17 NOVEMBRE 2006

CALDOGNO.Nuovo Dal Molin Caldogno boccia la base americana
«Vicenza rischia come Genova al G8»

Nuovo Dal Molin Caldogno boccia la base americana

di Marco Scorzato

Due “no” al Dal Molin americano. Uno più morbido, quello della maggioranza (più la Lega), che lascia aperta «la via del dialogo» per eventuali soluzioni alternative da valutare «insieme e con il coinvolgimento delle autorità locali». Il secondo, del gruppo di minoranza “Partecipazione e impegno”, è più perentorio e categorico, contrario anche ad ipotesi alternative. L’altra sera, dopo oltre quattro ore di Consiglio comunale aperto, Caldogno ha detto “no”. Una voce che porta la firma anche dei partiti di centrodestra, gli stessi che a Vicenza si erano espressi in senso opposto. E se era quasi scontato che andasse così, viste le posizioni assunte dalla giunta del sindaco Vezzaro che voluto ricordare di essere alla guida di «una lista civica», la sorpresa è stata nei modi in cui il diniego è stato espresso: non c’è stata una voce unanime, bensì due documenti distinti. «Ciò che conta è che tutti abbiano in qualche modo detto no alla base», ha chiosato Cinzia Bottene, portavoce del Comitato del “no” che, dopo qualche mugugno iniziale, si è detta «soddisfatta dell’esito del Consiglio». Ma andiamo con ordine. In piazza, il fracasso del “popolo delle pignate”, rumoroso come sempre nel battersi contro la base a stelle e strisce, ha fatto da contorno alla seduta straordinaria aperta, con oggetto “l’ampliamento della caserma americana Ederle in area Dal Molin”. «Ho deciso di dare la parola ai cittadini per ascoltare tutti - ha esordito il sindaco Marcello Vezzaro -. Anche perché il governo ha confermato che intende decidere a partire dall’orientamento delle autorità locali». Largo ai comitati e ai cittadini, dunque, per due ore d’interventi in apertura di seduta. Solo verso le 22,30 la parola è passata ai consiglieri. E unanimi, maggioranza e minoranza hanno scoccato una frecciata all’amministrazione comunale di Vicenza. Dura quella di Sergio Lovo, del gruppo “Partecipazione e impegno”: «È da due anni che Comune di Vicenza e Provincia discutono di questo progetto - ha affermato -. E noi lo abbiamo saputo soltanto nel giugno scorso». Meno diretto, ma più sorprendente è l’appunto mosso da una maggioranza, una Grosse Koalition centrista, che annovera al suo interno lo stesso partito, Forza Italia, che regge il timone a Vicenza. «Il sindaco Vezzaro aveva chiesto di partecipare al consiglio berico, senza avere risposta», ha ricordato piccato il capogruppo di maggioranza Carlo Peruzzi. Chi ha assunto un profilo bassissimo è stato l’ex sindaco forzista Costantino Toniolo. Non ha proferito parola per tutto il Consiglio e alla fine ha votato compatto con la sua maggioranza: un “no” che fa a pugni col parere favorevole alla base espresso da Forza Italia a Vicenza. Anche la Lega Nord, con Maurizio Gottardo, ha affermato il suo «no alla base Usa al Dal Molin», sostenendo il documento della maggioranza. Un testo che fa leva su una serie di problemi: dalla distanza del sito dalla Ederle, alla vicinanza ad un’area “centrale” di Vicenza come quella delle scuole e delle piscine; dal traffico su strada S. Antonino, al cono di volo dell’aeroporto che si sviluppa interamente in frazione di Rettorgole. «Motivi più che sufficienti perché il Comune di Caldogno sia coinvolto a pieno titolo nel progetto. Più volte - si legge nel documento - abbiamo cercato la strada del dialogo senza ottenere ascolto. Per questo, il nostro parere alla scelta dell’area Dal Molin per l’ampliamento della caserma Ederle non può che essere un “no” che conferma la volontà della maggioranza dei nostri cittadini», il 64% secondo un sondaggio Demos & Pi. Fin qui tutti d’accordo, così come quando si ribadisce «l’amicizia col popolo americano», la «solidarietà coi lavoratori della Ederle» e la consapevolezza «dell’indotto socio-economico positivo che ha contribuito nel passato a portare la presenza dell’insediamento americano della caserma». A dividere i gruppi consiliari è stata un’ultima frase, che suona così: «Sembrerebbe più idoneo il metodo adottato dalla Provincia, che valuta anche altri aspetti come ad esempio la continuità territoriale, e sono auspicate soluzioni alternative». Una frase che non chiude la porta ad ipotesi alternative e che per questo non ha trovato il consenso di “Partecipazione e impegno”. Pertanto tale dicitura figura nel documento della maggioranza (16 voti favorevoli e 4 astenuti). In quello della minoranza (4 favorevoli e 16 astenuti) è stata stralciata. «Oggi Caldogno dice “no” all’ampliamento della Ederle al Dal Molin - chiosa il sindaco Vezzaro -. I nostri documenti sono condivisi al 99%». «È un doppio no - afferma alla fine Cinzia Bottene, portavoce dei “no” -, uno è più forte, ma anche il documento della maggioranza è buono». E i rappresentanti del sì? «Sapevamo che sarebbe andata così - dice il loro portavoce Roberto Cattaneo -. Restiamo tranquilli: non è qui che si decide il futuro della base».

