Immigrati, le due emergenze sono la casa e il titolo di studio
di Maria Elena Bonacini
Gli allarmi a Vicenza in materia d’immigrazione riguardano «gli alloggi e il riconoscimento dei titoli di studio», sintetizza Germano Raniero, coordinatore provinciale del sindacato Rdb-Cub, a margine dell’assemblea provinciale dei cittadini/lavoratori immigrati svoltasi ieri a S. Corona. Tante le tematiche affrontate: il nuovo decreto flussi, i criteri per l’idoneità dell’alloggio, i permessi di soggiorno che il sindacato vorrebbe non fossero subordinati al contratto di lavoro, i tempi e le modalità per ottenerli, i diritti sindacali dei lavoratori immigrati, la regolarizzazione dei lavoratori precari e sommersi, ma soprattutto l’abrogazione della legge Bossi-Fini e della legge Biagi.
Numerosi i relatori: il responsabile provinciale del coordinamento migranti Morteza Nirou; Abu Bakar Soumahoro, responsabile nazionale immigrati dell’Rdb; Giuseppe Ceola, responsabile Rdb; Mustafa Wagne, coordinatore politico del coordinamento immigrati di Verona e l’avv. Roberto Malesani. Solo una trentina, invece, i partecipanti. Molti tifosi sono infatti rimasti a seguire in tv il quarto di finale di Coppa d’Africa Tunisia-Nigeria.
«La questione casa - spiega Raniero - sta creando grossi problemi. Gli immigrati sono obbligati a dimostrare di avere appartamenti di una metratura che rientri nei parametri regionali: 75 metri quadri per due persone, 100 per quattro persone... che come costi non sono alla loro portata». Per quanto riguarda, invece, i titoli di studio, il sindacalista sottolinea le «nuove richieste dei datori di lavoro che cercano immigrati con alta professionalità. Le “quote”, però, non lo prevedono, e i finanziamenti alla ricerca sono bassi. Tra Confindustria e la Regione è lotta per offrire ad ingegneri stranieri stage e agevolazioni. La ricerca nelle aziende può salvare posti di lavoro che, se persi, porteranno a una guerra tra bianchi e neri».
Fortemente chiesta da tutti gli oratori è, oltre alla chiusura dei Cpt, l’abolizione delle leggi Bossi-Fini e Biagi, «norme che - afferma Soumahoro - insieme alle quote d’entrata, riducono lo straniero ad una merce da sfruttare per il lavoro e da mandare indietro. Il permesso di soggiorno non deve poi essere legato al contratto di lavoro, altrimenti l’immigrato diventa ricattabile dal padrone».
Le proteste e le accuse, spesso unanimi, spaziano a tutto campo: contro il goveno in carica ma anche i precedenti («nella Turco Napolitano erano presenti i germi della Bossi Fini»), dal centrodestra al centrosinistra («troppo ambiguo per paura di perdere voti; cosa farà se andrà al governo?»), ai sindacati confederali «che in queste lotte stanno dall’altra parte della barricata». E una risposta arriva anche al sen. Mauro Fabris, che aveva affermato che «nel Vicentino il meccanismo del rilascio dei permessi funziona». «La media per il rinnovo - ribatte Nirou - a Vicenza è di un anno».
Unanime è anche l’appello: «unirsi per avere una voce più forte e contare in sede decisionale».
Troppi furti in assessorato Ora indaga una telecamera
I sindacati scrivono al sindaco per chiedere conto dell’apparecchio
di G. M. Mancassola
In Comune scoppia il caso della telecamera fantasma. Da due giorni nei corridoi non si parla d’altro. Cos’è quel congegno misterioso appeso in un ufficio: una microspia, un sistema antifurto, una microcamera? E a cosa serve: a spiare i dipendenti, a origliare, a garantire più sicurezza? La questione, fino a ieri top-secret, ha creato una bella dose di imbarazzo, tanto che anche i rappresentanti dei sindacati confederali sono stati costretti a scrivere al sindaco Enrico Hüllweck per strappare il velo di mistero che copre un apparecchio elettronico installato all’insaputa di tutti (o quasi) nella segreteria dell’assessore alla Mobilità Claudio Cicero.
Nella stanza al secondo piano del palazzo degli uffici in piazza Biade, infatti, da alcuni giorni è comparso un oggetto non identificato, che avrebbe lasciato di stucco anche le due occupanti, vale a dire le fidatissime segretarie del vulcanico assessore padre della rivoluzione via rotatoria.
Dopo essere stato notato, il piccolo strumento digitale ha incuriosito prima e allarmato poi anche i sindacati. Per conseguenza è stata indirizzata una lettera al sindaco e agli assessori competenti, firmata da Cgil, Cisl e Uil per chiedere conto della novità.
