10 OTTOBRE 2006

“Dal Molin”: 6 su 10 dicono no
Un’ondata di solidarietà per la Porto

“Dal Molin”: 6 su 10 dicono no

di G. M. Mancassola

Sei intervistati su dieci sono contrari al progetto per la costruzione di una nuova caserma americana all’aeroporto “Dal Molin”. Lo rivela il sondaggio telefonico curato dalla Demos & Pi, società fondata dal politologo Ilvo Diamanti, che ne è presidente, e diretto da Fabio Bordignon, che ieri hanno presentato l’esito dell’indagine condotta su un campione di 1.500 persone: 300 residenti a Caldogno e 1.200 residenti a Vicenza. I ricercatori hanno riscontrato una «elevata attenzione da parte dei cittadini. Le notizie che riguardano il progetto sono seguite da oltre sette persone su dieci». Emerge una forte richiesta di partecipazione al processo decisionale: «Circa l’84 per cento degli interpellati sposa la soluzione referendaria. L’opinione pubblica si presenta divisa sul tema, ma in questo momento i contrari all’ampliamento della presenza militare statunitense prevalgono in modo piuttosto netto». A Vicenza i No, secondo il sondaggio, sono al 61 per cento, mentre a Caldogno sono al 65 per cento. Focalizzando l’attenzione sul capoluogo, dal punto di vista geografico la percentuale dei contrari cresce a mano a mano che la residenza degli intervistati si avvicina all’aeroporto Dal Molin. In circoscrizione 6, che confina con il futuro insediamento, si arriva al picco del 68,6 per cento, mentre in circoscrizione 5, la più interessata, il No è al 66,4 per cento. La percentuale di contrari più bassa si registra dall’altra parte della città, in circoscrizione 3, dove è ospitata la caserma Ederle. Un altro fattore che appare decisivo nei giudizi è l’orientamento politico. Fra coloro che si dichiarano affini all’Unione di centrosinistra i No sfiorano il 90 per cento, mentre fra coloro che si identificano nella Casa delle libertà prevale il Sì, che sfiora il 70 per cento. Rilevante, come sempre, la zona grigia, il cosiddetto partito degli indecisi o dei reticenti rispetto all’orientamento politico: tra costoro vince il No con il 65,7 per cento. «Le aree di maggiore resistenza al progetto - spiegano i curatori dell’indagine - si concentrano nei settori sociali più istruiti (65 per cento) e in particolare tra gli studenti (73 per cento). La maggiore disponibilità viene manifestata da imprenditori e lavoratori autonomi (61 per cento), mentre il No più netto viene pronunciato da tecnici, impiegati e funzionari (67 per cento)».

La ricerca è stata curata dalla società presieduta dal prof. Diamanti
Contattate 1.500 persone fra Vicenza e Caldogno

