02 FEBBRAIO 2005

dal Giornale di Vicenza

Nel cantiere gli ispettori del lavoro.
"Strade lavate, polveri giù del 7%"
Barboni, più letti e "ronde" notturne
Sarego, "miniera" di contestazioni.
RECOARO.Antenna Griffani, speranze da Venezia
A Castelgomberto il tempio "sikh" più grande d'Italia

Teatro nel caos . Oggi la manifestazione promossa dalla Cgil: in corteo a Palazzo Trissino. Aderisce anche l’Unione studenti
Nel cantiere gli ispettori del lavoro

di Chiara Roverotto

Due ispettori del lavoro si sono presentati ieri mattina nel cantiere di viale Mazzini: volevano controllare i documenti e le posizioni dei lavoratori che sono stati licenziati. « Probabilmente anche sulla scorta di quanto l’Amministrazione comunale ha deciso di fare - spiega Antonio Toniolo, segretario provinciale della Fillea- Cgil - cioè pagare gli operai. Evidentemente, dovranno controllare tutte le pratiche, senza dimenticare che ci sono dipendenti, come quelli assunti dalla ditta subappaltatrice Elbostano, che non sono mai stati pagati, per cui gli ispettori dovranno valutare attentamente tutta la loro situazione contributiva anche alla luce dei versamenti che non sono mai stati fatti alla Cassa Edile ».
Il Comune, infatti, ha deciso di avviare le pratiche per pagare i lavoratori, del resto lo prevede il capitolato: nel momento in cui la ditta appaltatrice è insolvente, interviene il committente. E l’altro giorno l’assessore ai Lavori Pubblici, Carla Ancora al riguardo è stata molto chiara, anche se il Comune ha quindici giorni di tempo per liquidare gli stipendi. « Sta di fatto che gli operai non hanno un euro. Noi - continua Toniolo - con il fondo di solidarietà siamo riusciti ad anticipare qualcosa, ma la situazione è veramente pesante: non possono pagare gli affitti, e rischiano anche di essere sbattuti fuori di casa. Per non parlare dei viveri e di quanto serve per andare avanti. Forse il Comune doveva rimboccarsi le maniche prima. ..». Ieri mattina, intanto, c’è stato un po’ subbuglio all’ingresso del cantiere quando è arrivato un camion che doveva ritirare del materiale all’interno dell’area di costruzione. Operai e sindacati si sono opposti e sono stati chiamati gli agenti della Polizia municipale, della questura, nonchè il responsabile del procedimento tecnico per conto del Comune, l’arch. Gianni Bressan. « Non volevamo che qualcuno incolpasse lavoratori o sindacalisti di aver sottratto materiale durante l'occupazione - spiega ancora Toniolo - e per questo abbiamo avvisato le forze dell’ordine ». Il camion, infatti, era arrivato per caricare alcune strutture prefabbricate che servono per la gettata del cemento, e dopo aver caricato l’autista è ripartito alla volta della Toscana, dove evidentemente il materiale serviva in altri cantiere della ditta Cogi. Oggi si terrà la manifestazione organizzata dai sindacati e ci sarà la prima udienza davanti al giudice del lavoro per comportamento antisindacale dopo il ricorso presentato dai legali della Cgil. L’amministratore unico della Cogi, Giuseppe Coccimiglio, infatti, aveva licenziato nove operai che erano andati a manifestare in Consiglio comunale dopo non avere ricevuto la busta paga. Il corteo partirà dalla sede del cantiere in via Battaglione Framarin alle 9.30, percorrerà viale Mazzini, corso S. Felice Fortunato fino ad arrivare a palazzo Trissino. Davanti al municipio i lavoratori dell’edilizia faranno un sit-in. Ad organizzare la manifestazione la Fillea Cgil e la Feneal Uil di Vicenza, con l’appoggio della Fillea del Veneto e di quella nazionale. Sarà presente alla manifestazione il segretario nazionale Mauro Marchesi. Accanto agli operai ci saranno anche gli studenti che si troveranno in Campo Marzo alle 8.45, proseguiranno per viale Roma, corso S. Felice Fortunato e viale Mazzini fino a raggiungere l’ingresso del cantiere in via Battaglione Framarin dove si uniranno ai lavoratori. « Il diritto allo sciopero e al salario - si legge in un comunicato dell’Unione degli studenti firmata da Mauro Taddeo - sono due diritti inviolabili che nessun piccolo padrone si può sognare di mettere in discussione. Noi, che saremo i fut uri lavoratori, abbiamo deciso di manifestare perchè crediamo che questi diritti debbano essere un patrimonio da conservare per i lavoratori di oggi, domani e delle generazioni future ».


