06 NOVEMBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

Rabbia anti-occupanti «È giusto siano puniti»
Furti nei centri commerciali Spuntano bande organizzate

Liceo artistico. Studenti contro: «I ribelli? Solo pochi ragazzi di prima»
Rabbia anti-occupanti «È giusto siano puniti»

di Anna Madron

Liceo artistico il giorno dopo. All’indomani dell’occupazione da parte di una trentina di studenti, la maggior parte estranei alla scuola, all’istituto di via Calvi l’aria è ancora elettrica. C’è chi parla nei corridoi, chi si ferma a commentare nel cortile esterno, chi mostra la ricostruzione dell’accaduto diffusa dal Coordinamento studenti. Là dove si dice che “una cinquantina di studenti che avevano aderito allo sciopero contro la Moratti, hanno occupato temporaneamente il liceo artistico per discutere collettivamente sul problema della riforma, della libera circolazione dei saperi e delle antenne di video-cellulari. In seguito, gli studenti che avevano partecipato al corteo hanno raggiunto in gruppi separati gli altri all’interno dell’istituto per aiutarli nella lotta e partecipare alle attività». Un’intraprendenza non gradita, però, come riporta il documento preparato dagli alunni dell'ex Martini e consegnato ieri mattina al preside Mauro Maria Perrot durante l’assemblea a cui hanno preso parte tutti i rappresentanti di classe e d’istituto. «Ci dissociamo e vogliamo esprimere tutta la nostra indignazione riguardo a ciò che è successo - si legge - è proprio dal nostro stupore e dalla nostra rabbia, infatti, che nasce il desiderio di prendere provvedimenti contro coloro che, pur essendo della nostra scuola, hanno tradito la fiducia dei loro compagni, organizzando tale occupazione». Si chiede quindi al dirigente di «prendere seri provvedimenti nei confronti dei promotori dell’iniziativa, nel rispetto non solo di noi studenti, ma anche dei docenti e del personale Ata, visto lo scompiglio creato e il mancato rispetto verso coloro che volevano svolgere il proprio dovere». Nessuna giustificazione di quanto è avvenuto, insomma, da parte degli studenti che non mancano di sottolineare come i fautori di questa sorta di rivolta scolastica abbiano “gettato fango” sulla reputazione del liceo. Parole grosse, smorzate dal vicepreside della scuola, Sergio Bozzo. «Non si tratta di individuare i responsabili per punirli - dice - quanto di avviare con loro un dialogo. I problemi si risolvono parlando e confrontandosi ed è questa la linea che intendiamo adottare». Ieri mattina, però, gli studenti dell’ex Martini protagonisti dell’occupazione non si sono fatti avanti, nonostante l’invito della scuola a presentarsi. «Sono alunni di prima, che si lasciano fagocitare da ragazzi più grandi che con la scuola non c’entrano», dicono le voci di corridoio, all’interno di un istituto che qualche attimo di paura l’ha vissuto. «Sì, ci sono stati momenti di panico - confessano Carlotta Pagliaro e Giulia Lumasini - anche perché ci siamo trovati in pochi in mezzo al caos, visto che i più avevano aderito allo sciopero contro la riforma Moratti». Tempesta passata. Dopo i fischi, le urla e gli slogan scanditi a più riprese, ieri si è riflettuto insieme a preside e professori su una manciata di problemi elencati anche nel volantino anonimo distribuito dai “rivoltosi” durante l’occupazione: elettrosmog, registro elettronico, assemblee, uscite anticipate, identità della scuola. E se sull’inquinamento da ripetitori si è sorvolato («i ragazzi che protestano sono anche i primi ad avere sempre il telefonino in mano», fa notare il vicepreside che sottolinea la complessità dell’argomento), sul resto si è raggiunto un compromesso. «Per quanto riguarda le uscite anticipate, ad esempio - spiega Bozzo - si è deciso che chi non intende presentarsi a scuola per ritirare il proprio figlio, dovrà firmare una delega in segreteria, altrimenti l’accordo è che il ragazzo non potrà uscire prima, come richiesto dai genitori in sede di Consiglio d’istituto». Risolta anche la questione assemblee, mentre resta in sospeso quella che rappresenta forse la patata più bollente: l’identità della scuola. Istituto ancora senza nome, l’ex Martini attende di conoscere il proprio futuro. «Rientriamo nella rosa degli otto licei previsti dalla riforma - precisa Sergio Bozzo - e sappiamo che ci verrà tolto un indirizzo a cui noi teniamo molto, quello di restauro, che passerà, stando al testo di legge, ai licei classici, sostituito da un corso “audiovisivo-multimediale”. Inoltre l’indirizzo artistico del tecnico Boscardin confluirà nel nostro liceo, passaggio che comporterà tra le altre cose anche un cambio di sede». Per l’ex Martini la prospettiva è infatti quella di occupare, nel 2007, gli spazi che il Quadri lascerà liberi dopo aver traslocato nell’area dei Paolini. Scenari ancora lontani e tasselli tutti da comporre, in attesa di vederci chiaro. A cominciare dal nome della scuola.


