09 LUGLIO 2006

«Il Governo deve dire no»
«Migranti verso lo sciopero»
Al supermarket della trasgressione
SCHIO. Stamattina al sacrario militare il raduno degli ex repubblichini
Sotto esame il piano antenne

Il caso Dal Molin. Parla l’on. Deiana (Prc), vicepresidente della commissione Difesa
«Il Governo deve dire no»
Ma Conte (An) attacca: «Ha pregiudizi anti-Usa»

di G. M. Mancassola

«La responsabilità della decisione finale compete al Governo. E il Governo deve dire no». Lo assicura l’on. Elettra Deiana, vicepresidente della commissione Difesa alla Camera, che ieri ha incontrato il coordinamento dei comitati che si oppongono al progetto di costruire una nuova caserma americana all’aeroporto “Dal Molin” per ospitare altri 2 mila soldati. L’incontro si è svolto all’insegna delle tante incognite che continuano a gravare su tutta la vicenda, tanto più dopo lo scontro infuocato che ha fatto saltare il tavolo della prima riunione della speciale commissione ministeriale incaricata di esaminare i pro e i contro del progetto. L’on. Deiana, di Rifondazione comunista, per la seconda legislatura opera nella commissione Difesa. Da tempo si batte per il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq e per la riduzione delle cosiddette servitù militari, a partire dalla sua regione, la Sardegna, segnata dalla battaglia politica per indurre la dimissione della base della Maddalena. «Le servitù militari - ha spiegato - rappresentano un gravissimo problema per la sicurezza nazionale, per la democrazia e per l’uso del territorio». Fatte le premesse generali, ieri i comitati volevano ascoltare dalla deputata cosa si può fare per fermare l’operazione, in una fase già avanzata, in cui il tempo per le decisioni è sempre più stretto. E però qui la faccenda si complica: «È chiaro che ci sono state interlocuzioni con il Governo precedente - spiega la Deiana - e le autorità locali non hanno immediatamente informato la popolazione di cosa bolliva in pentola. Per questo, suggerisco che emerga il più possibile la vostra democraticissima protesta. Bisogna fare di tutto per chiarire le posizioni. Dovete fare molto casino a livello locale». Sembra allora di capire che le 7 mila firme raccolte dai comitati in 15 giorni sono tante, ma non bastano. Tanto più che un dibattito in consiglio comunale c’è stato, senza che emergesse una posizione nettamente contraria, e che un primo parere istituzionale positivo è già stato dato dal Comipa, il comitato regionale misto paritetico. Tutti aspetti che possono condizionare il Governo. La vicepresidente accenna quindi a una serie di impegni che può assumere in breve tempo: «Bisogna incontrare il ministro della Difesa Arturo Parisi - spiega - per questo cercherò di organizzare una delegazione di deputati veneti. Mi impegno a chiedere un incontro con il ministro per sollecitare l’unica decisione: il Governo deve dire di no. In commissione posso richiedere un’audizione e una ispezione nell’area interessata dal progetto. Infine, si può arrivare a esprimere un atto di indirizzo verso il Governo». Ma il tempo corre e gli americani hanno fretta: entro settembre vorrebbero avere l’ok definitivo, altrimenti il finanziamento governativo scadrà. È a questo punto chiaro che tutta l’attenzione è spostata su Roma, tanto che la Deiana non ha neppure informato il Comune del suo passaggio in città, provocando nuovi spunti polemici a palazzo Trissino. Informato degli impegni assunti davanti ai comitati, il sindaco Enrico Hüllweck si limita a far sapere: «Si mettano d’accordo. È un mese che attendo notizie precise dal Governo, ma non ho ancora avuto risposte». Decisamente più duro l’attacco dell’on. Giorgio Conte, deputato di Alleanza nazionale e collega della Deiana in commissione Difesa durante la scorsa legislatura. «Il giudizio non è obiettivo - spiega -, perché l’on. Deiana ha caratterizzato la sua presenza in aula con posizioni pregiudizialmente antiamericaniste, con toni da no global e da disobbediente. Con il suo intervento, la Deiana fa emergere le contraddizioni insite nella nuova maggioranza. Credo ad esempio che il ministro degli Esteri Massimo D’Alema sia molto più attento a logiche diplomatiche e non ritenga quelle americane truppe di occupazione». «Credo che di fronte a problemi così complessi - prosegue Conte - serva il maggior consenso possibile. Credo vada perseguita una riflessione più ampia e responsabile. Per questo, quando martedì rientrerò a Roma, solleciterò il Governo per verificare se si riconosce nel pensiero dell’on. Deiana o se invece quelle dichiarazioni appartengano a logiche demagogiche della sinistra più oltranzista. Serve una informazione più corretta e il massimo consenso possibile per valutare l’impatto e le opportunità del progetto, due facce della stessa medaglia».


