15 GIUGNO 2006

«La nuova base Usa e il rischio sicurezza Cosa fa Hüllweck?»
Aeroporto e Pp10 Comitati e residenti scendono in piazza per ribadire il no
Consiglio ko, Hüllweck rassegnato
Welcome, i parà tornano alla Ederle

Ds e Verdi sollecitano un chiarimento
«La nuova base Usa e il rischio sicurezza Cosa fa Hüllweck?»

(g. m. m.) Cosa vuole ottenere, il sindaco Enrico Hüllweck, tentando la “mossa del cavallo” per tirare in ballo Roma nella partita della nuova caserma americana all’aeroporto? Lo chiedono i consiglieri Ciro Asproso dei Verdi e Antonio Dalla Pozza dei Democratici di sinistra muovendo dalla notizia che il sindaco con il presidente del consiglio comunale Sante Sarracco sta per inviare al premier Romano Prodi una lettera per ottenere una buona volta un pezzo di carta che dimostri l’esistenza degli accordi fra Italia e Usa. «Dopo essere rimasto sotto scacco per quasi due settimane, Hüllweck spera ora di eludere le pesanti accuse che da sinistra, come da destra, gli sono piovute addosso a causa delle reticenze, delle omissioni e della contraddittorietà del suo operato - scrivono i due esponenti dell’opposizione -. A questo punto l’eventualità che sia stato firmato un accordo tra amministrazione Bush e governo Berlusconi appare molto probabile, ma come tutti i trattati italo-americani dal 1954 a oggi, è soggetto al segreto di Stato, quindi, come sa bene anche Hüllweck, sarà ben difficile venire a conoscenza del contenuto». Ma già domani si prospetta un giro di boa determinante per l’intera operazione: l’esame del progetto da parte del comitato regionale mistoparitetico, che elaborerà un parere tecnico che rischia di avere un ruolo chiave una volta inviato al ministero della Difesa. Asproso e Dalla Pozza, appreso che il sindaco assumerà una posizione interlocutoria, chiedono quindi di sapere se Hüllweck intende in questo modo sostenere il parere negativo dell’Edilizia privata, che ha dichiarato la caserma incompatibile con il piano regolatore; se invece intende superare il diniego con un parere politico positivo; se intende confermare la proposta di indire un referendum; o se infine intende esprimere un parere negativo in considerazione del «devastante impatto urbanistico e viabilistico» e «per i rischi connessi all’incremento delle truppe americane».


La caserma Usa sbarca in Provincia
Aeroporto e Pp10 Comitati e residenti scendono in piazza per ribadire il no

(g. m. m.) I comitati di quartiere della circoscrizione 5 scendono questa sera in piazza dei Signori per urlare il loro no ai grandi progetti che interessano il quadrante nord di Vicenza. L’appuntamento - stampato sulle decine di manifesti diffusi in questi giorni - è per le 18. Nel mirino ci sono il piano particiolareggiato 10 di Laghetto, la nuova caserma americana all’aeroporto “Dal Molin” e i celeberrimi Piruea, il cui esame in consiglio comunale è programmato per questa ultima fase di giugno. «La città - spiega Liliana Varischio, una delle portavoce - necessita di un piano globale e concertato dell’intero territorio cittadino e soprattutto di una attenta valutazione sulle conseguenze che i progetti avrebbero su inquinamento, impatto ambientale e viabilità». Se dovessero essere attuati, in particolare i progetti per la nuova caserma e il Pp10, secondo la Varischio significherebbe «affossare l’area nord sotto una colata di comento. Per questo vogliamo manifestare il nostro civile dissenso». «Ne hanno tutto il diritto - commenta l’assessore all’Urbanistica Marco Zocca, riferendosi al Pp10 - ma un amminastrore deve tenere in considerazione anche aspetti di interesse generale, come il controbuto di 8 milioni di euro per costruire case popolari a favore di chi una casa non ce l’ha». L’affare dell’aeroporto, invece, esonda oltre i confini municipali e arriva anche in Provincia, con un intervento firmato da Piero Collareda, capogruppo della Margherita in consiglio provinciale: «Hüllweck scriverà a Prodi per saperne di più. Anche noi consiglieri provinciali dell'Unione abbiamo pronte alcune lettere, indirizzate però al Cavaliere ex premier e al suo ministro Martino, quelli che hanno preso gli accordi (segreti?) all'insaputa del sindaco che pure con Arcore vanta rapporti strettissimi, ma per fortuna noti al suo assessore ai trasporti che li ha tenuti per sé». «Una lettera - conclude Collareda - la invieremo anche alla presidente Manuela Dal Lago che, stando ai si dice, prima avrebbe storto il naso ma poi si sarebbe allineata nel benvenuto agli Usa. Noi, alla stregua di tantissimi vicentini, riteniamo grave questa ulteriore prova di inaffidabilità del governo vicentino della Cdl e respingiamo al mittente le domande scaricabarile. Siamo certi che l'Italia e quindi anche Vicenza e la Provincia, pur con un nuovo e diverso Governo, continuerà a ritenere gli Usa un paese amico, ma proprio per questo riteniamo doveroso che un intervento di questa portata debba essere a tutti noto con le sue opportunità ma anche con le sue ricadute che non sono certamente modeste, sulla vita dei vicentini».

