Unanimità contro l’impianto previsto ai Ferrovieri In
sala Bernarda si vota “grazie” all’opposizione
Il Consiglio boccia il progetto, che ora sarà
esaminato in Regione
di Gian Marco Mancassola
L’opposizione resta in aula e la maggioranza
ringrazia: senza l’indispensabile presenza dei
consiglieri di minoranza, infatti, ieri sera il
centrodestra non avrebbe avuto i numeri per sigillare
il no al progetto della Wisco, la società di
Enel-Trenitalia che mira a realizzare un impianto di
trattamento rifiuti speciali liquidi dentro
l’Arsenale, ai Ferrovieri, al posto dell’attuale
depuratore che già tratta le acque dell’officina delle
carrozze. Saranno stati gli ultimi strascichi
dell’influenza, saranno state le sirene delle dirette
tv, sta di fatto che al momento del voto i presenti in
aula erano 25 su 41, tutti comunque compatti a favore
del parere contrario confezionato dalla Giunta. Il
voto è arrivato dopo un dibattito cui ha assistito un
nutrito gruppetto di residenti dei Ferrovieri armati
di manifesti per dire che l’impianto non s’ha da fare.
Il difficile, tuttavia, viene ora.
I faldoni, infatti, ora verranno spediti a Venezia,
dove saranno studiati e valutati dalla commissione
regionale Via - valutazione di impatto ambientale. Il
voto di ieri sera, dunque, ha una duplice valenza:
esprime la posizione che verrà tenuta dal
rappresentante del Comune inviato in Regione ed
esprime una serie di osservazioni, come previsto dalla
normativa.
Sette i punti intorno ai quali si struttura il no del
consiglio comunale: il mancato rispetto degli accordi
sulla presentazione al pubblico; l’intervento è
impropriamente presentato come “adeguamento e
implementazione dell’impianto attuale”, poiché oggi
nel sito non può esserci attività di gestione rifiuti,
in assenza di specifiche autorizzazioni: l’impianto di
depurazione esistente, infatti, è unicamente al
servizio delle acque reflue; la valutazione relativa
alla dispersione delle esalazioni nauseabonde e
maleodoranti è estremamente riduttiva; in caso di
malfunzionamento dei sistemi previsti per evitare
emissione di aerosoli o il determinarsi di situazioni
pericolose a seguito di errore umano (il più
frequente) durante le operazioni di travaso, l’area
investita sarebbe molto più ampia di quella
considerata nel progetto; l’intervento non è
urbanisticamente conforme al Prg; i flussi di traffico
previsti non sono compatibili con l’attuale sistema
viario; c’è il parere contrario della circoscrizione
7, confermato dall’assessore al decentramento Marco
Zocca.
Da ricordare che Aim aveva dato parere favorevole per
quanto di sua competenza, con una serie di
prescrizioni tecniche.
Ora viene il difficile, come si diceva e come è stato
più volte ripetuto ieri sera, dai banchi
dell’opposizione, con Ciro Asproso (Verdi) e Valentina
Dovigo (Ds), ma anche della maggioranza, con Luca
Milani (An), Franca Equizi (Lega nord) e Ivo Radivo
Furlan (FI). Un monito raccolto dall’assessore
all’ecologia Valerio Sorrentino, che ha garantito
massimo sforzo per seguire a ogni passo l’iter del
progetto, non soltanto per via epistolare.
E magari, come ha annotato Pierangelo Cangini della
Margherita, potrebbe essere di qualche utilità una
telefonata all’amministratore delegato di Enel (che
con Trenitalia è a capo della Wisco), il vicentino
Paolo Scaroni.
Tre gli ordini del giorno allegati alla delibera e
approvati all’unanimità. Il primo, proposto dal
diessino Giovanni Rolando, impegna la Giunta a
intraprendere tutte le iniziative istituzionali e
politiche per impedire la realizzazione dell’impianto,
in particolare nei confronti della Provincia, che pure
deve esprimere il parere, e in commissione regionale.