Ieri anche a Vicenza hanno manifestato davanti alla prefettura una sessantina di stranieri delle associazioni
«Migranti verso lo sciopero»
«Permesso di soggiorno in tempi ragionevoli, no ai Cpt»

(d. n.) «Se non avremo risposta alle nostre impellenti richieste, in autunno organizzeremo un grande sciopero dei migranti qui a Vicenza. Non è possibile continuare a stare in silenzio di fronte a problemi scottanti, ai quali le istituzioni non riescono, o non vogliono, trovare una soluzione». Erano una sessantina, ieri, fra organizzatori e stranieri, i partecipanti al presidio davanti alla prefettura organizzato dallo Sportello immigrati RdbCub e dalle Associazioni dei migranti del Vicentino. Una manifestazione che è avvenuta in contemporanea in tutta Italia, con un lungo corteo a Roma. «No alla Bossi-Fini - Libertà per i migranti - No Cpt» recitava un lungo lenzuolo che è stato srotolato in una contrà Gazzolle dove gli uffici, nel pomeriggio, erano chiusi. «La situazione per gli stranieri in Italia, e a Vicenza in particolare, è sempre più difficile», hanno spiegato gli organizzatori, che hanno voluto sensibilizzare il prefetto, «quale rappresentante del governo». Svariati i punti sottolineati dai manifestanti. In primo luogo il rinnovo più rapido del permesso di soggiorno, «che deve essere slegato al contratto di lavoro e che oggi aspettiamo 7 mesi». Hanno chiesto poi l’abrogazione della convenzione con le poste e dei protocolli d’intesa con i patronati per il rinnovo. «Per noi immigrati costa di più, prevede un passaggio ulteriore, tempi più lunghi e più rischi di vedersi respingere la domanda. In questo modo si rischia di favorire le agenzie irregolari, che raccattano soldi per velocizzare le pratiche. È la questura l’ente deputato a rilasciare i permessi, va potenziato l’ufficio immigrazione che a Vicenza scoppia». Inoltre, hanno sottolineato come la ricevuta rilasciata in attesa del rinnovo debba essere equiparata al permesso, perché non consente di tornare in patria né «di muoversi e vivere liberamente». Ancora, è stata sollecitata la chiusura dei Cpt e la regolarizzazione di coloro che chiedono asilo politico (oggi costretti a sostare a lungo nei Centri di identificazione) ed il diritto al voto, almeno amministrativo. «Paghiamo le tasse - spiega con orgoglio Saqib -, è giusto che anche noi, che a Vicenza siamo quasi 16 mila, possiamo dire la nostra». Infine, una battaglia portata avanti dalle associazioni è quella che riguarda l’alloggio. «La casa è un diritto, ora fanno pagare anche 78 euro di tasse per il certificato di idoneità abitativa. Chi si trova senza lavoro e non è in grado di pagare l’affitto ora è su una strada. E sono tante le donne in queste condizioni, con Caritas, Albergo cittadino e altre strutture che scoppiano. Servirebbe in città una Casa di accoglienza per donne sole con figli piccoli».


