03 AGOSTO 2005

dal Giornale di Vicenza

Affitti, le famiglie non ce la fanno
«Una bomba alle celle mortuarie»

Dal 2003 incremento delle domande del 50%. Il Comune stanzierà 300 mila in due anni in questo modo avrà un “bonus” dalla Regione di 400 mila per le locazioni onerose Nel 2004 il contributo medio per domanda è sceso a 769 annui contro i 2.131 del 2001
Affitti, le famiglie non ce la fanno
Sono aumentate del 14% le domande di contributi ai servizi sociali

di Federico Ballardin

Suona la sirena dell’emergenza abitativa, e il campanello d’allarme prende la forma di un numero: 1.405 domande di richiesta di contributi per pagare l’affitto. Si tratta del 14% in più di richieste rispetto allo scorso anno, quando le domande ai servizi sociali erano state 1198. Un dato che diventa ancora più allarmante se si guarda il problema da una prospettiva più lontana. In tre anni infatti le domande di contributo al Comune di Vicenza sono aumentate del 50%. Le famiglie vicentine, ma anche gli anziani con pensioni da fame, non ce la fanno a pagare la pigione e sempre più numerosi chiedono il contributo ai servizi sociali. Ma con l’aumento delle domande i contributi annuali si riducono notevolmente, ecco perché è al vaglio una soluzione che potrebbe portare nelle casse comunali un ulteriore contributo regionale di 400 mila euro. L’assessore Davide Piazza ha fornito ieri il dato sui contributi elargiti per affitti onerosi. Lo ha fatto durante il suo intervento al comando dei vigili del fuoco di via Farini, dove nell’ambito dell’iniziativa “Caserme aperte”, ha incontrato una trentina di anziani vicentini per spiegare i servizi e le iniziative del Comune rivolte alla terza età. Sono 861 le domande pervenute tramite la ditta Clesius incaricata dalla Regione di elaborare i dati per via telematica. Altre 523 sono pervenute dai Caaf cittadini e 21 direttamente in Comune via posta. Gli anziani, con le pensioni che si assottigliano, erose dal carovita e dalle tasse, sono tra i soggetti più in difficoltà, ma anche i nuclei famigliari mono reddito stanno ai piani alti della triste classifica delle difficoltà. L’aumento delle domande di contributi per pagare l’affitto ha provocato una contrazione notevole dell’assegno annuale stanziato per ogni richiesta. Se nel 2000 il Comune di Vicenza poteva assegnare 1.824 euro per ogni domanda e nel 2001 arrivava a 2.131 euro, dal 2002, anno di introduzione della nuova moneta, si nota una contrazione notevole del contributo medio annuo che scende a 1.013 euro. Nel 2002 inizia anche il boom delle domande (+50% in tre anni) e il contributo medio per richiesta crolla ai 728 euro del 2003 per salire leggermente nel 2004 a 769. Ma quest’anno è presumibile attendersi una drastica riduzione. L’assessore Piazza è già corso ai ripari per il 2006, fa sapere di fronte al “pubblico” di via Farini. La Regione ha infatti già stanziato per il 2006 ottocento mila euro per il sostegno al pagamento del canone di locazione delle famiglie in difficoltà. Il Comune di Vicenza metterà inoltre sul piatto 150 mila euro in due anni. Questa manovra consentirà di ottenere un bonus dalla Regione di altri 400 mila euro per il 2006 che, unito alla cifra stanziata dal Comune, permetterà di ottenere per l’anno prossimo un budget di 1.350 euro solo a sostegno del pagamento degli affitti. Ma il problema non sta solo qui. Perché la crisi economica si fa sentire anche su altre voci di spesa come le bollette. Il Comune di Vicenza ha speso nel 2004 centodieci mila euro per il pagamento delle bollette di 118 nuclei famigliari in difficoltà. Ogni anno sono circa un migliaio le domande inevase per ottenere un alloggio popolare a canone agevolato e anche questo dato contribuisce a dare un’idea di un fenomeno che con il passare degli anni sembra sfuggire a tutti i tentativi e gli sforzi di arginarlo. A settembre l’assessore Piazza presenterà il Piano casa, un documento che prenderà in esame tutte le problematiche legate all’abitazione ma formulerà anche alcune proposte concrete. Non è un mistero che per far fronte alle domande di case popolari Piazza intenda presentare una proposta che dovrebbe portare alla realizzazione di 500 alloggi nei prossimi tre anni. Un numero notevole che potrebbe però essere insufficiente se i numeri della crisi abitativa continueranno a galoppare a questo ritmo.

