Furti nei centri commerciali Spuntano bande organizzate
I controllori: «Siamo schedati col videofonino, i ladri ci evitano»
di Diego Neri
Bande organizzate, con ruoli e metodologie di lavoro. Sono quelle che, da parecchi mesi, hanno invaso i supermercati e i centri commerciali vicentini. Il taccheggio, per chi tutti i giorni cerca di combatterlo, è diventato a tutti gli effetti un mestiere, e molto redditizio, con tecniche per sviare i controlli e prodotti da rubare scelti con accuratezza.
I guadagni di questa industria parallela e illegale sono impossibili da quantificare. Sono ben noti, invece, gli ammanchi di magazzino dai negozi, che da qualche anno a questa parte sono costretti a mettere in preventivo una perdita che arriva al 10-12 per cento del fatturato complessivo perché la merce, acquistata dal grossista e mai venduta, non c’è più sugli scaffali.
Un’indagine a vasto raggio sul fenomeno, nel Vicentino, non è mai stata compiuta. I taccheggiatori vengono sì fermati quotidianamente da polizia, carabinieri e vigili, spesso con l’ausilio della vigilanza, e sono in larga parte giovani immigrati dell’Est europeo non in regola con il permesso di soggiorno. Non si riescono a bloccare invece coloro che li attendono all’uscita dal negozio, in macchina, pronti a scappare. Dove finirà tutta la merce rubata?
I prodotti. Gli addetti antitaccheggio e il personale di vigilanza in supermercati e grossi centri raccontano che da qualche mese il fenomeno ha assunto proporzioni più preoccupanti. Non si parla dei poveri che non arrivano a fine mese o dei ragazzini che rubano per gioco, ma di stranieri che usano varie tecniche per portar via quanto più possono, e raramente roba da mangiare. Infatti, dalle verifiche compiute è emerso che spariscono gli stessi prodotti con una cadenza ritmata: una settimana vengono rubati profumi di marca, quella successiva creme di bellezza, la terza biancheria intima femminile, la quarta lamette da barba, la quinta liquori solo di due-tre marche. Lo stesso avviene in molti negozi, e non di rado anche nelle spaccate notturne. Impossibile non pensare che vi sia un’organizzazione alle spalle che “ordina” un certo prodotto; facile poi pensare che venga stoccato e che sia destinato al mercato nero dei Paesi dell’Est. Il dubbio è che esistano negozi dove si vende la merce trafugata in Italia.
Le modalità. Quasi tutti i negozi sono dotati di strumenti elettronici per fronteggiare il taccheggio: si tratta di “porte” che segnalano il passaggio, alla cassa, di prodotti che non sono stati smagnetizzati dal personale al momento di pagare. Per ovviare alla verifica il sistema più in voga è quello di staccare le placche magnetiche dal vestiario, o di togliere le confezioni (dove le placche sono incollate), con un taglierino. La merce viene nascosta sotto la giacca, dentro i pantaloni, nei passeggini del neonato o ancora infilata in borse schermate con pellicola di alluminio che non fa scattare l’allarme.
Le tecniche. È uno degli aspetti più inquietanti della piaga del taccheggio. Gli addetti alla vigilanza, che sono dipendenti di società, girano per i vari supermercati della provincia e oramai sono conosciuti di persona dai ladri. Alcuni di loro si sono accorti che i malviventi li hanno fotografati col videofonino: le loro immagini sono state diffuse fra i membri delle bande. Prima di rubare in un centro vengono perciò compiute delle ronde, telefono alla mano, per capire se siano presenti i controllori. In caso contrario, viene dato il via libera. Chi ruba compie più giri, a orari diversi, trafugando qualche prodotto alla volta. All’esterno viene atteso da un complice su un’auto o su un furgone dove viene stoccata la refurtiva. Mezzi di questo genere sono stati notati in numerose occasioni fuggire quando i taccheggiatori vengono fermati.
Le soluzioni. Quando un ladruncolo viene scoperto spesso gli si fa pagare o restituire la merce, a meno che non abbia trafugato molto materiale; in tal caso i controllori chiamano le forze dell’ordine. Generalmente, però, trattandosi di un furto da poche decine di euro il malvivente se la cava con una denuncia a piede libero; in caso di arresto e di processo per direttissima, gode della sospensione della pena. E il numero di coloro che si turnano nell’arte del taccheggio è elevato, rendendo molto difficile la possibilità di fermare più volte la stessa persona. «Per fronteggiare questa piaga - commentano gli operatori del settore - solo una indagine mirata a scoprire coloro che organizzano queste bande può servire a dare un segnale forte. Altrimenti il conto da pagare per la collettività, anche considerando il fatto che per far fronte ai furti le società sono costrette ad aumentare i prezzi, è sempre più elevato».