Il gestore dell’Astra: «Sono io la vittima di questo degrado»
di Silvia Maria Dubois
«Sono allucinato, non riesco a credere alle dichiarazioni riportate sulla stampa in questi giorni". A parlare una volta per tutte, ora, è il gestore (e neo proprietario) del Nuovo Bar Astra, Gianluca Moretto, conosciuto da tutti con il soprannome di "Mopi". Stanco, deluso ed arrabbiato, rilascia le sue dichiarazioni in una serata dove i fatti sembrano parlare più di qualsiasi testimonianza. Sono le 22 di lunedì sera, infatti, quando Mopi ci accoglie nel suo bar per esprimere la propria opinione in merito alla conflittuale situazione di degrado del quartiere delle Barche. Più volte viene interrotto dagli amici che lo avvisano che c'è un tipo che sta dando fastidio alla barista.
Fuori dal locale sostano in piedi due "zombi" con gli occhi socchiusi, mentre un extracomunitario entra per vendere rose e un avventore lurido chiede insistentemente panini e caffè a credito. Ad un certo punto un finto moribondo che sosta al banco tenta di rubare diversi pacchetti di caramelle, Mopi minaccia di chiamare il 113 e il ladro prima si getta a terra fingendo un malessere e poi se ne esce imprecando.
«Non sai quanto felice io sia che la stampa abbia assistito a tutto questo perché è proprio tutto questo che noi ci troviamo quotidianamente a sopportare! - spiega Gianluca -. Le dichiarazioni rilasciate in questi giorni sui giornali mi hanno ferito e sorpreso, perché sono io la prima vittima di questa situazione di degrado e sono sempre io che, per primo, ancora nel 2001, ho sollevato la questione fotografando gli scempi e la sporcizia della zona, consegnando le foto a Sorrentino e prendendomi addirittura quattro giorni di ferie per organizzare, con gli altri baristi della città, un grande tavolo di confronto che portasse all'attenzione del Comune questa problematica».
Il Nuovo Bar Astra, luogo amatissimo dai letterati locali e dai registi nazionali, come testimoniato da numerosi documenti, rispetta regole igieniche e sonore rigidissime. Lo stereo, promosso da tutte le perizie foniche, è di 70 watt e le serate musicali vengono regolarmente approvate dagli uffici dell'Annona senza alcun impiccio, né raccomandazione di ogni sorta. Nemmeno gli orari sembrano costituire quel gran problema attorno a cui si fanno ruotare tutti i disturbi e gli atti vandalici in notturna mal sopportati dalla zona: durante la settimana il bar chiude a mezzanotte e, nelle serate di venerdì e sabato, pur potendo chiudere alle 2, spesso si decide per un ultimo drink servito all’una.
«La gentaglia che bivacca fuori lo fa a prescindere dagli orari del bar e la chiara impressione è che si voglia trasformare questo locale - puntualizza "Mopi" - in un capro espiatorio per un problema sociale che invece c’è e dilaga a prescindere da tutto. Il sottoscritto si batte in prima linea da anni per migliorare la situazione, pagandone tutte le conseguenze. Vogliono le ronde? Ma se io stesso chiamo la polizia almeno quattro volte a settimana!! Da questo bancone posso osservare tutto ciò che succede fuori: vedo chi spaccia, chi sporca, chi litiga e, di conseguenza, fornisco piena collaborazione agli agenti».
Anche a rischio di spiacevoli ritorsioni, da quanto viene testimoniato dagli stessi verbali della questura custoditi in un’apposita cartella: dai balordi che Mopi sistematicamente allontana arrivano puntuali minacce come quella di incendiare il locale o di buttarci una bomba. Minacce che spesso si traducono in pratica come tutte quelle vetrine rotte o tutti quegli escrementi che il mattino si deve rimuovere con pazienza. «A volte spazzo anche le strade qui attorno per sgravare il compito dei residenti - puntualizza Moretto che ci tiene a precisare la sua assoluta apartiticità, pretesa anche all’interno del suo locale - residenti che, purtroppo, sono capeggiati da quei pochi ma forti e che, dunque, all’opinione pubblica sembrano costituire una collettività numerosa e compatta. Così non è: lo ripeto, a lamentarsi sono sempre i soliti, due in particolare».
