"Rolando vs. Sarracco" sul ring di sala Bernarda
Questa è una storia piccola piccola che succede dentro il mondo piccolo della politica comunale... Difficilmente lascerà tracce negli annali di palazzo Trissino: al massimo sopravviverà in queste noterelle di cronaca. Ma è da raccontare perché sintomo eloquentissimo di come vanno le cose tra destra e sinistra e di quante energie vengono succhiate dalle contrapposizioni di schieramento a chi ha ruolo e tempo per dedicarvisi.
Capitolo primo: le bandiere. Una settimana fa esatta nei corridoi municipali dalle parti della sala Bernarda va in scena un "caso". Un diessino di quelli che si danno più da fare, Giovanni Rolando, ospita a Palazzo il suo vice-capocorrente nazionale che deve raccontare come la Sinistra per il Socialismo - la più piccola tra le "anime" Ds - andrà a congresso. Cose loro, di partito, organizzate in Comune perché è luogo comodo e che non costa un euro. E perché ci sono stati, ormai da anni, precedenti partitici multicolori: primo a inaugurarli, Pierferdinando Casini quando ancora c’era il Ccd. Rolando ha una prenotazione in una saletta. La trova occupata. Accompagnato dal capo-usciere si trasferisce in un’altra. E vi installa una coreografietta per chi arriverà: una bandiera arcobaleno pro-pace e tre bandierine da tavolino con il patrio tricolore, le stelline europee e la Quercia di partito.
Capitolo secondo: il divieto. A pochi passi dal luogo dell’avvenuto trasloco - che è la stanza di servizio del consiglio comunale - ha il suo ufficio il presidente consiliare, Sante Sarracco di Alleanza nazionale. Avvertito, tenta di lanciare il suo «niet» : niente simboli non ufficiali (la Querciola alta qualche centimetro e il più sventolante drappo pacifista) in un luogo istituzionale. L’ingiunzione si ferma all’enunciazione: bandiera e bandierine restano lì. Sarracco promette sèguiti. Rolando accetta la sfida.
Capitolo terzo: la denuncia. Nel pomeriggio del martedì incriminato viene diffuso il testo di una domanda d’attualità - lo strumento che serve a discutere rapidamente un fatto in consiglio comunale - firmata dal capogruppo di An Luca Milani e dall’intera squadra aennista. La domanda in realtà è una denuncia che sposa in pieno la linea del presidente consiliare: si ipotizza la violazione della neutralità degli spazi comunali (per via sempre delle bandiere) e si chiede di verificare se Rolando & C., sedendosi là, hanno commesso qualche reato. L’argomento finisce nei titoli di cronaca: se è vera, la cosa è ghiotta...
Capitolo quarto: il freno. Giovedì sera, in sala Bernarda, toccherebbe alla risposta per Milani e An. I tempi sono stretti. Le cose da dire, forse, poche. Fatto sta che l’urgenza diventa dilazione alle calende greche: se ne parlerà tra qualche mese... Di solito, in casi del genere, gli interroganti s’inquietano. Stavolta il capogruppo di An non si dispiace troppo per il colpo di freno. «Mai fidarsi troppo, di nessuno...» commenta, ben lontano dai microfoni, a proposito dei contenuti del suo documento. Insomma: probabilmente si è accorto di aver esagerato nello sviluppare racconti altrui.
Capitolo quinto: il contrattacco. Poi è la volta di Rolando a rifarsi. Ha scoperto che l’interrogazione scritta contro di lui, quel martedì, per singolare tempismo è stata protocollata in municipio in contemporanea con l’alterco avuto con Sarracco. Ha letto nel testo che l’ospite omaggiato con bandiera e bandierine era... quello sbagliato (l’illustre vicepresidente del Senato Cesare Salvi, citato dagli aennisti, aveva dato "buca" perché occupato a Roma, sostituito dal meno illustre Giorgio Mele di notorietà solo diessina). Ha concluso che la ricostruzione fatta da An era farina, neanche tutta ben macinata, del sacco di Sarracco. E contrattacca.
Capitolo sesto: l’interrogazione. Tocca a Rolando punzecchiare con un’interrogazione... a futura memoria rivolta al sindaco Enrico Hüllweck, che una volta o l’altra verrà discussa insieme con il documento di Milani. Il diessino ricostruisce la sua versione dell’accaduto; lamenta il rigore della conduzione dei dibattiti in sala Bernarda (che per Sarracco è un vanto riconosciuto); tira in ballo una recente serata di alterchi aennisti in Circoscrizione 7, quando ancora Sarracco aveva richiamato alla disciplina di partito il «camerata» Adriano Carollo che stava minando il centrodestra zonale (poi capottato di brutto); rispolvera le serate conviviali della Destra (e, di nuovo, di Sarracco) per l’anniversario della mussoliniana Marcia su Roma. Il tutto per proporre la retorica e furba domanda se il presidente «è ancora compatibile con la funzione istituzionale di garanzia democratica» . Tradotto in chiaro dal politichese: se al sindaco sta bene di aver seduto dietro e sopra di sè, in sala Bernarda, "quel" presidente consiliare.
Capitolo settimo, da scrivere... La palla rimbalza così nella metà campo di destra, quella di Sarracco. «Non so dove Rolando voglia andare a parare...» dice per adesso il presidente. Che resta dell’idea che, quella volta, il dubbio sulla correttezza istituzionale dell’uso della zona-sala Bernarda era legittimo: «Accesso sì, simboli no. Se Rolando aveva bisogno di un ufficio, gli avrei ceduto il mio...» . Di tutta la vicenda, resta chiara una cosa: per il municipio e le pertinenze della sala Bernarda, meglio sarebbe avere un regolamento d’uso, a scanso di future liti: «È quello che sto già scrivendo» assicura il presidente. Rolando potrebbe fargli da consulente...