07 LUGLIO 2006

Base Usa, guerra tra Comune e Governo
«Non toccate la Bossi-Fini»
Bancarotta? Candidato nei guai

Base Usa, guerra tra Comune e Governo
Hüllweck: «È tutta una farsa». Gli americani, intanto, accelerano i tempi

di G. M. Mancassola

È guerra totale fra Comune e Governo sul progetto di costruire una nuova caserma americana all’aeroporto “Dal Molin”. A Roma, ieri, Vicenza è stata protagonista in due palazzi della politica: alla mattina nella sede del ministero della Difesa, dove si è riunita la commissione ministeriale che deve analizzare dal punto di vista tecnico e ingegneristico il progetto a stelle e strisce; nel pomeriggio, invece, durante il question time in diretta tv alla Camera, il ministro Vannino Chiti ha risposto alle interrogazioni sul “caso Vicenza”, assicurando che ancora non c’è alcun accordo. Il vero scontro, tuttavia, è andato in scena al mattino, quando il sindaco Enrico Hüllweck ha fatto saltare il tavolo di lavoro attaccando duramente il metodo scelto dai vertici militari italiani per esaminare l’operazione, mentre la delegazione americana disponeva sul tavolo la loro tabella di marcia, chiedendo di stringere i tempi delle decisioni.
L’attacco di Hüllweck
«È stata una farsa. Il Governo sta facendo il doppio gioco». Hüllweck non usa mezze misure per affondare i colpi contro palazzo Chigi e la maggioranza di centrosinistra. Nel mirino del sindaco c’è la riunione convocata dal ministero della Difesa, a cui hanno preso parte responsabili dell’aviazione civile, una delegazione comunale di cui hanno fatto parte anche l’assessore ai Trasporti Claudio Cicero e il presidente del consiglio comunale Sante Sarracco, e una delegazione della Provincia capitanata dal consigliere leghista Roberto Ciambetti. «È stata una riunione farsesca - esordisce il capo dell’amministrazione comunale - organizzata in uno sgabuzzino dove sono state stipate quaranta persone, tanto che ho chiesto se fosse un incontro clandestino». Hüllweck ha sparato ad alzo zero contro quello che ritiene un doppio gioco: «Ho chiesto che il Governo Prodi si esprima, dica chiaramente cosa intende fare, dal momento che i rappresentanti della maggioranza di centrosinistra, a Vicenza, si sono sempre espressi in termini negativi rispetto a questa ipotesi. Non c’è però il medesimo atteggiamento a Roma, perché alla riunione ho avuto la netta sensazione che i giochi fossero già fatti, ma che ci sia l’intenzione di scaricare su Comune e Provincia la compartecipazione alle responsabilità delle decisioni. Ma queste decisioni non spettano agli enti locali, quindi non accetto che si scambi la disponibilità a presenziare a riunioni di tipo tecnico per una adesione al progetto». Irritato dal contesto, Hüllweck si è rifiutato di firmare il verbale di presenza, annunciando che il Comune non prenderà più parte a riunioni come quella di ieri finché il Governo non si sarà espresso a chiare lettere.
La corsa degli Usa contro il tempo
I rappresentati dell’esercito Usa, alcuni dei quali arrivati dalla base di Heidelberg in Germania, hanno presentato ieri la loro tabella di marcia, che prospetta decisioni a stretto giro di posta. Nello schema consegnato a Roma, si legge ad esempio che entro il 15 luglio intendono procedere all’analisi della bonifica bellica e l’indagine storico-archeologica dell’area. Due test necessari per perfezionare il progetto finale della base. Entro il 31 luglio, poi, hanno la necessità - come fanno notare Hüllweck e Sarracco - che il Comune confezioni i provvedimenti amministrativi per la strada di accesso al cantiere. Tutto per arrivare a settembre con le carte in regola per salvare il finanziamento del governo americano, che altrimenti scadrebbe. L’appalto verrebbe lanciato a fine 2006, i lavori scatterebbero nel 2007. Il Comune e la Provincia hanno opposto una serie di problemi tecnici che però devono essere risolti. Come spiega Ciambetti, ci sono i delicati equilibri idraulici di tutta l’area dell’aeroporto, a ridosso del Bacchiglione. C’è poi la viabilità, cara a Cicero, che deve essere rivista e potenziata per non congestionare mezza città.
La risposta di Chiti al question time
E se Hüllweck chiama in causa il Governo, il Governo chiama in causa il Comune. Nel pomeriggio, infatti, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti, ha risposto in diretta televisiva a un’interrogazione sul caso “Dal Molin”. Non c’è alcun accordo, ha detto Chiti, che ha precisato: «È stata manifestata una disponibilità di massima per tale concessione, subordinando l’operazione alla formalizzazione di uno specifico piano di transizione per quanto riguarda l’ area, allo scopo di arrivare ad una soluzione condivisa da tutte le parti interessate al progetto. Sarà in sede di definizione di questo piano di transizione che ogni singolo aspetto dovrà essere approfondito e concertato e, in ogni caso sui temi della sostenibilità urbanistica e ambientale il ruolo delle amministrazioni locali non può che essere fondamentale». Per l’ area in questione, ha proseguito Chiti, «non risultano previsioni di stoccaggio: l’area verrebbe utilizzata per il supporto tecnico delle forze e per la realizzazione di un complesso residenziale a uso del personale militare e civile americano e delle rispettive famiglie». Il ministro ha, quindi, riferito che «l’ipotesi di concessione in uso dell’area è stata portata avanti con l’interessamento attivo delle autorità locali, dalle quali non risulta siano stati sollevati particolari elementi ostativi».