Il generale Jason Kamiya rassicura: «Non ostacoleremo l’aeroporto vicentino»
Operazione trasparenza sul Dal Molin L’annuncio: «Ne parleremo a breve»

(fe. ba.) Non era il momento per parlarne, ha detto il maggiore generale Jason Kamiya, perché ieri era una giornata di festa per il ritorno dei soldati dall’Afganistan. Tuttavia il comandante della Setaf, tirato per... la tuta mimetica, con cortesia ha voluto concedere ai giornalisti una battuta sull’ampliamento della caserma Ederle da attuare nell’area dell’aeroporto Dal Molin. «Per noi la crescita della comunità americana a Vicenza è un fatto molto positivo - ha detto -. Dal punto di vista operativo, poi, ci consentirebbe di riunire tutta la 173ª brigata aviotrasportata. E poi le famiglie dei soldati amano vivere a Vicenza. È vero che ci sarà anche una ricaduta economica positiva per la città, ma non è soltanto questo: io sono convinto che non ci saranno impedimenti per l’eventuale sviluppo dell’aeroporto vicentino». Le polemiche recenti sul Dal Molin non sono certo passate inosservate all’interno della Ederle e c’è voglia di far conoscere meglio alla comunità vicentina la vita all’interno della caserma e cosa significa esattamente il suo ampliamento. Ecco perché il comandante Kamiya ha anticipato che sarà organizzata a breve una giornata dedicata ai media per spiegare lo scopo e la vita quotidiana non solo dei soldati che lavorano alla Ederle ma anche dei civili che ci vivono e lavorano. A breve inoltre sarà promosso un altro incontro con la stampa, questa volta incentrato sul progetto del Dal Molin per rendere l’operazione più trasparente possibile in collaborazione con le autorità locali.


La Casa delle libertà non ha numeri per far valida la riunione. Piruea in archivio? «Hanno fatto di tutto per non arrivarci»
Consiglio ko, Hüllweck rassegnato

Consiglio comunale k.o. come da previsione. Ieri pomeriggio la Casa delle libertà non è riuscita a mandare oltre quota 20 il totale dei suoi presenti all’appello del segretario generale Angelo Macchia. L’opposizione di centrosinistra aveva parecchi dei suoi a gironzolare tra la sala Bernarda e i corridoi, ma aveva già annunciato l’operazione-sgambetto: nessuno di Margherita, Verdi, Ds e Vicenza Capoluogo ha risposto «presente». E così Forza Italia, Alleanza nazionale, Lega Nord e Udc da soli non sono bastati a far partire la riunione. «Niente da stupirsi, lo sapevamo...» ha commentato un rassegnato Enrico Hüllweck, tornando a lavorare nel suo studio. Il conto di chi non c’era della maggioranza gliel’avevano comunicato in anticipo: due forzisti in vacanza (Mascotto e Furlan), uno a Roma per fatti professionali (Galla) e la capogruppo leghista Dal Lago bloccata da pressanti problemi famigliari. Male ieri. Peggio oggi. Doveva esserci anche un giovedì in consiglio, ma la convocazione è stata disdetta. «Inutile insistere, se le cose stanno così» ha commentato Hüllweck. E così il giugno di super-lavoro in sala Bernarda - otto le riunioni programmate in una quindicina di giorni - sta evaporando tra le difficoltà politiche del centrodestra sui casi urbanistici e le critiche del centrosinistra, tra le debolezze numeriche della maggioranza e l’ostruzionismo dell’opposizione. La prossima settimana dovrebbero andare in discussione le novità normative per l’utilizzo degli stabili della zona industriale e le procedure per i parcheggi dell’ex-Macello e dell’ex-Eretenio. Ma il piatto forte del menù amministrativo dovevano essere i Piruea, in scadenza il giorno 28: e stanno invece per finire in archivio, con i loro contenuti rimandati al futuro Piano di assetto territoriale. «Sarà tanto se riusciremo ad approvarne uno...» pronosticava ieri sera il sindaco, davanti a quello che gli si profila come uno smacco politico ben coltivato dalla sua coalizione. Commento: «Hanno fatto di tutto per non arrivarci. E sto parlando dei miei, non dell’opposizione».


