13 DICEMBRE 2006

dal Giornale di Vicenza

Proteste e striscioni anti Dal Molin E il presidente fa sgombrare la sala
Immigrazione, nuove regole e sui permessi scoppia il caos

Urla di dimissioni contro la Giunta. Poi la promessa: «Domani torniamo qui»
Proteste e striscioni anti Dal Molin E il presidente fa sgombrare la sala
I comitati per il No alla base Usa contro sindaco e vicesindaco: «Siete voi i provocatori»

Affollamento nel piccolo spazio per il pubblico, ieri sera in sala Bernarda, per una doppia presenza: degli autisti di Aim arrivati con le loro preoccupazioni sul riassetto del settore («no alla svendita del trasporto pubblico») e dei “portabandiera” del fronte anti-base Usa. Striscioncini, cartelli e volantini dei comitati contro la caserma al Dal Molin avevano due temi: la controaccusa al sindaco e al vicesindaco - due settimane fa preoccupati per la manifestazione da viale della Pace a Rettorgole - di essere stati loro a creare allarme in città («Hullweck e Sorrentino, i provocatori siete voi»); e la sottolineatura dei grandi numeri del corteo («La città si è espressa il 2 dicembre»). La presenza dei rappresentanti dei comitati ha avuto un epilogo improvviso quando nella discussione a proposito di acqua e Aim - se ne scrive qui accanto - ha fatto una breve comparsa l'argomento dei super-consumi idrici previsti al Dal Molin “americanizzato”. Contro i banchi della giunta sono partite urla di «dimissioni! dimissioni!». Il presidente consiliare Sante Sarracco ha disposto lo sgombero del pubblico, stante l'impossibilità di far rispettare il silenzio. C'è stato un battibecco. «Ci vediamo giovedì...» hanno promesso gli anti-base, mentre venivano accompagnati fuori dai vigili. «Se riuscirete a entrare» ha commentato Sarracco al microfono. «Vergogna, vergogna...» è stato il saluto di quelli che uscivano. «Vergognatevi voi. Questo è il vostro modo di intendere la democrazia» ha chiuso il presidente, che ha avuto l'ultima parola nelle registrazioni a verbale. Fuori i manifestanti gli hanno detto il resto, per altro prevedibile. E per domani sera si vedrà.

Ora sul Dal Molin plana D’Alema
Il ministro degli Esteri chiama i Ds berici: «Qual è il testo del referendum?»