(g. m. m.) Il prof. Ilvo Diamanti racconta di aver deciso di lanciare il primo sondaggio sul Dal Molin agli Usa «per curiosità». Non ci sono committenti, né sponsor dietro un’iniziativa assunta in proprio dalla società Demos & Pi, che con la collaborazione di Medialab e la Demetra di Venezia ha condotto l’indagine telefonica tra il 4 e il 6 ottobre. Il metodo. Il campione è di 1.502 persone, ritenuto statisticamente rappresentativo della popolazione, con almeno 18 anni. «Io stesso risiedo a Caldogno e sono partecipe di una questione che ritengo importante - spiega Diamanti -. Dico chiaramente che non ho posizioni né pregiudizi di tipo ideologico, ma credo anche che queste questioni vadano affrontate con il coinvolgimento dei cittadini, con la cosiddetta democrazia concertata. Al contrario, lunghi periodi di non detto e di silenzi fanno nascere sospetti e veleno». «L’indagine - prosegue il politologo - è autocommissionata e autosostenuta e si basa su un campione assolutamente significativo. Diciamo subito che questo è un sondaggio di opinione, non è un referendum. Non è detto che le persone sentite andrebbero a votare in caso di referendum, né è detto che dopo una campagna elettorale gli intervistati manterrebbero la medesima idea». Manifestazioni. Il sondaggio rivela che la propensione verso l’azione collettiva appare più forte tra gli oppositori del nuovo insediamento militare. «Tra i contrari, otto persone su dieci si dicono pronte a firmare petizioni pubbliche; più di una su due prenderebbe parte a manifestazioni pubbliche; una su cinque è disposta a mettere in atto forme di protesta contrarie alle leggi vigenti, come l’occupazione di edifici o il blocco del traffico». Il giudizio sul Comune. La curiosità era tanta che la fretta ha provocato alcune imperfezioni, poi eliminate nella presentazione dei risultati finali. Una delle domande, ad esempio, riguardava il giudizio dell’intervistato sull’atteggiamento dell’amministrazione comunale rispetto alla vicenda del Dal Molin: «Effettivamente era stato commesso un errore, perché non si proponeva un quesito simile anche per l’atteggiamento del Governo. Questa è la ragione per cui non abbiamo reso pubblico l’esito di quel quesito». Siti alternativi. Piuttosto esigua appare la componente degli oppositori che potrebbe modificare il proprio orientamento se dovesse essere presentato un sito alternativo al Dal Molin. Solo l’11 per cento cambierebbe la propria opinione. Le ragioni del No. «La motivazione di tipo pacifista - commentano i sondaggisti - appare leggermente prevalente fra i vicentini: il 28 per cento non condivide l’idea che gli eventuali attacchi militari verso il Medio Oriente possano partire proprio da Vicenza. A tali preoccupazioni si intrecciano, in larga misura, quelle legate alla sicurezza e al rischio di attentati terroristici. Una componente estesa esprime, invece, timori per le conseguenze sul territorio, la viabilità e la qualità ambientale: questi aspetti appaiono particolarmente sentiti a Caldogno (39 per cento contro il 25 per cento a Vicenza)». Il 17 per cento, infine, invoca lo slogan “yankee go home” tout court, sostenendo che gli Usa sono rimasti anche troppo a Vicenza. Le ragioni del Sì. Tra le motivazioni di chi si esprime per il Sì prevale in modo netto la dimensione economica: «Secondo oltre la metà degli intervistati la nuova base porterebbe lavoro e benessere in città; un altro 16 per cento ricorda come gli Usa, di fronte al rifiuto italiano, potrebbero decidere di trasferire altrove la base già esistente, producendo un impatto negativo sull’economia e l’occupazione locale. Il 17 per cento propone, invece, ragioni di tipo strategico, sottolineando come il No agli Usa potrebbe compromettere l’alleanza geopolitica con l’Italia».

Il sindaco invia una nuova richiesta per incontrare il ministro della Difesa: «Massima disponibilità»
Hüllweck riscrive a Parisi
Il vescovo Nosiglia chiede al Governo decisioni chiare

(g. m. m.) E siamo a quattro. Il sindaco Enrico Hüllweck ha inviato ieri mattina la quarta lettera al Governo da giugno a questa parte. Questa volta il destinatario non è il premier Romano Prodi, ma direttamente il ministro della Difesa Arturo Parisi, con il quale è in ballo un faccia a faccia che ancora non ha avuto luogo nonostante intermediari eccellenti come Gianni Letta. «Sento l’urgente necessità - scrive Hüllweck - di rinnovare una richiesta di incontro per un opportuno passaggio conoscitivo sulla opzione di insediamento di nuovi contingenti dell’esercito Usa in Vicenza e, specificatamente, all’aeroporto Dal Molin». Hüllweck fornisce la «massima disponibilità a essere ricevuto presso il ministero in Roma o in altra sede, secondo le modalità e le tempistiche che vorrete indicarmi». Al Governo fa riferimento anche il vescovo Cesare Nosiglia, che ha ricevuto in udienza il comitato dei lavoratori della caserma Ederle e successivamente il comitato di cittadini che si oppongono al nuovo insediamento militare. «Il dialogo franco e cordiale - riporta una nota della curia - ha fatto emergere valutazioni che rispecchiano preoccupazioni legittime e doverose, che dovranno essere tenute in grande considerazione da chi è chiamato a prendere delle decisioni e gestirne le conseguenze. Entrambi i Comitati, inoltre, hanno auspicato che si possa, attraverso un civile confronto, ricercare vie che tengano conto di due aspetti particolarmente rilevanti: quello della trasparenza e della verità e sulle reali conseguenze che ne deriverebbero per i lavoratori della Ederle, per la vivibilità del quartiere dove dovesse sorgere la nuova caserma, per il futuro assetto dell’intera città di Vicenza; quello dell'ascolto della gente da parte degli organi politici e amministrativi. È dunque importante in questo momento rasserenare gli animi con corrette informazioni e superare contrapposizioni basate su posizioni preconcette di stampo ideologico. Il vescovo e i membri dei due comitati hanno anche espresso l’auspicio che sia superata l’attuale fase di incertezza che crea disorientamento e tensione nella città, e si giunga da parte del Governo nazionale, sentita l'amministrazione locale e tenuto conto delle diverse esigenze formulate dalla popolazione, ad assumere una decisione definitiva e chiara in merito».