Manifestazione pacifica ma vivace con circa trecento cittadini di ogni età e ceto sociale. Il Sì diserta, per scelta, il corteo
In piazza tra tamburi e trombette si sfoga la protesta
Risate e bordate di fischi all’indirizzo di chi in aula si è schierato a favore del progetto della nuova base

Malgrado tutta la buona volontà, è stato davvero impossibile l’altra sera, nella piazza davanti al Municipio di Caldogno, trovare qualche cittadino che si esprimesse apertamente a favore della costruzione di una base americana al Dal Molin. Se il comitato del Sì era presente solo nell’aula consiliare con una delegazione formata da una quindicina di elementi, altre voci per il sì non si sono levate in una piazza (circa trecento i presenti) schierata tutta per il no e "armata" di fischietti, tamburi e pignatte. A dire il vero due persone che rompono un po' la "monotonia" di una maggioranza che appare larghissima ci sarebbero, ma chiedono di restare anonime. Sono due imprenditori artigiani. Uno dice che "a fronte di adeguate e certe garanzie alla base ci si deve fare un pensierino. Non dico il mio nome perché a Caldogno l'80% della gente non vuole la base e non voglio ritrovarmi con i tamburi sotto le finestre di casa". L'altro dice che "prima di questa sera ero nettamente a favore del sì. Ma ho sentito tante motivazioni, assai delicate, di segno contrario, che ora sto riconsiderando la cosa". Sarà mica parente di Parisi ? Roberto Cattaneo, portavoce del comitato del sì, spiega invece la scelta di non andare in piazza: "abbiamo preferito dare la parola ai calidoniensi, senza mobilitare i dipendenti della Ederle come invece avevamo fatto in occasione del Consiglio comunale di Vicenza. Inoltre la piazza era piccola, non volevamo creare problemi. Voglio fare piuttosto delle considerazioni sulla nostra partecipazione nella sala consiliare: credo che ci vada riconosciuto il coraggio di aver partecipato, perché era evidente che giocavamo in trasferta. E tra l'altro- prosegue Cattaneo- potevamo anche risparmiarci il disturbo, poiché una rappresentanza della Giunta di Caldogno si era già incontrata con Parisi e aveva già presentato un proprio documento.Noi abbiamo fatto presenza per onor di firma, diciamo. E poi per noi ha importanza quanto deciso dal consiglio comunale di Vicenza, che ha votato sì alla base. Il voto di Caldogno lo rispettiamo, ma è ininfluente perché il ministro della Difesa Parisi aveva chiesto il pronunciamento di Vicenza. Sia Parisi, comunque, a decidere. Sono curioso di vedere di quanti altri pareri comunali ha bisogno. Intanto noi del sì stiamo preparando un incontro con lui, a Roma. Vogliamo farci sentire anche noi". In piazza invece c'era il cittadino Antonio Castellarin, che dice: "La Setaf vuol creare una base di pronto intervento, di attacco. Siamo stanchi di guerre. L'homo sapiens dovrebbe saper trovare altri metodi per mediare i contrasti tra culture e tra nazioni". I coniugi Tognoni, Patrizia e Giancarlo, sono contrari alla Ederle 2 perché "è dimostrato che tutte le basi inquinano le falde acquifere. Quelle in zona Lobbia sono molto in superficie, quando piove tracimano e ci sarebbero problemi perfino per costruire le fognature. Quanto ai lavoratori della Ederle, ricordiamo che negli anni' 70 ci fu un bello sfoltimento e tutti vennero riassorbiti. Molti lavoratori della Ederle in questo senso godono di tutele superiori ad un comune lavoratore". Tra il fracasso della pacifica manifestazione di piazza spicca anche Massimo Ferrauto, che percuote un tamburone: "Sto suonando un blues antiamericano, proprio io che amo gran parte di quella cultura. Ma sono contrario ad una base costruita a meno di due chilometri dalla Basilica, nel cuore della città, che ci creerebbe rogne di ogni tipo, soprattutto sotto il profilo della sicurezza". Gianfranco Piazza non ha né tamburi né fischietti. Però parla: "L'aumento delle spese militari non era nei programmi del governo che abbiamo votato. E si sa che le servitù militari comportano forniture gratis ed altri costi che rendono vani i discorsi di chi parla di opportunità economica per i vicentini". La galleria dei pareri negativi si chiude con Frediano Fabbi: "Caldogno è comune denuclearizzato e si vede che sta rispettando la tradizione. Qui la base non la vuole nessuno: la pagheremmo noi, e servirebbe solo all'espansione Usa perché non è con le basi che si sgonfia il terrorismo. Anzi, io credo che i conflitti lo alimentino". (g. m. mas.)

Ecco gli interventi più significativi
Tra No e Sì finisce quindici a cinque davanti al sindaco

