09 OTTOBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

Un’antenna su tre è in centro storico
«Fui violentata da soldato Usa» Ma lui nega
«Vietato girare in maschera» «Ma il burqa si può portare»
«Porta Padova è a rischio»

Telefonia. I comitati anti-elettrosmog presentano una mozione popolare per chiedere una variante al Piano regolatore
Un’antenna su tre è in centro storico
Pilan (Ds): «C’è una grande concentrazione nella zona dentro le mura» L’assessore Zocca: «Sono nuovi impianti, più piccoli, a minore impatto»

di Gian Marco Mancassola

Quaranta antenne nel salotto del centro storico, installate dentro il quadrilatero circoscritto fra piazza Matteotti, piazza Castello, porta S. Croce e piazza dei Signori, dove ci sono circa 40 antenne già installate sulle oltre 130 la cui installazione è stata richiesta (e accolta) in città. I conteggi sono stati sfornati in questi giorni, dopo l’esame della mappatura delle stazioni radiobase che ha impegnato le commissioni “centro storico” e “territorio” della circoscrizione 1. A fornire i numeri è il consigliere dei Democratici di sinistra Mattia Pilan, che torna a spronare un suo cavallo di battaglia. Tradotto in termini pratici, un’antenna su tre è nel cuore della città. Al termine della riunione, richiesta dallo stesso Pilan, il consigliere parla di vittoria: «Sono state mostrate le rilevazioni fatte in pieno centro storico dall'Arpav, mediante una centralina in contrà Pescherie Vecchie, in relazione a una serie impressionante di antenne posizionate un po’ in tutto il centro storico». Pronta la replica a distanza dell’assessore all’urbanistica Marco Zocca: «È vero, c’è un numero alto di impianti, ma sono nuovi tipi di antenne, che stanno sostituendo quelli vecchi. I nuovi sono più piccoli e di minor impatto sulla salute, perché hanno un’irradiazione inferiore rispetto ai vecchi ripetitori. La cosa peggiore sarebbe se ci fosse una sola antenna per servire tutto il centro storico: avrebbe un’irradiazione elevatissima». In circoscrizione è stato anche dato l’annuncio dell’operazione promossa dal Coordinamento comitati di Vicenza per la tutela dei campi elettromagnetici (aderente al Conacem) presieduto dall’architetto Giuseppe Maria Padoan. Il 6 ottobre, infatti, è stato depositato in Comune il testo di una mozione di iniziativa popolare che propone l'adozione di una variante urbanistica in materia di disciplina e localizzazione delle stazioni radiobase. Regolamentare la pianificazione degli impianti per la telefonia mobile attraverso una variante comporta due aspetti principali: da un lato stabilisce un percorso più rigido, incidendo il piano regolatore generale, dall’altro apre una porta di partecipazione popolare, attraverso il meccanismo delle osservazioni. La variante urbanistica dovrebbe individuare le aree, preferibilmente di proprietà comunale, in cui installare le antenne per la telefonia, escludendo le zone sensibili, come gli edifici di interesse storico-architettonico e ambientale, e le aree comprese nelle vicinanze di asili, scuole, ospedali, parchi attrezzati, giardini destinati all'infanzia. Adesso è scattato il conto alla rovescia per la raccolta delle firme: ne servono 500 da racimolare in due mesi. Poi, se verranno raccolte, partirà l’iter che farà approdare la mozione in consiglio comunale. Scettico si mostra Zocca, che difende il protocollo d’intesa concordato fra Comune e gestori degli impianti di telefonia. «Vicenza è uno dei pochissimi Comuni che si sono dotati di un protocollo di questo tipo, mentre altrove non c’è nemmeno quello, a tutto danno dei cittadini e delle amministrazioni comunali. Credo che sia un documento migliorabile, ma è utile per programmare insieme lo sviluppo degli impianti - conclude Zocca -. La variante, invece, rischia di essere vanificata dalla normativa sulla telefonia mobile: i gestori sono titolari di una concessione ministeriale, che passa sopra le regole comunali». Lo scetticismo è però stato ricambiato dai consiglieri della circoscrizione 1, che hanno rilevato come il protocollo d’intesa sia stato in parte disatteso in questi mesi: «Dopo due ore di discussione - spiega Pilan - la commissione “centro storico”, preso atto che il protocollo d'intesa tra Comune e società di telefonìa era stato in gran parte disatteso ed è stato formulato in modo tale da non prevedere alcuna sanzione in caso di inosservanza, ha approvato all'unanimità la proposta avanzata dalle opposizioni di chiedere l'adozione di una variante urbanistica al piano regolatore con apposito regolamento edilizio per la localizzazione di siti idonei all'installazione di antenne radiobase, secondo criteri precauzionali per la salute e di tutela dell'ambiente storico-paesaggistico». La proposta verrà sottoposta all’esame del parlamentino della zona 1, ed essendo stata votata all'unanimità dovrebbe passare. Poi il tutto approderà in Consiglio Comunale. Il presidente della commissione, il leghista Federico Padovani, ha anche proposto l'istituzione di una commissione comunale di controllo sulle antenne. Padovani si è quindi impegnato a incontrare al più presto gli assessori Zocca e Michele Dalla Negra (edilizia privata) per valutare assieme un maggiore raccordo istituzionale fra governo centrale e amministrazione decentrata.

