«Tosi, gradisci un kebab?»
Reazioni piccanti ai controlli annunciati dalla Regione
di Silvia Maria Dubois
Un kebab più piccante del solito. È quello che ieri si assaggiava nei locali dove si prepara il famoso panino mediorientale. Lì, insieme alla carne, alla salsa e alle cipolle, fra gli ingredienti si mescolava anche un po’ di collera nell’aver appreso la notiza che l’assessore regionale alla sanità Flavio Tosi chiede alle Uls locali di intensificare i controlli di igiene in tutti i kebab-center. Motivo? Nelle sue ultime dichiarazioni, Tosi spiega che il sollecito scatta dopo una serie di segnalazioni e lamentele, da lui stesso raccolte, su “presunte situazioni di degrado e sporcizia”.
Ma i mercanti di kebab vicentini non ci stanno.
Si dichiarano offesi, ti spiegazzano all’istante tutti i loro permessi e le loro concessioni, si prodigano nel farti vedere tutto l’iter di preparazione e, soprattutto, invitano Tosi alla prova-assaggio in terra berica, test considerato di gran lunga migliore di qualsiasi spedizione d’ispettorato.
«Non sanno più che pretesto trovare pur di accusarci di qualcosa - sbotta Brahim Balhadu del “Döner Kebab” di piazzale Bologna - : quest’anno le accuse verso di noi sono aumentate in maniera spaventosa, si fanno controlli su tutto e naturalmente solo sui nostri punti vendita. Se non è razzismo questo!
Comunque, si sappia che questa gastronomia è aperta da tre anni, i controlli igienici già li abbiamo sistematicamente ed è stato sempre trovato tutto a posto dentro e fuori dal locale.
Io non capisco questi allarmismi: qui basta un niente e le emozioni collettive si agitano. Non va bene così».
«Voi dovete spiegarmi, una volta per tutte, perchè avete tutta questa curiosità nei nostri confronti - chiede Hasan Sormas che da cinque mesi gestisce l’Istambul Sultan Kebab di fronte alla stazione, con giardinetto sempre pieno di clienti - ! Io faccio questo mestiere da dieci anni, nei nostri locali nessuno disturba e ciò che offriamo è buono e appetitoso sia per i nostri connazionali che per gli occidentali.
Mi risulta, poi, che non ci siano mai stati casi in cui qualcuno sia finito all’ospedale per aver mangiato un kebab!».
Insomma, nessuno si azzardi a scambiare questi aromatici punti vendita mangerecci in mercati improvvisati di carne su cui ronzano mosche e polvere in stile Medina di Fez.
Al massimo qualche fronte sudata per il calore esasperato del girarrosto verticale e qualche mano che passa dal pane al resto da darti di dieci euro ma questo è ciò che capita anche in moltissimi dei nostri alimentari, pizzerie, ristoranti e birrerie.
«Io, come altri colleghi, mi considero un imprenditore di questo settore, pago le tasse e ho dipendenti - prosegue Hasan -; il mio locale accoglie chi esce dalla stazione e per la città è un buonissimo biglietto da visita nel suo genere.
Ora vorrei ampliare il giardino e fare delle modifiche, ma per tutto mi si chiedono decine di permessi in Comune. E, come se non bastasse, ora mi dicono che si intensificano anche i controlli igienici. L’impressione è che ci vogliano continuamente mettere il bastone fra le ruote. Perché?».
Più tranquillo il turco Alì Gumus che da soli tre giorni ha aperto i battenti del suo “Agora” in corso Fogazzaro e che, prima di fasciarsi la testa, aspetta di vedere come si articoleranno i preannunciati controlli.
«Noi proveniamo da un’esperienza in Germania - racconta Alì, sorridendo - , lì le verifiche sono frequenti e molto scrupolose, dunque, in un certo senso, siamo già allenati».
Ma in cosa consistono le primarie regole d’igiene di un kebab center?
«È necessario essere bene attenti alla pulizia e dividere bene gli ingredienti - spiega Alì - , la carne va tenuta con cura. Qui, ad esempio, per nostra filosofia non teniamo nulla di surgelato, perfino il pane è di nostra produzione. A scanso di equivoci, lo abbiamo scritto anche nella locandina: i nostri sono tutti ingredienti freschi e naturali al cento per cento».
Ma alla fine c’è anche chi decide di tradurre un pensiero di molti sospeso nell’aria e rimasto inespresso per tutta la giornata.