Il ministro della Difesa rinvia il suo intervento alla Camera. Domani in città la vicepresidente della commissione
«Il problema rientra nelle relazioni fra Italia e Usa»
Parla anche Parisi: «Tutto va inquadrato nell’ambito dell’operatività delle forze americane»

Nella lunga giornata romana del “Dal Molin” non c’era il lupus in fabula, il ministro della Difesa Arturo Parisi, da più parti indicato come colui che, per davvero, può decidere le sorti dell’operazione. Il ministro è stato impegnato a Passo Falzarego, nel Bellunese, per assistere a un’esercitazione alpina organizzata dal Comando delle truppe alpine. Al suo posto, alla Camera, ha risposto il collega Vannino Chiti. E tuttavia, Parisi non si è sottratto ad alcune domande sulle polemiche scaturite a proposito del progetto della nuova caserma americana a Vicenza. «Il problema - ha detto - rientra nell’ambito delle operatività delle forze armate americane e quindi dev’essere inquadrato nelle relazioni che il governo italiano ha stabilito con il governo Usa». Parisi ha quindi proseguito dicendo che l’esecutivo sta su questo argomento acquisendo informazioni. «Da queste - ha concluso - ci apprestiamo a dar conto in Parlamento in risposta ad un’interrogazione che è stata sollevata, ragione per cui oggi devo rinviare la mia risposta». Parole misurate, espresse in politichese, che vanno interpretate e la cui chiave di lettura arriverà nelle prossime settimane, quando il Governo, in un modo o nell’altro, dovrà pronunciarsi, data la fretta che anima gli americani. Domani mattina, nel frattempo, è attesa in città Elettra Deiana, onorevole di Rifondazione comunista e vicepresidente della commissione Difesa. L’on. Deiana incontrerà il coordinamento dei comitati anti-caserma e illustrerà le ultime novità sull’operazione nel corso di una conferenza stampa ospitata nella sede della Cgil in via Vaccari alle 11.30. L’appuntamento ha scatenato un nuovo fronte polemico: «Non è possibile - commenta il presidente del consiglio comunale, l’aennista Sante Sarracco - che non sia giunta alcuna richiesta per incontrare rappresentanti dell’amministrazione comunale».

Le reazioni dei vicentini
Fabris: «È stato tutto azzerato Deciderà Parisi»
Alifuoco (Ds): «Bisogna lavorare sull’impatto urbanistico e viabilistico, che stravolge il Pat» Bonafede (An): «La scelta è in mano a Prodi»