di Gian Maria Maselli

Iscritti a parlare nell'aula del Consiglio comunale di Caldogno per il fronte del No erano in 15 (e per esigenze di tempo si è deciso di comune accordo di ridurre gli interventi a 10) , mentre per il fronte del Sì è stato letto un comunicato unitario, pronunciato a più voci da Armando Gobbo, Roberto Cumerlato, Tiziano Zaffaina, Gianfranco Manni e Alessandro Bauce. Il documento unitario era piuttosto articolato, e si proponeva di «contrastare una campagna di disinformazione globale, di rispondere ai preoccupanti risvolti occupazionali e di dare voce a una comunità locale e alle undicimila firme di chi non è ideologicamente contrario all’aumento della presenza Usa a Vicenza». Sull’impatto urbanistico il documento unitario considera che l’area rimarrebbe demaniale ed in futuro si potrebbe dunque recuperarla, mentre sarà “persa” per sempre se invece della base si costruiranno case per i vicentini. Sul’impatto idrogeologico il fronte del Sì esclude rischi di inquinamento delle falde e, in genere, sulle forniture erogate da Aim afferma che «gli americani pagano ogni anno 5 milioni e mezzo di euro». Quanto alla viabilità, la nuova base «permetterebbe un concorso di spesa tra governi italiano e americano, con l'aggiunta della Regione, sgravando così il Comune di Vicenza». E il rischio terrorismo? Secondo i sostenitori del Sì, «Vicenza sarebbe più sicura, perché aumenterebbero le forze dell'ordine presenti sul territorio, con il passaggio dalla fascia C a quella B della questura». Per ciò che riguarda l’aspetto economico, il documento unitario parla di «744 famiglie» assunte alla Ederle e di «duemila persone che lavorano nell’indotto». E poi: «dieci milioni di euro l’anno per appartamenti e magazzini affittati al Governo Usa, 25 per appartamenti affittati a privati, 30 milioni di paghe per i dipendenti, 70 milioni per pagamenti a ditte locali per fornitura di beni e servizi». In termini occupazionali «la Ederle è la seconda azienda del Vicentino dopo la Usl». «Con la Ederle 2 arriverebbe anche il nuovo progetto di insediamento abitativo a Quinto Vicentino, per un ammontare che supera il miliardo e mezzo di euro». Poi c’è la questione delle spese militari italiane per le basi Nato: il Comitato per il Sì rivela che «se anche gli americani si trasferissero in Germania, l’Italia, membro della Nato, dovrebbe comunque continuare a contribuire alle spese». E infine il problema occupazionale: «il mancato ampliamento al Dal Molin comporterebbe, nel giro di quattro anni, il drastico ridimensionamento o addirittura la chiusura della Ederle. Solo il 33 per cento dei lavoratori vicentini della Ederle verrebbe riassorbita dallo Stato, e il 100 per cento avrebbe come ammortizzatore