Asproso e altri hanno ottenuto di invitare il sindaco
a classificare l’attività di trattamento rifiuti della
Wisco insalubre di prima classe, imponendo l’obbligo
di collocarlo in luogo isolato e lontano dalla
residenza. Da ultimo, Luigi Poletto (Ds) e altri hanno
ottenuto di impegnare il sindaco a irrobustire le
osservazioni contrarie alla struttura, rilevando
incompatibilità con gli strumenti di pianificazione
territoriale sovracomunale e con il piano provinciale
per la gestione dei rifiuti urbani.
L’assessore Ancora: «E adesso quantificheremo i danni»
Scaduto l’ultimatum la giunta corre ai ripari
di Chiara Roverotto
Scaduto l’ultimatum, cacciata la Cogi, l’impresa che
si era aggiudicata più di due anni fa l’appalto per la
costruzione del teatro di Vicenza. La decisione è
stata presa ieri mattina dalla giunta. « Abbiamo
valutato attentamente la relazione del responsabile
del procedimento - spiega l’assessore ai Lavori
pubblici, Carla Ancora - nella quale è scritto nero su
bianco che non è stato eseguito alcun intervento in
questi ultimi quindici giorni, pertanto la risoluzione
è inevitabile ». Si volta pagina, quindi, sul cantiere
più importante della città anche se non mancano punti
interrogativi, strascichi politici e, soprattutto,
sindacali. I riflettori che in questi ultimi mesi sono
stati puntati su viale Mazzini hanno fanno luce su una
gestione “anomala” da parte della Co.Gi. costruzioni
industriali di Firenze iniziata con il mancato
pagamento dei fornitori, poi degli operai e ancora dei
contributi alla Cassa edile. Dell’impresa fiorentina
si è occupato anche il tribunale cittadino prima per
alcuni decreti ingiuntivi con ditte che attendevano
soldi dall’amministratore unico, Giuseppe Coccimiglio
e poi con il giudice del lavoro, Luigi Perina.
Quest’ultimo, infatti, in due sentenze dichiarò
illegittimi i licenziamenti degli operai che avevano
scioperato per il mancato pagamento dello stipendio.
Ma a fare “luce” ci ha pensato anche la commissione
collaudatrice, che in una relazione inviata al
responsabile del procedimento per conto del Comune lo
scorso 3 febbraio escludeva qualunque proroga
richiesta dalla ditta (circa 200 i giorni) e inoltre
la commissione era stata chiara: dovevano essere
applicate le penali intermedie per i ritardi
accumulati. Non solo, dopo il licenziamento degli
operai, avvenuto lo scorso 20 gennaio, il cantiere è
stato praticamente abbandonato. Presidiato dai
sindacati, ha ricevuto solamente le visite del
direttore dei lavori, della commissione collaudatrice
e di qualche assessore di passaggio. Per il resto gru
ferme e attività inesistente.
Una calma apparente che in realtà nascondeva un fuoco
incrociato di dichiarazioni: Coccimiglio da una parte
che insisteva nel sostenere che avrebbe ultimato il
teatro (« ma giochi politico-sindacali me lo
impediscono» ) e dall’altra il sindaco che in più
occasioni ha affermato, anche sulle pagine del nostro
Giornale, che il partito dei detrattori del teatro
diventava sempre più consistente e « che non sapeva
che cosa poteva accadere, precisando che quell’area
era molto appetibile, magari anche per costruirci dei
condomini ».
Schermaglie politiche a parte, ora si volta pagina. «
In ritardo? Non avevamo altre scelte - prosegue
l’assessore Ancora - dovevamo tutelarci in tutti i
modi possibili, infatti la nostra procedura è stata
ineccepibile e i passi sono stati fatti secondo la
normativa vigente in modo che non ci possano essere,
da parte della ditta appaltatrice, strascichi
giudiziari. Ma si tratta comunque di una risoluzione
in danno - puntualizza ancora l’assessore - dalla
nostra abbiamo la fidejussione deposita dall’impresa
che ammonta al 10 per cento sul totale dell’opera. A
questo punto il direttore dei lavori e il responsabile
del procedimento faranno una nuova relazione nella
quale verranno quantificati i danni ».
