07 OTTOBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

Suicidio in cella
Informagiovani, sede fuori norma «Siamo professionisti, non amici»
VALDAGNO.Piazza gremita in difesa del lavoro

Tragedia in carcere. Si uccide detenuto di 36 anni
Suicidio in cella
La denuncia di Stella (Utopie Fattibili) «Sono in 260. Troppi, più del doppio»

Tragedia dietro le sbarre. Nel silenzio di una cella, con gli altri detenuti che dormivano, si è messo un sacchetto in testa e si è soffocato. Il metodo classico dei suicidi in carcere. Simon Lleshaj era un albanese di 36 anni. Quando è stato trovato esanime era ormai troppo tardi. Era clandestino ed era stato riconosciuto come uno spacciatore di droga. Era stato condannato con sentenza passata in giudicato e sarebbe tornato completamente libero senza obblighi nel 2008. «Quest’anno nel carcere di Vicenza è il primo suicidio - commenta Claudio Stella, anima dell’associazione Utopie Fattibili -. Tuttavia, con 260 detenuti, c’è un evidente sovraffollamento perché sono superiori di più del doppio, essendo il carcere di Vicenza previsto per 120-130 persone. Ma questo lo segnaliamo da tempo, anche se il problema non riguarda solo la nostra provincia». Sul fatto che la morte di Simon Llesghaj sia stato un suicidio non ci sono dubbi. Le testimonianze raccolte dagli agenti penitenziari fra i colleghi di cella non lasciano dubbi. Il decesso è stato accertato l’altra mattina verso le 4.35. Il magistrato di turno, Marco Peraro, ha ordinato l’esame esterno della salma da parte del medico legale, che ha confermato la prima ipotesi degli inquirenti e del medico che compilato il certificato di morte. Nell’immediatezza dell’evento qualcuno aveva ipotizzato che fosse accaduto qualcosa di peggio, ma l’inchiesta l’ha escluso del tutto. «Gli episodi di autolesionismo sono abbastanza ricorrenti in un carcere - continua Stella - proprio per le condizioni di grande prostrazione in cui i detenuti sono costretti a vivere. Oltre tutto, i dati nazionali sui suicidi sono allarmanti perché indicano un aumento». Tra le cause, anche l’eterogeneità della popolazione carceraria. Le differenze sono sempre più pronunciate. Gran parte dei carcerati sono stranieri. «Anche Vicenza non sfugge a questa regola - continua Stella - e non c’è verso di invertire la tendenza in presenza di una politica edilizia carceraria che non affronta questo problema». Il fenomeno del suicidio in carcere viene costantemente studiato e da alcuni osservatori è descritto «come devianza che si manifesta non tanto attraverso la condotta “criminale”, quanto nella forma della condotta del “folle”, cioè del deviante delle “norme residuali”». Al di là delle definizioni che lasciano il tempo che trovano, resta il fatto che Lleshaj, al di là delle responsabilità per le quali stava pagando col carcere, in un momento di disperazione ha deciso di farla finita.


Bufera all’Istruzione. Parla Alberto Serafin, responsabile di Interart
Informagiovani, sede fuori norma «Siamo professionisti, non amici»

(g. m. m.) Saltato per mancanza di tempo il botta e risposta in consiglio comunale, della replica alle critiche sganciate da Ciro Asproso (Verdi) e Antonio Dalla Pozza (Democratici di sinistra) si incarica Alberto Serafin, responsabile di Interart, l’associazione che da inizio anno gestisce il servizio dell’Informagiovani e la pubblicazione di Informacittà. Sentitosi colpito nel vivo della professionalità da un’interrogazione che parla di declino e gestione fallimentare. Il direttore dell’Informagiovani parte respingendo l’accusa di essere a capo di un’associazione “amica” dell’assessore, cui viene imputato di aver imbastito una gara su misura per favorire l’Interart a scapito della precedente gestione: «Siamo apolitici e apartitici e lo dimostra la mancata difesa cui stiamo assistendo in questi giorni. Chiederò un incontro con le forze politiche per fare una verifica del servizio tutti insieme. L’Informagiovani deve essere tutelato e protetto dagli attacchi politici, non come sta accadendo in questi giorni». Alle critiche, Serafin risponde con alcuni numeri: «Abbiamo avviato un secondo sportello, nonostante la carenza di personale, costituito da un coordinatore e da quattro operatori. Agli sportelli abbiamo registrato un incremento di afflussi di oltre il 20 per cento, addirittura del 37 per cento nel numero di visitatori dei siti internet». L’Interart, che opera con progetti per i giovani nelle province di Vicenza, Padova e Treviso, rivendica infatti di aver completamente rivisto e rivoluzionato i due siti internet, quello dell’Informagiovani e quello dell’Informacittà. Ma anche la rivisitazione del mensile che viene distribuito in città e che dal numero appena sfornato porta una nuova testata, “Citylights”. Nell’elenco di criticità sollevate nella domanda di attualità, si punta il dito contro gli orari, che non rispetterebbero il capitolato della gara: non tiene aperto il sabato, ad esempio. Qualsiasi modifica dell’orario viene concordata e decisa con l’assessorato. Quando abbiamo notato che gli utenti manifestavano l’esigenza di poter contare sull’apertura del lunedì, quando ci sono molte più richieste rispetto al sabato. C’è la massima disponibilità a riportare l’orario come vogliono». C’è poi la Carta Giovani: «Siamo pronti a distribuirla, ce la chiedono in tanti: ce la forniscano e lo faremo». Nelle lettere anonime fatte recapitare in Procura dal sindaco, si fa un vago riferimento anche alle sedi dell’Informagiovani: «Non hanno nulla a che fare con Interart, ci mancherebbe. Le due sedi sono per Informacittà e Informagiovani, né più né meno. Il problema, semmai, è che la struttura vive uno stato di forte degenerazione. È insufficiente e fatiscente. Quando piove si allaga. Saremo costretti a inoltrare una richiesta ufficiale per l’adeguamento». Serafin conclude lasciando trasparire una bella dose di amarezza: «Noi lavoriamo per la compartecipazione giovanile, ma tutto questo polverone rischia di creare difficoltà. In ogni caso, non pensiamo certo di mollare. Anzi, tutto questo ci carica».