sociale solo i sei mesi di disoccupazione ordinaria». Non meno articolate sono state le motivazioni fornite dal fronte del No, che anche in questo caso richiedono una sintesi. Commozione ha suscitato l’anziana Imelda Zocca, che con la voce rotta dal pianto ha premesso la sua condizione di orfana dopo bombardamenti della seconda Guerra mondiale sul Dal Molin, all’epoca in mano ai nazisti: «So per averlo provato sulla mia pelle che le guerre portano solo disperazione. Leggo sui giornali che al Dal Molin si vorrebbe costruire una base militare in stile palladiano e mi chiedo perché negli Usa questi siti sono costruiti lontani dai centri abitati, mentre qui sarebbe a venti metri dalle case». Cinzia Bottene ha focalizzato l'attenzione sui «tanti voli non operativi, cioè di rifornimento, che si ritroverebbero a pochi metri dalla testa tanti abitanti di Caldogno e di Vicenza, con conseguente pesantissimo inquinamento acustico. Inoltre , si è chiesta Bottene, come «potrebbe diventare la nostra vita in caso di aumento delle tensioni internazionali ? Inoltre, abbiamo tutti conoscenza di quanti incidenti, risse e disordini sono accaduti e accadono quasi quotidianamente a Vicenza con protagonisti i militari americani.Vogliamo che anche a Caldogno succedano queste cose?». Poi Bottene è tornata su un tema molto sensibile: «In zona Dal Molin si trovano le falde acquifere che forniscono da bere a tutta la nostra zona e a Padova. E come è stato dimostrato in vari studi la presenza di una base militare inquina pesantemente le falde. Faccio solo presente che ad Aviano, che come sappiamo tutti è sede di una importante base, l’acqua risulta inquinata per i prossimi 80 anni da bromacile, una sostanza altamente tossica. Noi non vogliamo succeda anche qui». Ha preso la parola anche il farmacista Benedetto Patuzzi: «Stimo gli Usa e la loro democrazia, ma quando si può recuperare un polmone verde e metterlo a disposizione degli anziani e dei bambini credo che la salute passi in primo piano, anche davanti ad eventuali occasioni di business». Antonella Cunico ha sottolineato i temi di sviluppo del capoluogo e dell’hinterland: «Mi pongo la questione dei valori: ritengo che se questo progetto venisse realizzato, il futuro della città e delle giovani generazioni verrebbe pesantemente ipotecato da un impoverimento generale dei valori sociali e culturali che fondano la convivenza civile». Anche il Comitato No Vicenza Est, che vede come capofila Olol Jackson, ha presentato un documento: «Sono molti i motivi per dire no a questo progetto, ma voglio ricordare in particolare le parole di Andrea Zanzotto, quando afferma che «salvare il paesaggio della propria terra è salvarne l'anima e quella di chi l’abita».