(g. m. m.) «Da quanto ho direttamente appreso dai rappresentanti ministeriali intervenuti è emerso che la vicenda verrà interamente riesaminata dal ministro alla luce delle incongruenze sia dal punto di vista tecnico e soprattutto dal punto di vista politico». Lo sostiene l’on. Mauro Fabris dell’Udeur, che torna ad attaccare il Comune: «È stata dimostrata la superficialità con cui a livello locale l’intera vicenda è stata condotta e soprattutto mal rappresentata alle autorità militari sia americane che italiane. I problemi di natura urbanistica, viabilistica e soprattutto di effettiva sicurezza di una struttura militare così importante non hanno mai trovato la giusta evidenziazione nei documenti e nelle improvvide rassicurazioni date dal Comune alle nostre autorità militari. Da parte mia confermo dunque tutte le perplessità e anzi la denuncia per il modo irresponsabile e “tartufesco” con cui il sindaco e la maggioranza hanno condotto la vicenda, ma al tempo stesso il leale impegno a sostenere gli accordi e le alleanze internazionali che il nostro Paese è chiamato ad onorare a partire con i nostri alleati americani». «Il problema vero è l’impatto urbanistico e viabilistico in una zona “a imbuto” - è la riflessione di Ubaldo Alifuoco, consigliere comunale dei Ds e vicepresidente della commissione Territorio -. Il rischio per la sicurezza non cambierebbe: il numero di soldati conta relativamente, conta invece la funzione, che già oggi c’è ed è la Ederle. Il pericolo di attentati c’è già, quindi. Al Comune compete invece un’analisi amministrativa del problema, considerando ad esempio che la volumetria prospettata induce a pensare a un numero di soldati più alto, rispetto ai duemila dichiarati. Per l’imponenza, questo progetto rischia di far saltare gli equilibri del Pat, il nuovo strumento urbanistico». «Dopo tanta disinformazione e strumentalizzazione politica e ideologica sulla tematica di uno sviluppo della presenza statunitense a Vicenza, arrivano finalmente delle conferme certe - analizza Marco Bonafede, presidente aennista della circoscrizione 5, quella direttamente interessata -. Certe perché provenienti da esponenti autorevoli del centrosinistra che hanno confermato come non vi siano accordi tra il Governo nazionale e gli USA. Occorre quindi adesso concentrarsi, cercando di spogliarsi dei pregiudizi, sulla scelta che il Governo Prodi sarà comunque chiamato a prendere. Questa decisione deve certamente considerare tutti i possibili impatti sulla città e cercare di capire se questi siano compatibili con le esigenze militari di un'alleanza che, mi auguro, l'Italia sappia mantenere viva. La stessa decisione deve però prendere in considerazione i possibili ritorni positivi di rafforzamento della presenza statunitense in città: l'aumento dell'occupazione, diretta o per indotto, i possibili sviluppi della viabilità a nord, nonché la possibilità di mantenere funzionante una pista di volo anche per traffico civile (e non vi atterreranno i tanto temuti caccia o bombardieri in missione di guerra: le dimensioni della pista sono una garanzia oggettiva e certa). E dovrà considerare poi anche le tante firme raccolte da chi, legittimamente, si schiera “contro” e si aspetta una decisione in tal senso. Ma tutto è oggi nelle mani di Prodi e del suo Governo, dove - è utile ricordarlo - siedono anche esponenti pacifisti e movimentisti».


«Non toccate la Bossi-Fini»

di Marino Smiderle

La tratta delle badanti moldave, con relativo incentivo all’immigrazione clandestina dai Paesi dell’est, passa dai sedili consunti degli autobus agli scranni di Montecitorio. L’inchiesta del nostro Giornale ha scatenato una polemica a distanza tra centrosinistra al governo e centrodestra all’opposizione. L’on. Mauro Fabris (Udeur) ieri ha puntato il dito contro la legge Bossi-Fini («Va ripensata, è assurda, ha aumentato l’immigrazione clandestina») e oggi, puntuale, arriva la risposta dell’on. Giorgio Conte (An), che respinge al mittente le accuse. «Ho letto gli articoli del Giornale di Vicenza - dice Conte - e confermano che ci sono dei problemi sul fronte dell’immigrazione. Io sarei disponibile ad affrontare il problema assieme, anche perché la cultura della sicurezza è sempre stato un segno distintivo di An. Se però si preferisce buttarla in polemica, come ha fatto l’on. Fabris, allora avrei anch’io due cosette da dire alla sinistra». E qui sono scintille. Conte è uno dei primi sostenitori della Bossi-Fini, che a suo avviso ha le maglie troppo larghe. «Fabris deve riconoscere - attacca - che questa è una legge europea, simile a quelle di Francia e Germania. Se le badanti moldave preferiscono sobbarcarsi un viaggio così faticoso per arrivare in Italia, piuttosto che optare per altri paesi a loro più vicini, significa che bisogna serrare le maglie, non cambiare la legge. Perché se parliamo di quote, possiamo anche decidere di aumentarle, ma questo cosa c’entra con la sostanza della Bossi-Fini?». Dai dettagli pratico-applicativi, all’affondo puramente politico. «Quando il centrosinistra era al governo - insiste Conte - in materia di immigrazione ha combinato solo disastri, prima con la legge Martelli e poi con la Turco-Napolitano. Noi da loro non accettiamo lezioni. Tanto meno quando apprendo che questo governo ha in programma delle ispezione ai Centri di permanenza temporanei, e che a queste ispezioni parteciperà il no-global parlamentare Francesco Caruso. È così che vogliono combattere l’invasione dei clandestini». A furia di togliersi sassolini dalla scarpe, Conte ne riempie un sacco. «Fabris ha citato gli accordi raggiunti dall’Italia con Albania e Libia - afferma il parlamentare vicentino - ma si dimentica di dire che quegli accordi li abbiamo fatti noi del centrodestra. La polizia albanese è stipendiata dal governo italiano, e questo è stato deciso quando alla Farnesina c’era Fini. La verità è che, da quando Prodi è entrato a palazzo Chigi, i flussi di ingresso clandestino in Italia sono aumentati, probabilmente perché vedono nella sinistra una sorta di incentivo ad arrivare nel nostro Paese». «E dirò di più - aggiunge -. In Commissione Affari costituzionali l’on. Roberto Zaccaria (Ulivo) ha fatto approvare una norma secondo la quale tutti coloro che entreranno in Italia potranno chiedere asilo politico. Finora questa procedura era riservata a coloro che provenivano da una lista di stati definiti a rischio. Ora anche chi arriverà dall’Olanda potrà chiedere asilo politico. E non è tutto: se anche la domanda fosse rigettata, il richiedente avrà diritto a rimanere nel nostro Paese fino a quando non sarà stata data risposta a tutti i ricorsi presentati, aumentando così il rischio di passare alla clandestinità. Se questa parte politica cancellerà la Bossi-Fini, che Dio ci aiuti: arriveranno qui da tutto il globo. Molti hanno sono già in viaggio».