Il dibattito sulla caserma scatena i graffitari. E torna la solita sigla
E intanto sui muri della città imperversano vandali e Acab

Mentre in città è quanto mai acceso il dibattito sul futuro dell’aeroporto Dal Molin e alcuni vandali si scatenano con scritte offensive sul palazzo della Cisl in contrà Piancoli, attaccando il segretario provinciale Franca Porto, sui muri di Vicenza imperversano i graffitari. Da più parti è stato segnalato come le pareti del centro e della periferia siano state imbrattate, nelle ultime settimane, da scritte collegate o collegabili alla caserma americana o comunque al mondo politico. Sarebbero tornate le affermazioni firmate da Acab (una sigla che aveva visto finire nei guai, con una denuncia della Digos, un giovane studente di Anconetta che le aveva vergate davanti alla sede della Cgil e a quella di An), che evidentemente viene utilizzata da più persone. Gli argomenti? Liberalizzazione delle droge leggere, no alla guerra in senso assoluto, no anche agli americani visti come imperialisti e padroni. La questura avrebbe avviato degli accertamenti sul fenomeno, anche se l’aspetto più inquietante delle scritte resta l’attacco neanche troppo velato alla Porto («Attenta Franca»).


Un’ondata di solidarietà per la Porto
Bonanni: «Vuole difendere posti di lavoro, insulti e minacce mi preoccupano»

