08 OTTOBRE 2004

dal Giornale di Vicenza

Disobbedienti a giudizio
Sono indispensabili all’Inps «Ma l’assunzione non arriva»
Domenica in scena il Festival solidale
VALDAGNO.Chiede asilo politico, Roma tace
«Galan, oncologia così non va»
«La nostra vita quotidiana con il terrore dei soldati»

OCCUPAZIONE LANEROSSI
Disobbedienti a giudizio

Saranno processati il 17 febbraio dell’anno prossimo per l’occupazione abusiva dell’ex stabilimento della Lanerossi, ora Marzotto, ai ferrovieri e per violazione di sigilli. Si tratta F. P., 25 anni, N. B. M., di 25, R. F., di 26, L. S., di 33, C. C., di 31, F. U., di 34 e infine il padovano M. G., di 31. Dei sette imputati in aula c’erano P., B. e G., difesi dagli avvocati Rosanna Pasqualini e Anna Maria Alborghetti. hanno scelto tutti il rito abbreviato e pertanto il processo celebrato dal giudice Agatella Giuffrida (pm Paolo Pecori) è stato rinviato al 17 febbraio prossimo. I fatti oggetti della contestazione erano avvenuti il primo giugno 2002. In aula c’erano gli agenti della Digos con il vicequestore Gerardo Buonomo.


I sindacati: «Ventiquattro addetti con contratto di formazione lavoro che non diventa a tempo indeterminato»
Sono indispensabili all’Inps «Ma l’assunzione non arriva»

di Chiara Roverotto

" Attenzione precario in scadenza... ". Niente cartellini con i nomi, solo un po’ di amaro sarcasmo appuntato alla giacca per mettere il dito su una piaga che non si chiude, malgrado le cure promesse, da oltre due anni. I precari dell’Inps sono scesi in strada “armati” di cartelli e con tanto fiato da spendere per far capire che senza di loro, l’istituto sarebbe in ginocchio, o almeno alcune sedi periferiche, perderebbero il 40 per cento della forza lavoro. E stiamo parlando della sede dell’istituto di previdenza più importante del Veneto, il quarto in Italia per contribuzioni. Che cosa ha scatenato l’ira dei giovani addetti che ieri mattina hanno deciso di manifestare per un paio d’ore, davanti alla sede di corso S. Felice e Fortunato? Per il terzo anno consecutivo la legge Finanziaria non ha trasformato il loro contratto di formazione lavoro in un rapporto a tempo indeterminato. In sostanza, il solito problema di fondi che vengono dirottati in altri settori, magari meno importanti. Ma quest’anno a far infuriare ulteriormente i lavoratori dell’Inps la decisione del Governo di procedere ad alcune assunzioni: circa un’ottantina, soltanto nella sede romana.
« Ci sembra un presa in giro, ad ogni nuova Finanziaria il Governo promette di trovare i fondi necessari per trasformare i nostri contratti, ma questo non avviene. La maggior parte di noi è laureata, siano giovani. Senza dimenticare che non possiamo accedere a un mutuo per la casa o per altri beni. Alla fine chiediamo solo di continuare a lavorare in un ambiente in cui siamo diventati utile per come sono stati ristrutturati i vari dipartimenti ». Salvatore Raffa ha 23 anni, arriva da Messina, guadagna in media 1.100 euro al mese ed è a Vicenza da due anni. Con lui in tutto il Veneto sono stati assunti 45 giovani, la metà dei quali nell’istituito vicentino e nelle sedi periferiche. In sostanza rappresentano quasi il nove per cento della forza lavoro dell’Inps. «E se venisse a mancare questa forza - dice Luciana Corazza dei Rdb-Cub - alcune sedi periferiche si bloccherebbero. Senza contare che, il loro apporto è fondamentale vista anche la trasformazione che in questi anni l’istituto ha avuto per quanto riguarda le nuove tecnologie» .
« Le politiche del governo in materia occupazionale sono chiare - aggiunge un’altra lavoratrice - favoriscono limitati settori sociali: le forze armate o la tutela dell’ordine pubblico. Invece, è evidente come i ripetuti blocchi delle assunzioni, nella pubblica amministrazione non consentano di fornire un adeguato servizio ai cittadini e alle imprese ».
A sostenere la lotta dei dipendenti Inps tutte le sigle sindacali che, in un comunicato congiunto, hanno ribadito che sarebbe un danno per tutti « non valorizzare queste risorse anche in considerazione degli investimenti fatti per la formazione: la professionalità acquisita serve a garantire il raggiungimento di obiettivi che l’istituto si propone, in particolare a Vicenza dove il personale è già sottostimato ».
« Non si tratta solo di una lotta di categoria - aggiunge Oscar Mancini, segretario provinciale della Cgil - per garantire l’efficacia e l’efficienza di un servizio, ma di una vertenza che ha un valore più generale visto che non solo vengono tagliati gli organici, ma ridimensionato il ruolo degli ispettori e resa più difficile la riscossione dei crediti, accentrando ulteriormente i poteri ». Dalla parte dei suoi dipendenti anche il direttore dell’Inps, Donato Aquaro. « Si tratta di professionalità importanti - afferma - alle quali non possiamo rinunciare, come peraltro abbiamo denunciato anche negli anni scorsi, quando si ripresentava lo stesso problema ». I deputati vicentini Trupia e D’Agrò si stanno mobilitando, come avevano fatto in passato, per presentare un’interpellanza.