Uno dei rappresentanti locali di Forza Nuova, alleata di Alessandra Mussolini, rischia il processo
Bancarotta? Candidato nei guai

(i. t.) Un vecchio crac di tanti anni fa che rischia di costare molto ad Alessandro Fontebasso, 39 anni, di Vicenza, recente candidato alle politiche per la camera nella lista di Forza Nuova collegata ad Alternativa sociale, di cui è un noto esponente provinciale, per il quale la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta documentale aggravata e patrimoniale. Era l’amministratore unico della società Hotel Service srl, di cui Alessandro Olla, 35 anni, bresciano di Villanuova, fallita nel novembre 2003. A proposito dell’attività di questa ditta, il curatore Maurizio Martini ha scritto: «La società è stata costituita solo per scopi truffaldini come risulta dalla documentazione in possesso all’autorità giudiziaria». L’udienza preliminare è stata fissata davanti al gup Agatella Giuffrida, dove il pm Marco Peraro chiederà il rinvio a giudizio dei due imputati, difesi rispettivamente dagli avv. Emanuele Scieri e Stefano Peron, per una vicenda che risaliva al 1993, ma i cui strascichi in tesi d’accusa si sarebbero riverberati fino al marzo 2005. La società Hotel Service aveva sede in via Boccherini, ma era stata costituita nel Bresciano a Edolo come C.M.L.C., prima di cambiare denominazione sociale ed essere intestata a Fontebasso, che all’epoca aveva 27 anni, il quale la gestì dal 15 febbraio a fine luglio. In quel torno temporale, hanno ricostruito gli inquirenti, la ditta ebbe un volume di acquisti pari a 381 mila euro (739 milioni di lire) con un vorticoso giro di acquisti con una logica di accaparramento di merci di ogni tipo con l’obiettivo di venderla in contanti. La finanza osservò che Fontebasso non solo poteva non essere consapevole, ma il fatto che gli acquisiti fossero stati eseguiti dilazionati a 30,60 e 90 giorni, mentre le vendite in contanti, sarebbe stato il classico meccanismo per rifilare bidoni, di cui egli non poteva non essere consapevole. Dalla ricostruzione del pm Peraro, Fontebasso e Olla sarebbero stati gli artefici di una serie di operazioni pericolose per i creditori, tanto da distruggere anche in parte i libri e le scritture contabili della società. O comunque li avrebbero tenuti in maniera da non consentire la ricostruzione al curatore Martini. Tra l’altro, l’ultimo bilancio depositato era quello al 31 dicembre ’91. All’epoca gli inquirenti osservarono che Fontebasso non aveva dato informazioni riguardo alla scomparsa di alcuni libri della società, anche se aveva collaborato per il recupero dei crediti. Tra i libri mancanti quello degli inventari, giornale, fatture emesse, acquisti, carico degli stampati e quelli dei cespiti ammortizzabili. A Fontebasso il pm contesta la bancarotta fraudolenta perchè si era tenuto una Volkaswagen Golf a titolo di locazione finanziaria e non era stata rinvenuta dal curatore al momento dell’inventario. Nel corso delle verifiche della magistratura furono sequestrati indizi che portavano a far ritenere che ci fosse stato il tentativo, contraffacendo i marchi distintivi dell’Inail, di realizzare false buste paghe da usare in maniera fraudolenta. Non a caso la finanza rinvenne una cartellina con scritto sopra:«Documenti Inail falsi». Gli imputati sperano nella prescrizione, qualora cadesse l’aggravante della bancarotta fraudolenta documentale.