Seduta aperta dagli interventi dei rappresentanti del “Sì” e del “No”
In aula gli appelli dei due comitati «Grazie per averci dato la parola»

«Parlo a nome della maggioranza dei cittadini di Caldogno, il 64% secondo un sondaggio Demos & Pi», ha attaccato Cinzia Bottene, portavoce del comitato per il “no”, nel suo intervento davanti al Consiglio comunale. «Sono qui per dare voce a quella parte di comunità locale che non è ideologicamente schierata e contraria all’aumento della presenza Usa al Dal Molin», ha replicato Armando Gobbo, portabandiera dei “sì” in aula. È stato il confronto diretto tra i comitati civici, davanti ai politici locali, la novità “di metodo” della seduta consiliare. Non ha mancato di sottolinearlo Cinzia Bottene, ringraziando il sindaco «per aver dato questa opportunità che da altre parti non è giunta». È lei che ha preso la parola per prima, per un appello «alla morale e all’etica dei consiglieri». «Potrei dire di no per il danno ambientale che la base produrrebbe - ha affermato -, oppure perché negli Usa sarebbe impossibile installarne una in un contesto simile; potrei dire no per non rischiare di essere il maggiore obiettivo sensibile per il terrorismo della zona, perché abbiamo il diritto di vivere in un territorio civile e non militarizzato, e ancora perché la base non porta ricchezza o la porta a poche persone. Potrei chiedere di votare no - ha aggiunto - per osservanza della Costituzione e ancora perché vi sono beni nella vita che non possono essere monetizzati. Ma il motivo principale per cui chiediamo di votare no è per salvaguardare il futuro dei nostri figli. Lo chiediamo a voi amministratori: se usate etica e morale, e non le logiche politiche, non potrete che dire no». Un applauso scrosciante ha salutato l’intervento, in una sala a maggioranza di contrari al progetto. È toccato ad Armando Gobbo sostenere le ragioni del “sì”: «Abbiamo raccolto finora 11 mila firme a sostegno del progetto - ha esordito - I sondaggi hanno dato una visione di una popolazione spaccata a metà, ma i comitati del no, asseriscono di parlare a nome di tutti i cittadini. Noi non abbiamo questa arroganza e presunzione e ci limitiamo a portare le nostre tesi nelle sedi istituzionali». Gobbo ha parlato anche dei «preoccupanti risvolti occupazionali che deriverebbero da una mancata attuazione del progetto Dal Molin». Il portavoce del sì ha respinto anche le critiche sul fronte dell’impatto urbanistico, idrogeologico e acustico: «In 50 anni con gli americani ci sono stati solo tre casi di problemi acustici. Inoltre, il nuovo insediamento non prevede voli addizionali e tanto Parisi quanto il Pentagono affermano che non vi saranno attività pericolose. Bisogna chiedere garanzie, ma c’è spazio per soluzioni condivise». L’intervento di Gobbo è stato interrotto dal sindaco quando già aveva sforato di 4 minuti il limite di dieci stabilito dal regolamento e quando il pubblico in sala aveva cominciato a rumoreggiare, pur risultando nel complesso civile. E fuori, il popolo del no, punto sul vivo da alcune dichiarazioni di Gobbo, aveva ripreso a sbattere pentole e coperchi, interrompendo per qualche istante la tregua del rumore che aveva promesso. (m. sc.)