Al teatro San Lazzaro su iniziativa dell’Asoc
Domenica in scena il Festival solidale

(s. m. d.) Si terrà domenica prossima al Teatro San Lazzaro la seconda edizione del Festival Solidale, organizzato da Asoc, quest'anno in collaborazione con Arciragazzi Vicenza. Le sorprese sono tante: rispetto alla festa di debutto, infatti, quest'anno il Festival inizierà già nel pomeriggio con animazione per bambini, a cui seguiranno dalle ore 18 dei dibattiti sugli spazi sociali, sul lavoro minorile e sul progetto per il quale Asoc ha finalizzato l'evento. Verrà poi proiettato un film sull'incontro mondiale dei movimenti di bambini e adolescenti lavoratori organizzati, i Nats, appunto. A tal proposito saranno presenti all'appuntamento Greyssi Milagros Ramos Vilcaromero (14 anni) e Narciso Gomez Pillaca (15 anni) delegati dei movimenti peruviani, accompagnati dalla loro educatrice Cecilia Ramirez Florez. Un'occasione di dialogo e di cultura offerta alla cittadinanza vicentina che avrà modo di ascoltare le testimonianze dirette di realtà più sfortunate della nostra. Alle 20 avrà inizio il concerto di sei gruppi emergenti vicentini. Ci saranno, dunque, i Tempozzero, gli Hydroponic, gli Excellent Abg, l'Osteria Popolare Berica, i Vertcal e i Social Sake che suoneranno fino a tarda serata al fine di raccogliere fondi, intrattenendo il pubblico con la loro musica ed il loro entusiasmo. Il festival Solidale, infatti, ha lo scopo di avvicinare i giovani ai temi sociali e al mondo della solidarietà e della cooperazione con un approccio alla multiculturalità in tempi di globalizzazione. Ogni anno l'iniziativa assume un nome diverso secondo il progetto che di volta in volta sostiene: quest'anno l'evento è denominato "Musica per il Chiapas" proprio per aiutare questo paese a superare la grave crisi alimentare che sta vivendo.


L’odissea di un giovane rifugiato che ha perso la famiglia a causa della guerra in Costa d’Avorio
Chiede asilo politico, Roma tace
Non può cercare lavoro e ora rischia di essere espulso

