13 MAGGIO 2005

dal Giornale di Vicenza

“Blitz 2”. Con applausi
Attesa di due anni per un’ernia
E a S. Lazzaro torna la voglia di barricate
Fuggi-fuggi sul portavoce

I vicentini hanno accolto l’appello del sindaco che chiedeva appoggio esplicito verso chi si trova “sul campo” ad applicare l’ordinanza comunale
“Blitz 2”. Con applausi
I cittadini lodano i vigili per i controlli anti-accattoni

di Silvia Maria Dubois

Ed ora è “blitz 2” . Ma con una variante: gli applausi dei cittadini che lodano l’intervento dei vigili urbani. Nella giornata di ieri si sono organizzati nuovi controlli a sorpresa nelle vie del centro per far rispettare l’ordinanza anti-accattonaggio emessa dall’Amministrazione comunale nel 2003. Controlli super graditi da parte della cittadinanza, a quanto sembra. «Ci siamo trovati circondati da gente che commentava soddisfatta il nostro lavoro - racconta il vice-comandante Franco Costa - in corso Palladio ci hanno pure ringraziato». «A quanto pare l’appello del sindaco apparso sul vostro giornale è stato accolto dai cittadini che ci stanno già esprimendo tutta la loro vicinanza - aggiunge il comandante Roberto Dall’Aglio - questa condivisione non può che farci piacere, è una bella cosa e soprattutto ci sostiene in queste delicate attività certamente non ordinarie». Gli agenti della Polizia Municipale hanno pattugliato le vie del centro per tutta la giornata, alternando due automezzi ad agenti in borghese. In contra’ Orefice è stata “pizzicata” una nomade di nazionalità bosniaca, residente nel campo nomadi di via Cricoli, in contrà Muschieria è stato fermato un cittadino rumeno risultato poi irregolarmente presente sul territorio nazionale, mentre in corso Palladio sono state sorprese a mendicare due sorelle rumene e in contra’ Vescovado due cittadini serbi. Questi ultimi, come si spiega dal comando di Polizia, sebbene presenti in un’area non compresa nell’ordinanza (in prossimità di una chiesa), sono stati contravvenzionati in quanto le modalità con cui effettuavano la mendicità infrangevano le norme del codice della strada. E, a riprova che tanto povere queste persone non sono, gli stessi agenti fanno sapere che ben quattro dei sei soggetti fermati hanno provveduto a pagare immediatamente la sanzione di 50 euro a loro rilevata. «Da oggi in poi saranno organizzati blitz ogni giorno - assicura il vice sindaco Valerio Sorrentino, proprio mentre, nel tardo pomeriggio, è in atto un altro intervento in contra’ Porti - ribadisco che queste azioni sono possibili grazie all’ordinanza emessa dalla nostra Amministrazione che, senza demagogia e con molto spirito pratico, ha saputo creare uno strumento adeguato per affrontare questo problema sociale, ultimamente tornato ad espandersi». «Nei confronti dei mendicanti non c’è nessuna crociata, miriamo solo a colpire i disonesti - prosegue Sorrentino - mentre per i punk-a-bestia riconfermiamo la “tolleranza zero”: devono assolutamente sparire da Vicenza perché stanno davvero infastidendo la cittadinanza con il loro atteggiamento spregiudicato, la loro sporcizia e le loro ubriacature. Ci auguriamo che con i blitz e con il foglio di via questa sparizione sia comunque assicurata in tempo breve». E a proposito di una “preannunciata” visita degli stessi punk-a-bestia a palazzo Trissino (proposito sentito ad alta voce da alcuni passanti ieri in contrà Vescovado), il vice sindaco commenta lapidario: « Che vengano. Il problema non si pone. Devono andarsene da Vicenza».