Al supermarket della trasgressione

di Eugenio Marzotto

Zone protette a luce rossa, locali a tema, tratta di prostitute che diventano ballerine-spogliarelliste, aumento esponenziale di annunci eloquenti, e siti hard che portano direttamente alla città del Palladio, senza contare il crescendo di locali lap dance e ville private per scambi di coppia. Vicenza e la sua provincia, da sagrestia d’Italia che fu, diventa ogni mese che passa un crocevia del sesso a pagamento che si sviluppa sulla tratta Brescia-Verona. Così, Vicenza la sorniona, fa i conti, milioni di euro, con un business dove legalità e illegalità giocano sul filo della perversione. I luoghi del proibito. A Vicenza e in periferia spuntano locali come funghi. Quasi tutti circoli, si entra con tessera, si esce con portafogli svuotati, ma anche qui bisogna distinguere tra locali e locali. Tra la zona industriale di Vicenza e quella di Altavilla, ma anche nel quartiere di via Vecchia Ferriera, si concentrano i topless bar, dove lavorano almeno una decina di ragazze, tutte esclusivamente straniere, provenienti soprattutto dalla Romania, ma anche Moldavia, Ucraina e Russia. «Quello che fanno dopo la chiusura del locale non è affar nostro - ripetono in coro i gestori - ma è chiaro che anche loro hanno le loro simpatie». Simpatie per lavoro, che nascono proprio all’interno dei topless bar, con decine di ragazzi e adulti che corteggiano ogni settimana a suon di euro splendide ragazze compiacenti per missione. Dentro e fuori il capoluogo. Almeno una trentina i luoghi del proibito, ma i livelli di spesa e di clientela cambiano in base all’offerta e alla capacità di sborsare euro sonanti. Capita, come testimoniano periodicamente le cronache, che alcuni locali siano in realtà coperture dove lo sfruttamento della prostituzione diventa una sordida routine. Ma esistono anche luoghi, soprattutto privati, dove viene praticata l’ultima moda “made in Vicenza”, lo scambio di coppia. Ville e case private il teatro di un gioco che appassiona soprattutto cinquantenni che iniziano la fitta rete di relazioni con altre coppie attraverso il web. In questi luoghi, esclusivissimi, non si paga, e la “consumazione” è gratuita. Ma il “circolo” autogestito prevede giochi e intese direttamente proporzionali al 730. Cipputi da questi giri è assolutamente out. Ma in città esistono anche locali di scambisti dove si entra con regolare tessera, come si entrasse in un circolo di bridge. Costa 100 euro se si è accompagnati dalla donna, diventa 300 e anche 400 se si è da soli o in compagnia di soli uomini. Alle donne, mogli o amanti che siano, all’interno del locale tocca l’onore (e ci macherebbe) della scelta con chi condividere le alcove. Prima di poter entrare nel giro servono però pazienza, molti ingressi e parecchie centinaia di euro da spendere in Champagne e Martini. L’accesso anche in questo caso è esclusivo e seleziona all’origine i clienti. La dark room. È il “gioco” del momento per gli scambisti più audaci che si avventurano nei locali ad hoc e nelle feste private. Si accede in una stanza completamente buia dove ci sono altre persone. All’interno della “scatola nera” tutto può accadere anche se le regole sono ferree. Primo, non parlare. Non serve. Il giro d’affari. Tenendo conto di tutte le offerte della Vicenza proibita si può stimare in un milione di euro al mese il giro d’affari del sesso “made in Vicenza”. Una mole di denaro che non tiene conto dei sexy shop e negozi specializzati ma che attinge in modo trasversale da tutte le classi sociali. Prostituzione e privè. Studentesse, ragazze plagiate, giovani madri disperate in cerca di una via d’uscita. Prelevate soprattutto dai paesi dell’est (nei night sono rarissime le ragazze di colore), queste donne prima vengono indotte a prostituirsi, poi, alle più seducenti, viene proposto di lavorare nei locali notturni. Ma mai nello stesso, una ragazza in una settimana può girare anche in dieci locali diversi del nord Italia e Vicenza, quasi sempre, è una tappa obbligata.