di Giannino Danieli

Ha chiesto asilo politico, ma da un anno è in attesa della risposta. È senza lavoro ed è costretto ad affrontare in qualche modo una quotidianità disperata. Ad aiutarlo ci sono solo tre famiglie valdagnesi. Un anno fa lo Stato gli aveva consegnato in due tranche un contributo di 800 euro, spiegandogli che poi doveva arrangiarsi. Ha cercato un impiego, ma non ha trovato un’assunzione perché non ha tutti i documenti necessari. Eppure gli è stato rinnovato il permesso di soggiorno, che però scadrà il 16 dicembre. Lui non vuole fare né l'accattone, né imboccare cattive strade. Vuole fortemente un lavoro per guadagnarsi onestamente da vivere. Eccola qui, in sintesi, la tormentata vicenda del giovane ivoriano Yao Petit, 25 anni, arrivato nella nostra Penisola con uno dei tanti sbarchi di disperati a Lampedusa il 18 giugno 2003. Il primo permesso di soggiorno lo ottenne pochi giorni dopo. Si trattava, però, di un documento atipico essendo il giovane africano in uno "status temporaneo", per cui non può avere residenza in alcun Comune. Fra l'altro non esiste ancora una legge specifica per i rifugiati politici.
«Quando sono arrivato in Italia - spiega Yao Petit - ho chiesto asilo politico per una serie di motivi. Non volevo più vivere in Costa d'Avorio perché la mia città era coinvolta in continue guerriglie e rischiavo la vita. Mia madre è morta a causa della guerra, mia moglie non sono più riuscito a rintracciarla, non so ancora se mia sorella sia viva oppure deceduta. Sono stato costretto a fuggire». Dopo lo sbarco a Lampedusa ha fatto tappa a Crotone, quindi Yao è arrivato a Valdagno. Il rinnovo del permesso lo ha ottenuto il 16 settembre. La domanda di asilo politico sta creando ostacoli a non finire oltre ad una lunga e spasmodica attesa. Chi lo richiede, si ritrova scritta sul permesso di soggiorno la clausola "divieto di lavoro" che dura fino a quando una Commissione ministeriale esaminerà lo status, dopodiché il richiedente dovrà sostenere il colloquio con un funzionario governativo e un mediatore culturale. Una volta ricostruita la vicenda dell’immigrato, solo allora si saprà se gli verrà riconosciuta la possibilità di rimanere dentro i confini della penisola. Attualmente Yao Petit è domiciliato alla comunità "Il Gabbiano". Da quando è arrivato in città, persone di buon cuore stanno tentando anche l'impossibile per risolvere la sua situazione. È stata intrapresa una consulenza per sistemare il giovane al "Mondo nella città" di Schio, struttura dipendente dal Ministero degli Interni che realizza microprogetti a favore degli immigrati. Si è anche tentato di inserire Yao Petit in una casa di accoglienza per rifugiati a Verona, ma i posti sono pochi e i richiedenti tanti. Di simili strutture in Italia ce ne sono solo 40. Il giovane ivoriano è stato solamente inserito in un "file", in attesa di un posto. Poi s'è seguita la via di un intervento dei Servizi sociali grazie a cui è arrivato un posto letto al Centro "Il Gabbiano". Il Comune ha fatto la sua parte concedendo una permanenza di tre mesi, che però non era prorogabile. Alcune persone di Valdagno hanno pure interpellato sia la Caritas che la Croce Rossa. Yao è al limite della prostrazione, chi lo sta aiutando è sconsolato. L'appello è drammatico e vuole raggiungere chi, fra i vertici dello Stato, ha poteri decisionali per sbloccare quest'assurda situazione che rischia di finire tragicamente.


Montecchio M/1. Lettera aperta dei sindacati di base al presidente della Regione Veneto
«Galan, oncologia così non va»
Tensioni e disagi per la trasformazione in day hospital

