15 NOVEMBRE 2006

Parisi: «Il Governo non ha deciso»
La bretella va in frantumi sotto gli occhi del comitato
QUINTO VICENTINO.Le villette degli americani spaventano Vicenza est

Parisi: «Il Governo non ha deciso»
Durante il colloquio il ministro non ha escluso possibili soluzioni alternative

di Gian Marco Mancassola

Punto primo: il Governo non ha ancora deciso. Punto secondo: prima di farlo, ascolterà gli orientamenti espressi dagli enti locali. Punto terzo: non si è ancora esclusa una possibile soluzione alternativa. Un mese dopo aver incontrato il sindaco vicentino Enrico Hüllweck, ieri il ministro della Difesa Arturo Parisi ha ricevuto il sindaco di Caldogno Marcello Vezzaro e il suo predecessore, oggi assessore alla Cultura, Costantino Toniolo. L’obiettivo della delegazione calidoniense era far capire al ministro che nell’intricato caso Dal Molin non c’è un’unica protagonista, vale a dire Vicenza, perché il progetto coinvolge un’area ai confini con un altro attore, Caldogno, che vuole recitare la sua parte. E Parisi ha spiegato che il copione non è ancora stato scritto, la parola fine ancora non compare e che resterà ad ascoltare anche le preoccupazioni di Caldogno. Quindi, prima di scoccare il dado, attenderà il pronunciamento del consiglio comunale del Comune contermine, di cui questa sera alle 20 è programmata una seduta straordinaria: l’esito dovrebbe essere negativo e quindi opposto a quello manifestato in sala Bernarda il 26 ottobre. Al termine dei 45 minuti di colloquio le impressioni di Vezzaro e Toniolo sono positive. Il terreno, però, è scivoloso e le parti hanno affidato l’ufficialità delle dichiarazioni a un comunicato congiunto. «Il sindaco Vezzaro - si legge nella nota ministeriale - ha inteso far presente al ministro come l’eventuale insediamento presso l’aeroporto Dal Molin dell’intera 173ª brigata statunitense comporterebbe un coinvolgimento anche del territorio relativo al comune di Caldogno. Ha espresso in particolare preoccupazioni circa l’inquinamento acustico e ambientale, la sicurezza, la mobilità, le infrastrutture e i servizi». «Rinnovando l’amicizia nei confronti degli Stati Uniti», il sindaco «ha chiesto al ministro che vengano tenute in considerazione le istanze del comune di Caldogno come Comune interessato e, qualora il progetto di insediamento militare dovesse essere approvato, di essere coinvolti attivamente nella fase di definizione del progetto stesso». Il ministro Parisi ha invece ribadito che «l’istruttoria non è conclusa e confermando la linea di condotta del Governo». «Come già avvenuto in Aula alla Camera e nelle Commissioni Difesa di Camera e Senato, il ministro ha ribadito - si legge nella nota - che proprio in considerazione delle conseguenze derivanti dall’impatto del nuovo insediamento militare Usa sul territorio coinvolto, a causa del significativo accrescimento della sua dimensione, il Governo intende assumere la decisione a partire dagli orientamenti espressi dalla comunità locale nelle sedi e attraverso gli strumenti istituzionali previsti dall’autonomia comunale, come esposto a suo tempo al sindaco Hüllweck». Uno dei punti da chiarire, ora, è quanto conterà, nella bilancia ministeriale, il parere supercondizionato votato a maggioranza dal consiglio del capoluogo e quanto conterà il probabile voto sfavorevole che emergerà questa sera da Caldogno. Quattro gli ordini di problemi sollevati dal sindaco e dall'ex sindaco nell'incontro con Parisi: l'impatto sull'ambiente, sia sul piano degli spazi verdi che lascerebbero il posto a edifici civili e militari in un'area di oltre 600 mila metri quadrati, sia per quanto riguarda l'inquinamento acustico, considerato l'incremento del numero di voli oltre che di veicoli in transito nella zona; le ripercussioni sul traffico, in un'arteria che immette nel capoluogo già satura nelle ore di punta; la sicurezza, con una preoccupazione esplicita per i possibili rischi derivanti dalla presenza di soldati americani; il problema della serie di servizi da garantirsi a cittadini, civili e militari di stanza nell'area. Il sindaco Marcello Vezzaro, rivolgendosi al ministro Parisi ha detto: «Non è nei nostri poteri, ma neppure è nostra intenzione, interferire sulla decisione del governo di realizzare l'ampliamento della base americana. Tuttavia, riteniamo necessario che ciò avvenga nel pieno rispetto della sicurezza, della tutela del territorio, dell'ambiente e della qualità della vita. La scelta del Dal Molin a nostro parere contrasta con tutte queste garanzie». All’uscita dal ministero, Vezzaro ha spiegato che fra i vari argomenti affrontati, è stato toccato anche il sito alternativo proposto dalla Provincia, che ancora non è stato scartato. «Abbiamo capito che l'allargamento della Caserma Ederle - ha affermato Toniolo - risponde al piano di riorganizzazione dell'esercito statunitense in Europa per meglio fronteggiare i nuovi scenari internazionali. Tuttavia questa “idea” andrebbe studiata assieme a tutte le realtà locali coinvolte per consentire un'attenta lettura del territorio e della sua realtà sociale, passaggi fondamentali per facilitare l'operazione in atto e garantirne il successo»

