera diretta a Trissino eravamo così schiacciati che quasi non si respirava - raccontano gli studenti -. Così abbiamo chiamato i carabinieri che alla fermata hanno verificato il sovraffollamento. Da quel momento hanno messo una corriera in più per Trissino». Gli studenti hanno deciso di andare fino in fondo per ottenere un viaggio decente, ricordando di aver pagato il notevole aumento dell’abbonamento annuale scattato con la prima campanella di settembre. Il volantino che da giorni gira fra le mani dei pendolari delle superiori denuncia la situazione: «Abbiamo pagato per stare in piedi». Ed annuncia per domani mattina un’azione di protesta alla stazione Ftv di Vicenza.