Il direttore dei lavori: «Pronti alla rescissione del
contratto»
E l’amministratore resta introvabile da molti giorni
di Chiara Roverotto
Sul nome di Coccimiglio, l’amministratore unico della
Cogi che due anni fa si aggiudicò l’appalto per la
costruzione del teatro, cala il sipario. « È ancora
questione di qualche giorno - spiega il direttore dei
lavori, l’ing. Mario Gallinaro - poi questa vicenda si
dovrebbe chiudere, almeno con l’impresa fiorentina.
Del resto - assicura l’ingegnere - non potevamo
permetterci alcun boomerang di carattere procedurale,
per cui sono stati fatti tutti i passaggi secondo
quanto previsto non solo dal capitolato, ma dalla
legge Merloni ».
Insomma, la parola d’ordine era una: nessun rischio,
anche perché di tempo ne è trascorso parecchio e,
soprattutto, perchè il cantiere ultimamente è stato al
centro di numerose vicende, anche di natura
giudiziaria.
Ma andiamo con ordine: l’area dei lavori di via
Battaglione Framarin è presidiata dalla Fillea-Cgil
dal 21 gennaio scorso, data nella quale Coccimiglio
decise di licenziare gli operai che erano andati a
protestare in Consiglio perché non avevano percepito
lo stipendio, come peraltro era accaduto altre volte
nei mesi precedenti.
Dopo il ricorso è arrivata la sentenza del giudice del
lavoro che ha reintegrato gli operai. L’ultima
sentenza risale all’altro giorno: i legali della Cgil,
infatti, si erano rivalsi in merito alle lettere di
licenziamento e anche su queste il giudice non ha
avuto dubbi nel considerarle illegittime.
Sta di fatto che da allora nel cantiere non è entrato
nessuno, fatta eccezione per i tecnici della
commissione collaudatrice che il 3 febbraio hanno
inviato una relazione al responsabile del procedimento
per conto del Comune, l’ing. Gianni Bressan, nella
quale rimandavano al mittente le richieste di
Coccimiglio. In sostanza l’amministratore della Cogi
aveva chiesto oltre 200 giorni di proroga in virtù di
alcuni lavori che, a suo avviso, non erano inclusi nel
capitolato d’appalto. Ma la commissione non ha avuto
dubbi: « Motivazioni insufficienti, al massimo la
proroga può essere dai 20 ai 40 giorni ».
Segnale inequivocabile di come la procedura stava
andando avanti; da allora i rapporti con
l’amministratore unico della Cogi sono praticamente
interrotti. « Di fatto sono giorni che non abbiamo sue
notizie - prosegue l’ing. Gallinaro - e che non
risponde al telefono, ma pare non sia la prima volta
che sceglie atteggiamenti del genere. Noi dovevamo
inviare quest’ultima lettera, il termine scade
all’inizio della prossima settimana, le condizioni
perchè la Cogi possa continuare a lavorare, non credo
a questo punto sussistano ».
Insomma, la rescissione è vicina, poi che cosa
accadrà? « Chiameremo la ditta che nella graduatoria
occupava il secondo posto, la Vittadello di Limena.
Chiederemo se sono interessati a continuare l’opera.
Se dovessero risponderci no, procederemo subito al
nuovo appalto che nell’arco di otto mesi potremmo
anche concludere. Del resto consideriamo poco
probabile - prosegue l’ing. Gallinaro - che l’impresa
padovana ci dia una risposta affermativa anche perché
la base per l’appalto rimane invariata, e in oltre due
anni, i costi nell’edilizia sono decisamente
aumentati...» .
Il nuovo appalto quindi si avvicina?« Diciamo che è
l’ipotesi più reale. Quella che andremo a concludere
con la Cogi sarà una rescissione in danno. Il Comune
non poteva anticipare i tempi, ha fatto tutto quello
che era in suo potere. E non solo ultimamente, ma
anche all’inizio di tutta questa vicenda. Quando nel
settembre scorso venne deciso il nuovo cronoprogramma
che l’impresa sembrava aver accettato: in cantiere gli
operai non mancavano poi, evidentemente è accaduto
dell’altro e questa non può che essere la fine ».