Dopo l’esperimento condotto in via Spalato e in viale Milano, la Regione stanzia un milione
Ai singoli Comuni spetta la gestione dell’emergenza ma da Venezia partono iniziative strutturali per migliorare l’ambiente

«Strade lavate, polveri giù del 7%»

di Marino Smiderle
inviato a Venezia

«Certo che Hüllweck ha coraggio da vendere». Renato Chisso si alza dalla poltrona di velluto rosso della sala giunta, a palazzo Balbi, e si lancia in un timoroso elogio nei confronti del sindaco di Vicenza. Timoroso, perché siamo in campagna elettorale e lasciare i cittadini a piedi per una settimana (poi il black out è stato ridotto a quattro giorni) non è che porti moltissimi voti ai candidati regionali che indossano la stessa casacca azzurra del primo cittadino berico; ma comunque elogio, perché ci vogliono le palle per estrarre dal cilindro un provvedimento così impopolare. Detto questo, l’assessore regionale all’Ambiente firma una ricetta più soft per spazzare via una discreta dose di Pm10, le polveri assassine sputate dai tubi di scappamento e dagli impianti di riscaldamento. Per riassumere in maniera sintetica: puliamo le strade del Veneto e le polveri malefiche si ridurranno del 7 per cento. Certo, non è molto, ma se si tien conto che una giornata di targhe alterne produce lo stesso effetto, beh, non è una soluzione da prendere alla leggera. Non è che Chisso si sia alzato alla mattina e abbia dato ordine ai netturbini di risolvere le questioni ambientali della regione. No, però ha fatto tirar fuori un milione di euro dalle casse venete per fare un esperimento sulle strade più ammorbate di Mestre, Padova e Vicenza. Ieri, a palazzo Balbi, Paolo Cadrobbi, direttore generale dell’Arpav Veneto, e Alessandro Benassi, responsabile dell’osservatorio aria dello stesso Arpav, hanno spiegato come si è giunti a questa conclusione. «Intanto - ha premesso Boato - bisogna dire che, grazie alla Regione Veneto, è stato possibile arrivare a delle conclusioni scientifiche in materia. Dopo aver lavato le strade, abbiamo effettuato tutte le rilevazioni del caso. E i risultati ci dicono che questo provvedimento aiuta a combattere il fenomeno». «A Vicenza - ha spiegato Benassi -, con la collaborazione determinante di Aim, ci siamo concentrati su via Spalato e su viale Milano. Le strade sono state lavate con l’acqua e poi abbiamo raccolto la sostanza melmosa per misurare la presenza delle particelle "velenose". Dal prima al dopo è stata notata una differenza del 7 per cento. Quanto basta per farci dire che un investimento in questa attività è giustificato dai risultati». Ecco perché Chisso ha stanziato un milione di euro per il progetto "Pulizia del manto stradale". Nel dettaglio, 20 mila euro andranno alle amministrazioni comunali di Vicenza, Venezia e Padova, 286 mila euro all’azienda Vesta di Venezia, 157 mila ciascuna ad Aim di Vicenza e Aps di Padova, 340 mila euro all’Arpav. A quest’ultima andranno anche 200 mila euro per la gestione delle problematiche derivanti dal Piano di tutela dell’atmosfera. Come dire, la Regione fa quel che può per gli interventi infrastrutturali. E così, oltre alla pulizia delle strade («Mi raccomando - hanno spiegato i tecnici dell’Arpav - lavaggio con acqua, non interventi a secco, sennò è peggio»), Chisso ha pensato anche a riaprire il bando per ottenere contributi da parte di chi installa panelli solari termici. «E in più - sottolinea l’assessore - cerchiamo di incentivare l’utilizzo del mezzo pubblico e a trasferire su ferro o su acqua parte del traffico pesante. Emblematico, a questo riguardo, è il Sistema metropolitano regionale, che a regime dovrebbe sottrarre dalle strade circa il 15 per cento del traffico privato, a cui va aggiunto il proposito di utilizzare almeno l’80 per cento del finanziamento complessivo di circa 50 milioni di euro del triennio 2004-2006, destinati a rinnovare il parco-autobus, per acquistare mezzi non inquinanti». Tutto bene, ma Vicenza è comunque invasa dalle polveri inquinanti. E siccome la legge impone ai sindaci di prendere i provvedimenti idonei per ridurre l’emissione al di sotto dei parametri fissati, tocca a Hüllweck decidere dell’emergenza. «Io credo che la Regione stia facendo il possibile per creare i presupposti di ridurre la presenza del Pm10 - sostiene Chisso - e faremo sempre di più in questo senso. Lavare le strade, per esempio, si è dimostrato utile. Ma se dalla fase dell’esperimento si passasse a quella operativa, è chiaro che i costi salirebbero e non potrebbero essere a carico della sola Regione. Per l’emergenza, ribadisco, tocca ai comuni scegliere come agire. Certo che ha coraggio, Hüllweck...».

