«I rifugiati devono poter lavorare»
«Chi chiede asilo politico resta nel limbo per mesi»
di Marino Smiderle
Cantano e ballano, 3-400 africani arrivati a Vicenza da diverse città d’Italia. Cantano e ballano ma non hanno niente da festeggiare. Chi chiede asilo politico all’Italia non può lavorare. Pazienza se passano settimane, mesi, a volte un anno, senza che arrivi il pronunciamento. Che spesso derubrica l’asilo politico in asilo umanitario, con conseguente durata limitata e successiva spedizione al mittente dell’immigrato.
Di questo parlano i giovani arrivati dal Sudan, dal Togo, dalla Sierra Leone, dalla Liberia, terre martoriate dalla violenza e dalla povertà.
Poco dopo le 17 partono dalla stazione, scortati dalla polizia. In mezzo a loro diversi rappresentanti delle organizzazioni che hanno messo in piedi i dettagli di questa manifestazione, tra cui il coordinamento immigrati Cgil, il Tavolo migranti dei social forum del Vicentino e il Cub berico. Secondo gli organizzatori, il regolamento di attuazione della legge Bossi-Fini, entrato in vigore a febbraio, «prevede norme ancor più vessatorie per ottenere il famigerato contratto di soggiorno».
Ma lungo via Roma si manifesta per il diritto di asilo e per chi si trova nella scomoda situazione di non poter lavorare. «Questi giovani - spiega Germano Raniero, dei Cub - fuggono da realtà in cui sono perseguitati, in cui regnano regimi dittatoriali, e chiedono asilo all’Italia. Da noi aspettano mesi senza poter lavorare e poi, spesso, trovano risposte contraddittorie, che li costringono a darsi alla clandestinità. Non si può andare a avanti così».
Negli ultimi tempi decine di richiedenti asilo sono saliti verso il nord, Vicenza compresa. In teoria non potrebbero lavorare, in pratica devono mangiare: e quindi sono come nel limbo, un piede al di qua e un altro al di là della legge.
Dicko Mamadou è a Vicenza da 14 anni. Lui non ha problemi, ha tutti i timbri sulle carte giuste. Però sceglie di sfilare per solidarietà con tutti quelli che non hanno avuto la sua fortuna. «Ma li vede questi ragazzi - dice -, le paiono delinquenti, gente che non ha voglia di far niente? No, questi vogliono lavorare, si adattano a fare qualsiasi cosa. Io credo che bisognerebbe dare a tutti un permesso di soggiorno, nell’interesse dell’Italia. Nome, cognome, residenza, così si possono controllare: chi sgarra, espulsione. Ma chi dimostra lealtà alle leggi deve essere considerato un cittadino come tutti gli altri. Questa è la difficoltà maggiore, anche a Vicenza, dove spesso vengo fermato solo perché ho la pelle scura e vengo scambiato per un potenziale delinquente. La cosa mi dà parecchio fastidio».
Prosegue il corteo, lungo via Roma, poi lungo corso San Felicie, viale Milano e sosta finale davanti alla questura. Qui una delegazione è stata ricevuta dal vicequestore Giuseppe Sinatra. Il quale più di tanto non può fare, né promettere: le leggi sono queste e c’è chi deve applicarle. Alla fine, qualche problema col traffico per l’assembramento in piazzale Tiro a segno.