Al Teatro si sgombra la scena per l’ingresso della Vittadello
di G. Marco Mancassola
La prima notizia è che dopo sei mesi è tornata anima viva nel cantiere fantasma di viale Mazzini, dove nascerà il nuovo teatro di Vicenza. Da una settimana, infatti, sono al lavoro squadre di operai per liberare l’area di quel che rimane della fallita Cogi, la ditta che aveva vinto l’appalto.
Lavoreranno per tutto giugno - come spiegava ieri l’assessore ai lavori pubblici Carla Ancora -, con l’obiettivo di consegnare il cantiere pronto per l’uso alla ditta padovana Vittadello, che ha accettato di subentrare.
La seconda notizia è che è ormai tutto pronto per la cerimonia ufficiale con cui il Comune e la Vittadello firmeranno il nuovo contratto che dovrà regolare i rapporti fra ente e impresa fino all’auspicata fine dei lavori. «La firma della convenzione è imminente», conferma l’assessore Ancora.
I lavori potrebbero quindi riprendere già nella prima parte di questa estate. Si attendono gli ultimi atti, ma dovrebbe essere questione di pochi giorni. Forse già a fine settimana ci sarà la stretta di mano.
La macchina del teatro si rimette dunque in moto, con un ritardo di alcune settimane sull’ottimistica tabella di marcia tracciata a fine marzo (si era parlato di fine maggio), ma sono dettagli rispetto all’obiettivo di riprendere a macinare cemento armato nel catino di viale Mazzini.
Il cantiere è paralizzato da gennaio, quando gli operai incrociarono le braccia perché non venivano retribuiti dall’impresa amministrata da Giuseppe Coccimiglio, imprenditore impegnato anche nel mondo del calcio, in qualità di patron del Foggia.
Il tracollo era dietro l’angolo e dopo settimane di tira e molla, l’11 marzo il Comune scioglieva il rapporto con la Cogi «per gravi inadempienze contrattuali, per colpa e in danno dell’appaltatore».
Era un momento delicatissimo, in cui il futuro del teatro era appeso a un filo e in cui ancora non si sapeva se la seconda arrivata alla gara d’appalto avrebbe o meno accettato.
Il 15 marzo venne quindi contattata la Vittadello, che si è dichiarata disponibile a stipulare un contratto per il completamento dei lavori. A fine maggio si è tenuto il collaudo di quanto già costruito e i tecnici avevano certificato che quello che era stato realizzato dalla Cogi, ora fallita, è stato eseguito a regola d’arte e può quindi essere preso in consegna dalla Vittadello.
Secondo i calcoli nel corso dei lavori svolti dalla Cogi sono stati riconosciuti stati di avanzamento per circa 4 milioni di euro. Il progetto esecutivo approvato nel 2002 per la costruzione del teatro e la bonifica dell’area comportava un importo complessivo di oltre 23 milioni di euro, di cui 16 milioni per opere da appaltare con il criterio del prezzo più basso.
Restano quindi da eseguire opere per oltre 11 milioni di euro, tenuto conto del ribasso d’asta proposto dall’impresa e dei lavori aggiuntivi conseguenti all’abbandono del cantiere.
Destra e sinistra unite
«Le autorità neghino
la sfilata repubblichina»
Cioni ribatte: «La faremo e saremo di più»
(m. sar.) No da sinistra ma anche da destra, alla manifestazione dei repubblichini del 10 luglio. Due documenti distinti sono stati spediti al questore Dario Rotondi e al prefetto Angelo Tranfaglia per chiedere che venga vietato il corteo di ex repubblichini, giovani appartenenti a gruppi dell’estrema destra e nostalgici del regime fascista, che da quattro anni si tiene a Schio in concomitanza con l’anniversario dell’Eccidio.
Una doppia presa di posizione che non scoraggia gli organizzatori di Continuità Ideale: «Prendiamo atto ma questo ci stimola ad essere ancora di più a manifestare», afferma il loro leader Alex Cioni.
Fra i gruppi consiliari c’è stato un tentativo, portato avanti con energia dal capogruppo della Lista Civica Giorgio Testolin, di arrivare ad un documento unico, ma sono sorte divergenze non tanto sulla richiesta ma su alcuni passaggi del testo.