Il quesito è in riscrittura
Dopo la frenata, l’operazione-bis per il referendum
I promotori cercano le parole giuste per tentare di convincere il Comitato degli Esperti che la consultazione popolare è ammissibile

di Antonio Trentin

L’altra sera, una battuta d’arresto amarissima, dopo aver rischiato il k.o. davanti al Comitato degli Esperti. Fra qualche giorno, forse, il riaffacciarsi della speranza che il referendum sulla base Usa al Dal Molin si faccia davvero. Ragionano così i promotori della consultazione popolare sul progetto statunitense per il bis della Ederle all’aeroporto. E si affidano alla "magia delle parole" per puntare a un cambiamento di forma, che valga come sostanza, del quesito referendario da mandare sotto esame in Comune. Sarà riscritto prestissimo il testo che i comitati di quartiere di Vicenza Nord vogliono mandare sulla scheda del Sì o del No di un futuro (e cronologicamente ancora indeterminato) voto degli elettori cittadini. Una volta riavviata davanti alla segreteria generale del municipio, la procedura ripercorrerà le tappe già note: la presa-visione del sindaco, l’inoltro al presidente degli "esperti" Silvano Ciscato che ieri è tornato a raccomandare celerità agli uffici, l’esame per dire se si può o non si può chiamare i vicentini a dire la loro. Una prima riformulazione del quesito c’era già, lunedì sera in municipio, ma probabilmente non quella definitiva che servirebbe per provare a concentrare su concretezze di interesse comunale il quesito referendario, altrimenti destinato alla non-ammissibilità. Per evitare la bocciatura, i promotori della consultazione devono spostare il concetto dell’alternativa Sì-No dal "fattore ubicazione" (la base Usa proprio lì, al Dal Molin) sul quale il Comune non ha competenza - trattandosi di decisioni governative su aree del demanio militare - al "fattore conseguenze" (le limitazioni ambientali, il carico di traffico, gli interventi infrastrutturali) con cui Vicenza dovrebbe fare i conti nei prossimi anni. "Sei favorevole alla realizzazione del progetto... tenuto conto dell’impatto sul tessuto sociale, sulla viabilità e sulla rete dei sottoservizi?": a partire da questa ipotesi di aggiunta al testo, in queste ore è in corso la riscrittura. «Certo, sappiamo che un requisito indispensabile per l’ammissibilità del referendum è la chiarezza dell’alternativa da votare: parlare di sottoservizi, per esempio, non è cosa comprensibilissima da tutti. Ci lavoreremo su...» diceva ieri Gianni Cristofari, consulente legale dei promotori, in contatto con il "prof" padovano di diritto costituzionale Sandro De Nardi. Al di là delle questioni formali, comunque decisive in una materia così delicata, la speranzosa fiducia dei referendari si appoggia sulla seguente considerazione, fatta ancora da Cristofari: «Nella riunione di lunedì, conclusasi con la riscrittura del quesito e con il giudizio che si tratti di una riformulazione che ne obbliga la ripresentazione, quasi tutti gli esperti hanno riferito al testo le loro osservazioni critiche. Si può dedurne che ritengano la materia referendabile: non va bene la domanda così com’è posta, ma la sostanza del referendum c’è». Sempre che non tornino a valere, naturalmente, le motivazioni del "no" che s’intravvedevano vincenti lunedì sera: no alla convocazione del referendum, come dice il fronte tecnico-giuridico vicino all’Amministrazione Hüllweck, perché l’argomento - di spettanza decisionale ministeriale - non è sottoponibile per regolamento al giudizio dell’elettorato.