Attesa di due anni per un’ernia
Tumore maligno? Anche un mese e mezzo. Ernia o calcoli? Fino a due anni. A chirurgia vascolare per un aneurisma bisogna aspettare persino un anno

di Franco Pepe

Ti hanno detto che hai un tumore maligno, una patologia che non si potrebbe (e non si dovrebbe) differire, un’urgenza estrema che sconvolge fisicamente ma anche psicologicamente ? Bene, corri in ospedale, vai dal medico, gli dici: «Dottore, non sto bene, ho bisogno di essere operato subito». Speri di sentirti rispondere: «La ricoveriamo subito. Domani o dopodomani entra in sala operatoria». E, invece, no. La risposta che ti danno è: «Caro signore, prima di lei ce ne sono tanti altri. La mettiamo in lista. Se tutto va bene, la chiamiamo fra un mese, ma può essere che ci voglia un mese e mezzo». Accade oggi al S. Bortolo. È una scena di ordinario (e sconfortante) paradosso in un interno dell’ospedale cittadino. Urgenza o meno, bisogna mettersi in lista e aspettare, sempre che le cose girino nel verso giusto, anche sei settimane con quel pensiero che corrode la mente, con il timore che il bisturi arrivi troppo tardi per bloccare un male insidioso e spietato che si insinua sotto la pelle, in un polmone, nell’intestino, sul fegato, sul rene, in una mammella. Se, invece, ad aggredirti non è il cancro, ma il disturbo c’è e fa male, e la paura c’è lo stesso, come può essere un’ernia, come possono essere i calcoli alla colecisti, è meglio dimenticare il calendario. La chiamata dall’ospedale può arrivare anche dopo due anni. Anzi, se si tratta di una varice, l’attesa può rasentare quello che per chi ha un problema di salute, piccolo o grande che sia, diventa l’infinito: si arriva a ben 37 mesi. Si rischia di fare i capelli bianchi. Di farsi prendere dalla nevrosi. Di restare vittime della depressione. Un primato in negativo che fa letteralmente rabbrividire. Sì, avete letto bene. Non è un errore di battuta del cronista. Sono 3 anni e un mese. Nel frattempo può capitare di tutto, anche di morire. La speranza è che non ci siano complicazioni, che lassù qualcuno ti ami. I tempi di attesa al S. Bortolo sono una realtà ancora più dura e preoccupante di quanto si potesse immaginare. Le chirurgie stanno letteralmente scoppiando. La domanda è altissima, ma forze e risorse sono limitate, e si può rispondere fino a dove si può. La lista degli interventi chirurgici apre cateratte pericolose. Una cosa sono, infatti, i tempi di attesa per una visita ambulatoriale, che pure, quando sono eccessivamente lunghi, provocano disagi e lamentele a non finire. Un’altra sono i tempi di attesa per un’operazione chirurgica, che presuppone o un’urgenza immediata o un intervento che va comunque fatto. La gente per lo più non conosce questa faccia nascosta del pianeta ospedaliero vicentino e quando viene a collidervi per esperienza diretta, per qualcosa che riguarda personalmente se stessi o i propri familiari divampamo le incomprensioni, esplode la rabbia. Fatti e proteste che stanno diventando quotidiani. La gente non accetta questi tempi troppo lunghi, non li capisce, e allora scoppia una assurda e antipatica guerra dei Roses fra utente, al quale nessuno racconta quali siano gli esatti carichi di lavoro del medico, e il chirurgo o lo specialista, il quale non sa più che pesci pigliare, a che santo rivolgersi per mettere una pezza a una situazione assolutamente insostenibile. Altri numeri inquietanti? A chirurgia vascolare per un aneurisma bisogna attendere un anno, per un’arteriosi periferica sette mesi, per un intervento aorto-iliaco un anno e tre mesi, per una carotide sei mesi. A neurochirurgia per una patologia spinale non traumatica si devono contare tre mesi, per una sterotassi complessa due mesi, per un angioma nove mesi. A ortopedia per un’operazione al ginocchio si aspettano sette mesi, se si deve essere operati al piede ne occorrono otto, se il problema è la spalla nove mesi. E ancora: per una protesi all’anca ci vogliono quattro mesi, per un protesi del ginocchio sette mesi e per una alla spalla quattro. Tempi lunghi anche a ginecologia. Un tumore all’utero si opera in un mese. Se la patologia è benigna si raddoppia e si arriva a due mesi. Per una cisti ovarica i mesi diventano tre e per un asportazione radicale dell’utero quattro. E la lista non scherza neppure a otorino: per la piccola chirurgia tre mesi, per correggere le fosse paranasali pure, e per un intervento a un orecchio i mesi restano sempre tre. Non sfugge alla regola l’urologia: per operare un tumore si apetta un mese e mezzo, lo stesso per una patologia non neoplastica ma urgente. Se, invece, l’urgenza non c’è, si passa a 3-4 mesi. Lasciamo la chirurgia in questo viaggio fra le liste del S. Bortolo e andiamo a vedere cosa succede fuori della sala operatoria in alcuni ambulatori importanti, quando c’è da fare una visita o un esame che può essere determinante, che tiene in ansia, che non vedi l’ora di fare per toglierti il famoso pensiero che non ti molla più appena qualcuno ti ha fatto balenare per la mente che c’è qualcosa che non va, che non ti devi alllarmare, ma che è meglio farti vedere, correre ai ripari, fare presto. Allora: devi fare una risonanza magnetica? Settanta giorni. Una tac? Quaranta giorni. Un’ecografia a radiologia? Quattro mesi. Una scintigrafia al miocardio? Sei mesi. Una scintigrafia ossea? Un mese e mezzo. (1-continua)