Ieri la cerimonia di benvenuto per il rientro della 173ª brigata dall’operazione durata quasi un anno
Welcome, i parà tornano alla Ederle
Dopo la missione

di Federico Ballardin

Bentornati a casa. È lo striscione che campeggia all’entrata di via Moro della caserma Ederle, dove ieri si è tenuta la cerimonia di accoglienza dei soldati di ritorno dall’Afghanistan. È il primo dei tre giorni di manifestazioni dedicate ai militari tornati dal Medio Oriente. Nei giorni scorsi si sono svolti giochi e manifestazioni collaterali. Ieri mattina la parata ha inaugurato le celebrazioni, concluse alla sera con l’esibizione del celebre cantante rap “Master P” assieme al fratello minore Lil Romeo e la cantante country Lee Ann Womack. Uno spettacolo in onore della 173ª brigata paracadutisti, la 13ª compagnia di polizia militare, il 509° battaglione trasmissioni e la 24ª compagnia di commissariato, appena tornate dalla missione umanitaria, durata un anno, in favore di una popolazione prostrata dopo la scellerata dittatura dei talebani. Dalla caserma vicentina è partito il “cervello” dell’operazione, costituito da 200 tra ufficiali e sottoufficiali che, nel corso della missione, sono aumentati fino a 800. I soldati americani della Ederle impiegati in Afghanistan, invece, sono arrivati fino a 1200. La “Task force 76”, sotto il comando della Setaf (South Europen Task Force, la forza tattica statunitense del Sud Europa), era composta anche da altri reparti Usa e dalle truppe alleate e in totale ha raggiunto le 18 mila unità in questa fase della vasta operazione di pace denominata “Enduring Freedom” (libertà duratura). Ieri le centinaia di soldati americani di stanza a Vicenza hanno festeggiato, assieme alle famiglie, il ritorno dalla missione, in una cerimonia ufficiale cui hanno partecipato le massime autorità vicentine e l’ambasciatore Usa in Italia, Ronald Spogli. La Task Force 76 era sotto il comando del maggiore generale Jason K. Kamiya, comandante della Setaf, che ha esposto il bilancio della missione assieme al colonnello Kevin C. Owens e al sergente maggiore Richard W. Weik. Un bilancio lusinghiero che non è fatto soltanto di azioni militari contro i terroristi talebani, che minano la stabilità del nuovo governo eletto a settembre, ma soprattutto di una serie numerosa di attività e opere che si potrebbero definire di protezione civile, che tendono cioè ad aiutare un paese che il regime talebano aveva messo in ginocchio. «È stato un anno duro - ha ammesso il comandante della Setaf - ma anche un anno di speranza per il popolo afgano grazie al lavoro che abbiamo svolto in collaborazione con le forze alleate, con l’obiettivo di rendere quel paese un posto più sicuro. Per questo abbiamo provveduto ad addestrare delle forze di polizia competenti, ricostruito infrastrutture fatiscenti, frutto di decadi di guerre ininterrotte. La nostra azione non è stata soltanto di lotta al terrorismo internazionale, ma una vera missione umanitaria». Il risultato migliore e “storico” è certamente quello ottenuto nell’operazione “Vigilant sentinel”, pianificata per permettere le prime elezioni libere dopo 30 anni, che si sono svolte nel settembre scorso, proprio sotto il servizio dei soldati “vicentini” della Ederle. Come misura preventiva sono stati disarmati 58 mila miliziani e sequestrate 9 mila armi di tipo pesante. In collaborazione con l’esercito afgano e la locale polizia, sono stati approntati cordoni di sicurezza per permettere a tutti di andare a votare in sicurezza. Durante l’anno la forza internazionale ha addestrato migliaia di poliziotti e militari locali. La spesa per la ricostruzione in Afghanistan ammonta solo nell’ultimo anno a circa 5,5 milioni di dollari sotto forma di infrastrutture e aiuti di vario genere. Il comando di “Enduring Freedom” è passato alla Setaf nel marzo 2005 e subito si è verificata un’emergenza determinata da una disastrosa inondazione che ha lasciato senza casa una massa di contadini delle zone rurali del paese, aiutati grazie all’appoggio aereo. Sono stati approntati rifugi temporanei e distribuiti generi di prima necessità e medicine. Da subito la “Task Force 76” ha operato per la sicurezza dei confini controllando i flussi migratori e vigilando sulla sicurezza del Paese. A maggio è iniziata una vasta pianificazione di ricostruzione delle comunicazioni a cominciare dalle strade. Risale a settembre, invece, il completamento della Tarin Kowt, 249 chilometri di asfalto che sono il principale collegamento con la città di Kandahar. Sono stati compleati anche i collegamenti tra Qalat e Shinkay e da Sharana a Orgun. Nell’area dell’aeroporto di Bagram sono state costruite la “Bagram Jirga Room” e la moschea generale da imprese e lavoratori afgani. Ospedali e scuole sono stati ristrutturati o edificati dal nulla grazie anche all’opera di numerossisime agenzie internazionali. Nell’ottobre del 2005 si è poi verificata l’emergenza terremoto in Pakistan dove una scossa di magnitudo 7,6 della scala Richter ha devastato il paese. Mentre in Afghanistan continuavano le operazioni stabilite, i militari intervenivano anche qui offrendo appoggio, cure mediche e viveri alle migliaia di senza tetto. Dal febbraio 2006 la Setaf ha passato le consegne dell’operazione “Enduring Freedom” alla 10ª divisione da montagna.