I lavori che sono stati fatti fino a questo momento? «
Su quelli non c’è alcun problema, la commissione
collaudatrice ha fatto tutti i controlli per cui
l’impresa che subentrerà partirà dall’undicesimo stato
di avanzamento dei lavori che mi pare sia quello che
non è ancora stato pagato », conclude il direttore dei
lavori.
Il Comune, a tutt’oggi, ha dato alla Cogi poco più di
quattro milioni di euro e ora si sta accollando le
spese per gli stipendi dei lavoratori come previsto
dal capitolato nel momento in cui la ditta
appaltatrice non mantiene gli impegni.
Che cosa accadrà agli operai che di fatto sono stati
reinseriti dal giudice Perina, ma in pratica non
rispondono ad alcuna impresa? La Cgil, al riguardo,
aveva chiesto al Comune di impiegarli per alcuni
lavori di manutenzione all’interno del cantiere, ma
l’incontro che il segretario della Fillea-Cgil,
Antonio Toniolo, aveva chiesto al sindaco ancora due
settimana fa non è andato in porto, come la
discussione che le opposizioni avevano chiesto in
Consiglio comunale. Ma ora i problemi all’orizzonte
sono altri: tempi e costi fra tutti.
Il consigliere Alifuoco pensa ai costi che
lieviteranno di un bel po’
«Proporremo al sindaco l’avvio di una commissione»
(c. r.) Il vicepresidente della commissione
territorio, nonchè consigliere dei Democratici di
Sinistra, Ubaldo Alifuoco è sempre stato un attento
osservatore di quanto accadeva all’interno del
cantiere per la costruzione del nuovo teatro in viale
Mazzini. È stato il primo firmatario di svariate
interrogazioni, di ordini del giorno che, però, in
sala Bernarda non sono mai stati discussi, nemmeno
nelle ultime sedute, malgrado le rassicurazioni del
sindaco. « Purtroppo, noi consiglieri
dell’opposizione, siamo stati visti sempre e solo come
detrattori di quest’opera, ma la realtà non è mai
stata questa. Nel momento in cui i cittadini hanno
votato per il sindaco Hüllweck hanno votato anche per
la costruzione del teatro, questo era chiaro a tutti»
E in queste ore che Coccimiglio, amministratore unico
della Cogi, la ditta che ha vinto l’appalto, pare sia
intenzionato a mettere una pietra sopra il teatro di
Vicenza che cosa ci si può aspettare?
« Sicuramente - dice Alifuoco - la seconda ditta non
accetterà di subentrare. Del resto i prezzi a base
d’asta rimangono invariati rispetto a quelli di tre
anni fa e ed è trascorso troppo tempo, ci sono stati
rincari e aumenti di ogni genere. Difficilmente un
imprenditore, per quanto volonteroso, può farcela con
quelle cifre ».
- Quindi, lieviterà il costo del teatro?
«Su questo non credo ci siano molti dubbi: basta dare
un’occhiata a quanto è accaduto con il parcheggio
interrato di viale Verdi. All’inizio doveva costare 16
miliardi di vecchie lire e si è chiuso a 29. Se per
l’opera di viale Mazzini c’erano in preventivo 21
milioni di euro credo che alla fine si arriverà
attorno ai 35 milioni».
- Soldi che si dovranno trovare da qualche parte ...
«Visti i trasferimenti che arrivano dalla Stato, direi
che quei soldi usciranno dalle tasche dei
contribuenti, per cui dai cittadini di Vicenza, non
credo ci siano tante altre strade percorribili».
- A suo avviso il committente, cioè l’Amministrazione,
poteva agire prima dei confronti della Cogi?