di Marino Smiderle

«Compagni, come siamo messi col Dal Molin?». Male, compagno D’Alema, male. Questa era la risposta che era tentato di dare Claudio Rizzato, della federazione provinciale dei Ds, a cui era stata girata la telefonata del ministro degli Esteri in persona. Ma la sorpresa della telefonata non è bastata per togliere l’ottimismo della volontà ai vertici vicentini dei democratici di sinistra: «Stiamo lavorando alacremente perché dal governo arrivi un no alla base Usa al Dal Molin, caro Massimo». Risposta pronta, che però trascurava il fatto di avere all’altro capo della cornetta uno dei più autorevoli rappresentanti del governo stesso, quale è un ministro degli Esteri del calibro di Massimo D’Alema. Il quale è uno dei più stimati politici europei da parte di Condoleezza Rice, Segretario di Stato Usa, ed è quindi particolarmente attento all’evoluzione dei rapporti diplomatici con l’alleato americano. Il motivo della telefonata del ministro sta proprio nell’evoluzione della complicata vicenda-Dal Molin. Pare che l’ambasciatore americano a Roma, Ronald P. Spogli, abbia chiesto udienza a D’Alema per capire bene cosa abbiano intenzione di fare lo stesso D’Alema, il premier, Romano Prodi, e il ministro della Difesa, Arturo Parisi. E prima di "affrontare" l’ambasciatore, il ministro ha pensato bene di fare una telefonata alla segreteria provinciale dei Ds. Con tutte le cose che si leggono sui giornali, di cui notoriamente il ministro diessino non si fida, era necessario fare il punto della situazione, anche per capire come porsi di fronte al pressing statunitense. D’Alema ha chiesto di Daniela Sbrollini, segretario provinciale, che però, guarda caso, era già a Roma in vista del complicato Consiglio nazionale del partito, in programma per oggi. Il telefonino della Sbrollini non prendeva, e così è stato Rizzato a fare un breve riassunto delle ultime novità. In particolare, D’Alema ha voluto conoscere i dettagli sul possibile referendum che si dovrebbe/potrebbe tenere a Vicenza. «Ci ha chiesto il testo del quesito referendario - conferma Rizzato - e ha voluto poi una stima sulla tempistica delle operazioni». Intuibile lo scopo dell’indagine dalemiana: avere elementi chiari per dare una risposta altrettanto chiara all’ambasciatore Spogli, che nei giorni scorsi si è dichiarato ottimista sull’evolversi della vicenda. «Noi - aveva detto l’ambasciatore ai cronisti, commentando la manifestazione vicentina contro l’allargamento - abbiamo un rapporto molto positivo con la città di Vicenza, siamo lì da oltre cinquant’anni, abbiamo avuto e continuiamo ad avere un rapporto estremamente positivo con il Comune, la Provincia e la Regione. Ognuna di queste entità ha votato a favore del progetto. Per questo siamo molto fiduciosi e credo che andremo avanti con l’allargamento e l’espansione della base». In realtà questa dichiarazione sa tanto di cortese ultimatum nei confronti del governo italiano che, tra centrodestra e centrosinistra, da tre anni sta sempre sul punto di cedere questo benedetto aeroporto Dal Molin, dove dovrebbero prendere posto dai due ai tremila soldati, al punto da indurre lo zio Sam a predisporre un ponderoso piano di investimenti (svariate centinaia di milioni di dollari) in attesa di un via libera alle ruspe che non solo non arriva, ma dalle dichiarazioni dilatorie di Parisi, sembra allontanarsi sempre di più, per la gioia del popolo dei 15 mila sceso a manifestare per le strade di Vicenza dieci giorni fa. È probabile che, dopo aver chiesto diverse volte, inutilmente, udienza al ministro della Difesa, Spogli abbia spostato il tiro su D’Alema, magari su indicazione della Rice, che col ministro di Gallipoli ha una certa confidenza, nella speranza di avere finalmente una risposta chiara, non importa se un sì o un no (anche se, ovviamente, per gli Usa sarebbe meglio un sì). D’Alema ha chiesto lumi sul referendum perché questo può essere davvero l’ultimo pretesto politico per non dire in faccia all’alleato un no secco, che dopo l’altro no pronunciato a proposito del rinnovo della concessione per la base navale della Maddalena, non la prenderebbe benissimo. Oggi, intanto, a Roma prende il via il Consiglio nazionale dei Ds, un partito che sta respirando l’aria familiare della scissione (concetto piuttosto conosciuto dai tempi della caduta del muro di Berlino). Daniela Sbrollini, oltre a battagliare per il futuro dei Ds e del partito Democratico, approfitterà della trasferta romana per incontrare i diessini Giovanni Lorenzo Forcieri, sottosegretario alla Difesa, e Roberta Pinotti, presidente della Commissione Difesa alla Camera. Possibile anche un incontro con lo stesso D’Alema, per capire a che punto stanno i progetti del partito e, soprattutto, del governo a proposito della questione che dall’estate scorsa sta spaccando Vicenza. Da via Veneto, sede dell’ambasciata americana a Roma, pare si siano stancati di aspettare. Se non arriverà una risposta definitiva, saranno gli stessi americani ad annunciare la rinuncia al progetto. Una decisione clamorosa che non sarebbe indolore a livello di relazioni diplomatiche e che D’Alema vorrebbe risparmiarsi per evitare ulteriori tensioni con la stimata Condy


La lamentela dei sindacati: «Nessuna informazione dal governo»
Immigrazione, nuove regole e sui permessi scoppia il caos
Aboliti i Poli, da lunedì ci pensano gli sportelli di Cgil, Cisl e Uil

(e. mar.) Un incontro tra prefetto e questore per salutare i Poli per gli immigrati e poi il sciogliete le righe per un servizio che ha permesso a migliaia di immigrati di ottenere il permesso di soggiorno in questi ultimi anni. Da lunedì sono cambiate le disposizioni ministeriali nel caos più totale che coinvolge, stranieri, patronati sindacali e comuni. Al posto dei Poli ci penseranno i patronati sindacali di Cgil, Cisl e Uil sparsi in tutta la provincia ad assistere gli immigrati che, prima di ottenere il permesso di soggiorno, dovranno perdere un sacco di tempo e spendere fino a 60 euro. «Quello che manca - fanno sapere dagli sportelli sindacali - è l’informazione da parte del ministero, così i nostri operatori devono arrangiarsi come possono». L’immigrato deve prima rititare un kit alle poste che contiene documenti, avvertenze e modelli. Un groviglio di burocrazia a cui tentano di sopperire i patronati. Dopo aver compilato i modelli viene fatto un versamento e consegnato il kit compilato alle poste che spediranno tutta la documentazione al ministero a partire però dal primo gennaio 2007. A quel punto sarà Roma a inviare alle questure delle singole province il permesso di soggiorno che poi verrà ritirato dall’immigrato. I tempi? Impossibile saperlo visto che la nuova disposizione è partita da due giorni, quello che è certo è che questure, sindacati, immigrati e gli stessi comuni sono già in allarme per un provvedimento che rischia di far scoppiare il caos.