Tumore maligno? Anche un mese
e mezzo. Ernia o calcoli? Fino a due anni. A chirurgia
vascolare per un aneurisma
bisogna aspettare persino un anno
di Franco Pepe
Ti hanno detto che hai un tumore maligno, una patologia che non si potrebbe (e non si dovrebbe) differire, un’urgenza estrema che sconvolge fisicamente ma anche psicologicamente ? Bene, corri in ospedale, vai dal medico, gli dici: «Dottore, non sto bene, ho bisogno di essere operato subito». Speri di sentirti rispondere: «La ricoveriamo subito. Domani o dopodomani entra in sala operatoria». E, invece, no. La risposta che ti danno è: «Caro signore, prima di lei ce ne sono tanti altri. La mettiamo in lista. Se tutto va bene, la chiamiamo fra un mese, ma può essere che ci voglia un mese e mezzo». Accade oggi al S. Bortolo. È una scena di ordinario (e sconfortante) paradosso in un interno dell’ospedale cittadino. Urgenza o meno, bisogna mettersi in lista e aspettare, sempre che le cose girino nel verso giusto, anche sei settimane con quel pensiero che corrode la mente, con il timore che il bisturi arrivi troppo tardi per bloccare un male insidioso e spietato che si insinua sotto la pelle, in un polmone, nell’intestino, sul fegato, sul rene, in una mammella.
Se, invece, ad aggredirti non è il cancro, ma il disturbo c’è e fa male, e la paura c’è lo stesso, come può essere un’ernia, come possono essere i calcoli alla colecisti, è meglio dimenticare il calendario. La chiamata dall’ospedale può arrivare anche dopo due anni. Anzi, se si tratta di una varice, l’attesa può rasentare quello che per chi ha un problema di salute, piccolo o grande che sia, diventa l’infinito: si arriva a ben 37 mesi. Si rischia di fare i capelli bianchi. Di farsi prendere dalla nevrosi. Di restare vittime della depressione. Un primato in negativo che fa letteralmente rabbrividire. Sì, avete letto bene. Non è un errore di battuta del cronista. Sono 3 anni e un mese. Nel frattempo può capitare di tutto, anche di morire. La speranza è che non ci siano complicazioni, che lassù qualcuno ti ami.
I tempi di attesa al S. Bortolo sono una realtà ancora più dura e preoccupante di quanto si potesse immaginare. Le chirurgie stanno letteralmente scoppiando. La domanda è altissima, ma forze e risorse sono limitate, e si può rispondere fino a dove si può. La lista degli interventi chirurgici apre cateratte pericolose. Una cosa sono, infatti, i tempi di attesa per una visita ambulatoriale, che pure, quando sono eccessivamente lunghi, provocano disagi e lamentele a non finire. Un’altra sono i tempi di attesa per un’operazione chirurgica, che presuppone o un’urgenza immediata o un intervento che va comunque fatto. La gente per lo più non conosce questa faccia nascosta del pianeta ospedaliero vicentino e quando viene a collidervi per esperienza diretta, per qualcosa che riguarda personalmente se stessi o i propri familiari divampamo le incomprensioni, esplode la rabbia. Fatti e proteste che stanno diventando quotidiani. La gente non accetta questi tempi troppo lunghi, non li capisce, e allora scoppia una assurda e antipatica guerra dei Roses fra utente, al quale nessuno racconta quali siano gli esatti carichi di lavoro del medico, e il chirurgo o lo specialista, il quale non sa più che pesci pigliare, a che santo rivolgersi per mettere una pezza a una situazione assolutamente insostenibile. Altri numeri inquietanti? A chirurgia vascolare per un aneurisma bisogna attendere un anno, per un’arteriosi periferica sette mesi, per un intervento aorto-iliaco un anno e tre mesi, per una carotide sei mesi. A neurochirurgia per una patologia spinale non traumatica si devono contare tre mesi, per una sterotassi complessa due mesi, per un angioma nove mesi. A ortopedia per un’operazione al ginocchio si aspettano sette mesi, se si deve essere operati al piede ne occorrono otto, se il problema è la spalla nove mesi. E ancora: per una protesi all’anca ci vogliono quattro mesi, per un protesi del ginocchio sette mesi e per una alla spalla quattro.
Tempi lunghi anche a ginecologia. Un tumore all’utero si opera in un mese. Se la patologia è benigna si raddoppia e si arriva a due mesi. Per una cisti ovarica i mesi diventano tre e per un asportazione radicale dell’utero quattro. E la lista non scherza neppure a otorino: per la piccola chirurgia tre mesi, per correggere le fosse paranasali pure, e per un intervento a un orecchio i mesi restano sempre tre. Non sfugge alla regola l’urologia: per operare un tumore si apetta un mese e mezzo, lo stesso per una patologia non neoplastica ma urgente. Se, invece, l’urgenza non c’è, si passa a 3-4 mesi.
Lasciamo la chirurgia in questo viaggio fra le liste del S. Bortolo e andiamo a vedere cosa succede fuori della sala operatoria in alcuni ambulatori importanti, quando c’è da fare una visita o un esame che può essere determinante, che tiene in ansia, che non vedi l’ora di fare per toglierti il famoso pensiero che non ti molla più appena qualcuno ti ha fatto balenare per la mente che c’è qualcosa che non va, che non ti devi alllarmare, ma che è meglio farti vedere, correre ai ripari, fare presto. Allora: devi fare una risonanza magnetica? Settanta giorni. Una tac? Quaranta giorni. Un’ecografia a radiologia? Quattro mesi. Una scintigrafia al miocardio? Sei mesi. Una scintigrafia ossea? Un mese e mezzo. (1-continua)
Fuggi-fuggi sul portavoce
di Antonio Trentin
Di che cosa ha discusso, ieri sera, il consiglio comunale? Per tre ore e mezzo praticamente di una cosa sola, e neanche arrivata a conclusione: se ha senso o no, politicamente parlando, che il sindaco si nomini un portavoce pagato dal municipio 83.525,98 euro all’anno.