«Direi di sì, il primo errore si è commesso all’inizio
quando le prime due ditte si sono ritirate e l’appalto
è stato assegnato alla Cogi con un ribasso del 21,166
per cento. L’estrema esiguità dello scostamento di
questa cifra rispetto alla soglia di anomalia doveva
produrre qualche controllo in più. Ma all’interno
della commissione esaminatrice vigeva una sola parola
d’ordine: non si può perdere altro tempo. Senza
contare che l’impresa non aveva alcun cantiere in
Veneto e non aveva rilevanti qualificazioni se non il
fatto di essere concessionaria del ramo d’azienda
della Concrete spa di Livorno, posta prima in
amministrazione controllata e poi fallita . Ma ora è
fondamentale guardare avanti: infatti proporremo al
Comune che venga insediata una commissione che si
occupi dell’opera più importante della città. A questo
punto punto bisogna uscire da quest’empasse nel più
breve tempo possibile».
Scuola: «No a quella bozza di riforma delle superiori»
Un documento dei docenti del “Da Schio” boccia
soprattutto le indicazioni per i professionali: «Un
percorso di serie B»
di Anna Madron
Non l’hanno proprio digerita la bozza del decreto
legge sulla secondaria. E in un documento inviato al
Miur, oltre che in Regione, Provincia e Comune, hanno
messo per iscritto malumori e preoccupazioni,
condivisi praticamente all’unanimità (appena sei gli
astenuti) dal collegio docenti.
Insomma gli insegnanti del “Da Schio”, istituto
professionale diretto da Sergio Moretti, non hanno
risparmiato critiche alla riforma della scuola,
bocciata a pieni voti, puntando il dito in particolare
contro le trasformazioni a cui andranno incontro gli
istituti professionali. «Non condividiamo il disegno
che questa legge nasconde - spiega Rosimbo Schiavo,
docente di economia aziendale - dividere cioè la
scuola in due canali fortemente distinti, gli
indirizzi professionali da un lato e i licei
dall’altro, creando un bivio di fronte al quale è
obbligatorio scegliere a tredici anni».
«E se i licei sono deputati all’Istruzione, i
professionali sono candidati a diventare in qualche
modo un percorso di serie B, che porta dritto al
mercato del lavoro».
Nel documento vengono criticati inoltre
«l’abbassamento reale dell’obbligo scolastico, proprio
nel momento in cui in Europa si discute di innalzarlo
a 18 anni» e, per quanto riguarda i professionali, «la
riduzione drastica del tempo scuola da 5 a 4 anni,
così come dell’orario settimanale che passa da 40 a 30
ore di cui solo la metà obbligatorie». Quanto alla
prevista regionalizzazione, gli insegnanti del Da
Schio osservano che «frantuma la preparazione in mille
specializzazioni (senza, peraltro, alcuna indicazione
precisa di attuazione) e non fa che dividere il corpo
docente» .
Indice puntato anche contro «la riduzione delle ore di
educazione fisica e l’eliminazione di quelle di
laboratorio, che vanificano la professionalità e le
risorse investite in queste attività dalla scuola
pubblica»; contro «l’impossibilità pratica di accesso
all’Università» e ancora contro «i tagli pesanti di
posti di lavoro e di fondi per gli allievi
diversamente abili, quest’ultimi particolarmente
numerosi negli istituti professionali».
Di fronte a questo disegno il collegio docenti del “Da
Schio” esprime forte preoccupazione non solo per il
futuro della scuola, ma dell’intera società che già
sui banchi «divide i cittadini fra garantiti e non (la
controriforma prevede sicuramente maggiori garanzie in
termini di risorse, percorsi e possibilità al sistema
dei licei); non riconosce il valore della scuola come
luogo di crescita della democrazia, dove le differenze
vengono riconosciute e valorizzate (la controriforma
accentua e rende ancor più marcate le differenze di
ceto sociale e di opportunità fra studenti); non
assicura a tutti i ragazzi l’accesso ai diversi
percorsi formativi, riconoscendo la possibilità di
sbagliare e quindi di cambiare percorso (uno studente
che a 13 anni ha scelto il percorso professionale,
dove sono solo 15 le ore settimanali di studio
obbligatorio, ben difficilmente potrà accedere al
sistema liceale dove le ore previste sono esattamente
il doppio); non riconosce infine che il benessere di
una popolazione non si misura solo da fattori
economici, ma anche dal livello di istruzione, perché
dove cresce il livello di conoscenza dei cittadini
cresce anche il benessere complessivo del Paese».
