«Fui violentata da soldato Usa» Ma lui nega
Tre storie di presunte violenze sessuali al giudizio del tribunale. La più drammatica e brutale, per le modalità con cui fu denunciata, fu quella avvenuta il 22 febbraio 2004 ai danni di una nigeriana da parte di un parà americano della Ederle appena rientrato dall’Iraq. L’americano James Brow, 26 anni, un marcantonio di colore alto più di un metro e novanta e pesante un quintale, è attualmente detenuto nel carcere militare americano di Mannheim, in Germania, a disposizione delle autorità italiane.
Ieri pomeriggio c’è stato il confronto tra la versione della vittima di 27 anni e il soldato difeso dall’avv. Antonio Marchesini. Responsabile civile è stato citato il governo americano, che pagherà i danni qualora il parà fosse condannato. La donna è parte civile con l’avv. Pietro Adami.
La giovane al collegio presieduto da Giuseppe Perillo (pm Marco Peraro) ha raccontato di avere chiesto un passaggio alle 4 del mattino a Ponte Alto. Brown, che era reduce dalla guerra, ma soprattutto da una serata a base di alcol. voleva spassarsela con una prostituta. La giovane ha negato di esserlo, mentre Brown ha sostenuto di avere concordato la prestazione. Indipendentemente dal fatto che fosse una prostituta o meno, la situazione sarebbe deragliata quando il gioco sessuale, su una Fiat Punto, diventò pesantissimo. Brown scatenato, ammanettò la poveretta come una bambola e, da quel momento, gliene avrebbe fatte di tutti i colori. Quando la ragazza venne trovata dalla polizia all’alba, in via Fermi, era nuda e ancora ammanettata, in stato di choc. Raccontò che per lei erano state tre ore da incubo sessuale.
Brown durante la sua deposizione ha spiegato che nella primavera 2003 era stato paracadutato in prima linea in Iraq. Aveva sostenuto numerosi conflitti a fuoco e, quando rientrò a Vicenza, non era più lui. Il processo si concluderà il 18 novembre.
In precedenza, il tribunale collegiale aveva visto sfilare alcuni testimoni in altri due delicati processi di presunte violenze tra le pareti domestiche. Si tratta del caso di S. T., 39 anni, di Thiene (le iniziali a tutela della piccola vittima altrimenti riconoscibile), che avrebbe compiuto atti sessuali sulla figliastra di meno di 10 anni tra l’agosto 2000 e il gennaio 2001. L’uomo, difeso dagli avv. Lucio Zarantonello e Anna Zanini, respinge le accuse. Parte civile l’avv. Enrico Ambrosetti per la madre. Sono stati sentiti il perito e il consulente per ricostruire l’attendibilità della denuncia della bimba.
Poi è stato il turno di G. Z., 57 anni, di Sarcedo, difeso dall’avv. Claudio Cataldi, anch’egli accusato di violenza sessuale ai danni della figlia tra i 5 e 11 anni. Deve rispondere anche di maltrattamenti verso l’ex moglie e i figli. A leggere le imputazione una vita d’inferno. Parte civile è costituita l’avv. Caterina Evangelisti.
Anche in questi due casi i processi sono stati rinviati per la discussione e la sentenza.
«Vietato girare in maschera» «Ma il burqa si può portare»
“Bocciata” la mozione del consigliere, che ora si appella alla Giunta
di G. Marco Mancassola
No alle maschere, sì al burqa. Vicenza non ha intenzione di diventare un caso internazionale, né di farsi promotrice di divieti che spettano a ben altri livelli decisionali: e inevitabilmente scoppia la polemica. Tutto nasce alcuni mesi fa, quando il consigliere comunale della Lega nord, Alessio Sandoli, presenta con il resto della pattuglia nordista in sala Bernarda una mozione che punta a impegnare l’amministrazione comunale «ad attuare specifiche azioni per informare la popolazione sulla normativa che vieta di comparire mascherati in pubblico o utilizzare mezzi che rendono difficoltoso il riconoscimento delle persone».
Nelle premesse, Sandoli fa espliciti riferimenti allo scenario internazionale, vessato dal terrorismo: «Sul territorio nazionale sempre più spesso si osserva la comparsa di tipi di abiti che rendono irriconoscibile la persona che li utilizza. Nel Vicentino si sono verificati episodi di intolleranza da parte di estremisti islamici nei confronti di una donna musulmana che si rifiutava di indossare il burqa, che rappresenta una forma di integralismo oppressiva della figura femminile e di costrizione della libertà individuale».
La mozione ha però ricevuto il parere tecnico negativo del comandante della polizia locale Roberto Dall’Aglio, che scrive: «La teleologia della normativa non fa mai specifico riferimento a fatti o accadimenti correlati alle religioni, ma alle necessità connesse al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, in occasione di manifestazioni sportive, di contestazione o di protesta».
Inoltre, secondo Dall’Aglio, la Costituzione italiana pone tra i suoi principi la libertà di professione religiosa «e la recente giurisprudenza individua come prevalente questo diritto sulla norma che vieta di coprirsi il volto».
Secondo il comandante,«la delicatezza della problematica, è tale da non poter essere certamente disciplinata da provvedimenti o iniziative estemporanee a livello locale, ma debbano essere espressione di una volontà parlamentare nazionale se non addirittura europea».
