12 LUGLIO 2005

dal Giornale di Vicenza

SCHIO. Rassegna completa su polemiche post-corteo
«Immigrato e sfrattato»

Nell’ultimo mese allo “sportello casa” si sono rivolte una trentina di famiglie, ma il numero aumenta di giorno in giorno. «Chiediamo al Comune meno assistenza e più appartamenti»
«Immigrato e sfrattato»
Cresce l’emergenza casa, ma in città 2.630 alloggi sono sfitti

di Eugenio Marzotto

Francisca è nigeriana ha due figli di tre e cinque anni, da qualche mese è stata abbandonata dal marito. Se n’è andato con l’unico stipendio che serviva a mantenere la famiglia. Dopo qualche mese Francisca è stata sfrattata, ora vive con i piccoli nel centro di accoglienza di Parco Città che la ospita da cinque mesi. Per ora è la sua unica casa e all’orizzonte nessuno spiraglio di cambiamento, nonostante lavori lontano da Vicenza. Dalle 12 alle 15 fa le pulizie in un negozio, dalle 19 all’una fa la cameriera in un bar. Guadagna 800 euro al mese, quasi 600 li spende per la baby sitter che le accudisce i figli. Sono le due facce della stessa medaglia che ha il valore di almeno 800 euro, pari all’affitto medio di un bicamere capace di ospitare le famiglie numerose che arrivano dall’estero. Gli immigrati sfrattati invece trovano da dormire nelle strutture alberghiere messe a disposizione da Comune o privati, come il convento di Santa Chiara o la casa di riposo di Parco Città. Poi c’è anche l’albergo cittadino dove però dormono solo i maschi, spesso mariti divisi da moglie e figli per necessità. In tutti questi casi il Comune di Vicenza paga fino a 200 euro al giorno per l’accoglienza degli immigrati, spese consistenti che sbattono su un’altra realtà evidente e resa pubblica dai dati raccolti dall’amministrazione comunale. In città esisterebbero oltre 2.600 appartamenti sfitti. Numeri che provocano le critiche da parte dello “sportello casa” che ha sede sotto lo stadio Menti. «L’amministrazione spende migliaia di euro per finanziare l’assistenza, mentre dovrebbe pensare ad interventi strutturali, investendo sull’abitazione, recuperando locali pubblici sfitti. Finora invece non c’è stata una vera politica per la casa, si è preferito elargire a pioggia denaro pubblico. Allora meglio recuperare edifici pubblici e adibirli ad appartamenti». La proposta parte da Morteza Nirou e Teo Molin Fop, responsabili dello sportello casa, ufficio che in un mese e mezzo ha raccolto 30 casi di sfratti, che coinvolgono altrettante famiglie extracomunitarie. «In casi che arrivano qui - raccontano - sono simili e toccano interi nuclei familiari». Il copione è sempre lo stesso. Il capo famiglia perde il lavoro per diversi motivi, non ultimo quello della crisi economica. Dopo qualche mese arriva lo sfratto dal giudice, poi il marito è costretto a separarsi dalla famiglia che ritorna a casa, oppure viene inserita in un programma di accoglienza». C’è chi un lavoro lo ritrova, ma i guai non sono finiti secondo lo “sportello casa”. «Quando lo straniero telefona in un’agenzia per entrare in un appartamento la prima domanda che gli viene fatta è se la casa serve a lui e alla sua famiglia - racconta Morteza Nirou -. Se la risposta è sì, allora la conversazione è chiusa. Sono rari i casi in cui gli italiani decidono di affittare un appartamento ad uno straniero». E gli italiani? I vicentini? La musica non cambia, l’aumento degli sfratti coinvolge tutti indistintamente. «La differenza - spiega Teo Molin Fop - è che per gli italiani la rete di protezione sociale è più fitta. Chi si trova senza casa, perchè non adempie al pagamento dell’affitto, viene accolto dai familiari o amici, un sostegno arriva quasi sempre, per gli stranieri invece è necessario l’aiuto pubblico o delle associazioni».