«Non sappiamo di cosa si tratti, se sia un rilevatore di fumi o un antifurto - spiega Claudio Scambi della Uil -. Noi ci limitiamo a segnalare un’installazione che dovrebbe essere concordata con i rappresentanti sindacali. Va ricordato, infatti, che se dovesse essere una telecamera, si rischia di violare lo Statuto dei lavoratori, che vieta ogni strumento di controllo come questo. Siamo preoccupati perché lederebbe la legge e la libertà non solo di chi lavora, ma anche di chi frequenta l’ufficio. Finora non abbiamo ricevuto chiarimenti».
Ma l’assessore Cicero non si sbottona: «Sono sereno, io non ho deciso nulla. So solo che c’è un’attività giudiziaria in corso».
Rimbalzando da un corridoio all’altro, un po’ alla volta in serata il quadro si ricompone. Si tratta in effetti di una telecamera - viene spiegato in Comune - installata però non certo per sorvegliare le due dipendenti, ma per ragioni di sicurezza. Anzi: di indagine.
Sì, perché nei mesi scorsi alla Mobilità si sono registrati alcuni furti: sarebbero sparite, in particolare, alcune pratiche. Non è dato sapere a cosa si riferissero i documenti, ma non è difficile immaginare l’importanza delle carte che circolano in uno dei settori cruciali della macchina comunale.
Dopo un consulto fra dipendenti e dirigenti, è stata presa la decisione di sporgere denuncia in Procura. La faccenda è stata valutata immediatamente in tutta la sua serietà anche sul fronte investigativo e per questo è stata autorizzata l’installazione di una videocamera. L’obiettivo era cogliere con le mani nella marmellata il ladro, nel caso in cui gli fosse passato per la testa di ritentare l’impresa. Ora che l’occhio elettronico è di dominio pubblico, scatta almeno il “piano B”: la telecamera farà da deterrente. Sono tutti avvisati: non allungare le mani nella segreteria dell’assessore Cicero.
Aumentano gli immigrati in città Superata la soglia del 10 per cento
di Tatiana Branchi
Thiene raggiunge quota 21.781. Sono gli abitanti, registrati al 31 dicembre 2005, risultati iscritti all’anagrafe cittadina, 158 in più rispetto all’anno precedente. Tutto merito dei cittadini provenienti dall’estero, comunitari e non, che, proprio nel corso del 2005 sono aumentati addirittura del 15 per cento, con un incremento di 296 unità, passando da 1.976 a 2272. Come dire che ora, in percentuale, la città conta un maggior numero di stranieri rispetto a Schio. Più del 10 per cento contro il "quasi" 10 per cento degli stranieri scledensi.
Trend piuttosto statico, invece per i thienesi "doc", se non proprio negativo. Sono stati meno, infatti, i cittadini che dalla città si sono trasferiti in un altro comune, ma i deceduti hanno superato i nuovi nati. Il regolare aumento della popolazione, in effetti, viene registrato a Thiene da un decennio, così come in molte altre città italiane, proprio grazie all’arrivo degli stranieri che contribuiscono a decretare un tasso positivo di crescita demografica. Per il 2005, i nati registrati all’anagrafe cittadina sono calati del 10 per cento, passando da 235 a 211. I deceduti, invece, sono aumentati del 22 per cento: sono stati 184 nel 2004 e 223 l’anno scorso. Una bilancia negativa anche quella relativa al flusso migratorio verso la città. I cittadini che si sono trasferiti a Thiene, giunti da un altro comune o dall’estero, sono stati 91 in meno rispetto all’anno precedente. Viceversa, sono diminuite le persone che hanno scelto di lasciare la città, passate da 895 del 2004 a 859.
In aumento anche i nuclei familiari del 2 per cento che salgono da 8.488 a 8.659 nel 2005. Interessante, in questo caso, è l’analisi della composizione delle famiglie che tendono ad essere sempre più ristrette. Un buon 28 per cento, infatti, è formato da due persone mentre 27 su cento da un solo componente. I nuclei più "numerosi", da tre o quattro componenti, rappresentano solo il 21 ed il 19 per cento della popolazione thienese. A seguire, ma naturalmente meno presenti, le famiglie più numerose.
Punto forte della crescita demografica cittadina è comunque rappresentato dagli stranieri provenienti da paesi della comunità europea o extra-Cee che hanno trovato casa a Thiene. Sono aumentati, infatti del 15 per cento lo scorso anno, superando per la prima volta il limite del 10 per cento della popolazione cittadina. Gli stranieri più rappresentativi sono i balcanici, seguiti dai marocchini. All’anagrafe risultano infatti iscritte 417 persone serbe, 332 bosniache e 281 marocchine.
L’aumento demografico cittadino viene commentato positivamente dal sindaco, Attilio Schneck, che già a dicembre, in occasione della consegna del Premio Thiene, aveva anticipato il trend.
«I dati vanno letti tenendo conto della situazione economica e della ricettività abitativa -ha dichiarato il primo cittadino. Ciò che emerge, infatti, è che in città, evidentemente, le attività economiche tengono e riescono quindi a creare e a mantenere occupazione. Ugualmente, l’offerta di abitazioni sul mercato riaponde alle esigenze degli immigrati rendendo così Thiene appetibile».