Esplosione e nube tossica in argenteria
Vigili del fuoco e Arpav al lavoro per ore. È il terzo caso in pochi giorni
(d. n.) «Ho avuto paura, ma soprattutto dopo i casi della Vimet e di Torri di Quartesolo». Diego Cattelan, due ore dopo l’esplosione, era ancora scosso. Ma i timori maggiori erano passati. Ieri mattina ai vigili del fuoco è sembrato di rivedere il film di quanto accaduto nei giorni scorsi. Verso le 10.20 è arrivata la telefonata: «C’è stata un’esplosione in azienda per una reazione chimica». Fortunatamente, l’episodio si è risolto senza gravi conseguenze ma la paura, per una mezz’ora, l’ha fatta da padrone.
I fatti. Ieri mattina, all’interno dell’argenteria "Luna", che ha sede in via Dian 30 vicino al cavalcavia di viale della Pace e che si occupa della lucidatura di monili in argento per conto terzi, c’erano tre persone. Oltre alla titolare, Michela, il fratello Diego e una dipendente. Diego stava riordinando quando ha trovato un flaconcino di sbiancante per argento che non usava da mesi.
«Volevo disfarmene, perché non ci serve più», ha spiegato. Come hanno appurato più tardi i pompieri, nel flacone che conteneva mezzo litro di liquido c’erano acido cloridrico, fluoridrico e nitrico. Cattelan ha versato il contenuto in un altro recipiente in plastica, dove c’era circa un litro e mezzo di alcol metilico con dell’acido borico.
«Pensavo non succedesse nulla, ed invece hanno fatto reazione esotermica - spiega l’artigiano -. Ho sentito uno scoppio, e si è sprigionata una nube dal secchio. Sono stai momenti di forte tensione. Ho subito avvisato i vigili del fuoco».
La nube, di colore giallastro e dal forte odore acre, era composta di ossidi di azoto che si sono liberati dal contenitore, dal quale fortunatamente non è uscito il liquido. Cattelan ha urlato alle due donne di uscire, e in pochi minuti sono giunti i vigili del fuoco con una squadra e i loro colleghi del nucleo Nucleare batteriologico chimico radioattività (Nbcr) per eseguire una prima ispezione. Poco dopo sono giunti anche i tecnici dell’Arpav. I tecnici hanno verificato come il fumo fosse rimasto all’interno dell’argenteria, e come non vi fosse pericolo di scoppi. Ragion per cui lo stabile - il laboratorio sorge al piano terra di una palazzina con vari appartamenti - non è stato evacuato.
Quindi, con la strumentazione del caso, i pompieri hanno accertato come la presenza di fumi dentro i locali fosse superiore alla norma, ed hanno atteso circa due ore e mezzo che la situazione tornasse alla normalità, eseguendo periodici controlli con le tute e la maschera antigas. Verso le 13 hanno aperto le finestre sul retro del laboratorio, e dall’entrata principale hanno aspirato quanto restava della nube tossica. Con l’aiuto della polizia municipale, hanno invitato i residenti dei condomini vicini di via Dian a chiudere le finestre durante l’operazione, durata alcune decine di minuti. Nel pomeriggio è tutto tornato alla normalità, anche se lo spavento è rimasto.
«Lavoriamo in questo settore ormai da una ventina d’anni - hanno riferito i titolari - e mai era successo un fatto del genere. Certo, si è trattato di una leggerezza ma nessuno avrebbe ipotizzato che i liquidi che utilizziamo in ditta potessero produrre reazioni di questo genere. Fortunatamente non è successo nulla di grave, anche se quanto accaduto nei giorni scorsi ci è tornato alla mente e ci ha fatto temere il peggio».