È il pioniere del proibito made in Vicenza, da lui si sono esibite le più note pornostar europee
«Club privati? Spesso succede di tutto»
Quaiotto, titolare del Boys: «Troppa concorrenza, difficile lavorare»

(e. mar.) «Come si fa a lavorare con questi qua in giro, ormai è un casino e tutto alla luce del sole, senza che nessuno intervenga». Gianni Quaiotto è uno dei pionieri del proibito a Vicenza, ha fondato più di dieci anni fa il “Boys” in via Vecchia Ferriera con un amico. «Fu una scommessa - racconta - mi ero stancato di lavorare nel mondo del commercio e volevo fare quello che all’epoca in altre città già esisteva. Allora partimmo e il successo fu immediato». Infradito, maglietta nera e un cane che accarezza come un figlio, Gianni è stanco di quello che chiama «un porcaio» e ha voglia di sfogarsi: «Ci sono locali che lavorano in regola e altri in cui... succede di tutto. Il mercato lo ha rovinato certa gente che arriva e usa lo strumento della tessera da club per viziare un sistema che dovrebbe essere pulito. Chi sono queste ragazze che lavorano? Da dove arrivano? Che stipendio hanno? Vengono pagate assicurazioni e contributi? Certo, all’inizio anch’io facevo lavorare chiunque passava di qua, ma dieci anni fa era un’altra cosa. Di locali come il nostro non ce n’erano e si lavorava due giorni alla settimana». Ne è passato di tempo, ora i “lap dance” sono aperti sei giorni su sette, in molti, come quello di Gianni Quaiotto, si sono esibite le più note pornostar d’Europa. «Qui c’è un altro clima, si entra, si beve una birra e si guarda lo spettacolo. Ho un sacco d’amici che stanno qui un paio d’ore e poi tornano a casa. Sa quanti notai e avvocati conosco?»


Mattinata di tensione con due manifestazioni per l’Eccidio
Stamattina al sacrario militare il raduno degli ex repubblichini
La sfida degli organizzatori: «Sfileremo contro il questore»

(l. v.) «Il questore il permesso di sfilare non ce l’avrebbe mai negato. Me lo ha detto lui stesso, anche se in pubblico non lo confermerà mai. È evidente che ha ricevuto pressioni dal ministero dell’interno, per le quali ringraziamo il governo illiberale della sinistra». Parte all’attacco Alex Cioni, portavoce di Continuità Ideale della Rsi, dopo il veto posto dalla questura al corteo in ricordo dell’Eccidio previsto per questa mattina. Al sacrario militare di Ss. Trinità gli organizzatori prevedono almeno 2 mila persone - tra esponenti dei movimenti di estrema destra, reduci delle associazioni combattentistiche della Rsi e famigliari dei caduti - per il presidio e la messa, regolarmente autorizzati come la manifestazione antifascista in piazza Rossi. Disco rosso, invece, al consueto corteo dal sacrario alle ex carceri. «È un’ordinanza pretestuosa, fondata su motivazioni solo politiche, che noi sentiamo come una profonda ingiustizia e che pertanto non accettiamo - dice Cioni -. Anche le minoranze devono avere i loro diritti. Le interrogazioni parlamentari contro la nostra iniziativa parlano di truci nazifascisti che inneggiano all’intollerenza e alla violenza più bieca: niente di più falso, sfiliamo rispettosi e in silenzio». «Non escludiamo nulla, nemmeno il corteo - afferma Cioni -. Vietarlo è stato un errore grave che crea enormi problemi: non tutti saranno in grado di contenere l’esuberanza. Faremo i disobbedienti di destra, anche se abbiamo la responsabilità di salvaguardare la sicurezza delle tante persone anziane che partecipano, ma vogliamo portare a termine la manifestazione». Concetti rinforzati da Daniele Beschin, segretario provinciale di Forza Nuova: «Si son date appuntamento a Schio le sezioni di tutta l’Italia, era impossibile mettere un freno all’organizzazione; ci sarà anche il segretario nazionale Roberto Fiore. Il nostro obiettivo è arrivare alle ex carceri: risponderemo con le dovute maniere alle provocazioni che verranno, dalla sinistra come dalle forze dell’ordine. C’è la volonta, da parte altrui, di arrivare allo scontro, e noi non escludiamo nulla». Anche il Veneto Fronte Skinheads, che parla di «governo ipocrita di stampo sovietico», conferma «la presenza in massa dei suoi militanti e la totale disponibilità a qualsiasi iniziativa degli organizzatori», mentre Giorgio Conte ed Elena Donazzan di An si dichiarano amareggiati per il «mancato riscontro di una precisa volontà politica di superare il clima che si è creato». E i manifestanti, come gli anni scorsi, avranno il supporto di don Giulio Tam, sacerdote lefevriano sospeso dal Vaticano, che celebrerà la messa in latino: «È finita l’epoca del buonismo, ora è il tempo della lotta contro il materialismo, contro la degenerazione della società minata da droghe e aborto, contro l’immigrazione che porta il Nordafrica nelle nostre città. È tempo di mettersi gli anfibi, e di venire a Schio per commemorare dei martiri».