Insomma, ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che il
cantiere cominci a rimettersi in moto e al riguardo ci
sono due possibilità: assegnare l’appalto alla seconda
ditta in graduatoria (la Vittadello di Limena nel
Padovano) o passare direttamente ad un nuovo bando. «
Indipendentemente dalle soluzioni che ci saranno -
commenta il consigliere dei Democratici di sinistra,
Ubaldo Alifuoco - pren diamo atto che la giunta ha
preso una decisione attesa e, soprattutto, prevedibile
per tutti i fatti che in questi mesi abbiamo
denunciato puntualmente con le interrogazioni che sono
state presentate in Consiglio. Del resto il Comune
disponeva fin dall’avvio del cantiere, di elementi
chiari per comprendere la grave inadeguatezza ed
inaffidabilità della Cogi e per attivare con la
necessaria responsabilità le iniziative di formale
contestazione. Ma evidentemente su quel cantiere -
commenta Alifuoco - vigevano solo tempi elettorali e
non certo dettati dagli investimenti su un’opera così
importante. Ora bisognerà pensare anche agli operai:
noi chiederemo un impegno alle Amcps anche perché, se
si trovano in quelli condizioni, la responsabilità è
anche imputabile a questa amministrazione ».
Fornitori e operai non pagati: la lunga agonia della
ditta appaltatrice
I lavori partirono in quarta Un anno fa i primi
problemi
Continua il presidio di sindacati e operai a Palazzo
Trissino «Vogliamo incontrare subito il sindaco»
(c. r.) È l’attuale sindaco a riprendere in mano il
“sogno ” del teatro civico per Vicenza. Dopo trentasei
occasioni mancate e un’attesa che dura da
sessant’anni, viene venduta la Centrale del Latte in
cambio di 46 miliardi che servono per finanziare
l’opera. Nel 2001 arriva il primo progetto rielaborato
dall’arch. Gino Valle che viene presentato il 21
settembre nel salone degli Zavatteri.
Parte l’appalto che viene vinto dalla Cogi; nel 2003
si apre il cantiere in viale Mazzini che avrà una
cubatura di 70 mila metri cubi e due sale: quella
grande da 900 posti e il “ridotto” da 400. Costerà 23
milioni di euro, avrà un parcheggio a raso da 1.200
posti, che potranno dimezzarsi se in futuro si
realizzerà nella stazione Fs, il parcheggio di
interscambio con 600 posti. Solo il “vascone” dove
all’interno dovevano vedere la luce le due sale, è
stato ancorato con circa 200 pali che affondano fino a
25 metri. Per le fondazioni sono serviti 4 mila metri
cubi di calcestruzzo e per completare l’opera ne
occorreranno almeno ventimila.
Se questa è la cronaca del primo anno dei lavori, poi
in viale Mazzini è accaduto di tutto: partita in
quarta, la Cogi ha cominciato ad arrancare. Il primo
“colpo d’arresto” con una delle ditte subappaltatrici,
la Futura di Altavilla, che non viene pagata. Operai
in sciopero, ingiunzioni e via di questo passo. Gli
animi cominciano a riscaldarsi, l’opposizione non
perde tempo ed invia interrogazioni a raffica. Nel
cantiere più importante della città non si pagano gli
operai, si licenziano, le ditte non vengono liquidate
e non si versano i contributi alla Cassa edile.
Fin dall’inizio l’amministratore unico, nonché patron
del Foggia calcio, Giuseppe Coccimiglio, para i colpi
all’ultimo minuto versando le somme necessarie per
ottenere lo stato di avanzamento dei lavori. Ne
ottiene undici per un totale di 4 milioni di euro, ma
prima dell’estate si rompe ancora qualcosa: in
cantiere gli operai sono sempre meno, si lavora a
rilento fintantoché anche il direttore, l’ing. Mario
Gallinaro, è costretto a richiamare l’impresa. Ma non
è sufficiente, anzi le cose peggiorano: la ditta
chiede 200 giorni di proroga per l’esecuzione di
alcuni lavori che non erano inclusi nel capitolato.
Richiesta rimandata al mittente.
Il resto è storia di questi giorni: gli operai
licenziati e reintegrati dal giudice, il presidio dei
sindacati che ora da via Battaglione Framarin si è
spostato a Palazzo Trissino, le decisioni del giudice,
le richieste dei sindacati che vengono disattese,
anche quelle di un incontro col sindaco chiesto ancora
due settimane fa.