di Franco Pepe

Cosa accade a oncologia? La pressione all’Ulss 5 resta alta. I problemi lasciati aperti dalla partenza dell’ex primario Franco Figoli non hanno ancora una soluzione, c’è da rifare una squadra medica, ci sono da ricostruire i rapporti fra una struttura ancora in parte in embrione e gli altri reparti, c’è da far fronte alla paura di chi, colpito da una malattia drammatica, si sente abbandonato. Il problema viene riproposto dalla lettera aperta consegnata nei giorni scorsi da Germano Raniero al presidente della Regione Galan, con cui il leader provinciale degli autonomi Rdb-Cub riaccende i fuochi su una questione in fondo mai sopita da quando, alla fine del 2002, il reparto di oncologia dell’ospedale di Arzignano, con posti-letto per i ricoveri, è stato chiuso per aprire, in obbedienza alle schede regionali, un day hospital nell’ospedale di Montecchio, nel frattempo rivisitato nelle funzioni e ribattezzato “centro polifunzionale”.
«C’erano pochi posti-letto – scrive Raniero a Galan – ma avere un reparto consentiva almeno a molti malati di essere curati o di morire assistiti dai propri familiari senza dover vagare per Vicenza o Cittadella. A lavoratori e cittadini poco importa di equilibri politici e finanziari. Vogliamo servizi che funzionino». E poi le domande: «La sinergia fra il S.Bortolo e Thiene significa che non c’è nessuna speranza di riavere il reparto ? Cosa dobbiamo aspettarci ad Arzignano ?». Riesplode così un caso-oncologia che covava sotto la cenere. Il doppio shock provocato della trasformazione del reparto e della decisione di Figoli di lasciare non è stato metabolizzato, i rimpianti per un medico bravo, umanissimo, molto amato dai pazienti non si diradano, mentre il futuro è ancora fitto di incertezze. In questo momento c’è una consulente, Ornella Nicoletto, che viene un paio di volte la settimana da Padova e fa supervisione. Ci sono altre due specialiste, Zuccarino e Mordenti, ma sta per andarsene anche la contrattista chiamata per sostituire una terza dottoressa della struttura, trasferitasi nei mesi scorsi a Lecce. Va via cioè anche Miriam Paris, che era giunta a Montecchio da Padova assieme alla Nicoletto. Ha avuto richieste in Piemonte, dove è nata, e naturalmente fra il restare in una situazione ambientale non facile e il tornare vicino a casa ha optato per questa seconda soluzione. C’è, quindi, da trovare un primario, e il direttore generale Daniela Carraro promette che il concorso si chiuderà entro l’anno, e c’è da tamponare un’altra falla, e non è semplice, perché oncologi in giro non ce ne sono e le scuole di specialità ne sfornano con il contagocce. La Carraro non nega la navigazione precaria in un mare gonfio e agitato: «Mi ci sono trovata in mezzo. La tensione è alta. il Tribunale dei malati molte volte mi ha espresso la sua preoccupazione». Ma non si fascia neppure la testa: «I posti letto sono cresciuti da 6 a 10, lo spazio di Montecchio è bellissimo, nessun paziente dopo le dimissioni di Figoli è stato respinto, l’assistenza non è diminuita, non ci sono liste di attesa, non abbiamo proteste. Ho sempre tenuto informati i sindaci e l’Addima». Indietro, in ogni caso, non si torna. L’ex reparto di oncologia oggi è vuoto, in stand by, in attesa di ristrutturazione, ma una volta sistemato ospiterà ginecologia o, in alternativa, urologia: «In costanza di lavori – dice la dg – dovevamo lasciarlo libero. Non capisco però lo scandalo. I ricoveri li fanno solo i centri specialistici. Le altre Ulss, la stessa Thiene, fanno day hospital senza che nessuno si stupisca. Il problema non sono i letti. Ora intensificheremo la collaborazione con Vicenza».


Successo al teatro Pasubio dello spettacolo del gruppo Ibdaa
«La nostra vita quotidiana con il terrore dei soldati»
I ragazzi palestinesi hanno raccontato la storia del loro popolo

di Angela Salviato

La cultura e l'arte, strumenti con cui si può pensare di cambiare il mondo. Schio ha ospitato una compagnia di danzatori formata da circa 25 ragazzi palestinesi che ha presentato, con ampio successo di pubblico, uno spettacolo teatrale. Al cinema teatro Pasubio, il Gruppo Danza Palestinese Ibdaa ha proposto una rappresentazione incentrata sulla storia del popolo palestinese, vista attraverso le diverse fasi storiche che, dal 1948, anno della fondazione dello stato di Israele, ha portato alla seconda Intifada e che vede oggi un crescendo di tensioni e violenze. Nel pomeriggio, gli assessori Lina Cocco e Flavio Bonat hanno incontrato ufficialmente i ballerini per una cerimonia a cui hanno preso parte anche un folto gruppo di studenti delle scuole superiori e alcuni Scout.
«Siamo molto felici che voi siate qui a rappresentare una parte del mondo.- ha esordito Flavio Bonato - Questo scambio culturale è molto importante perché anche i nostri ragazzi possono mettere in comune le loro esperienze con le vostre». Dopo aver espresso i saluti ufficiali, l'assessore ha proposto un parallelo storico tra l'Italia della Resistenza e la Palestina di oggi.
«Noi italiani che, attraverso la Resistenza, ci siamo liberati dal Nazifascismo possiamo capire le problematiche del vostro popolo che cerca di lottare per ottenere la propria indipendenza». A cerimonia conclusa, i ragazzi palestinesi si sono incontrati con i coetanei scledensi a palazzo Fogazzaro per uno scambio diretto di racconti. E mentre Kaled Alsefy, leader ventitreenne del gruppo, narra alle studentesse del liceo la sua vita all'interno del campo profughi di Dheisheh, vicino a Betlemme,è facile leggere nei volti delle ragazze un'espressione di tristezza, mista a incredulità, tanta è la distanza in termini di esperienze vissute.
«Siamo abituati a convivere con la paura dei soldati israeliani - racconta Kaled -. Non ci resta che sperare che, anche attraverso questa tournée,la gente conosca e cerchi di fare qualcosa per farci uscire dalla nostra tragedia».