LA SCHEDA

Come ribadito in ogni occasione, la normativa nazionale sugli impianti di telefonia mobile non dà ampi margini di manovra agli enti locali, compresi i Comuni, che sono i titolari dello sviluppo urbanistico del proprio territorio. Per cercare di non lasciare campo libero a fenomeni di “antenna selvaggia”, alcuni Comuni, fra cui Vicenza, si sono interrogati su quale strumento di difesa adottare. Una soluzione, “pesante”, è quella di adottare varianti urbanistiche, che dettano regole rigide, intervenendo sul Piano regolatore generale. Un’altra, più “morbida”, è quella di adottare un accordo fra gentiluomini, che non può essere vincolante perché non può prevedere sanzioni, ma rappresenta un’intesa che le parti (Comune da una parte e gestori dall’altra) si impegnano a rispettare. Vicenza ha scelto di adottare lo strumento del protocollo d’intesa, che punta a privilegiare aree di proprietà pubblica per l’installazione di cripetitori, cercando di proteggere i siti ritenuti sensibili.


Tre storie di presunti abusi sessuali
«Fui violentata da soldato Usa» Ma lui nega

Tre storie di presunte violenze sessuali al giudizio del tribunale. La più drammatica e brutale, per le modalità con cui fu denunciata, fu quella avvenuta il 22 febbraio 2004 ai danni di una nigeriana da parte di un parà americano della Ederle appena rientrato dall’Iraq. L’americano James Brow, 26 anni, un marcantonio di colore alto più di un metro e novanta e pesante un quintale, è attualmente detenuto nel carcere militare americano di Mannheim, in Germania, a disposizione delle autorità italiane. Ieri pomeriggio c’è stato il confronto tra la versione della vittima di 27 anni e il soldato difeso dall’avv. Antonio Marchesini. Responsabile civile è stato citato il governo americano, che pagherà i danni qualora il parà fosse condannato. La donna è parte civile con l’avv. Pietro Adami. La giovane al collegio presieduto da Giuseppe Perillo (pm Marco Peraro) ha raccontato di avere chiesto un passaggio alle 4 del mattino a Ponte Alto. Brown, che era reduce dalla guerra, ma soprattutto da una serata a base di alcol. voleva spassarsela con una prostituta. La giovane ha negato di esserlo, mentre Brown ha sostenuto di avere concordato la prestazione. Indipendentemente dal fatto che fosse una prostituta o meno, la situazione sarebbe deragliata quando il gioco sessuale, su una Fiat Punto, diventò pesantissimo. Brown scatenato, ammanettò la poveretta come una bambola e, da quel momento, gliene avrebbe fatte di tutti i colori. Quando la ragazza venne trovata dalla polizia all’alba, in via Fermi, era nuda e ancora ammanettata, in stato di choc. Raccontò che per lei erano state tre ore da incubo sessuale. Brown durante la sua deposizione ha spiegato che nella primavera 2003 era stato paracadutato in prima linea in Iraq. Aveva sostenuto numerosi conflitti a fuoco e, quando rientrò a Vicenza, non era più lui. Il processo si concluderà il 18 novembre. In precedenza, il tribunale collegiale aveva visto sfilare alcuni testimoni in altri due delicati processi di presunte violenze tra le pareti domestiche. Si tratta del caso di S. T., 39 anni, di Thiene (le iniziali a tutela della piccola vittima altrimenti riconoscibile), che avrebbe compiuto atti sessuali sulla figliastra di meno di 10 anni tra l’agosto 2000 e il gennaio 2001. L’uomo, difeso dagli avv. Lucio Zarantonello e Anna Zanini, respinge le accuse. Parte civile l’avv. Enrico Ambrosetti per la madre. Sono stati sentiti il perito e il consulente per ricostruire l’attendibilità della denuncia della bimba. Poi è stato il turno di G. Z., 57 anni, di Sarcedo, difeso dall’avv. Claudio Cataldi, anch’egli accusato di violenza sessuale ai danni della figlia tra i 5 e 11 anni. Deve rispondere anche di maltrattamenti verso l’ex moglie e i figli. A leggere le imputazione una vita d’inferno. Parte civile è costituita l’avv. Caterina Evangelisti. Anche in questi due casi i processi sono stati rinviati per la discussione e la sentenza.


