«Si tolga l’alloggio comunale allo spacciatore di cocaina»
L’assessore Piazza: «Controlli precisi, ma rispettosi della legge»
(g. m. m.) «Il Comune adotti ogni provvedimento utile e necessario affinché sia immediatamente revocata l’assegnazione dell’alloggio allo spacciatore albanese, in quanto è scandaloso e inconcepibile che un criminale - riconosciuto tale dalla Giustizia - occupi un alloggio pubblico a danno di tutti gli onesti cittadini che verranno in oggettive condizioni di difficoltà economica». Il capogruppo di Alleanza nazionale, Luca Milani, non va tanto per il sottile nel bollare la notizia secondo cui «il tribunale ha condannato a quasi quattro anni di reclusione per spaccio di droga un albanese che risulta beneficiario di un alloggio comunale. Sulla carta l’albanese risultava disoccupato, ma in realtà l’attività di spaccio di cocaina gli produceva un reddito ben al di sopra di quello abitualmente previsto dai bandi di assegnazione di alloggi pubblici».
Milani chiede, quindi, che tipo di controlli siano stati eseguiti e quali strumenti abbia a disposizione il Comune per fare verifiche sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria di chi fa richiesta di un alloggio popolare.
«Credo di poter dire che si tratta di un caso isolato - replica l’assessore agli interventi sociali e ai servizi abitativi Davide Piazza -. In città ci sono 1.250 alloggi comunali, dove vivono famiglie che lavorano onestamente. I controlli del Comune sono rigorosi».
Ieri in assessorato sono stati fatti degli accertamenti sulla posizione dell’albanese: «In realtà - precisa l’assessore - ci risulta che l’appartamento è stato assegnato alla moglie, M. Borja Lemane, che aveva partecipato a un bando speciale pubblico-privato. I requisiti erano perfetti. In ogni caso siamo a disposizione dell’autorità giudiziaria. Se si dovesse appurare che nell’appartamento si svolgevano attività illecite, come lo spaccio, verrebbero a mancare i requisiti e questi signori perderanno il diritto all’alloggio».
Le verifiche sono rigorose, ma bisogna rispettare le leggi, come quella sulla privacy, che ci impone una serie di limiti. Non è una nostra noncuranza: non diamo le case pubbliche a caso».