di Marino Smiderle

Il rischio è quello di dare troppo spazio a quattro imbecilli che non hanno di meglio da fare se non imbrattare muri. «Ma quello che è successo a Franca Porto - sostiene Raffaele Bonanni, segretario confederale della Cisl - è davvero grave. Non rivolgo soltanto la ovvia, ancorché doverosa, solidarietà al segretario provinciale di Vicenza, ma aggiungo che Franca Porto si è battuta nel modo giusto a proposito della questione-Dal Molin. Come sindacato che ha a cuore i posti di lavoro della gente, il problema è stato impostato partendo da questo presupposto e non da vetusti pregiudizi ideologici. Il fatto che qualcuno abbia voluto metterla sul piano delle minacce è inaccettabile e preoccupante». Dopo la testimonianza personale di Bonanni, raggiunto al telefono a Roma poco prima della riunione del vertice cislino sulla Finanziaria, l’Ufficio di segreteria della Cisl diffonde un comunicato in cui si afferma che «il governo ha il preciso dovere di assumere rapidamente una decisione al fine di evitare strumentalizzazioni e polemiche. Contemporaneamente le istituzioni territoriali dovranno indicare, sul piano attuativo, tutte le soluzioni che salvaguardino e rispettino le esigenze della città, di tutti i cittadini nei quartieri coinvolti. Deve essere altresì evitata la polemica basata su significati impropri tendenti alla difesa o condanna degli Usa oppure pro o contro la pace e la guerra. Ciò al fine di non consentire spazi ad atteggiamenti irresponsabili e di scontro». «Siamo sdegnati - rincara la dose Franco Sech, segretario regionale della Cisl - di fronte alle scritte comparse sui muri della Cisl di Vicenza che offendono l'impegno che ha sempre caratterizzato la nostra organizzazione, in particolare là dove vengono minacciati i diritti più elementari nel mondo del lavoro, a partire dal primo che è per l'appunto, quello del lavoro». Ma la solidarietà più significativa arriva da coloro che, fin dall’inizio, hanno militato dalla parte del "no". Dai Verdi di Vicenza, per esempio, che, tramite il segretario provinciale Erasmo Venosi e il consigliere comunale Ciro Asproso, assicurano la «stima e solidarietà a Franca Porto e a tutto il sindacato della Cisl vicentina, divenuto bersaglio d'insulti e minacce inqualificabili da parte di un gruppo di sconsiderati imbecilli». Anche il segretario provinciale della Lega Nord, Roberto Ciambetti, spesso in disaccordo con la Cisl (ma non nel caso della caserma americana), sostiene che «davanti alle minacce rivolte a Franca Porto occorre una risposta unitaria da parte di tutta la società vicentina, non solo con una netta, quanto scontata immagino, condanna di una minaccia infame, ma anche con un nuovo atteggiamento nei confronti del problema Dal Molin. Occorre infatti ridefinire in ambito locale i toni della polemica, riportandola nelle sue dimensioni, dando a ciascuno il giusto ruolo e, dunque, peso reale nelle scelte». «Quanto accaduto a Vicenza è molto grave - affermano Remo Sernagiotto e Leonardo Padrin, capogruppo e vicecapogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale - e rappresenta l’ennesima testimonianza di violazione delle più elementari regole democratiche e di strumentalizzazione della politica da parte di gruppi estremisti di sinistra». «Le minacce rivolte alla segretaria provinciale della Cisl - dice poi il coordinatore di Azione Sociale con A. Mussolini, Alex Cioni - sono l’ennesima dimostrazione dell’intolleranza che contraddistingue certa sinistra. Azione Sociale sulla questione Camp Ederle 2 si è espressa chiaramente da tempo, la nostra avversità al nuovo insediamento militare è cosa nota, ciò nonostante riteniamo che le minacce rivolte alla Porto siano inammissibili». Daniela Sbrollini, segretario provinciale dei Ds, dopo aver manifestato piena solidarietà alla Porto, aggiunge: «L’irresponsabilità di alimentare un clima di scontro e di divisione non è nello spirito dei vicentini e lede la democrazia e la libertà d’espressione di chi si adopera per l’interesse dei cittadini». Anche An si unisce al coro e, attraverso il capogruppo consiliare Luca Milani, spiega: «Si tratta di un atto odioso ed incivile che mette a nudo la vera natura dei pacifisti di casa nostra, che con una mano scrivono "Via i militari da Vicenza" sui muri della caserma Ederle e con l'altra offendono chi cerca di tutelare con coerenza e serietà i lavoratori che rappresenta. Bell'esempio di pace e tolleranza». Lauro Paoletto, presidente diocesano dell’Azione cattolica vicentina, «condanna fermamente i tentativi di intimidazione e di minaccia volti ad alzare il livello di tensione sul dibattito sul futuro dell’aeroporto Dal Molin». Più o meno sullo stesso tono la presa di posizione di Andrea Luzi, presidente provinciale dell’Acli. Per Sergio Dalla Verde, presidente di Apindustria Vicenza, si tratta di «un fatto di gravità assoluta e di grande viltà che, nelle intenzioni, intende ledere i principi democratici del libero dibattito gettando su questo l’ombra della minaccia, dell’intolleranza e dell’estremismo». Per Federico Formisano, coordinatore di Vicenza Riformista, «la discussione deve rimanere negli ambiti istituzionali e nel pieno rispetto delle opinioni, legittimamente e democraticamente espresse. Comportamenti diversi, attuati in spregio alle più elementari norme dell'esercizio dialettico delle diverse opinioni, non sono tollerabili e vanno assolutamente emarginati e rifiutati». L’altro giorno in stradella Piancoli, sui muri della sede vicentina della Cisl, il segretario provinciale Franca Porto ha trovato una brutta sorpresa. Qualche scriba imbecille aveva riempito la superficie di scritte zeppe di insulti e di minacce, del tipo "Venduti agli Usa", "Franca attenta". La Digos, allertata dalla denuncia presentata dalla stessa Porto, ha subito avviato le indagini e, ovviamente, ha subito orientato i propri riflettori sul caso Dal Molin. Nel dibattito che si è sviluppato in città sulla possibilità che in un futuro prossimo al Dal Molin trovi posto una seconda base Usa, strettamente collegata alla Ederle, la Porto ha subito preso a cuore le sorti dei dipendenti vicentini della stessa Ederle, che potrebbero correre più di un rischio se l’autorizzazione all’installazione militare non venisse data. Tra le altre cose, il segretario della Cisl sosteneva la necessità di indire un referendum. Posizioni moderate che, evidentemente, non sono piaciute ai movimenti che stanno agitando le acque.