Banche del nord più “aperte” nel concedere i mutui. Ma i giovani non se la sentono
Lavoratori atipici senza casa, ma per scelta In provincia sono più di 50 mila i “precari”
Per il Censis solo il 35,2% dei giovani ha comprato casa

(fe. ba.) Il lavoro diventa flessibile, atipico, a termine, ma il mutuo casa per queste tipologie di persone è ancora un sogno. Lo dice uno studio di Altroconsumo, che ha effettuato un test nelle principali città d’Italia, anche se, a dire il vero, nel nord e nel Veneto in particolare, l’apertura delle banche verso gli atipici è certamente superiore rispetto al resto d’Italia. Lo confermano anche i funzionari della Banca Popolare Vicentina. A Vicenza il “parco” dei precari in tutta la provincia ammonta a più di 50 mila persone, secondo i dati della gestione separata dell’Inps, uno dei numeri che meglio riescono a definire un fenomeno che, con tutte le sue sfaccettature, è difficile imbrigliare in un grafico o in una tabella. Diciamo allora che nel 2004 sono stati 11 mila nella provincia i committenti dell’Inps che hanno effettuato almeno un versamento alla gestione separata per un proprio dipendente. Storicamente sono iscritti alla gestione separata 53 mila 274 soggetti, con formule contrattuali varie come co.co.co., contratti a termine, a progetto ecc. Sono 2.902, invece, i professionisti titolari di partita iva. Dal ’96 ad oggi la gestione separata vicentina ha incassato da questi lavoratori circa 58 milioni di euro di contributi. Secondo uno studio del Censis, i lavoratori atipici sarebbero il 21,5% dei lavoratori al di sotto dei 35 anni. Di questi soltanto il 35,2% possiede una casa di proprietà, una quota ridottissima se si considera che in Italia l’80% dei nuclei famigliari è proprietario dell’abitazione in cui vive. La fascia di popolazione più propensa all’acquisto della casa e dunque all’accensione di un mutuo, secondo questo studio, è proprio quella dai 26 ai 35 anni, quella che generalmente lavora proprio con formule contrattuali atipiche. In Italia, secondo il Censis sarebbero 4 milioni, in Veneto risiederebbe il 10,5%, di questi potenziali acquirenti di casa. La Banca di Roma, sulla scorta di questi dati, ha attivato un prodotto ad hoc per i giovani, anche se non tutte le filiali sembrano saper fornire informazioni precise sul prodotto (comunque piuttosto recente), rileva Altroconsumo. Molti Istituti di credito tuttavia, non hanno pensato a prodotti specifici per i lavoratori atipici. Il lavoro fisso, infatti, non è di per sé una garanzia così solida, in quanto il mutuo casa si articola su lunghi periodi, durante i quali può accadere di tutto. Certo un ingegnere che si presenta a chiedere un mutuo, e che inizia la sua carriera con un contratto atipico (come moltissimi giovani che entrano nel mondo del lavoro), ha una prospettiva di carriera futura di un certo tipo e quindi potrà più facilmente ottenere fiducia. Ma il problema, più che della varietà dei prodotti bancari, sembra essere più psicologico. Chi ha una istruzione medio bassa, di una certa età, e che lavora con contratti a tempo, in banca non si presenterà nemmeno. Un dato che sembra confermato dal Censis per il quale la maggiore propensione all’acquisto della casa riguarda proprio i giovani con titoli di studio medi o elevati. Bnl, Banca Intesa, Unicredit, Banca Popolare di Vicenza, Monte dei Paschi o San Paolo. Nessuno di questi Istituti, almeno nel Veneto, ha preclusioni per i lavoratori atipici, rileva lo studio di Altroconsumo. Sono loro, al limite, a non sentirsi abbastanza sicuri da accendere un mutuo di parecchi anni, nella situazione precaria in cui si trovano.


Allarme ieri mattina
«Una bomba alle celle mortuarie»
Si trattava di un sacchettino delle patatine del Mc Donald La polizia riporta la calma

Un sacchetto del McDonald alle celle mortuarie ha scatenato, ieri mattina, una ridda di sospetti. In tempi di preoccupazione terroristica, infatti è bastato questo per far nascere la paura fra coloro che nella tarda mattinata di ieri passavano per l’ospedale S. Bortolo. Alcuni di loro si erano riuniti a crocchio attorno al presunto ordigno. Il sacchetto, di quelli che contengono le patate fritte della nota catena di fast food, che ha una sede anche in città in corso Palladio, era stato probabilmente dimenticato da qualcuno in un angolo delle celle del S. Bortolo. Per questo è stata allertata la polizia che è arrivata nel giro di pochi minuti. Gli agenti hanno verificato che non si trattava di una bomba e che non c’era nulla di cui avere pericolo. Per questo sono riusciti a riportare la tranquillità.