14 OTTOBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

VALDAGNO.Marzotto, ancora sciopero Contro i licenziamenti cancelli sbarrati a Maglio
Antenne dei telefonini il fuori onda va in aula
È uno spacciatore di coca E ha l’alloggio comunale

Picchetto di due ore del sindacato Cub
Marzotto, ancora sciopero Contro i licenziamenti cancelli sbarrati a Maglio

(m. sc.) Un picchetto improvvisato da una trentina di rappresentanti del sindacato di base Rdb Cub ha bloccato fuori dai cancelli dello stabilimento di Maglio di Sopra i dipendenti di Valentino Fashion Group per circa due ore. Ieri, dalle 7,30 alle 9,30, centocinquanta lavoratori secondo le forze dell’ordine - più del doppio per il sindacato - hanno ritardato il loro ingresso in azienda, occupando la provinciale e costringendo parte del traffico a deviare attraverso la zona residenziale della frazione. A vigilare, una dozzina di carabinieri di Valdagno, guidati dal capitano Andrea Massari e dal luogotenete Stefano Cassanego, ed altri agenti della questura di Vicenza e della Digos. Dopo l’agitazione dei giorni scorsi, seguita all’apertura della mobilità alla Lanerossi di Schio, continua quindi la protesta tra i lavoratori. Tra i motivi dello sciopero di ieri, c’è il licenziamento commissionato dalla dirigenza nei confronti di Daniele Faccin, rappresentante sindacale Cub, ieri salutato con un applauso dai lavoratori di Maglio. I quali, ha obiettato qualche dirigente aziendale, adesso non hanno più nulla da spartire con Valdagno e la sua vertenza sindacale, visto che sono dipendenti di una nuova spa, Valentino. «È un’assurdità - ha replicato Germano Raniero, leader Rdb Cub -, finché il consiglio di amministrazione è unico, le due aziende sono indissolubilmente legate».


Ennesimo contrasto tra maggioranza e opposizione sul tema
Antenne dei telefonini il fuori onda va in aula
Asproso: «Pianificazione assente». Zocca: «Prima il Pat»

Resta un ‘buco nero’ in Comune la pianificazione sulle stazioni radio base per la telefonia cellulare, cioè sui mini-impianti di Tim, Wind, H3G e Vodafone che rilanciano i segnali dei telefonini e “fanno campo”. Ieri sera in sala Bernarda è andata in onda l’ennesima puntata del contrasto tra l’opposizione in tinta ambientalista (nella persona del consigliere verde Ciro Asproso) e l’Amministrazione di centrodestra (stavolta rappresentata dall’assessore all’urbanistica Marco Zocca). «Resta quello che era ed è sempre stato l’immobilismo del Comune nei confronti di ogni reale regolamentazione del settore - ha attaccato Asproso -: non c’è nessuna azione efficace contro il proliferare degli impianti, non c’è nessun risultato a proposito di bonifica delle vecchie installazioni». L’analisi critica del consigliere verde è basata sulle carte scritte lasciate in sospeso: «Di elettromagnetismo e inquinamento da telefonia cellulare abbiamo cominciato a occuparci con documenti del 2003. Era stato affidato l’incarico per la redazione di una variante urbanistica che limitasse e individuasse l’ubicazione delle stazioni radio base. Un’accelerazione doveva arrivare grazie a un protocollo d’intesa con i gestori. Non è avvenuto niente e intanto i cittadini riuniti nei comitati devono attivarsi autonomamente, portando loro in consiglio comunale l’argomento, con una richiesta di discussione che sta raccogliendo le cinquecento firme necessarie». È dal giugno dell’anno scorso che l’esperto padovano Giuseppe Petrella ha un incarico professionale per la redazione di uno strumento di pianificazione-programmazione della telefonia cellulare a Vicenza. Prima doveva essere una vera e propria variante al Piano regolatore. Poi l’incarico è stato concentrato sul protocollo citato da Asproso, per un’intesa con i gestori da sottoscrivere nel rispetto delle indicazioni nazionali dell’Associazione Comuni e per una verifica sullo stato degli impianti installati. Asproso riferiva ieri sera in consiglio comunale lo stato incerto della situazione, durato fino a qualche giorno fa. Zocca ha potuto esibire, invece, il documento di riconferma del mandato tecnico a Petrella. Il lavoro dell’esperto andrà avanti, ha spiegato l’assessore. Ma resta il problema di fondo: la ri-pianificazione urbanistica, anche parziale, deve attendere la redazione del Pat, il Piano di assetto del territorio, dentro il quale dovrà rientrare anche la normativa sulla telefonia, le antenne, gli impianti radio base. Intanto andranno avanti le indagini e i primi interventi di controllo e “bonifica” da prevedere attraverso l’applicazione del protocollo. E nel frattempo, ha aggiunto ufficiosamente Zocca, dovrebbe interessarsi della cosa soprattutto l’assessorato all’edilizia privata. Soddisfatto di un percorso del genere il consigliere Asproso? Tutt’altro. La legislazione regionale prevede che su questa materia siano possibili varianti urbanistiche anche in attesa del futuro Pat: «Se l’Amministrazione non si attiverà presto, sarà guerra».


