10 MAGGIO 2006

VALDAGNO.Marzotto, verso la mobilità
In “tavola” al Mercato lo skateboard acrobatico alza una rampa di 2 metri
Strada Nicolosi, i nomadi non se ne sono andati «Quel camper è come se fosse una casa abusiva»
Immigrati, 10 mila domande Solo il 30% avrà il permesso
Laghetto, la folla fa saltare il voto sul Pp10

Marzotto, verso la mobilità
Confermati i 146 esuberi ma si profila l’ipotesi di ricollocazione

di Marco Scorzato

In piazza sotto la pioggia, nonostante la pioggia, a gridare forte la propria solidarietà ai lavoratori della Marzotto. Oltre duecento studenti delle superiori della città hanno manifestato ieri a fianco delle maestranze, quasi a resuscitare l’antica alleanza nel giorno in cui azienda e sindacati si incontravano per l’ennesimo decisivo incontro. «No ai licenziamenti» è l’appello affidato agli striscioni e scandito al megafono. Un appello che sembra accolto solo a metà: l’azienda ha ribadito la chiusura di tre reparti e confermato i 146 esuberi. Dopo cinque ore di trattativa sindacale, è emerso il quadro è di luci ed ombre. Per quanto riguarda i licenziamenti annunciati, l’incontro non ha fatto che confermare le intenzioni della dirigenza: i 146 esuberi restano tali, la filatura è destinata alla chiusura e forse si può salvare solo parte della tintoria. A mitigare lo scenario, tuttavia, c’è la prospettiva di un’uscita “morbida” da parte di questi lavoratori, grazie ad ammortizzatori sociali e possibili ricollocazioni. E soprattutto c’è la disponibilità dell’azienda ad instaurare un confronto stabile sull’organizzazione produttiva dello stabilimento valdagnese. La manifestazione. «Alla Marzotto lavorano i nostri genitori e la Marzotto è anche il nostro futuro. Per questo diciamo no ai licenziamenti». Ieri mattina, sotto una pioggia battente, oltre duecento studenti delle scuole superiori della città hanno scioperato e invaso in corteo le strade cittadine. L’atmosfera non era certo quella di quarant’anni fa, quando destini, ideali e valori del movimento studentesco e di quello operaio si intrecciavano e alimentavano a vicenda. Resta però una svolta sul piano simbolico, un segnale in controtendenza rispetto ad un periodo di indifferenza e scollamento generale. «Insieme a voi ci sentiamo più forti», hanno ringraziato alcuni lavoratori della Marzotto. Dall’Itis, il fiume di studenti si è mosso verso largo S. Margherita, scortato dalla polizia e dai carabineri. L’inziativa, concertata tra sindacati e studenti dell’Itis, la scuola storicamente legata alla Marzotto, ha coinvolto anche i giovani dei licei, dell’Itc e dell’Ipsia. A metà mattinata, il rompete le righe in piazza del Comune ha chiuso il primo tempo di una giornata febbrile. La trattativa. In tarda mattinata, sono stati i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil a raccogliere il testimone, sedendosi al tavolo della trattativa coi dirigenti Marzotto. «Il bicchiere? Forse è mezzo pieno - afferma Mario Siviero, della Cisl -. È vero che gli esuberi restano, che la filatura chiude, però stiamo lavorando perché il risultato sia “a somma zero”: ci sono ipotesi di ricollocazione per una buona parte dei 97 esuberi». Sul fronte degli ammortizzatori sociali, sia Siviero che Massimo Lolli, direttore delle risorse umane Marzotto, confermano che verrà aperta la procedura di mobilità per i lavoratori pensionabili e per i volontari. Per gli altri si profila la cassa integrazione straordinaria e, aggiunge Lolli, «possibili ricollocazioni, sia interne al gruppo, sia percorsi di ricollocazione esterna, attraverso corsi di formazione». Tra le ipotesi anche quella di sfruttare i “buoni rapporti” con Valentino Fashion Group, a Maglio di Sopra. Maurizio Ferron, della Cgil che ha partecipato all’incontro insieme ad Antonio Visonà della Uil e ai delegati nazionali, apprezza «le aperture», ma si dice «preoccupato per la tenuta dello stabilimento». Evidentemente non lo tranquillizzano le parole di Lolli, che continua a ribadire che «Valdagno resta un sito strategico». Oggi l’assemblea dei lavoratori che chiarirà quali pieghe prenderà la trattativa.