Roberto Cattaneo spara contro i servizi «di parte» di “Annozero”
Il comitato del Sì contro Santoro «È emerso solo il fronte del No»

(g. m. m.) «La par condicio sul Dal Molin non è stata rispettata». Colpevole sarebbe Michele Santoro, con l’inchiesta e direttissima da Vicenza nel suo “Anno zero”, in onda il 26 ottobre scorso su Rai2. Accusatore è Roberto Cattaneo, portavoce del comitato per il Sì. Il caso esplode in questi giorni, dopo che già a Padova si è scatenato il putiferio contro la trasmissione per altri motivi. Cattaneo cavalca ora l’onda della polemica e ha preparato un testo che vale come assist per un’interpellanza in parlamento. «Consideriamo vergognoso - spiega - il modo con cui tale argomento è stato affrontato da “Anno zero”. Sul tema Dal Molin negli ultimi mesi si è sviluppata in città un’ampia discussione circa l’opportunità e la localizzazione della nuova base militare che ha determinato la formazione di due posizioni contrapposte. Riteniamo pertanto che una trasmissione televisiva su questo argomento avrebbe dovuto illustrare obiettivamente il tema in questione ed esposto le motivazioni di tutte e due le posizioni; questo non è successo nella trasmissione di Santoro “Anno zero” che ha invece proposto solo le interviste ai rappresentanti del comitato del No». Ma c’è di più, a sentire Cattaneo: «I rappresentanti del comitato del Sì avevano dato la loro disponibilità, ma hanno ricevuto un rifiuto dai giornalisti del programma che forse hanno valutato sufficiente illustrare la posizione politicamente a loro più vicina riducendo un argomento così complesso al solo piano ideologico, filoamericani contro antiamericani. È intollerabile e irrispettoso».


Consegnato alla Dal Lago un plastico del progetto che viene rifiutato
La bretella va in frantumi sotto gli occhi del comitato
I “No tir” provocano la presidente che sbatte a terra l’“omaggio”

di Eugenio Marzotto

Un omaggio (ironico) davvero indigesto, tanto da essere rifiutato in malo modo. Perché se teatro deve essere che lo sia fino in fondo. Il palcoscenico goldoniano è l’aula consiliare della Provincia, offesa - diranno quelli della maggioranza - nella sua sacralità. A tentare di profanare il “tempio” ci hanno pensato quelli del comitato dell’Albera, stanchi di aspettare che l’iter si sblocchi e partano i lavori della bretella che toglierebbe tir e smog dai centri abitati. Così il gran regista, Giovanni Rolando, fa portare un plastico con ruspe e camion giocattolo impegnati a scavare per gioco, sul tracciato che il progetto dell’Autostrada Serenissima ha disegnato per davvero mesi or sono. Il copione parlava chiaro: ingresso clandestino del comitato e omaggio alla presidente Dal Lago, rea di non accelerare l’iter e non sbloccare i fondi per la realizzazione della bretella. Così il buon Alessandro Guaiti quasi timidamente è andato a porgere il plastico alla presidente della Provincia, la quale non è riuscita a trattenere l’arrabbiatura sbattendo per terra l’“opera”, ricevendo anche qualche applauso dai banchi della maggioranza. «Ci vuole rispetto per le istituzioni», ha urlato la presidente, mentre i messi portavano via i cocci del plastico pro bretella. La provocazione ha avuto il suo effetto, vista la reazione della presidente, ma il problema comunque resta: «Proseguiremo nell’iter - ha spiegato dopo la Dal Lago - così come peraltro chiedono tutti i capigruppo del consiglio provinciale». Ma a leggere queste poche parole sembra invece che ieri a palazzo Nievo si sia recitato il De profundis per un opera che un’amministrazione a fine mandato non può far emergere dall’abisso della burocrazia e della politica incancrenita. Più tardi quando i bollenti spiriti si sono sopiti la presidente dirà: «Non ci sono i fondi necessari, mancano all’appello 20 milioni di euro e serve un nuovo piano di investimenti da parte dell’Autostrada Pd-Bs». Poi la spiegazione su quanto compiuto in Aula, un gesto che è sembrato quasi la metafora di ciò che potrebbe accadere ad un’opera attesa da trent’anni. «Bisogna dire basta alle continue provocazioni di Rolando e compagni, stavo presentando una delibera sulla disabilità e sono stata interrotta in quel modo. Questa è gente navigata e sa che non si può entrare in quel modo durante una discussione istituzionale. Ho risposto a modo mio ad una scorrettezza». Plastico distrutto e umore messo a dura prova, quella decina di persone che ieri ha occupato il Consiglio non ha potuto che fare armi e bagagli e pensare ad una nuova strategia. «La mobilitazione continua - spiega il duo Rolando-Guaiti - ci appelleremo al prefetto e al governo, continueranno le mobilitazioni e i sit-in. Ma non si venga a dire che i soldi non ci sono, gli stanziamenti della Regione, della Serenissima e della Provincia stessa sono a bilancio, bisogna solo usarli». Così ieri a margine del Consiglio si è votata la mozione con cui i capi gruppo chiedono alla Provincia «che si concluda celermente l’iter progettuale per il tracciato», auspicando tra l’altro il finanziamento regionale per consentire il dirottamento sulla A31 dei mezzi provenienti o diretti da e oltre Thiene. Di fatto un testamento politico per la prossima amministrazione provinciale. «Il problema vero - chiosa Pietro Collareda - è che la Dal Lago non ha mai voluto mediare con nessuno le sue posizioni, scontiamo tutti il carattere della presidente anche se sono convinto che Manuela Dal Lago rappresenti una risorsa da non ignorare come invece sta facendo la Casa delle Libertà».


