02 FEBBRAIO 2006

dal Giornale di Vicenza

Rocchetta, addio al centro per i giovani
Vicenza in bus e all’asilo nido è tra le dieci più care d’Italia

Rocchetta, addio al centro per i giovani
Abalti: «La Sovrintendenza ha destinato l’area a verde pubblico. Peccato»

(g. m. m.) Ma che fine ha fatto il progetto per imbastire un centro giovanile in città? «Se vi riferite alla Rocchetta, non si fa più niente». Più schietto di così, si muore. Arrigo Abalti, assessore alle Politiche giovanili, racconta con una bella dose di rammarico le ultime evoluzioni amministrative che hanno seppellito uno dei progetti a lui più cari, quello del centro per i giovani nell’area della Rocchetta, a ridosso delle mura scaligere di viale Mazzini. Ad affossare il sogno nel cassetto è stato un parere della Sovrintendenza, arrivato in municipio qualche settimana fa: «Ci viene detto che, nel momento in cui verrà restaurata la cinta muraria, le barchesse dovranno essere demolite e il complesso della Rocchetta dovrà essere destinato ad area verde. È uno stop preciso, che ha modificato i miei piani, tanto che avevo anche individuato un percorso per arrivare a incassare un sostanzioso contributo dalla Regione: si parlava di un milione di euro». Lo spunto per parlare di centri giovanili viene da un intervento firmato da Marco Palma, segretario cittadino dei Comunisti italiani, Olol Jackson dei Verdi e Carlo Pertile, segretario cittadino di Rifondazione comunista. «È brutto esser costretti a dire ancora una volta “avevamo ragione” - scrivono i tre -; già, perché nell'ultima campagna elettorale, quando l'assessore promise l'apertura di spazi destinati ai giovani, sostenendo anzi che essi erano già in via di realizzazione, avevamo detto che quella era solo campagna elettorale. E, infatti, nessun nuovo spazio è stato aperto in città. Le politiche giovanili di quest'Amministrazione sono a dir poco deprimenti. Vicenza ha bisogno di una nuova politica giovanile. Servono iniziative di coinvolgimento e di ascolto dei giovani; ma, soprattutto, servono spazi pubblici - non commerciali - destinati ad essi; luoghi in cui sperimentare il confronto, l'autogestione, spazi adeguati dove fare musica, teatro, cineforum ecc. L'Assessore dovrebbe ricordarsi qual è la sua delega: le politiche giovanili. Si attivi, allora, al più presto, costruendo un forum dei giovani da cui possano nascere indicazioni e progetti precisi su questo tema. Sarebbe meglio tardi che mai, anche se nessuno ci spera più». Abalti liquida queste esternazioni in poche parole: «È evidente che si tratta solamente di propaganda pre-elettorale. La realtà è che il mio impegno resta valido: nessuno poteva immaginare che sarebbe arrivato un vincolo così rigido, che non ho messo io, ma un ente esterno all’amministrazione comunale. È una decisione inappellabile, che rispetto, anche se mi dispiace perché a mio parere era perfetta per ospitare un centro giovanile di quel livello, un progetto in cui credevo molto». Incassato il colpo, l’assessore si sta guardando attorno per cercare nuove soluzioni: «Sto valutando l’ipotesi dell’ex caserma della Guardia di Finanza. Un’idea da verificare sia sotto l’aspetto tecnico che quello politico». A fiaccare ulteriormente le speranze di veder sorgere a breve un centro giovanile ci si mettono poi le ristrettezze di bilancio: sulla carta è già segnato il finanziamento del centro giovanile decentrato, spezzettato cioè fra le varie circoscrizioni. Peccato che sia stato inserito alla voce “ricavi” e di ricavi non ne siano venuti molti. «I soldi sono davvero pochi - conclude Abalti - e prima devo pensare agli edifici scolastici. Oggi, a queste condizioni, un centro giovanile rischia di essere un lusso».