Gli organizzatori: «Il Comune faccia la pista»
In “tavola” al Mercato lo skateboard acrobatico alza una rampa di 2 metri

(m. e. b.) Acrobazie al Mercato Nuovo in attesa della pista da skateboard al parco Fornaci. Un panorama quantomai inusuale si offriva ieri pomeriggio a chi passasse di fronte al parcheggio di via Mercato Nuovo. Nel piazzale, infatti, era stata allestita una half pipe,altrimenti detto una rampa da skateboard alta due metri per sei di larghezza e nove di lunghezza. Un “bestione” dalle cui sponde una decina di ragazzi si tuffano a turno nella pista, a bordo della tavola, come all’interno di un canyon. Una scivolata perpendicolare, “inversione” sul bordo dell’altra sponda, passaggio in diagonale... il tutto con grande naturalezza. Intorno circa 200 persone: ragazzini che guardano i più bravi, genitori, curiosi e giovani che si esercitano sui trampolini, magari in attesa delle prove libere. Quello in corso è un “game of skate”: «Ogni atleta - spiega Sebastiano Berlato, del negozio “Blunt”, organizzatore della manifestazione - deve eseguire un trick (esercizio), dopo cinque errori è eliminato». La gara, spiega, è stata preceduta da una dimostrazione di semiprofessionisti e i concorrenti vengono dal tutto il Veneto e hanno dagli 11 ai 29 anni. I primi cinque saranno sponsorizzati e potranno andare a “skatare” in giro per l’Italia. «Ci sono anche dei ragazzi del quartiere - afferma - ma tanti non se la sono sentita di partecipare». E siccome quella dello skateboard a Vicenza è una questione dibattuta da tempo, tanto che a pochi passi da lì una compagnia, appoggiata da Arciragazzi, si era creata un “impianto” nel parcheggio del supermercato, aspettando quello che dovrebbe essere realizzato all’interno del parco “Fornaci”, del quale, però, non si sa ancora quando potrà essere aperto, Berlato non si lascia scappare l’occasione per tornare sull’argomento. «Questa manifestazione - sottolinea - è stata realizzata anche per cercare di sensibilizzare il Comune sulla costruzione di uno skate park in città. La gente presente oggi dimostra che è un problema sentito e l’Amministrazione dovrebbe prendersi le sue responsabilità».


Il tormentone. Doppia lettera del vicesindaco Valerio Sorrentino all’Edilizia privata e ai Servizi sociali
Strada Nicolosi, i nomadi non se ne sono andati «Quel camper è come se fosse una casa abusiva»
Il Comune cerca la strada per far sgomberare l’accampamento abusivo. Ma aspettando le relazioni, il tempo passa

(g. m. m.) Passano le stagioni, passano le ordinanze, ma i nomadi continuano a restarsene in quella che ritengono casa loro: il campo agricolo di strada Nicolosi. Sono trascorsi mesi dagli ultimi provvedimenti del Comune, settimane dalle ultime riunioni con i residenti della zona, con tanto di annunci su imminenti sgomberi. A che punto - si chiedono nella zona di Anconetta - è la notte? Ieri mattina il vicesindaco e assessore alla Pubblica sicurezza Valerio Sorrentino ha provato a dare una sterzata, l’ennesima, alla complessa vicenda amministrativa. Sorrentino ha inviato due lettere che per oggetto hanno il campo abusivo di strada Nicolosi. La prima è indirizzata al collega agli Interventi sociali Davide Piazza, al quale Sorrentino si rivolge per sollecitare la relazione che accerti la presenza di minori costretti a vivere in un campo, senza le necessarie misure di comfort e pulizia. «Purtroppo - spiega Sorrentino - ancora una volta dall’Ulss è arrivato un rapporto dai toni ridicoli, nel quale si legge che non ci sarebbero condizioni igieniche tali da indurre a ordinare lo sgombero dell’area. Mi chiedo cosa si aspettavano di trovare: una montagna di escrementi? Non bastano le tante segnalazioni dei vicini?». Sorrentino attende quindi la relazione degli assistenti sociali per poter prescrivere lo sgombero a tutela delle condizioni di vita dei piccoli nomadi. L’altra via tentata da Sorrentino è contenuta nella nota inviata all’Edilizia privata, nella quale si suggerisce di valutare la possibilità di ritenere il camper che spesso sosta nel campo alla medesima stregua delle roulotte: se ci rimane a lungo va ritenuto un’abitazione abusiva a tutti gli effetti. Questa ipotesi era peraltro stata elaborata anche dal consigliere dei Democratici di sinistra Ubaldo Alifuoco, che aveva presentato un’interpellanza per chiedere lo sgombero coatto.