A Quinto 220 abitazioni destinate alle famiglie dei militari
Le villette degli americani spaventano Vicenza est
Furlan, FI: «Con i nuovi insediamenti impatto auto molto grave»

Attenzione: da un’altra parte della cintura urbana vicentina, per qualcosa che avviene appena oltre i confini comunali, potrebbe scoppiare un altro caso-Usa. Certamente un mini-caso, rispetto a quello maxi del Dal Molin, ma comunque in grado di agitare le acque della politica. Tra l’altro muovendo l’interesse e la preoccupazione proprio di chi, come partito, è favorevole alla base statunitense all’aeroporto, cioè Forza Italia. Succede che rimbalzano su Vicenza gli effetti (solo temuti, per ora) del grande insediamento residenziale programmato dalle forze armate americane a Quinto Vicentino, presso Marola, praticamente al confine con il territorio del Comune capoluogo: le 220 villette da destinare a famiglie di militari della Caserma Ederle e affidate all’impresa Pizzarotti di Parma. E succede che a Vicenza Est ci si preoccupa degli effetti sul traffico lungo la direzione per viale della Pace, tenuto conto del fatto che la massima parte del tragitto riguarda proprio le strade di quella periferia cittadina. Si è fatto avanti il presidente forzista della Circoscrizione 3, Lucio Zoppello, che ha scritto in Comune, a Quinto Vicentino, al comandante della Setaf Frank Helmick e alla presidente della Provincia Manuela Dal Lago. Gli fa da sponda in questi giorni, per un rimbalzo del problema in consiglio comunale, il vicecapogruppo di Forza Italia Ivo Furlan. «Dalla stampa locale che ne dà scarsissimo risalto - scrive Furlan in un quesito all’Amministrazione Hüllweck - apprendo che il consiglio comunale di Quinto Vicentino, maggioranza e minoranza, pur con tutte le necessarie cautele, non avrebbe assunto una posizione pregiudizialmente contraria all’operazione. Se penso che in termini numerici l’insediamento dovrebbe essere sostanzialmente uguale a quello previsto per il Dal Molin, non posso che apprezzare la compostezza con la quale a Quinto Vicentino è stato affrontato il problema che, in proporzione agli abitanti, è indubbiamente di tutt’altro impatto rispetto alla Ederle 2». Ma il problema che riguarda Vicenza è, appunto, quello del carico automobilistico su un asse che già è molto gravato: le preoccupazioni del presidente della Circoscrizione, commenta Furlan, «sono senza dubbio fondate e pertinenti»: «Si scaricherà sulla parte est di Vicenza tutto il problema viabilistico che verrà a crearsi, dato che il naturale percorso Ederle-Villaggio americano sarà solo per meno del 5 per cento sul territorio di Quinto e il resto tutto su strade di Vicenza». «Non voglio entrare nel merito della scelta - prosegue il vicecapogruppo forzista riferendosi, per paragone, al documento con cui la maggioranza di centrodestra ha detto "sì" alla base Usa all’aeroporto - ma riproponendo le stesse argomentazioni contenute nell’ordine del giorno per il Dal Molin da noi inviato al ministro Parisi, ritengo che anche per questo nuovo insediamento debba essere fatta un’attenta valutazione congiunta tra i sindaci dei due Comuni, in modo che per quanto riguarda l’impatto viabilistico non entri dalla “finestra” di Quinto quanto con tanto accanimento vogliamo buttar fuori dalla “porta” del Dal Molin». In definitiva Furlan chiede che i due Comuni si coordinino, con il coinvolgimento anche della Provincia, per valutare insieme le conseguenze del progetto americano per il nuovo villaggio e per cercare «interventi compensativi» in tema urbanistico e viabilistico - del tipo dei molti e molto costosi ipotizzati per la zona di viale Sant’Antonino e della zona nord vicentina - da chiedere al comando americano.