Il caso è il solito: quello del giornalista ex-TvA Fabio Carraro che da meno di un mese è alle dipendenze del Comune in un ruolo previsto dalla legge, ma inedito per Vicenza. L’opposizione ha infilato l’argomento - già oggetto di polemiche nelle scorse settimane - nel dibattito sulla conferma del ‘gettone di presenza’ dei consiglieri (che non aumenterà, restando fermo sui valori dell’anno passato). E per tutta la serata in sala Bernarda sono stati fuochi d’artificio ai microfoni, attacchi dal centrosinistra (con buoni rimbalzi di sponda da qualcuno della Lega), frastagliamenti della maggioranza (perché anche Alleanza nazionale sgradisce altamente l’incarico…) e contorsioni decisionali sui banchi del presidente consiliare Sante Sarracco e del segretario comunale Domenico Giuliani su votare-non votare-votare segreto-votare palese.
Mezz’ora prima che tutto finisse nel nulla - perché Forza Italia ha dato una mano a Hüllweck andandosene dalla riunione e facendo strategicamente mancare il numero legale - la verità politica l’ha raccontata il diessino Luigi Poletto: la Casa delle libertà aveva il terrore che si andasse al voto sull’incarico a Carraro, stanti le divisioni interne e il rischio di poco sostegno al sindaco.
La verità amministrativa è un’altra: Hüllweck ha legalmente il diritto di avere un portavoce e di fargli fare quanto meglio crede. Lo stabilisce la legge sugli enti locali, l’opportunità può essere esercitata oppure no.
È su questo tasto che ha battuto l’opposizione: hanno senso 83 mila euro spesi per lo staff personale del sindaco, mentre vengono limate dappertutto le spese e non ci sono risorse per un miglior funzionamento del consiglio comunale? Parole in difesa della scelta di Hüllweck non ne sono state dette, nessuna da nessuno. Carraro – con grande correttezza professionale e vero stoicismo psicologico – è rimasto sul suo banco di collaboratore del sindaco ad ascoltarsi tutto il ‘processo all’incarico’ che i contestatori hanno intentato. Attenti a separare i suoi casi personali dall’effetto politico della chiamata fatta dal capo dell’Amministrazione: «Non ce l’abbiamo con lui, ma con il provvedimento di chi fa clientelismo per addomesticare l’informazione».
Lo scontro si è giocato tutto sulla richiesta di Antonio Dalla Pozza (Ds) di votare segretamente su un documento che chiedeva a Hüllweck di revocare la nomina ‘ad personam’. Ammesso e portato al voto da Sarracco, il testo è stato stoppato in extremis, quando stava per essere votato: un inimmaginabile ‘teatrino’ tra il presidente e il segretario generale ha prodotto prima il “sì” al voto segreto (quello, appunto, temuto da Hüllweck e dai suoi fedelissimi) poi un provvisorio rinvio. Riunione a porte chiuse dei capi-partito, allora, per trovare un modo di procedere. E se n’è andata un’altra mezzora.
Al rientro la confusione è stata ancora più grande, mentre echeggiavano riferimenti mai ascoltati in consiglio sulle «parole intimidatorie del segretario» (perché diceva che, se il Consiglio votava il ritiro dell’incarico al giornalista-portavoce, dovevano poi essere i consiglieri a pagare se avesse fatto causa) e sui “verbali e registrazioni da portare in Procura” (perché, tra l’altro, proprio un’impostazione del genere fornita dal segretario Giuliani era manifestamente contraddittoria, essendo comunque il sindaco e la giunta, non i consiglieri, i titolari di nomina e revoca eventuale, con tutte le relative responsabilità).
Bailamme mai visto su una materia del genere, insomma, con Forza Italia pericolante, con la Lega spartita tra Manuela Dal Lago che salutava tutti («vado a cena») e Franca Equizi durissima contro Hüllweck e le sue spese «a carico della collettività», con An in preda a sdoppiamento della personalità (non aveva partecipato alla riunione in cui era stata decisa la chiamata del portavoce, non poteva però neanche mettersi in urto troppo con il sindaco).
La tenzone è stata grande e si sono messi in mostra gli avvocati consiglieri, abili a rivoltarsi la frittata uno addosso all’altro: Pellizzari per Forza Italia, Dalla Pozza e Cristofari per i Ds, l’aennista Rucco dietro le quinte di una maggioranza che non sapeva più come uscirne.
Arrivati al dunque - cioè al momento di smentire Sarracco, sconfitto su un tentativo di annullare il documento dai ‘franchi tiratori’ della Casa della libertà (Equizi e Sandoli della Lega, con l’aennista Tapparello e la forzista Dal Zotto astenuti e qualche altro consigliere opportunamente eclissatosi) - i numeri dell’opposizione hanno fatto flop. Da solo il centrosinistra non bastava a votare il documento del “no” al portavoce. Il centrodestra si è salvato in angolo, sparendo senza votare e seguendo i forzisti che andavano in pizzeria. Continuazione e fine la prossima settimana