L’appello del centrosinistra, sottoscritto da Democratici di Sinistra, Margherita, Lista Civica, Verdi e Schio Insieme nell’auspicare il divieto ad una manifestazione «che ha come inequivocabile il fine di apologia del fascismo», pone l’accento su "Schio città democratica e antifascista, che non accetta di sopportare per il quarto anno la presenza strumentale e oltraggiosa di nostalgici e neonazisti. Non c’è da parte di costoro la volontà di commemorare le vittime dell’Eccidio del 7 luglio 1945, bensì quella di portare per le vie di Schio simboli, gesti, parole d’ordine ed espressioni che nulla hanno a che fare con la convivenza civile e con i valori costituzionali».
Tutti i gruppi di opposizione, da Lega Nord a Forza Italia, da Alleanza Nazionale a Per Schio città d’Europa, sembrano d’accordo in linea di principio: «Il 10 luglio è prevista in città una manifestazione a ricordo delle vittime dell’Eccidio che nulla ha a che fare con Schio e con i familiari delle vittime stesse. Pur nel rispetto dei valori democratici e della libera manifestazione del pensiero vi è il fondato timore che possano ingenerarsi situazioni di tensione gravissime, anche a seguito di probabili contromanifestazioni».
Questore e Prefetto dovrebbero perciò valutare se autorizzare un’iniziativa che «minaccia la serenità da Schio ritrovata grazie al recente documento di riappacificazione».
Va sottolineato che i due documenti contro la manifestazione di stampo nazi-fascista, sia pur diversi nelle conclusioni, sono senz’altro il frutto del clima nuovo creato in città dalla recente «Rappacificazione». Per questo altre associazioni ed enti hanno annunciato la loro adesione alla richiesta a questore e prefetto di vietare la manifestazione la quale però, secondo gli organizzatori, si farà in ogni caso.
Fiamm, ipotesi Almisano
Il sindacato: «Ma non abbiamo ancora le garanzie»
(e. mar.) I vertici Fiamm rispondono sì allo stabilimento unico ad Almisano, lo conferma il direttore risorse umane, Piergiorgio Angeli. È però un sì condizionato dai volumi produttivi che la fabbrica da 30 mila metri quadri sarà in grado di assorbire. Quella che giunge da Montecchio in ogni caso non è una notizia da poco se si considera che fino a venti giorni fa lo storico marchio doveva andarsene in Cina e Cechia. Questo il sostanziale esito dell'incontro di ieri mattina tra azienda e sindacato.
Domani è previsto il terzo incontro quello in cui l'azienda dirà quanto lo stabilimento potrà produrre e quante linee resteranno a Vicenza.
Se infatti esiste una probabile intesa nell'unire la produzione di batterie industriali e avvisatori acustici, è tutto da definire quanta produzione dovrà essere trasferita all'estero e quindi quante persone servono per lo stabilimento alle porte di Lonigo. L'azienda ha più volte posto un problema di costi da mantenere bassi, condizione vitale per produrre in loco.
«La trattativa - spiegano dal fronte sindacale - è ancora in uno stato embrionale, ma ha preso una strada precisa». Le garanzie vere però, Fim, Fiom e Uilm devono ancora ottenerle. «Il progetto può andare in porto solo se ci sono assicurazioni che la Fiamm rimarrà nel vicentino - ribadisce Carlo Biasin della Uilm - non vorremmo, come già successo, ritrovarci tra un anno e sentirci dire che il piano di sviluppo è andato male».
Oggi intanto l'assessore provinciale al lavoro Giulio Bertinato incontrerà il sottosegretario Sacconi per portare a Roma non solo il caso Fiamm ma tutta la crisi del Vicentino. Bertinato chiederà al Governo interventi strutturali per togliere dalle sabbie mobili imprese e lavoratori. Tre le richieste che arriveranno al tavolo romano: l’allargamento degli ammortizzatori sociali per garantire maggiori difese nell’eventualità che altri lavoratori si ritrovino senza lavoro nei prossimi mesi. Un accesso facilitato al credito da parte delle aziende, soprattutto quelle piccole e medie che compongono il tessuto produttivo berico, e infine nuovi finanziamenti per poter investire in ricerca e quindi mantenere le produzioni in provincia. Per Vicenza e Fiamm dunque, si muoverà l'unità di crisi del Governo, sperando che i tempi per arrivare ad una soluzione non si allunghino.