«Permessi, basta finanziamenti»
Sbalchiero (Artigiani) critico: «È un problema dei Comuni»
di Chiara Roverotto
Il questore di Vicenza non fa mistero che i dati contenuti nell’ultimo dossier della Caritas-Migrantes sulla presenza degli stranieri nella provincia di Vicenza sia errato. « Ma non sono nemmeno in grado di dire che cosa possa essere accaduto - dice il dott. Dario Rotondi- l’ufficio trasmette i dati al ministero, poi come vengono elaborati non lo sappiamo. Del resto, la fonte del dossier parla chiaro: ministero dell’Interno, poi che cosa conteggiano, di che cosa tengano conto nell’elaborazione finale non lo sappiamo. Sta di fatto che la cifra è sicuramente diversa ».
Il dossier, infatti, ne registra 32.799, addirittura in netto calo rispetto al 2002, un numero che nemmeno si avvicina lontanamente alle presenze degli immigrati in città. « Presenze - ribadisce il questore - c he sono attorno alle 57 mila unità ». E questo falsa non poco lo studio curato dalla Caritas del Nord -Est. Infatti, sulla base delle ultime cifre sembra che Vicenza sia stata superata da Treviso e da Verona. « Direi che è abbastanza improbabile - prosegue il dott. Rotondi - le presenze tra Vicenza e Treviso praticamente si equivalgono ».
Insomma, Vicenza torna ad essere nella sua “antica”posizione: la prima provincia del Veneto per numero di immigrati. Certo, con molti cambiamenti: le donne sono aumentate in maniera considerevole e, per quanto riguarda i minori, il primato rimane sicuramente in provincia in particolare per quanto riguarda le iscrizioni nelle scuole materne con un’incidenza dell’8,4 per cento. Ma al di là della questione cifre e presenze c’è un problema ben più importante da superare e riguarda la convenzione che le categorie economiche strinsero, più di un anno fa, con i Comuni per la costituzione dei poli per l’accoglimento delle domande per il rinnovo e il rilascio dei permessi di soggiorno. Sei in tutto, per dare un po’ di respiro alla questura dopo l’approvazione delle legge Bossi-Fini che incrementò le pratiche, soprattutto perché i permessi a tutt’oggi rimangono legati alla durata del lavoro: per cui se un immigrato cambia azienda tre volte in un anno deve rivedere i permessi con la stessa frequenza. Alla luce di tutto questo e di altro ancora (i ritardi in questura erano decisamente consistenti): Vicenza, Arzignano, Schio, Bassano e Tezze sul Brenta nel febbraio di quest’anno decisero di aprire degli sportelli in modo che gli stranieri non solo si potessero presentare per avere tutte le informazioni necessarie, ma soprattutto per fissare gli appuntamenti con la questura e facilitare così la compilazione delle pratiche. Le categorie economiche all’inizio parteciparono al progetto con 20 mila euro che vennero distribuiti tra i vari poli, a settembre la convenzione scadeva e Commercianti, Artigiani e Industriali hanno rimesso mano al portafoglio con altri 18 mila euro. Ma qualche polemica si è subito innescata. Il presidente degli artigiani, Giuseppe Sbalchiero è stato chiaro: « Questa è l’ultima volta che noi tiriamo fuori dei soldi - ha affermato - anche perchè non riusciamo a capire perché alla fine i politici debbano sempre venire a bussare alle porte degli imprenditori. Decidono di aprire i poli? Bene, poi si accorgono che non hanno soldi e vengono da noi. No , - sottolinea Sbalchiero - non abbiamo alcuna intenzione di prenderci responsabilità che non abbiamo. Per cui se la devono sbrigare i politici ».
Una dichiarazione che non lascia repliche quella del presidente dell’Associazione provinciale degli Artigiani che, anche nei mesi addietro, era stato critico perché sosteneva che se Vicenza riusciva a consegnare i permessi in due-tre mesi altre questure avevano tempi più lunghi, pertanto c’erano - a suo avviso - stranieri che si trasferivano nel Vicentino per ottenere i documenti più in fretta. « Se gli imprenditori dopo il 31 dicembre non ci daranno una mano, io chiudo gli uffici di via Natale Del Grande il giorno dopo - affermal’assessore ai Servizi sociali, Davide Piazza - non ho né finanziamenti, né personale da impiegare in un lavoro che non spetta a noi ».
Una frase che si è sentita pronunciare più volte e che potrebbe aprire le porte anche ad un’altra eventualità: far pagare il servizio agli stranieri. Alla fine non resterebbero tante altre strade da percorrere...