In aumento secondo l’Ater gli stranieri pronti ad investire sul mattone. Oggi i dati Caritas
Quelli che l’abitazione la cercano per acquistarla «Comprano tricamere di ampie dimensioni»

(e. mar.) C’è straniero e straniero. Per un immigrato che non riesce a sostenere le spese di affitto e il costo della vita a Vicenza, un altro pensa a comprare casa, trovando dell’abitazione di proprietà il nuovo “rifugio” che non ha mai conosciuto. Non si tratta di contraddizioni, piuttosto di diverse culture e opportunità, ma anche origini in cui i Paesi di provenienza sono determinanti. Marco Tolettini presidente dell’Ater spiega che ormai in città e provincia, tra le tremila richieste di alloggio, un quarto riguardano stranieri, ma la percentuale è in aumento. L’edilizia pubblica rimane dunque lo sbocco per chi cerca casa ad un prezzo calmierato; solo in città, nel 2004, sono state fatte 900 richieste. Ma c’è anche chi, tra gli stranieri, una casa la cerca per acquistarla. «E’ una tendenza in forte aumento - conferma Marco Tolettini, presidente dell’Ater - nei nostri bandi infatti, sempre più famiglie immigrate sono interessate a case ampie, con tre, quattro camere fatte magari negli anni ’70. Per noi sono vendite strategiche, sia perchè le dimensioni sono fuori mercato, sia perchè spesso ci vogliono altri fondi per ristrutturarle. Eppure molti stranieri sono disposti a comprarle». Sono soprattutto immigrati provenienti da India, Pakistan o Bangladesh ad essere interessati a questi edifici. «Ci sono casi e casi - spiega Tolettini - ma chi può permettersi questi acquisti ha un’occupazione più stabile, vive qui da anni; certo è che la visione del risparmio è diversa da immigrato e immigrato, dipende dalle culture di riferimento». Culture che si traducono anche con sistemi bancari d’origine più sicuri, consolati che fanno da garanti per i prestiti, ma anche in molti casi a veri e propri mutui soccorsi tra famiglie della stessa nazionalità. Anche di questo si parlerà oggi alla Caritas che in conferenza stampa presenterà la ricerca “Tanti modi abitare”, un’indagine sugli immigrati residenti di città e provincia.

dal Gazzettino:

SPORTELLO CASA
Gli immigrati pagano più di tutti l'emergenza

Francesca, 43 anni, nigeriana, sola con due figli a carico, vive in una casa di riposo privata e ha un lavoro part-time. Susanna, 53 anni, albanese, prossima allo sfratto, è senza lavoro: non riesce a trovarlo perché, dice, è considerata "anziana". Salah, 46 anni, marocchino, sposato, due figli, ha gravi problemi fisici, è senza lavoro ed è costretto a vivere separato dalla famiglia. Sono alcuni dei casi di disagio sociale che quotidianamente bussano alla porta dello Sportello casa delle rappresentanze sindacali di base Rdb-Cub di via Del Grande 24 (sotto lo stadio). Una piaga che, denunciano Morteza Nirou e Teo Molin Fop, tra i rappresentanti del servizio nato di recente per dare consulenza e informazioni su questioni abitative, si sta progressivamente aggravando. Sono decine le segnalazioni di italiani e stranieri che, con impiego precario o senza lavoro, non riescono a pagare l'affitto e rischiano lo sfratto. Secondo gli ultimi dati, dal 1999 al 2003 a Vicenza gli sfratti sono più che raddoppiati. L'anno scorso sono stati circa 150. Che cosa fare? Per i due rappresentanti dello sportello bisogna pensare ad una politica della casa più efficace che invece di affrontare l'emergenza con contributi a pioggia e alloggi temporanei metta a disposizione delle famiglie disagiate appartamenti pubblici sfitti (duecento, secondo stime comunali). «Ci sono sfitti che, con pochi restauri, diventerebbero subito abitabili», commenta Molin Fop. «Le persone perdono il lavoro facilmente. Il mercato privato per alcuni è diventato ormai inaccessibile. Non resta che l'alloggio pubblico». Aggiunge Nirou: «Serve un fondo di garanzia pubblico-privato che tuteli chi è difficoltà. Mancano risorse? Si possono trovare utilizzando al meglio quelle disponibili». Contro gli sfratti, esponenti delle Rdb-Cub, Coordinamento stranieri e gruppo "Invisibili" dei centri sociali di recente hanno bloccato pacificamente due sfratti esecutivi. «Lo scopo non è creare ma risolvere il problema. Cerchiamo un dialogo», conclude Molin Fop. «Rimpatrio e separazione del nucleo familiare non sono la soluzione».
Roberto Cervellin