«Vicenza rischia come Genova al G8»
Hüllweck parla con gli americani: «Sono pronti a modificare il progetto»

di G. M. Mancassola

Sale la tensione in vista dell’adunata anti-Dal Molin programmata per il prossimo 2 dicembre a Vicenza. Mentre fioccano le adesioni dai partiti della sinistra radicale, e mentre l’ala moderata dell’Unione discute sul da farsi, la Giunta ha iniziato a mettere le mani avanti. Nella riunione di mercoledì pomeriggio è stato posto il problema della sicurezza per la città. Come spiega il vicesindaco e assessore alla Pubblica sicurezza Valerio Sorrentino, il Comune chiederà a questura e prefettura particolari protezioni per difendere la zona monumentale del centro storico. La paura è che la manifestazione possa degenerare in disordini e vandalismi. I timori. «Abbiamo richiesto la massima attenzione per i punti sensibili cittadini - spiega Sorrentino - desta preoccupazione soprattutto il fatto che hanno preso le distanze e non parteciperanno al corteo forze moderate come i Democratici di sinistra». La richiesta è di creare una zona rossa, interdetta ai manifestanti, corrispondente al centro storico, per evitare danni ai gioielli protetti dall’Unesco. Proprio come a Genova in occasione del G8 del 2001. Ed è allo spauracchio di Genova che si riferisce anche Francesco Rucco, consigliere comunale di Alleanza nazionale, primo firmatario di un’interrogazione discussa ieri in consiglio comunale: «Bisogna evitare rischi da G8», afferma. «Viste le crescenti tensioni legate al nuovo insediamento americano e tenuto conto dei precedenti che hanno visto manifestazioni simili sfociare in atti di vandalismo e violenza - spiega Rucco, che ha firmato il documento con i colleghi Luca Milani e Livia Coppola - ci chiediamo se non sia il caso di chiedere formalmente a prefetto e questore di vietare la manifestazioni per ragioni di ordine pubblico, oppure di chiedere di non autorizzare il corteo a passare per le vie del centro storico». La difesa. Di tutt’altra idea è Ezio Lovato, segretario vicentino di Rifondazione comunista, che nel dare la propria adesione alla manifestazione, afferma: «Crediamo che coloro che stanno tentando di creare in questi giorni un clima di tensione o peggio di terrore attorno a questa manifestazione stiano agendo in totale malafede. Siamo sicuri che vi sarà una grande e pacifica manifestazione come lo è stata quella organizzata in contemporanea al consiglio comunale di Vicenza svoltasi poche settimane fa». «Di fronte al fatto che Vicenza possa diventare base e complice di guerre, ci fanno semplicemente sorridere le dichiarazioni sui possibili pericoli, paventati da più parti, che la città correrebbe il prossimo 2 dicembre. No, non ci stiamo ad equiparare la possibilità che venga fatta qualche scritta su un muro ai possibili danni che un'altra base Usa potrebbe produrre per la nostra comunità». La visita. Nel frattempo, c’è fermento alla caserma Ederle, dove lunedì è atteso l’arrivo del segretario all’Esercito Usa Francis J. Harvey. Una visita altolocata, che potrebbe dare nuove indicazioni sulla vicenda. Il progetto. Proprio gli americani, in questi giorni, hanno lanciato al sindaco Enrico Hüllweck segnali chiari: il progetto non è blindato, ma può essere modificato. Nei prossimi giorni dovrebbe quindi tenersi un tavolo tecnico di confronto fra progettisti dei vertici Setaf e amministrazione comunale. «Forse non è gran cosa - spiega Hüllweck - ma nel corso di un colloquio informale, gli americani mi hanno dato la loro disponibilità a rivedere il progetto per cercare di attutire l’impatto sulla viabilità. In attesa che vengano realizzate nuove strade e opere infrastrutturali, il sistema di ingressi e uscite, almeno temporaneamente, potrebbe essere spostato più a sudest. È solo un’ipotesi, ma dimostra la disponibilità degli americani». Il sindaco concede infine una battuta sul voto del consiglio comunale di Caldogno: «Un voto contrario, si sapeva già alla vigilia. L’unica novità, forse, è il linguaggio molto morbido usato per esprimere questo No».