Ieri la decisione di risolvere il contratto con la
Cogi, « ma per gli operai la lotta prosegue », dice
Antonio Toniolo della Fillea Cgil.
«An pensi a proibire l’alcol invece di prendersela con
i ragazzi che fumano»
«C’è una grossa differenza tra sostanze pesanti e
leggere. Su questo problema più dialogo coi giovani»
di Silvia Maria Dubois
« Perché Alleanza Nazionale, invece che prendersela
con qualche ragazzino che fuma, non ha mai riversato
tutta la sua energia repressiva nella lotta contro
l'abuso di alcol? Perché non abbiamo mai visto uno
striscione, un cartello o un loro corteo a tal
proposito? »
A lanciare la provocazione e Olol Jackson. Il
rappresentante regionale dei Verdi contesta duramente
la politica aenneista contro la droga, dopo la
chiusura dello Smart Shop vicentino e all'indomani
della discussione in parlamento della legge Fini.«
Quello che è successo a Vicenza rientra in
quell'impianto generale di repressione e
moralizzazione che da sempre è il cavallo di battaglia
di An - esordisce Jackson - u n impianto che viene
portato avanti con enfasi, con grandi slogan e
titoloni senza andare a controllare effettivamente
cosa si propone in questi negozi e senza tenere conto
che vendere prodotti e vestiti legati alla canapa non
vuol dire assolutamente fare l'apologia di sostanze
stupefacenti. Anzi. Questi sono tutti prodotti
naturali e, se si avesse più coraggio nel fare
ricerca, li si potrebbe sperimentare anche in altri
campi, visti gli effetti terapeutici della canapa ed
in particolare della sostanza attiva thc, indicata per
il trattamento di alcune patologie ».
Ma dal fronte dei Verdi i sigilli posti alle vetrine
di contra Porta S. Croce diventano solo il punto di
partenza di una dura critica ad una politica di
interventi che non si è mai condivisa.
« An continua sui suoi binari punitivi e non si rende
conto che questo è un atteggiamento che si discosta
sempre più dalla realtà, da ciò che testimoniano gli
operatori del settore e addirittura dall'approccio
europeo - prosegue il rappresentante politico
vicentino - a Bruxelles, infatti, in merito alle
strategie anti-droga, viene messa per iscritto una
critica radicale per quanto riguarda le scelte
proibizioniste. Inoltre si chiede la centralità della
riduzione del danno e trattamenti sostitutivi al
carcere ».
« Da Alleanza Nazionale proviene una strategia tutta
al contrario - si puntualizza - una strategia
repressiva e criminalizzante che preferisce
prendersela con il ragazzino trovato con pochi grammi
di fumo in tasca piuttosto che concentrarsi sulla vera
criminalità o su chi, in preda alle alterazioni
dell'alcol, fa danni a se stesso e agli altri ».
In vista della discussione sulla legge Fini (che
prevede l'inasprimento dei reati legati alla droga) la
sezione vicentina dei Verdi organizzerà presto un
dibattito- seminario sul tema per coinvolgere l'intera
cittadinanza. Ma non prima di aver rincarato la dose:
« An diffonde un sacco di luoghi comuni, di perle e di
bufale - racconta Jackson - come quella di non voler
ammettere la differenza fra droghe leggere e droghe
pesanti che c'è ed è marcatissima, oppure come quella
di sostenere che chi fa uso di droghe pesanti è
necessariamente passato prima per quelle leggere.
Informazione errata, visto che le statistiche ci
dicono che questo passaggio riguarda solo il 2 per
cento dei soggetti. Insomma, noi chiediamo un
atteggiamento più realista, meno sensazionalistico e
meno criminalizzante ».
Dichiarazioni forti, ma non prive di ulteriori
specifiche. «S ia chiaro che essere anti -
proibizionisti non significa essere a favore dell'uso
di sostanze stupefacenti - conclude Jackson -
significa semplicemente cercare un approccio diverso
al problema e caldeggiare, innanzitutto, un forte
dialogo con i giovani per intervenire socialmente e
culturalmente ».