Botta e risposta. Scintille tra Alessio Sandoli (Lega) e il capo dei vigili
«Vietato girare in maschera» «Ma il burqa si può portare»
“Bocciata” la mozione del consigliere, che ora si appella alla Giunta

di G. Marco Mancassola

No alle maschere, sì al burqa. Vicenza non ha intenzione di diventare un caso internazionale, né di farsi promotrice di divieti che spettano a ben altri livelli decisionali: e inevitabilmente scoppia la polemica. Tutto nasce alcuni mesi fa, quando il consigliere comunale della Lega nord, Alessio Sandoli, presenta con il resto della pattuglia nordista in sala Bernarda una mozione che punta a impegnare l’amministrazione comunale «ad attuare specifiche azioni per informare la popolazione sulla normativa che vieta di comparire mascherati in pubblico o utilizzare mezzi che rendono difficoltoso il riconoscimento delle persone». Nelle premesse, Sandoli fa espliciti riferimenti allo scenario internazionale, vessato dal terrorismo: «Sul territorio nazionale sempre più spesso si osserva la comparsa di tipi di abiti che rendono irriconoscibile la persona che li utilizza. Nel Vicentino si sono verificati episodi di intolleranza da parte di estremisti islamici nei confronti di una donna musulmana che si rifiutava di indossare il burqa, che rappresenta una forma di integralismo oppressiva della figura femminile e di costrizione della libertà individuale». La mozione ha però ricevuto il parere tecnico negativo del comandante della polizia locale Roberto Dall’Aglio, che scrive: «La teleologia della normativa non fa mai specifico riferimento a fatti o accadimenti correlati alle religioni, ma alle necessità connesse al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, in occasione di manifestazioni sportive, di contestazione o di protesta». Inoltre, secondo Dall’Aglio, la Costituzione italiana pone tra i suoi principi la libertà di professione religiosa «e la recente giurisprudenza individua come prevalente questo diritto sulla norma che vieta di coprirsi il volto». Secondo il comandante,«la delicatezza della problematica, è tale da non poter essere certamente disciplinata da provvedimenti o iniziative estemporanee a livello locale, ma debbano essere espressione di una volontà parlamentare nazionale se non addirittura europea». Sandoli, però, non ci sta, e in attesa che la mozione completi l’iter per sbarcare in consiglio comunale, va all’attacco: «La tesi è singolare e costituisce un precedente formidabile, non solo per i fondamentalisti islamici afgani, ma anche per i più esagitati membri dei centri sociali: costoro, secondo il comandante, possono tranquillamente scorrazzare a volto coperto o travisati, purché ciò non avvenga in manifestazioni. Analogamente, anche i rapinatori possono andarsene in giro a volto coperto. Interessante anche l’accenno teologico, per cui il comandante spiega che i divieti di legge non si applicano per le religioni: viene da chiedersi se ciò valga per tutti i divieti, perché altrimenti riti religiosi come l’infibulazione, sarebbero accettabilissimi in nome della libertà di professione di ogni fede religiosa». «Purtroppo - conclude il consigliere leghista, che chiede alla Giunta di allegare al documento anche i pareri dell’avvocatura comunale e del segretario generale - non c’è da scherzare di fronte ad atteggiamenti di questo tipo. Con la mia mozione intendevo solamente informare la popolazione, senza offendere alcuna fede religiosa, soltanto per far valere le ragioni del vivere civile».