Aumenta l’esigenza di badanti ma solo 750 si potranno regolarizzare
Immigrati, 10 mila domande Solo il 30% avrà il permesso
Una prima ripartizione ne assegna alla provincia circa duemila

di Federico Ballardin

Flussi e riflussi, la legge Bossi-Fini è farraginosa, complicata e moltiplica la burocrazia. Il tutto ai danni dei lavoratori immigrati ma anche delle famiglie e delle imprese. Lo dicono i sindacati e lo dicono gli industriali che, alle prese con una trasformazione dell’economia rapidissima, chiedono un mercato del lavoro più flessibile. Secondo i dati in possesso di Assindustria, che sono ancora provvisori e passibili di modifiche, le domande di regolarizzazione presentate dagli extracomunitari - o dai loro datori di lavoro - in tutta la provincia sono poco meno di 10 mila. Sono invece circa 2.005 i permessi che saranno erogati secondo una prima e provvisoria ripartizione delle quote. Il termine per la presentazione delle domande è scaduto il 14 marzo ed entro giugno probabilmente si avranno le risposte ufficiali e i dati esatti. Dei circa duemila permessi che al momento sono a disposizione della provincia di Vicenza, 750 sono riservati alle badanti o assistenti domiciliari, sono più di un terzo del totale, ma insufficienti a rispondere alle domande delle famiglie che si trovano con l’acqua alla gola. I lavoratori che non ottengono il permesso non tornano quasi mai nel loro paese ma restano in attesa della prossima finestra, del prossimo “flusso”, nella speranza di ottenere il permesso l’anno successivo. Persone che nella maggioranza dei casi si deve arrangiare vivendo nel mondo sommerso del lavoro nero. «Ci sono delle storie davvero drammatiche - spiega Fabiola Carletto, della segreteria della Cgil con delega all’immigrazione - soprattutto per quanto riguarda le badanti. Dietro di loro ci sono le famiglie, e questo problema ha una ricaduta sociale devastante. Ecco perché tutti fanno finta di non sapere che le persone che non si regolarizzano non tornano nel loro paese, ma restano a servizio lavorando in nero. Non va dimenticato che fanno assistenza a persone malate con le quali s’instaura un rapporto d’affetto e amicizia». Secondo una stima della Cgil il lavoro sommerso in Italia è aumentato anche nel 2005, da tempo la confederazione generale del lavoro chiede una sanatoria che porterebbe - a suo dire - all’emersione di 300, 400 mila lavoratori. «Negli ultimi tre anni - spiega Andrea Crisci, funzionario del servizio sindacale di Assindustria - in tutto il Paese le domande accolte, rispetto a quelle presentate, sono state il 30%. Anche quest’anno i dati sembrano andare in questa direzione, con 700 mila domande presentate e 300 mila permessi a disposizione, con una variante: calano le richieste di regolarizzazione da parte dell’industria, che registra un calo dovuto anche alla crisi, e un aumento in quelle dei servizi, specialmente alla persona». Tuttavia le stesse imprese, già in lotta serrata sul mercato globale, si trovano loro stesse in difficoltà per la burocrazia complessa della Bossi-Fini che rallenta anche l’arrivo dei cosiddeti “fuori quota”, quei lavoratori di alto profilo per i quali la legge apre uno spiraglio. «Parliamo di grandi manager stranieri - spiega Crisci - o personale che ha bisogno di lunghi periodi di formazione in Italia prima di essere reimpiegato nelle sedi aperte all’estero. Le procedure amministrative sono complicate e lente rispetto agli altri paesi europei e anche questo può diventare un gap da superare rispetto ai competitori stranieri». «La legge è troppo rigida e penalizza soprattutto i privati - spiega Renato Riva della Cisl - ma anche le aziende che chiedono flessibilità e che invece si trovano spesso ad avere richieste di assunzioni inevase, a causa del raggiungimento delle quote di stranieri ammessi in Italia per quell’anno. Senza contare che un immigrato che perde il lavoro ha solo 6 mesi di tempo per trovarne un altro, pena la perdita del permesso di soggiorno. Il problema è ancora più grave nella nostra regione, che sta attraversando un periodo di grande trasformazione economica».