Si può consultare sul sito internet del Comune. Scetticismo del Comitato “Ponte tra i cittadini”
Sotto esame il piano antenne
Al vaglio del consiglio comunale e di una assemblea pubblica

di Luca Marini

Sarà presto portato all’esame del Consiglio comunale un nuovo progetto di localizzazione per l’installazione delle antenne per la telefonia cellulare. Un tentativo di trovare soluzioni che mettano d’accordo le esigenze delle multinazionali della comunicazione e le preoccupazioni dei cittadini. Il piano è già stato presentato alla Commissione Territorio: l’obiettivo è quello di garantire il completamento della copertura del territorio da parte dei gestori di telefonia mobile cercando di mantenere in ogni caso le condizioni di cautela per le esposizioni della popolazione ai campi magnetici. A questo scopo sono state prese in considerazione dalla Polab, società scientifica e tecnologica esperta in progetti per la localizzazione di impianti per la telefonia, sia le richieste di copertura da parte dei gestori, soprattutto per quanto riguarda la nuova tecnologia Umts, sia i dati tecnici degli impianti già esistenti. La collocazione territoriale delle antenne previste nel progetto è stata effettuata tenendo in debita considerazione la presenza o meno di edifici con altezze rilevanti e di aree sensibili da un punto di vista sociale, quali scuole, ospedali e aree verdi, effettuando calcoli previsionali sul futuro impatto elettromagnetico sui luoghi accessibili alle persone. Visto dunque l’interesse nei confronti dell’intera popolazione, e anche a seguito delle pressioni di trasparenza su tale questione avanzate dal rappresentante di minoranza Giovanni Tessari, l’amministrazione ha deciso che l’eventuale realizzazione di questo piano sarà oggetto di una pubblica assemblea, mentre al momento ha reso disponibile la consultazione del progetto sul sito www.comune.thiene.it, dove tra l’altro sono riportate delle illustrazioni che indicano l’impatto elettromagnetico degli impianti e le diverse ipotesi di localizzazione. L’amministrazione si augura che un progetto redatto da un organismo tecnico in posizione di imparzialità possa sia rassicurare la popolazione thienese sulle problematiche legate alla salute e alla sicurezza, sia risolvere le situazioni di contenzioso esistenti con i gestori telefonici che premono affinché il territorio abbia una copertura telefonica totale. Tuttavia c’è anche chi rimane perplesso sul reale miglioramento di una situazione che già in passato è stata oggetto di critiche. «Sinceramente siamo scettici sull’effettiva utilità di questo progetto - sottolinea Massimo Barbieri del comitato “Ponte tra i cittadini”. Il nuovo piano, che prevede tra l’altro l’installazione di circa 10 nuove antenne, cambia solamente le carte in tavola per far vedere al cittadino che si fa qualcosa per tutelarlo, ma la sostanza è la stessa di prima, perché l’eventuale spostamento di antenne pericolose non è sufficiente a garantire un minore impatto dei campi elettromagnetici. Purtroppo la realizzazione di questi cosiddetti “piani” viene facilitata da una legge troppo tenera in materia: così nel momento in cui riesce a realizzare un progetto che soddisfi i vincoli legislativi l’amministrazione pensa di aver agito in modo responsabile, ma in realtà su tali questioni la salute del cittadino viene messa in secondo piano rispetto alle forti pressioni avanzate dai gestori».