11 APRILE 2005

dal Giornale di Vicenza

La saracinesca di palazzo Trissino
Il sindaco ha detto che ha offerto a Rancan un posto nella giunta esecutiva della Fiera. Tralasciando il fatto che, dal punto di vista istituzionale, questa proposta avrebbe dovuto essere fatta a me o a Sorrentino, quando l’ho saputo ho chiesto conferma a Rancan: non c’era proprio nulla di vero»

di Marino Smiderle

Il pendolino della politica vicentina ondeggia paurosamente verso la crisi, anche se oggi pomeriggio Enrico Hüllweck cercherà (disperatamente?) di riportarlo verso una ritrovata intesa tra le diverse fazioni. Un’impresa titanica, considerata la frammentazione dell’arcipelago delle libertà in tante isolotte che si sono costituite anche all’interno degli stessi partiti. Morale della favola, oggi il sindaco si vedrà con l’on. Giorgio Conte, presidente provinciale di Alleanza nazionale, con lo scopo di valutare le reciproche posizioni e decidere se andare avanti o finirla qui. Da quando è esploso il bubbone della Fiera, An (e anche l’Udc, per la verità) ha deciso di praticare un ostruzionismo ad oltranza in Consiglio comunale, oltre che in giunta. Ora, la nomina di Valentino Ziche alla presidenza dell’ente di via dell’Oreficeria sembrava avere svelenito l’ambiente, anche se la sua designazione è arrivata dall’intesa tra la componente di Forza Italia che fa riferimento all’eurodeputata Lia Sartori (di cui Hüllweck fa parte) e la Lega nord di Manuela Dal Lago. In tutto questo, An e Udc sono state messe ai margini, anche se il sindaco, subito dopo la nomina di Ziche, ha dichiarato che ad An era stato offerto un posto in giunta esecutiva, segnatamente al vicesindaco di Trissino, Stefano Rancan. «A parte il fatto che, dal punto di vista istituzionale, questa proposta avrebbe dovuta essere fatta a me o a Sorrentino - osserva piccato l’on. Conte -, quando ho letto di questa ipotetica offerta a Rancan mi sono premurato di contattare l’interessato per capire meglio. Ebbene, Rancan è caduto dalle nuvole e mi ha assicurato che a lui non era arrivata alcuna proposta. Qui non è questione di elemosinare poltrone, solo di affrontare le questioni con serietà. Staremo a vedere cosa avrà da dirci il sindaco». «Ma la Fiera - prosegue - è solo uno dei problemi. Credo che adesso ci siano tante cosette da rivedere all’interno della maggioranza». Di più Conte non dice, ma si capisce che ha tutta l’intenzione di tener duro e, se necessario, di tirar giù la saracinesca di palazzo Trissino. A rendere più determinato il presidente provinciale di An è anche la mutata situazione politica nazionale, dove Gianfranco Fini ha chiesto, e ottenuto, una revisione di alcune posizioni troppo filo-leghiste al premier Berlusconi. E siccome, in piccolo, Conte lamenta un’identica, a suo avviso, situazione a Vicenza, dove tutto sembra ora ruotare attorno l’asse Sartori-Dal Lago, con An relegata in un angolino a recitare un ruolo di secondaria importanza. A complicare lo scenario ci sarebbe anche il risultato elettorale, col Polo in calo e con An, in particolare, scesa sotto il 10 per cento. Ecco, allora, la tentazione di scendere dalla tolda di comando. Anzi, qualcosa di più di una tentazione, visto che il sindaco ha in mano la lettera di dimissioni dalla presidenza Aim di Giuseppe Rossi, con quelle degli assessori Sorrentino e Abalti pronte a partire. Per non metterla brutalmente sul piano delle poltrone, è probabile che Conte oggi parli al sindaco di programma amministrativo. Più precisamente, di quelle parti di programma cui non è stata data l’attenzione richiesta dagli assessori aennisti. Sicurezza e famiglia, per esempio, potrebbero essere i temi su cui battere i pugni. E non è escluso che, dall’incontro col sindaco, esca una soluzione intermedia tra la pace (giunta di nuovo compatta) e la guerra (tutti a casa): e cioè che ai consiglieri di An venga data la disposizione di partecipare ai lavori del Consiglio, votando però «secondo gli accordi di governo». Il Piruea per l’ex Lanerossi, per esempio, non rientra negli accordi di governo e finirebbe, quindi, impallinato dai consiglieri aennisti. Non solo. An ha mal digerito la nomina del 14° assessore della giunta Hüllweck, D’Amore, in quota Forza Italia. E un’altra pregiudiziale per poter ricominciare a parlare di alleanza sarebbe lo stralcio di questa ulteriore carica. Insomma, una fila di paletti che ben difficilmente lo slalomista Hüllweck riuscirà ad aggirare. A rendere però tutto ancor più fluido, ci pensano le situazioni interne dei rispettivi partiti. All’indomani delle elezioni regionali, a Vicenza An è scesa sotto il 10 per cento ma Elena Donazzan, della corrente Destra sociale e avversaria dura di Conte, ha conquistato un pacco di preferenze che, se si dovessero tramutare in tessere, potrebbero sconvolgere gli equilibri nel partito. In più, non tutti gli assessori e i consiglieri aennisti sono dalla parte di Conte. Claudio Cicero, per esempio, vuole portare a termine il suo compito e non prende neanche in considerazione l’ipotesi di dimettersi per motivi che giudica pretestuosi. E Sante Sarracco, sostenitore della Donazzan, è pronto a dissentire da eventuali diktat del presidente provinciale. Non che Hüllweck stia meglio, visto che le ultime elezioni hanno premiato i due candidati vicentini vicini al coordinatore regionale Carollo (Fontanella e Grazia), lasciando (momentaneamente) fuori la sartoriana Qualarsa. Il clima da resa dei conti si respira in tutti i corridoi della politica vicentina, in tutti i partiti, in tutta la coalizione. A furia di gridare al lupo, può essere che il lupo, stavolta, sia arrivato davvero.