Sandoli, però, non ci sta, e in attesa che la mozione completi l’iter per sbarcare in consiglio comunale, va all’attacco: «La tesi è singolare e costituisce un precedente formidabile, non solo per i fondamentalisti islamici afgani, ma anche per i più esagitati membri dei centri sociali: costoro, secondo il comandante, possono tranquillamente scorrazzare a volto coperto o travisati, purché ciò non avvenga in manifestazioni. Analogamente, anche i rapinatori possono andarsene in giro a volto coperto. Interessante anche l’accenno teologico, per cui il comandante spiega che i divieti di legge non si applicano per le religioni: viene da chiedersi se ciò valga per tutti i divieti, perché altrimenti riti religiosi come l’infibulazione, sarebbero accettabilissimi in nome della libertà di professione di ogni fede religiosa». «Purtroppo - conclude il consigliere leghista, che chiede alla Giunta di allegare al documento anche i pareri dell’avvocatura comunale e del segretario generale - non c’è da scherzare di fronte ad atteggiamenti di questo tipo. Con la mia mozione intendevo solamente informare la popolazione, senza offendere alcuna fede religiosa, soltanto per far valere le ragioni del vivere civile».
«Porta Padova è a rischio»
Due colleghi dei feriti raccontano: 100 richieste di aiuto al giorno
Intanto i residenti (in calo) si lamentano: qui solo tossici e risse
di Diego Neri e Gian Marco Mancassola
L’aggressione ai poliziotti di quartiere di contrà Porta Padova sta diventando un caso. Da una parte il grave fatto di cronaca, inusuale per Vicenza che non è Napoli, dall’altra i distinguo dei sindacati sul ruolo degli agenti che svolgono servizio a piedi. In mezzo, l’ira dei residenti che hanno chiesto aiuto per una zona del centro da cui gli italiani fuggono a causa di un crescente degrado a cui il Comune non pone freno.
Il caso. I quattro siciliani arrestati per le botte agli agenti restano in carcere. Il giudice ha fissato per domani gli interrogatori di Vincenzo e Antonino Emanuele Lia, Umberto Caponetto e Giuseppe Amato. Potranno spiegare i motivi di una reazione incomprensibile ad un controllo.
I poliziotti. Flaviano Longhi e Angelo Mazzucchelli prestano servizio come agenti di quartiere da tempo. Da qualche mese sono a S. Lazzaro; quando è avvenuta l’aggressione l’hanno saputo subito via radio, e sono rimasti molto sorpresi. «Non era mai capitata a Vicenza una cosa del genere. Non abbiamo mai ricevuto minacce». I due agenti descrivono il loro lavoro con soddisfazione: dopo una ventina d’anni in polizia, spiegano di trovarsi benissimo nel nuovo ruolo. «Il nostro servizio è molto apprezzato, su questo non abbiamo dubbi perché gli attestati di stima sono tanti. Ogni giorno incontriamo almeno un centinaio di persone: giriamo negozi, scuole, uffici e chiediamo alla gente se è tutto a posto. Diamo il nostro numero di cellulare e ci mettiamo a disposizione». Angelo e Flaviano precisano che ormai tutti li conoscono e le segnalazioni sono numerose: «Si va dall’auto sopra il marciapiede al litigio in condominio. Noi lo segnaliamo a nostra volta agli uffici». Da questi appunti sono nate varie operazioni, dalla chiusura del centro massaggi cinese a recuperi di refurtiva. È un’attività utile.
Il sindacato. «Il Sap non ha mai chiesto la soppressione di questo servizio». Il sindacato aveva precisato, dopo l’aggressione, che si trattava di un lusso che Vicenza non può permettersi. «La prossimità è un servizio molto positivo e che viene svolto bene. Il punto è che non viene svolto a costo zero nel senso che è stato istituito senza che venisse aumentato l’organico della polizia di Stato ma sottraendo risorse ad altri servizi altrettanto importanti. Il lusso era riferito a questo».
I residenti. S. Pietro è un quartiere a rischio degrado e ghettizzazione. La denuncia è stata presentata al difensore civico Massimo Pecori da un gruppo di cittadini preoccupati per la metamorfosi cui sta andando incontro la porzione di centro storico che sta al di là del Bacchiglione, fra ponte degli Angeli, Porta Padova, e stadio Menti.
Il livello di tensione sta quindi salendo vertiginosamente e per questo Pecori ha deciso di puntare i fari della difesa civica su S. Pietro: «Ci sono molti segnali che fanno temere un progressivo degrado di una zona che si sente parte del centro storico a tutti gli effetti, ma che avverte una sensazione di forte abbandono da parte del Comune. In altre parole, S. Pietro non è solo il luogo che ospita una volta all’anno la manifestazione “Trastevere in arte”.
È anche il quartiere in cui si trovano l’Ipab, l’Istituto Trento, una chiesa, una scuola materna e numerose abitazioni. E invece i residenti si lamentano per il degrado della storica Corte dei Mulini, che sta diventando una latrina pubblica per colpa di molti sbandati e un covo di tossicodipendenti, con tutte le conseguenze per la qualità della vita che questo comporta».
Molti cittadini - avverte Pecori - sono allarmati e non ne possono più, tanto che un numero sempre maggiore di appartamenti è in vendita: il quartiere si sta spopolando e c’è il rischio che si stia ghettizzando per i nuovi inquilini che stanno arrivando. Infine, c’è il capitolo viabilità: «Da quando è stata inaugurata la rotatoria di piazza XX Settembre, i residenti lamentano un aumento esponenziale del traffico, lungo una via molto stretta, che è diventata una scorciatoia per raggiungere la zona dello stadio. Inoltre, probabilmente a causa dei lavori infiniti del teleriscaldamento in contrà Barche, molte linee dei bus sono state deviate qui. La conseguenza è che spesso la via è intasata, ci sono rumori e vibrazioni che prima non c’erano, si stanno formando le prime crepe sui muri delle case. Accade addirittura che sempre meno anziani escano per strada, per il timore di essere investiti. La situazione va risolta: ne parlerò con i tecnici della mobilità».