E a S. Lazzaro torna la voglia di barricate

(s. s.) E nel quartiere di San Lazzaro, dopo il referendum-choc che ha avuto più votanti delle schede stampate e distribuite (430 a 400) e la cui credibilità è risultata nulla perché ben 380 erano state “taroccate”, torna la voglia di protestare, di manifestare e di far le “barricate” ovvero di bloccare il cantiere, quando lungo via Albinoni riprenderanno i lavori per la realizzazone della pista ciclabile. Andrea Tapparo, consigliere diessino in circoscrizione 6, spiega perché i residenti a stragrande maggioranza abbiano protestato preferendo alle due ipotesi di variante prospettate dall’assessore Cicero la terza soluzione, quella di via Corelli, caldeggiata invece fin dall’inizio dai residenti: «Non si è voluto tener conto che l’assemblea dei cittadini e l’opinione di gran parte degli abitanti di S. Lazzaro avevano sancito ben altre posizioni. La gente è arrabbiata e vuole che si sappia». E Tapparo, in una sua nota, sintetizza il “pollice verso” nei confronti delle due alternative prospettate dal Palazzo: «Non si affrontano i problemi del quartiere a pezzi. Lasciare la pista in via Albinoni, imponendo il senso unico, salva le esigenze di parcheggio ma trasferisce i problemi di viabilità in via Bellini, dove non ci sono negozi, ma la strada è tortuosa, vi è una scuola e il percorso dell’autobus lungo via Corelli la renderebbe impraticabile nel doppio senso di marcia». E dopo aver bocciato proprio l’ipotesi di nuovo percorso del bus («Anni fa qualcuno c’aveva provato, ci sono ancora le insenature di sosta ora utilizzate come porcheggio, si è dovuto far marcia indietro perché incompatibile con il flusso scolastico della via (tre scuole) e perché risultava pericolosa la manovra all’incrocio con via Bellini»), spiega il sì, suo e del quartiere, alla ipotesi di ciclopista in via Corelli: «Non pone i problemi della soluzione-via Albinoni, si integrerebbe con i percorsi ciclabili dei Pomari senza riduzione di altre sedi stradali e lambirebbe tutte le scuole del quartiere con conseguente riduzione (si spera) della pressione autoveicolare nei pressi delle scuole».


FI fa saltare il numero legale in Consiglio per evitare il voto
Fuggi-fuggi sul portavoce