Poletto: «Una puntata del festival dell’improvvisazione dopo il precedente dell’offerta di terreni Ipab fatta da Forza Italia»
Caserma in via Moro, il no dei Ds
Fuoco di sbarramento preventivo sulla proposta della Dal Lago

di Antonio Trentin

Fuoco di sbarramento preventivo. Spunta un’idea-bis per la ri-ubicazione della super-caserma in cui le forze armate americane vogliono riunificare la loro 173. Aerobrigata a Vicenza - i terreni agricoli presso via Aldo Moro indicati dalla Provincia dopo i campi dell’Ipab a San Pietro Intrigogna ipotizzati da Forza Italia - e immediatamente viene impallinata da sinistra. A conferma che nelle convinzioni di vasta parte del fronte d’opposizione il "no" urbanistico alla scelta dell’aeroporto Dal Molin per il raddoppio della Ederle pesa meno del "no" motivato con questioni di politica internazionale e di sicurezza futura della città. Utilizzare per la base Usa le aree rurali - in larga parte di proprietà privata e confinanti con una quindicina di campi di patrimonio provinciale - che la circonvallazione Est separa dal recinto della Ederle: così dice la proposta in elaborazione a Palazzo Nievo. I capigruppo del centrodestra si sono già pronunciati favorevolmente, dicendo un sì senza riserve alla presidente Manuela Dal Lago, e si aspettano un’imminente annuncio ufficiale: «Dovrebbe esserci a giorni» avverte il forzista Nereo Galvanin. Ma non c’è accoglienza favorevole sul versante politico opposto: «Anche se non ci fosse più nessun impatto sul territorio - sostiene Luigi Poletto, capogruppo comunale dei Ds - resterebbe sempre aperto il problema della sicurezza».
- Insomma, diciamolo definitivamente, il Dal Molin non va bene e nessun altro posto di Vicenza andrà bene... Giusto?
«Con la Ederle potenziata e con la trasformazione della 173. Brigata in Combat team con elevata potenzialità offensiva, Vicenza diventerebbe ancor più un “obiettivo sensibile” esposto al terrorismo internazionale globalizzato. È certo che una base americana delle dimensioni indicate, non una base Nato ma proprio statunitense, sarebbe un’attrattiva formidabile per la violenza omicida del terrorismo sempre più tecnologizzato. Basi come queste devono uscire dai centri urbani».
- L’idea della Provincia prova a superare la contrapposizione netta che c’è tra i pro e i contro al progetto-Dal Molin, almeno per la parte imperniata sui disagi viabilistici e urbanistici tra Sant’Antonino e Laghetto. Contrarietà globale a parte, dal punto di vista politico e amministrativo è una bella mossa, no?
«Per me è solo una puntata del festival dell’improvvisazione che ha già avuto il precedente pericoloso dell’offerta di terreni dell’Ipab fatta dal responsabile urbanistico di Forza Italia: un gioco pericoloso a chi semina più inciampi in un contesto già difficile».
- Indicare alternative è uno dei compiti della politica, se non c’è largo consenso su un’iniziativa...
«Ma qui si tratta di fiutare un affare, tra l’altro riguardante più i privati che la Provincia, e di tentare lo scavalcamento del Comune che è il primo responsabile della pianificazione urbanistica. Da parte della presidente Dal Lago è una cosa grave, proprio mentre la sua Amministrazione e il Comune sono contestualmente impegnati a scrivere i rispettivi strumenti di programmazione territoriale: il Piano di coordinamento provinciale e il Piano di assetto del territorio».
- Bocciatura garantita, da parte vostra, insomma. Ma l’operazione potrebbe procedere con gambe proprie. Che cosa immagina succederà?
«Di sicuro il piano si presenta macchinoso. I proprietari delle aree su via Aldo Moro sono numerosi e quindi l’operazione immobiliare diventa complessa e su tempi lunghi. Occorrerebbe un voto del consiglio comunale sul cambio di destinazione d’uso delle aree. Quanto ci può volere?».
- L’ipotesi Vicenza Est e adesso questa su via Moro hanno una caratteristica in comune: allontanano dalle piste del Dal Molin il progetto degli americani. Per chi ci tiene all’aeroporto, e teme che una volta o l’altra i militari Usa lo richiedano, si tratta di una chance: è d’accordo?
«Diciamo che offrire un’ubicazione diversa a quella pianificata può servire a una cosa: a stanare i comandi militari americani. Hanno sempre negato un utilizzo militare dell’aeroporto. Sarà interessante verificare la loro reazione alla proposta della presidente Dal Lago.