Dopo l’aggressione ai poliziotti di quartiere. Gli abitanti chiedono aiuto alle istituzioni
«Porta Padova è a rischio»
Due colleghi dei feriti raccontano: 100 richieste di aiuto al giorno Intanto i residenti (in calo) si lamentano: qui solo tossici e risse

di Diego Neri e Gian Marco Mancassola

L’aggressione ai poliziotti di quartiere di contrà Porta Padova sta diventando un caso. Da una parte il grave fatto di cronaca, inusuale per Vicenza che non è Napoli, dall’altra i distinguo dei sindacati sul ruolo degli agenti che svolgono servizio a piedi. In mezzo, l’ira dei residenti che hanno chiesto aiuto per una zona del centro da cui gli italiani fuggono a causa di un crescente degrado a cui il Comune non pone freno. Il caso. I quattro siciliani arrestati per le botte agli agenti restano in carcere. Il giudice ha fissato per domani gli interrogatori di Vincenzo e Antonino Emanuele Lia, Umberto Caponetto e Giuseppe Amato. Potranno spiegare i motivi di una reazione incomprensibile ad un controllo. I poliziotti. Flaviano Longhi e Angelo Mazzucchelli prestano servizio come agenti di quartiere da tempo. Da qualche mese sono a S. Lazzaro; quando è avvenuta l’aggressione l’hanno saputo subito via radio, e sono rimasti molto sorpresi. «Non era mai capitata a Vicenza una cosa del genere. Non abbiamo mai ricevuto minacce». I due agenti descrivono il loro lavoro con soddisfazione: dopo una ventina d’anni in polizia, spiegano di trovarsi benissimo nel nuovo ruolo. «Il nostro servizio è molto apprezzato, su questo non abbiamo dubbi perché gli attestati di stima sono tanti. Ogni giorno incontriamo almeno un centinaio di persone: giriamo negozi, scuole, uffici e chiediamo alla gente se è tutto a posto. Diamo il nostro numero di cellulare e ci mettiamo a disposizione». Angelo e Flaviano precisano che ormai tutti li conoscono e le segnalazioni sono numerose: «Si va dall’auto sopra il marciapiede al litigio in condominio. Noi lo segnaliamo a nostra volta agli uffici». Da questi appunti sono nate varie operazioni, dalla chiusura del centro massaggi cinese a recuperi di refurtiva. È un’attività utile. Il sindacato. «Il Sap non ha mai chiesto la soppressione di questo servizio». Il sindacato aveva precisato, dopo l’aggressione, che si trattava di un lusso che Vicenza non può permettersi. «La prossimità è un servizio molto positivo e che viene svolto bene. Il punto è che non viene svolto a costo zero nel senso che è stato istituito senza che venisse aumentato l’organico della polizia di Stato ma sottraendo risorse ad altri servizi altrettanto importanti. Il lusso era riferito a questo». I residenti. S. Pietro è un quartiere a rischio degrado e ghettizzazione. La denuncia è stata presentata al difensore civico Massimo Pecori da un gruppo di cittadini preoccupati per la metamorfosi cui sta andando incontro la porzione di centro storico che sta al di là del Bacchiglione, fra ponte degli Angeli, Porta Padova, e stadio Menti. Il livello di tensione sta quindi salendo vertiginosamente e per questo Pecori ha deciso di puntare i fari della difesa civica su S. Pietro: «Ci sono molti segnali che fanno temere un progressivo degrado di una zona che si sente parte del centro storico a tutti gli effetti, ma che avverte una sensazione di forte abbandono da parte del Comune. In altre parole, S. Pietro non è solo il luogo che ospita una volta all’anno la manifestazione “Trastevere in arte”. È anche il quartiere in cui si trovano l’Ipab, l’Istituto Trento, una chiesa, una scuola materna e numerose abitazioni. E invece i residenti si lamentano per il degrado della storica Corte dei Mulini, che sta diventando una latrina pubblica per colpa di molti sbandati e un covo di tossicodipendenti, con tutte le conseguenze per la qualità della vita che questo comporta». Molti cittadini - avverte Pecori - sono allarmati e non ne possono più, tanto che un numero sempre maggiore di appartamenti è in vendita: il quartiere si sta spopolando e c’è il rischio che si stia ghettizzando per i nuovi inquilini che stanno arrivando. Infine, c’è il capitolo viabilità: «Da quando è stata inaugurata la rotatoria di piazza XX Settembre, i residenti lamentano un aumento esponenziale del traffico, lungo una via molto stretta, che è diventata una scorciatoia per raggiungere la zona dello stadio. Inoltre, probabilmente a causa dei lavori infiniti del teleriscaldamento in contrà Barche, molte linee dei bus sono state deviate qui. La conseguenza è che spesso la via è intasata, ci sono rumori e vibrazioni che prima non c’erano, si stanno formando le prime crepe sui muri delle case. Accade addirittura che sempre meno anziani escano per strada, per il timore di essere investiti. La situazione va risolta: ne parlerò con i tecnici della mobilità».