«Forse vogliono avere uno strumento in più per controllarci e garantire la sicurezza del paese - spiega lentamente un cliente di nome Sofian -: noi questo lo capiamo, quello che sta succedendo nel mondo preoccupa tutti, ma chiediamo solo di fare le verifiche sempre nel pieno del rispetto verso di noi.
Non credo che qui a Vicenza ci sia un’emergenza terrorismo e poi questi locali sono tutti registrati e ben conosciuti dalla stessa questura. I provvedimenti della Regione, però, anche in tal senso, sembrerebbero esagerati: nella maggior parte dei kebab esistenti in città è vietato sostare all’interno a mangiare e, di conseguenza, nessuno si ritrova qui per ore a parlare, come invece si crede.
Problemi di igiene? Basta che vi guardiate attorno, è tutto pulito e curato».
Il “classico” è quello che piace
ma le prelibatezze abbondano
Qualche anno fa ha innescato una gara a colpi di preferenze sulla stessa pizza, da sempre cavallo di battaglia del menu all’italiana. Il kebab piace, soprattutto ai giovani che lo apprezzano anche come insolita merenda, fiondandosi in gruppo dentro le rosticcerie e gli appositi locali presenti in città.
In testa, per tutti, rimane il Döner Kebab, cioè quello classico e in versione piadina. Dentro, a piacere, con la carne si può aggiungere insalata, pomodori, cipolle, yogurt e salsa piccante o meno piccante.
Altrettanto successo per la sola carne da asporto che, aggiunta a patatine o insalata, rappresenta un secondo piatto completo a tutti gli effetti che i vicentini dimostrano di gradire. Meno conosciuto dagli occidentali l’Adana Kebab, ovvero lo spiedino di carne, da mangiare con riso e insalata. Ma la gamma di combinazioni che si può trovare nei kebab center locali è davvero infinita: per chi propone anche il servizio di pizzeria, c’è la possibilità di “costruire” diverse pizze con kebab e altri tipici condimenti annessi, a seconda delle preferenze.
Da non sottovalutare, inoltre, altre prelibatezze mediorientali come il Falafel (ceci, spezie, piadina fresca, insalata e salsa) e il Piyaz (fagioli, cipolla, uovo, pomodoro, olive e capperi).
Storia e particolarità di un panino “speciale” che sta spopolando anche qui
Dall’antica Turchia ai moderni “mc kebab”
(s. m. d.) Il kebab è un piatto tipicamente turco. Esiste dai tempi in cui i turchi nomadi appresero ad arrostire la carne su rudimentali griglie poste sul fuoco dei loro accampamenti.
Nel Medio Evo la parola kebab significava in arabo “carne fritta cotta in olio” ed era l’ingrediente di un piatto stufato.
Letteramente, però, kebab vuol dire “carne tritata cotta alla griglia” .
Diffusissimo il shis kebab che è il kebab montato su spiedino, mentre se la carne è in pezzi e non macinata, il kebab viene definito che’ aaf.
Nel tempo questo piatto si è arricchito ed oggi si presenta in una varietà di scelte che sa accontentare tutti i palati.
Le sue principali distinzioni, però, si legano ancora al modo in cui è cucinata la carne.
Nel mondo occidentale, grazie soprattutto all’importazione effettuata dai ristoratori greci, si sono diffusi due tipi di kebab: il sis kabab e il döne kebab.
Il primo è fatto con dadi di carne infilzati e cotti allo spiedo, mentre il döne kebab è un enorme spiedo verticale, di forma conica, che supera i 20 chilogrammi. È composto di strati alternati di carne marinata e grasso e cuoce di fronte ad una fonte di calore altissima. La stessa parola “döne” significa, appunto, “che gira”. Mentre lo strato esterno della carne è arrostito, le fette sottili sono rase per essere servite.
Per i più esperti, l’inconfondibile sapore del kebab è dovuto più alle razze degli ovini e dei bovini che sono allevati in pascoli aperti, che alle marinate speciali e al modo di cottura.
Secondo il parere di molti, oggi la zona più rinomata per il kebab è Aleppo, una città della Siria settentrionale a 40 chilometri dalla frontiera turca, conosciuta come uno dei centri più vivaci e ricchi fin dall’antichità. Mentre qualcuno, in piena metropoli, giura che anche il “mc kebab” non è niente male.