Sciopero dei dipendenti Marzotto contro i recenti “tagli” all’occupazione. Presto un incontro a Roma col viceministro Sacconi
Piazza gremita in difesa del lavoro
«Questa lotta tocca tutti» Uniti sindaci e sindacati

di Marco Scorzato

«Erano anni che questa piazza non si riempiva così. Sono contento perché vuol dire che c’è consapevolezza da parte di tutti. Questa non è solo la vostra lotta, ma è anche quella della città, della valle dell’Agno, dell’Alto Vicentino». Il sindaco Alberto Neri ha esordito così davanti ai manifestanti radunati in piazza del Municipio. Duemila persone, per i sindacati; cinquecento secondo la questura. Quel che è certo è che ieri mattina, lavoratori, studenti e cittadini hanno marciato uniti, per diro «no alla logica dei licenziamenti» e chiedere «garanzie» alla Marzotto, che resta la principale azienda della valle. C’erano i 125 dipendenti messi in mobilità alla Lanerossi di Schio, i colleghi di Valdagno che hanno scioperato per quattro ore, ma anche delegazioni di lavoratori di altre aziende locali, come Mainetti, Filma e Fiamm, oltre ai rappresentanti dei partiti del centrosinistra locale e provinciale, del sindacato pensionati e delle Acli. Da largo Santa Margherita, il corteo ha sfilato lungo viale Trento bloccando la strada per oltre mezz’ora - sotto l’attenta vigilanza di carabinieri e agenti della questura - prima di imboccare via IV Novembre per raggiungere la piazza. Nonostante la pioggia, sul palco allestito per il comizio erano in tanti, sindacalisti, ed amministratori locali, tra cui i sindaci di Valdagno e Schio. «Chiediamo l’intervento del governo - ha affermato Neri - e all’azienda che presenti un piano di sviluppo. La Marzotto è nata qui e ha delle responsabilità sociali delle quali deve rendere conto». E rivolto ai lavoratori ha garantito: «Vi porto la solidarietà e l’impegno a lottare con voi». «Questa manifestazione non è solo “contro”, è anche “per” - ha affermato Teresa Bellanova, segretario nazionale Cgil Filtea - e con l’azienda vorremmo discutere di strategie e di innovazione, e non solo di esuberi. Se la responsabilità nei confronti del territorio non la pretendiamo dalla Marzotto, da chi dobbiamo aspettarla, dai contoterzisti? Difendere questo lavoro - ha concluso tra gli applausi - è difendere il lavoro femminile. Siamo uscite dalle case per crescere e far crescere il benessere, non vogliamo tornare indietro». Sergio Spiller, segretario nazionale Cisl Femca, ha lanciato un appello alla «responsabilità della politica, latitante negli ultimi anni. Il progetto industriale - ha aggiunto - deve essere fondato sulla stabilità. Basta con le ristrutturazioni ogni tre mesi. Servono garanzie e insieme possiamo ottenerle». Per Giannino Rizzo, segretario provinciale della Uilta, è stata «una manifestazione composta e seria. Ma non può finire qui. Il problema non è solo oggi, ma anche domani; non è solo la Marzotto, ma anche l’intero territorio». Tante questioni, dunque, che lavoratori ed istituzioni rimettono anche nelle mani del governo. Le segreterie nazionali di Cgil, Cisl e Uil avevano chiesto l’intervento del ministero del lavoro. Una visita di Roberto Maroni nel Vicentino è stata più volte ventilata, ma finora non se n’è fatto nulla. Una risposta concreta è giunta invece a firma del suo vice, il sottosegretario Maurizio Sacconi, che ha fissato un incontro a Roma per il 18 ottobre prossimo: sindacati nazionali e territoriali, Provincia e Regione chiederanno nuove prospettive occupazionali. All’incontro è stata invitata anche l’azienda. I sindaci di Schio e Valdagno hanno chiesto di poter partecipare.