L’inchiesta. I supermercati berici vedono sparire il 10% del fatturato
Furti nei centri commerciali Spuntano bande organizzate
I controllori: «Siamo schedati col videofonino, i ladri ci evitano»

di Diego Neri

Bande organizzate, con ruoli e metodologie di lavoro. Sono quelle che, da parecchi mesi, hanno invaso i supermercati e i centri commerciali vicentini. Il taccheggio, per chi tutti i giorni cerca di combatterlo, è diventato a tutti gli effetti un mestiere, e molto redditizio, con tecniche per sviare i controlli e prodotti da rubare scelti con accuratezza. I guadagni di questa industria parallela e illegale sono impossibili da quantificare. Sono ben noti, invece, gli ammanchi di magazzino dai negozi, che da qualche anno a questa parte sono costretti a mettere in preventivo una perdita che arriva al 10-12 per cento del fatturato complessivo perché la merce, acquistata dal grossista e mai venduta, non c’è più sugli scaffali. Un’indagine a vasto raggio sul fenomeno, nel Vicentino, non è mai stata compiuta. I taccheggiatori vengono sì fermati quotidianamente da polizia, carabinieri e vigili, spesso con l’ausilio della vigilanza, e sono in larga parte giovani immigrati dell’Est europeo non in regola con il permesso di soggiorno. Non si riescono a bloccare invece coloro che li attendono all’uscita dal negozio, in macchina, pronti a scappare. Dove finirà tutta la merce rubata? I prodotti. Gli addetti antitaccheggio e il personale di vigilanza in supermercati e grossi centri raccontano che da qualche mese il fenomeno ha assunto proporzioni più preoccupanti. Non si parla dei poveri che non arrivano a fine mese o dei ragazzini che rubano per gioco, ma di stranieri che usano varie tecniche per portar via quanto più possono, e raramente roba da mangiare. Infatti, dalle verifiche compiute è emerso che spariscono gli stessi prodotti con una cadenza ritmata: una settimana vengono rubati profumi di marca, quella successiva creme di bellezza, la terza biancheria intima femminile, la quarta lamette da barba, la quinta liquori solo di due-tre marche. Lo stesso avviene in molti negozi, e non di rado anche nelle spaccate notturne. Impossibile non pensare che vi sia un’organizzazione alle spalle che “ordina” un certo prodotto; facile poi pensare che venga stoccato e che sia destinato al mercato nero dei Paesi dell’Est. Il dubbio è che esistano negozi dove si vende la merce trafugata in Italia. Le modalità. Quasi tutti i negozi sono dotati di strumenti elettronici per fronteggiare il taccheggio: si tratta di “porte” che segnalano il passaggio, alla cassa, di prodotti che non sono stati smagnetizzati dal personale al momento di pagare. Per ovviare alla verifica il sistema più in voga è quello di staccare le placche magnetiche dal vestiario, o di togliere le confezioni (dove le placche sono incollate), con un taglierino. La merce viene nascosta sotto la giacca, dentro i pantaloni, nei passeggini del neonato o ancora infilata in borse schermate con pellicola di alluminio che non fa scattare l’allarme. Le tecniche. È uno degli aspetti più inquietanti della piaga del taccheggio. Gli addetti alla vigilanza, che sono dipendenti di società, girano per i vari supermercati della provincia e oramai sono conosciuti di persona dai ladri. Alcuni di loro si sono accorti che i malviventi li hanno fotografati col videofonino: le loro immagini sono state diffuse fra i membri delle bande. Prima di rubare in un centro vengono perciò compiute delle ronde, telefono alla mano, per capire se siano presenti i controllori. In caso contrario, viene dato il via libera. Chi ruba compie più giri, a orari diversi, trafugando qualche prodotto alla volta. All’esterno viene atteso da un complice su un’auto o su un furgone dove viene stoccata la refurtiva. Mezzi di questo genere sono stati notati in numerose occasioni fuggire quando i taccheggiatori vengono fermati. Le soluzioni. Quando un ladruncolo viene scoperto spesso gli si fa pagare o restituire la merce, a meno che non abbia trafugato molto materiale; in tal caso i controllori chiamano le forze dell’ordine. Generalmente, però, trattandosi di un furto da poche decine di euro il malvivente se la cava con una denuncia a piede libero; in caso di arresto e di processo per direttissima, gode della sospensione della pena. E il numero di coloro che si turnano nell’arte del taccheggio è elevato, rendendo molto difficile la possibilità di fermare più volte la stessa persona. «Per fronteggiare questa piaga - commentano gli operatori del settore - solo una indagine mirata a scoprire coloro che organizzano queste bande può servire a dare un segnale forte. Altrimenti il conto da pagare per la collettività, anche considerando il fatto che per far fronte ai furti le società sono costrette ad aumentare i prezzi, è sempre più elevato».