La sconcertante vicenda dell’albanese Flamur Mborja, venditore di neve
È uno spacciatore di coca E ha l’alloggio comunale
Condannato a 3 anni 10 mesi. Sul suo conto 60 mila euro

(i. t.) Il suo reddito ufficiale è modestissimo, tanto da avere ottenuto un alloggio comunale dal Centro servizi abitativi in via Torino. In realtà a scorrere il suo vecchio conto corrente, i carabinieri del Reparto operativo avevano scoperto che Flamur Mborja, albanese di 42 anni, non se la passava poi così malaccio. Al momento dell’arresto un anno fa aveva con sé 10 mila euro, altri 20 mila li aveva in conto corrente e ben 60 mila erano transitati dallo stesso deposito nell’ultimo anno. A dimostrazione della sua florida attività. E sempre secondo i calcoli degli investigatori. Ieri Flamur Mborja è stato condannato a 3 anni 10 mesi di reclusione e 14 mila euro di multa per spaccio di cocaina. Con lui sono stati processati anche un agente pubblicitario e la fidanzata, ai quali il gup Giuffrida ha inflitto rispettivamente 1 anno 6 mesi di reclusione (spaccio di coca) e 6 mesi (spaccio di fumo). Quando il maresciallo Emanuele Contessa lo arrestò, Mborja per tutta risposta cercò di morsicarlo. Ugualmente non gli servì per sottrarsi all’“abbraccio” dei detective dell’Arma che lo seguivano da mesi, ma soprattutto lo ascoltavano e avevano avuto modo di documentare le sue entrate. In aula, difesi dall’avv. Giuseppe Mecenero, sono comparsi anche Andrea Orlando, 39 anni, viale Trieste e l’amica Vania Frighetto, di 38. Al primo il gup ha inflitto 1 anno 6 mesi di reclusione perché venne arrestato mentre l’albanese gli passava tre ovuli di “svelta”. Alla seconda, invece, ha applicato 6 mesi per la detenzione domestica di 29 grammi di hashish. In entrambi i casi è stata concessa la sospensione della pena. Quella raccontata dal processo celebrato dalla dott. Giuffrida è una storia piccola, si fa per dire, di ordinaria attività di spaccio che salda per opportunità mondi diversi, con immigrati in cerca di una parte e vicentini che tentano di sottrarsi al vizio. Sono centinaia di persone all’anno, nella sola Vicenza, coloro che sono monitorate da carabinieri e polizia per uso di droga. A prevalere è il consumo della cocaina, diventata ormai in tutti gli strati sociali un propellente invasivo e di cui troppi non sanno fare a meno. Flamur Mborja è l’emblema di un certo modo di vivere di tanti stranieri. Se la stragrande maggioranza lavora ed è inserita, esiste una realtà fatta di disoccupati, che vivono di illegalità, spacciando droga a buon livello. Quando l’albanese venne arrestato il 26 novembre dell’anno scorso era il prototipo dello sfaccendato che guadagnava un sacco di soldi sulla pelle degli altri. Non è un caso se i carabinieri lo bloccarono con 10 mila euro in casa, 45 grammi di neve e un bilancino. Nel conto corrente, poi, ne aveva altri 20 mila. A casa di Orlando, invece, i militari sequestrarono 12 grammi di cocaina, 30 di hashish, due bilancini e 450 grammi di sostanza da taglio. Se Mborja si muoveva a un certo livello della catena dello spaccio, Orlando aveva il suo giro di amici e conoscenti. L’albanese, sulla carta disoccupato, in realtà aveva un certo tenore di vita vendendo lo stupefacente a 80-100 euro il grammo. Mai, comunque, meno di 5 grammi per volta per 500 euro. I carabinieri del maresciallo Contessa con un buon lavoro investigativo hanno messo in chiaro le sue abitudini criminali (la pena a quasi 4 anni di carcere è indicativa della sua pericolosità) e la capacità di reddito. Vive in Italia da dieci anni e la grana in tasca non gli è mai mancata. Adesso alloggia in via Torino in un appartamento del Comune. Il fornitore di cocaina ha la sua dimora agevolata. In attesa della sentenza d’appello, visto che il difensore presenterà il ricorso.