«Contro il bullismo griffato sì alle divise per gli studenti»
Abalti: «Il mio modello? Sono gli alunni delle scuole inglesi»
di G. M. Mancassola
Cosa fare contro il bullismo griffato? Infilare gli studenti in comode divise all’inglese. È questa la proposta destinata a far discutere che l’assessore all’Istruzione Arrigo Abalti spiattella il giorno dopo la notizia delle molestie ai danni di un ragazzino di terza media, tormentato dal branco perché non aveva la felpa “di marca”.
Abalti elabora una premessa di natura sociologica: «Non è questo lo strumento per eliminare i fenomeni di bullismo e l’aggressività di molti ragazzini, tempestati da messaggi devastanti che arrivano dai media. Il problema della griffe emerso alla “Maffei”, tuttavia, induce a una riflessione più ampia. Per questo, avanzo una proposta: introduciamo le divise per gli alunni delle scuole elementari, dall’asilo alle medie».
A chi gli fa notare che c’è già il grembiule, Abalti risponde dettagliando la sua idea: «Anch’io ai miei tempi ho indossato il grembiule nero, con il colletto bianco e il fiocco azzurro. Ma non è questo il modello a cui mi riferisco: trovo triste il grembiule, che indossavo perché ero costretto. Penso piuttosto alle scuole anglosassoni. Qualche tempo fa ho visitato Londra e una mattina mi ha attraversato la strada una scolaresca in divisa: erano tutti belli ed eleganti».
Per il momento, l’assessore non ha formalizzato la sua proposta in una sede istituzionale. Il suo è piuttosto un appello alle aziende tessili vicentine: «Chi produce abbigliamento può presentare progetti o forme di consorzio per elaborare e fornire a prezzo politico divise da adottare nelle scuole comunali. In questo modo, con abbigliamento uguale per tutti e magari uno stemma con le insegne comunali o della scuola, si verrebbe a creare un senso di identità e appartenenza che oggi manca. Il fenomeno che vede i bambini fare leva sulle diversità fra chi indossa griffe e chi no, oppure su chi ha la griffe migliore verrebbe ridimensionato dal senso di appartenenza a un organismo o identità specifici».
Nel disegno di Abalti, il Comune potrebbe «giocare un ruolo di coordinamento in un’operazione di grande valore che vedrebbe protagonista soprattutto il mondo imprenditoriale locale. Penso a Renzo Rosso e alla sua Diesel, che sono vicentini»:
L’uniforme a qualcuno fa però venire in mente tempi andati o il rischio di omologazione e indifferenziazione. «Non ho nostalgia dell’accoppiata “libro e moschetto”, tanto per essere chiari e per rispondere a chi potrebbe associare le mie parole al partito cui appartengo, Alleanza nazionale - prosegue l’assessore. Il tema non è l’uniformazione, ma l’appartenenza a valori condivisi. Quando andiamo allo stadio siamo tutti biancorossi o azzurri, indipendentemente dalla storia individuale di ognuno. Ci sentiamo parte della stessa comunità, forti di una piattaforma di valori comuni, la divisa non risolverà il problema della violenza e dell’aggressività, ma è un esperimento che va tentato».