Ma allora quali sono le proposte messe sul bancone del bar Astra? «Il problema c’è ma va affrontato con spirito diverso, in un’ottica di piena collaborazione come io stesso chiedo al vice sindaco da ben due anni - conclude Mopi - e soprattutto senza nascondersi dietro capi espiatori come il bar. Cominciamo a dialogare seriamente e con obiettività, tutti assieme. Ed infine non dimentichiamo, poi, come possono funzionare da deterrente del fenomeno delinquenziale tutte le nostre feste, le nostre iniziative e i nostri concerti jazz».
«L’integrazione non esiste»
L’assessore: «È un lavoro lungo e complesso»
di Marco Scorzato
«Gli stranieri in città? Non ci sono conflitti, ma non si può nemmeno parlare di integrazione». La fotografia è di Franco Visonà, assessore alle politiche giovanili del comune di Valdagno e da poco ritornato ad occuparsi anche di servizi sociali. Davanti ai dati che confermano anche nel 2004 una crescita della popolazione valdagnese dovuta all'aumento degli extracomunitari residenti, non esita a riconoscere che «una vera integrazione è ancora di là da venire». «Italiani e stranieri - aggiunge - continuano a rappresentare comunità distinte all'interno della città». Per fortuna, tuttavia, la convivenza sta procedendo senza particolari problemi e già questo, per una città ed una vallata che solo nell'ultimo decennio hanno iniziato ad aprirsi all'esterno, è un buon risultato.
Al rilevamento del 30 novembre 2004, erano 2279 gli stranieri residenti, 391 in più rispetto all'anno precedente. Un numero che fa balzare la loro quota sul totale della popolazione dal 7,7% all'8,3%. Etnie in aumento. A Valdagno sono 61 le nazionalità rappresentate. Tre in più rispetto ad un anno fa, quando tra le 58 si contava anche una presenza cingalese, ma mancavano giapponesi, pakistani, israeliani e paraguaiani che ora invece vivono qui.
«Con alcune etnie il lavoro di integrazione è più complesso che con altre - osserva Visonà - È importante, in quest'ottica, il lavoro dei mediatori culturali dell'Ulss: i nostri uffici si avvalgono del loro aiuto per trasmettere comunicazioni alle famiglie straniere». Il problema della reciproca comprensione non è secondario, soprattutto nella fase istruttoria dell'erogazione dei contributi al minimo vitale o per gli affitti. «La vera integrazione - afferma Visonà - si ha quando non c'è diversità nei rapporti tra le persone, quali che siano le loro origini, religioni o colore della pelle. Oggi, invece, tra valdagnesi e stranieri ci sono freni notevoli: ci vuole tempo, ed è inevitabile che sia così, anche per la cultura e la storia di questa vallata e delle persone che la abitano. Soprattutto tra i meno giovani la cultura della mondialità non è diffusa».
Il fronte scolastico. È più facile affiancare il concetto di integrazione alle nuove generazioni. È a scuola che i bambini italiani imparano a confrontarsi con coetanei di origine africana, asiatica o sudamericana. Le ore in classe sono la palestra in cui apprende a scavalcare i confini culturali, a confrontarsi continuamente. «Per i bambini è più facile - afferma Francesco Tognon, direttore del circolo didattico di Valdagno, dove tra scuole materne e primarie gli stranieri rappresentano quasi il 13,5% - Se un alunno straniero compie tutto il percorso degli studi in Italia, tende a superare ogni problema, sia linguistico che di integrazione».
Spesso gli istituti devono inserire in classe alunni ad anno scolastico già iniziato: «Per facilitare l'apprendimento della lingua - spiega Tognon - la nostra scuola si è fatta capofila di un progetto che coinvolge altri 14 istituti: un finanziamento ministeriale di 73 mila euro è stato erogato per incentivare gli insegnati a prolungare il proprio orario di lavoro per l'insegnamento della lingua straniera».