E intanto è ferma l’idea di Vicenza Est
Spostare il progetto Fabris da Roma dice sì alla Provincia
Borra (FI): «In attesa di sapere se l’aeroporto è imprescindibile per gli americani»

Fermo allo stadio di proposta da nessuno discussa: è questo lo stato del "piano Vicenza Est" suggerito venti giorni fa da Maurizio Borra, presidente della commissione di Forza Italia che si occupa di urbanistica. Offrire i terreni delle Ipab agli americani - tramite il Demanio militare italiano - per costruire lì, in zona San Pietro Intrigogna, vicino al casello della A4 e al Villaggio della Pace, gli acquartieramenti e i corredi logistici per la mezza 173ª Aerobrigata Usa da riunificare a Vicenza proveniente dalla Germania: questa l’idea lanciata in settembre da Borra con il consenso ufficioso del presidente dell’istituzione assistenziale Gerardo Meridio, forzista anche lui. Obiettivo: risolvere lo stallo decisionale e prevedere sostanziosi introiti da destinare alla pubblica assistenza cittadina. «Tutti i ragionamenti sono fermi in attesa di sapere se l’aeroporto è un’ubicazione imprescindibile per gli americani» spiega il dirigente di FI (nella foto qui accanto). «Da quello che so - aggiunge - l’idea non era dispiaciuta al sindaco Hüllweck». Un’operazione immobiliare da 600 mila metri quadrati e da 8-10 milioni di euro: questa la sommarissima stima fatta da Borra sulla sua proposta. In via Moro le proporzioni potrebbero essere simili. E simile - negativa come sempre - è la reazione del partito più vivace sul fronte del no, il Pdci che non ha consiglieri in Comune, ma è impegnatissimo contro il raddoppio della Ederle. «Proporre un sito alternativo per la costruzione della nuova base - commenta il segretario cittadino Marco Palma - non è altro che uno specchietto per le allodole». Per il Pdci «la presidente della Provincia dovrebbe spiegare quali sarebbero i vantaggi della sua proposta: spostare la cementificazione da una zona all'altra della città ridurrà forse l'impatto ambientale della nuova installazione militare? I rischi determinati dalla presenza di un esercito che fa diventare Vicenza un obiettivo sensibile verrebbero forse diminuiti? E come la mettiamo con gli armamenti potenzialmente pericolosi per la cittadinanza che in queste installazioni saranno stoccati? Manuela Dal Lago, evidentemente, più che essere preoccupata per il futuro dei vicentini, teme per la sorte degli appalti». Sempre da centrosinistra, ma con valutazioni diametralmente opposte, interviene l’Udeur, altro partito che non ha posti in sala Bernarda: «Sono stato il primo a proporre una soluzione diversa dall’aeroporto Dal Molin per il problema dell’ampliamento della base Usa. Quindi non posso che accogliere con favore l’iniziativa promossa dall’Amministrazione provinciale per realizzare l’ampliamento della caserma Ederle proprio nell’area ad essa adiacente, in via Aldo Moro». A dire così è il capogruppo alla Camera, Mauro Fabris, convinto che l’ipotesi «sarebbe il modo per superare tutte le perplessità che l’insediamento al Dal Molin ha suscitato, anche in me, sia per gli aspetti di natura urbanistica e ambientale, sia con riguardo all’effettivo utilizzo dell’aeroporto, su cui l’attività dell’aviazione civile sarebbe stata preclusa per ovvi motivi di sicurezza». «La proposta di via Aldo Moro - sottolinea Fabris - servirà anche a chiarire in maniera inequivocabile i reali intendimenti delle forze armate americane, che certo non potranno insistere sul Dal Molin visto che hanno sempre sostenuto di non essere interessati alla pista, ma unicamente a riunire in un’unica area la loro 173ª Brigata».