di Antonio Trentin

Di che cosa ha discusso, ieri sera, il consiglio comunale? Per tre ore e mezzo praticamente di una cosa sola, e neanche arrivata a conclusione: se ha senso o no, politicamente parlando, che il sindaco si nomini un portavoce pagato dal municipio 83.525,98 euro all’anno. Il caso è il solito: quello del giornalista ex-TvA Fabio Carraro che da meno di un mese è alle dipendenze del Comune in un ruolo previsto dalla legge, ma inedito per Vicenza. L’opposizione ha infilato l’argomento - già oggetto di polemiche nelle scorse settimane - nel dibattito sulla conferma del ‘gettone di presenza’ dei consiglieri (che non aumenterà, restando fermo sui valori dell’anno passato). E per tutta la serata in sala Bernarda sono stati fuochi d’artificio ai microfoni, attacchi dal centrosinistra (con buoni rimbalzi di sponda da qualcuno della Lega), frastagliamenti della maggioranza (perché anche Alleanza nazionale sgradisce altamente l’incarico…) e contorsioni decisionali sui banchi del presidente consiliare Sante Sarracco e del segretario comunale Domenico Giuliani su votare-non votare-votare segreto-votare palese. Mezz’ora prima che tutto finisse nel nulla - perché Forza Italia ha dato una mano a Hüllweck andandosene dalla riunione e facendo strategicamente mancare il numero legale - la verità politica l’ha raccontata il diessino Luigi Poletto: la Casa delle libertà aveva il terrore che si andasse al voto sull’incarico a Carraro, stanti le divisioni interne e il rischio di poco sostegno al sindaco. La verità amministrativa è un’altra: Hüllweck ha legalmente il diritto di avere un portavoce e di fargli fare quanto meglio crede. Lo stabilisce la legge sugli enti locali, l’opportunità può essere esercitata oppure no. È su questo tasto che ha battuto l’opposizione: hanno senso 83 mila euro spesi per lo staff personale del sindaco, mentre vengono limate dappertutto le spese e non ci sono risorse per un miglior funzionamento del consiglio comunale? Parole in difesa della scelta di Hüllweck non ne sono state dette, nessuna da nessuno. Carraro – con grande correttezza professionale e vero stoicismo psicologico – è rimasto sul suo banco di collaboratore del sindaco ad ascoltarsi tutto il ‘processo all’incarico’ che i contestatori hanno intentato. Attenti a separare i suoi casi personali dall’effetto politico della chiamata fatta dal capo dell’Amministrazione: «Non ce l’abbiamo con lui, ma con il provvedimento di chi fa clientelismo per addomesticare l’informazione». Lo scontro si è giocato tutto sulla richiesta di Antonio Dalla Pozza (Ds) di votare segretamente su un documento che chiedeva a Hüllweck di revocare la nomina ‘ad personam’. Ammesso e portato al voto da Sarracco, il testo è stato stoppato in extremis, quando stava per essere votato: un inimmaginabile ‘teatrino’ tra il presidente e il segretario generale ha prodotto prima il “sì” al voto segreto (quello, appunto, temuto da Hüllweck e dai suoi fedelissimi) poi un provvisorio rinvio. Riunione a porte chiuse dei capi-partito, allora, per trovare un modo di procedere. E se n’è andata un’altra mezzora. Al rientro la confusione è stata ancora più grande, mentre echeggiavano riferimenti mai ascoltati in consiglio sulle «parole intimidatorie del segretario» (perché diceva che, se il Consiglio votava il ritiro dell’incarico al giornalista-portavoce, dovevano poi essere i consiglieri a pagare se avesse fatto causa) e sui “verbali e registrazioni da portare in Procura” (perché, tra l’altro, proprio un’impostazione del genere fornita dal segretario Giuliani era manifestamente contraddittoria, essendo comunque il sindaco e la giunta, non i consiglieri, i titolari di nomina e revoca eventuale, con tutte le relative responsabilità). Bailamme mai visto su una materia del genere, insomma, con Forza Italia pericolante, con la Lega spartita tra Manuela Dal Lago che salutava tutti («vado a cena») e Franca Equizi durissima contro Hüllweck e le sue spese «a carico della collettività», con An in preda a sdoppiamento della personalità (non aveva partecipato alla riunione in cui era stata decisa la chiamata del portavoce, non poteva però neanche mettersi in urto troppo con il sindaco). La tenzone è stata grande e si sono messi in mostra gli avvocati consiglieri, abili a rivoltarsi la frittata uno addosso all’altro: Pellizzari per Forza Italia, Dalla Pozza e Cristofari per i Ds, l’aennista Rucco dietro le quinte di una maggioranza che non sapeva più come uscirne. Arrivati al dunque - cioè al momento di smentire Sarracco, sconfitto su un tentativo di annullare il documento dai ‘franchi tiratori’ della Casa della libertà (Equizi e Sandoli della Lega, con l’aennista Tapparello e la forzista Dal Zotto astenuti e qualche altro consigliere opportunamente eclissatosi) - i numeri dell’opposizione hanno fatto flop. Da solo il centrosinistra non bastava a votare il documento del “no” al portavoce. Il centrodestra si è salvato in angolo, sparendo senza votare e seguendo i forzisti che andavano in pizzeria. Continuazione e fine la prossima settimana…