Vicenza in bus e all’asilo nido è tra le dieci più care d’Italia

di Piero Erle

Non ha fatto segnare aumenti da record, per fortuna. Ma il risultato non è cambiato di molto: Vicenza è tra le città più care d’Italia per il bus e per gli asili nido. È questo il verdetto della ricerca “Cittadini che contano”, ovvero la rilevazione dei prezzi e delle tariffe dei servizi di pubblica utilità compiuta dal movimento “Cittadinanzattiva” in base a un progetto cofinanziato dal ministero delle Attività produttive. L’obiettivo della rilevazione, che è già al secondo anno, è creare «una banca dati di tariffe, periodicamente aggiornata, consultabile tramite il sito www.cittadinanzattiva.it», - spiegano gli autori di Cittadinanzattiva. Che hanno anche un obiettivo più ambizioso: far nascere dal confronto di dati nazionali “tavoli di lavoro” e proposte per mettere ordine nel caos dei prezzi e delle tariffe. Ma Cittadinanzattiva parla chiaro: è sbagliato dire che l’aumento dei prezzi è dovuto all’euro. «È stato più volte da noi denunciato che con la scusa dell’euro una serie di attori del mercato (dal ministero del Tesoro, con gli aumenti delle giocate delle lotterie nazionali, agli operatori del commercio) hanno effettuato una serie di crescenti aumenti dei prezzi in diversi settori commerciali e un continuo rialzo delle tariffe». Il tutto mentre sono aumentate anche le tasse locali e regionali e c’è una «carenza di trasparenza» verso i consumatori-utenti. Il trasporto pubblico. C’è una vera e propria giungla tariffaria, denuncia Cittadinanzattiva, che però riesce a mettere in fila le varie tariffe delle città. E ne esce così che Vicenza è la terza città più cara d’Italia per il biglietto di corsa giornaliera (c’è stato anche un aumento del 2,3% rispetto all’anno precedente, e anche questo mette Vicenza in testa alle classifiche della ricerca) ed è al 9° posto assoluto per il costo dell’abbonamento annuale: 303 euro contro la media nazionale di 250 (e la media veneta di 300). Va molto meglio come tariffa oraria, la nostra città, ma c’è un piccolo particolare: il biglietto singolo in realtà costa 1,05 euro, solo che ti dà diritto di restare sul bus un’ora e mezza. Bella trovata, questa, per dire che in realtà un’ora di bus costa solo 70 centesimi. Ma chi diavolo ha bisogno di restare per un’ora e mezza sul bus in una città da 110 mila abitanti che non è certo una metropoli? Morale: paghi 1,05 e resti sul bus... meno di un’ora. Certo, c’è sempre una risposta da dare: Vicenza prende meno soldi di altre città dagli enti pubblici. E magari offre un servizio migliore di altre città. Ma questo, ammonisce Cittadinanzattiva, non può nascondere il punto di vista di questa ricerca: guardare i costi per le tasche dei cittadini. Trasporto ferroviario. Qui i dati naturalmente sono più generali. Comunque dalle tabelle di Cittadinanzattiva risulta che in Veneto gli abbonamenti mensili sono cresciuti in un anno del 4,3%, e i biglietti ordinari del 4,17%. In altre regioni peraltro è andata peggio. Servizio idrico integrato. Qui andiamo bene: Vicenza risulta avere nel 2005, per acqua-fognatura, una bolletta media di 194 euro, pari a quella dell’anno prima e leggermente al di sotto della media nazionale. È anche vero però che a Treviso, Verona e Venezia la bolletta risulta più bassa di qualcosa come 40-50 euro. Asili nido comunali. Il giudizio generale è durissimo: «L’Italia è in grave ritardo sul fronte di un’adeguata politica familiare che rispecchi effettivamente le esigenze delle famiglie: si investe lo 0,9% delle risorse nazionali, contro la media europea del 2,3%». Tradotto in pratica, significa ad esempio che gli asili nido comunali disponibili sono pochissimi rispetto alla domanda potenziale. I cittadini che ottengono un posto devono coprire come minimo il 50% del costo effettivo del servizio. E ancora una volta Vicenza si ritrova in testa alle classifiche. Se infatti la media italiana dice che una famiglia spende circa 288 euro (cifra che sale a 353 se ci si trova nelle regioni del Nord), all’ombra della Basilica una famiglia vicentina spende invece qualcosa come 429 euro: la nostra è l’8ª città più cara d’Italia. In Veneto sono messi peggio solo i trevigiani, ma poco più in là c’è addirittura la città meno cara d’Italia per le rette dei nidi: Venezia è a 209 euro. A livello regionale, invece, la retta media per il nido comunale è di 366 euro. Unica consolazione, non ci sono stati aumenti rispetto al 2004, mentre ad esempio a Padova la retta è cresciuta del 2%, ma è solo a 276 euro l’anno, e Verona invece l’hanno fatta calare del 5%: 400 euro l’anno, qualcosa meno di Vicenza. Mense scolastiche. In Italia la mensa per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria di primo e secondo grado costa rispettivamente in media 680 (in Veneto ci vogliono 30 euro in più), 688 (nella nostra regione la media è 743) e 323 euro (la media veneta è 331). In questo caso i vicentini pagano di più: Cittadinanzattiva segna una spesa di 560 euro per i pasti dei bimbi vicentini alla scuola dell’infanzia. Nettamente meno di tutte le altre città del Veneto. Insomma, fin dai primi anni impariamo a consolarci a tavola.