È sempre stata una coalizione in grado di movimentare le cronache con sgambetti e polemiche
I precedenti della squadra amministrativa più “litigarella” Dal Lago, ottobre 2004: «Così non va, si cambi metodo»

(ma. sm.) È sempre stata una giunta movimentista. Nel senso che, fin dall’inizio, i vari componenti hanno contribuito a movimentare le cronache dei giornali con sgambetti, minacce, polemiche, dimissioni (sempre annunciate, mai date), al punto che Hüllweck, in un numero ormai imprecisato di occasioni, ha dichiarato di sentirsi un ex sindaco. Nell’autunno scorso, per esempio, quando infuriava a palazzo Trissino il caso-Ancora, e quando la Lega orchestrava da par suo il gioco del numero legale in Consiglio, Manuela Dal Lago e Giorgio Conte concessero un’intervista parallela al Giornale di Vicenza. Pungolati dal capocronista Stefano Girlanda, tracciarono un quadro non propriamente idilliaco della situazione e si sbilanciarono in giudizi e previsioni a proposito del futuro dell’amministrazione Hüllweck. All’epoca la Dal Lago era considerata l’alleata più "infida" di Hüllweck, la regista dell’operazione numero-legale, peraltro assistita alla grande dai franchi tiratori di Forza Italia. «In questa giunta mi sembra che la conoscenza delle cose sia ristretta e limitata - sosteneva - e la trasparenza sia una qualità spesso parziale se non assente. Così dunque non va: si cambi metodo d’ora innanzi». Dichiarazioni che, oggi, sottoscriverebbe alla grande anche Giorgio Conte, che invece, nell’autunno scorso, riteneva che mai Alleanza nazionale avrebbe potuto facilitare, o addirittura provocare, il passaggio all’opposizione: «Siamo troppo sicuri che la gente non capirebbe - disse - E sarebbe una mossa da teatrino. È certo, è ovvio che non possiamo essere contenti, ora. Ma stiamo lavorando per dare nuovo entusiasmo, nuova coesione, nuovi stimoli». Non che ne siano stati trovati molti, a giudicare da come sono cambiate, anzi ribaltate, le posizioni in sei mesi. Allora la Dal Lago spingeva perché la Lega contasse di più all’interno della maggioranza e Conte restava alla finestra; adesso che la Dal Lago è riuscita nell’intento di far considerare di più il peso specifico del proprio partito all’interno della Casa delle libertà, è Conte che batte i pugni e fa vedere i sorci verdi alla maggioranza, costretta più volte ad alzare bandiera bianca a palazzo Trissino. Alla domanda su quante possibilità avesse questa giunta di arrivare a fine mandato, in ottobre la Dal Lago rispondeva, diplomaticamente e dopo una lunga pausa, «il 95 per cento, ma il sindaco gridi meno "al lupo al lupo"», mentre Conte spaziava «dal 60 al 100 per cento». «Ma questo dipende solo dal sindaco», concludeva. Oggi, forse, Conte glielo ricorderà, all’amico-nemico: «Dipende tutto da te, Enrico...».