Punti, questi, sui quali il “Da Schio” invita tutti
gli istituti cittadini a mobilitarsi e al tempo stesso
ad inviare al Miur un documento di discussione per far
sì che «l’obbligo scolastico salga a 18 anni, venga
restituito pari valore a tutti gli ordini di scuola e
il rapporto studenti-docenti consenta una effettiva
“personalizzazione” del percorso scolastico resa
impossibile dai tagli di fondi, personale, ore di
lezione». Infine il corpo insegnanti del “Da Schio” si
augura che «sia ripristinata la certezza di percorsi,
titoli, discipline e contenuti scolastici, volutamente
nebulosi e indefiniti soprattutto per quanto riguarda
l’istruzione professionale e venga data reale
possibilità a tutti gli studenti di accedere
all’Università»
Terrorismo islamico e rosso sfiora Vicenza
Spedita la rivista Aurora
(i. t.) La relazione semestrale in Parlamento dei
servizi di sicurezza e una duplice inchiesta delle
procure di Milano e Trieste su un «progetto
rivoluzionario operaista che predica la propaganda
armata attraverso iniziative violente» sfiorano il
nostro capoluogo. Partiamo da questo secondo troncone.
A farsi promotore di queste rinnovate minacce
terroristiche di matrice comunista è la sedicente
rivista “Aurora”, foglio clandestino in cui si
progetta la ricostituzione di una banda armata. Della
pubblicazione di questo opuscolo si stanno occupando
due procure, dopo che copie sono state distribuite in
ambienti antagonisti.
A renderlo noto è una comunicazione dei nostri servizi
segreti in Parlamento in cui si spiega che la
pubblicazione è stata distribuita a Genova, Torino e
Milano, ma è stata pure spedita alle sedi dei comitati
di base (Cobas) di Varese, Vicenza, Mestre e Udine.
Sopra la testata della rivista c’è la famigerata
stella a cinque punte e questa circostanza parla da
sola. Il nome Aurora non è scelto a caso perché
richiama l’incrociatore russo dal quale nel novembre
del 1917 partì la rivoluzione dei bolscevichi.
Tra le domande che si pongono i nostri detective ci
sono quelle se tra i divulgatori e i lettori della
pubblicazione ci siano anche gli autori di alcuni
attentati dimostrativi avvenuti in queste settimane
tra Liguria e Lombardia.
Per ora si tratta di domande che non hanno risposte,
anche se Vicenza risulta come una delle piazze in cui
è stata divulgata l’Aurora e di ciò si sta occupando
la procura di Trieste.
Ma della nostra città, indirettamente, si è parlato a
proposito di cellule del radicalismo islamico nella
semestrale relazione dei servizi di sicurezza alla
Camera.
L’intelligence osserva che c’è «un elevato rischio che
grava sul nostro Paese e specialmente sulla presenza
dell’Italia all’estero». Si parla dei 343 centri di
culto islamici al Nord, in costante costante crescita
dal 2000. Tra i fenomeni sui quali s’è posta
l’attenzione è quello delle figure degli
imam-itineranti, personaggi dalla forte ideologia
integralista, molti dei quali muovono da una visione
antagonista della società occidentale. Spesso si
tratta di personaggi di origine pachistana e hanno
nell’ultra fondamentalismo islamico una cornice
religiosa-ideologica molto forte.
I due tipi di estremismo, islamico e comunista, ad
avviso degli 007 potrebbero saldarsi in un’unica
sinergia.
Vicenza figura tra le piazze a rischio anche per la
presenza di una forte comunità americana con la
caserma Ederle e l’istituzione alla Chinotto della
nuova scuola di polizia europea.