Consiglio caldissimo in Circoscrizione 5. Ieri sera circa 200 persone hanno stipato la saletta e ottenuto di rinviare a martedì l’esame del piano urbanistico
Laghetto, la folla fa saltare il voto sul Pp10

di Giovanni Zanolo

La votazione sul Pp10 non s’ha da fare: e i cittadini della 5 invadono in massa la sede della Circoscrizione bloccando il consiglio. Quando si dice “partecipazione attiva” del popolo. Indetto per le 21 di ieri sera nella sede di Laghetto, il consiglio doveva essere interamente dedicato alla possibile approvazione del piano Pp10 Laghetto, ripescato circa un mese fa in giunta comunale dopo una gestazione durata anni (e numerose contestazioni), per essere finalmente sottoposto all’iter ufficiale che prevede il passaggio obbligato del voto consigliare di Circoscrizione. Cosa che ieri sera è stata impedita a suon di urla e proteste da una cittadinanza intervenuta in massa (circa 200 presenze) nella piccola sede della 5 di fronte agli sguardi attoniti di ben tre assessori, Davide Piazza, Claudio Cicero e Marco Zocca. Risultato: tutto rinviato a martedì. «La situazione di questa sera, con le persone costrette ad accalcarsi, denuncia l’errore fatto dall’Amministrazione comunale che ha pensato di ottenere l’approvazione del Pp10 con un colpo di mano, ovvero un consiglio convocato d’urgenza con i telegrammi - sostiene il consigliere di minoranza Ciro Asproso - saltando il passaggio fondamentale della presentazione del piano alla cittadinanza. Chiediamo quindi la convocazione di un’assemblea pubblica: ciò che è avvenuto questa sera, ovvero la convocazione di un consiglio per votare un piano rifiutato l’anno scorso proprio da un’assemblea pubblica, rappresenta una vera sfida ai cittadini». Insomma, un consiglio "blitz", come si vociferava tra la folla, bloccato giusto in tempo da un passaparola dei capi dei comitati di quartiere che, a quanto pare, sono perfettamente riusciti nell’intento, richiamando centinaia di persone. Versione dei fatti, questa, negata categoricamente dal presidente della 5 Bonafede, che si dimostra al contrario addirittura soddisfatto dall’inusuale partecipazione cittadina: «Nulla di più falso del fatto che il Pp10 non fosse conosciuto. Questa seconda versione, modificata in base alle critiche fatte proprio dal comitato di quartiere nel 2000, è stata esposta nel 2004 per ben otto giorni in questa sala, disponibile per tutti. Peccato che ci sia un’opposizione ideologica da parte delle sinistre, negative di fronte a qualsiasi crescita della città. E il comportamento di questa sera di Asproso, che ha cavalcato il malumore della folla, lo conferma». «È vero che c’è una certa urgenza di approvazione del piano - aggiunge l’assessore agli interventi sociali Piazza - Ma ciò solo perchè, se non verrà presentato entro agosto, ben nove milioni di euro erogati dalla Provincia andranno persi. Questa sera è stata semplicemente un’occasione sprecata, peccato». «Il consiglio è rinviato per ragioni puramente logistiche» conclude dopo una breve pausa Bonafede, tra le urla della folla che propone «in chiesa» o «al S. Marco!». Una cosa è certa: non sarà un consiglio tranquillo.