Assalto fallito, il blocco si farà
Troppo pubblico, tensione in Consiglio. Ma il provvedimento resiste

di Gian Marco Mancassola

Il blocco resiste e supera anche l’ultimo ostacolo, l’ultimo tentativo di assalto. Dal dibattito del consiglio comunale straordinario di ieri sera, infatti, l’ordinanza esce intatta: nessuna modifica, nessun ritiro. A questo punto è definitivamente ufficiale: Vicenza, nell’area interna alla circonvallazione, si fermerà da venerdì 4 a lunedì 7 febbraio, dalle 9 alle 18, come il sindaco Enrico Hüllweck andava ripetendo ieri sera fino alla nausea ai tanti collegamenti telefonici con tv e radio nazionali. E tuttavia non sono mancati i momenti di tensione nel corso di una riunione che ha registrato il tutto esaurito nei banchi di Giunta e consiglieri e ha visto una nuova ondata di pubblico, soprattutto negozianti del centro, armati di cartelli e spinti dal malcontento per una pillola a loro dire troppo amara. La folla che si era radunata all’esterno di una sala Bernarda sovraffollata, dopo le 19,30 ha costretto a interrompere la seduta per alcuni istanti: molti cittadini e operatori economici rimasti fuori, infatti, chiedevano di poter almeno ascoltare il dibattito. Nell’atrio erano presenti anche alcuni agenti della polizia municipale, della questura e alcuni carabinieri. A sciogliere la tensione ci ha pensato la decisione del presidente Sante Sarracco di far aprire le porte dell’aula. Da segnalare che in mezzo al pubblico c’erano anche esponenti dei comitati dell’Albera, che chiedono l’ordinanza anti-Tir. Attacco al celodurismo. Il dibattito politico si è avvitato soprattutto intorno all’ordine del giorno della consigliera leghista Franca Equizi, che - criticando «l’improvviso attacco di celodurismo» - chiedeva di impegnare il sindaco a ritirare l’ordinanza e a emetterne una nuova concordata con i rappresentanti delle associazioni di categoria. Un’impostazione che, per diversi motivi, non è stata metabolizzata né a destra né a sinistra, con il risultato che al momento del voto il documento ha racimolato un solo voto a favore, quello della proponente. L’appoggio non è venuto nemmeno dai colleghi del gruppo consiliare, che attraverso Alessio Sandoli ha evidenziato le tante perplessità sul blocco, a cominciare dal periodo scelto (il Carnevale) per finire sul perimetro, senza concedere però il sì. Dai banchi del centrosinistra sono piovute forti critiche sul metodo (Giovanni Giuliari: «La città non ha bisogno di un solista, ma di un direttore d’orchestra»), e sul cambio di rotta a proposito di azioni anti-smog (il diessino Gianni Cristofari: «Prima si va da una parte, poi da tutt’altra: questa è una politica schizofrenica»). L’apologia. «Mi scuso per i disagi, per la fretta con cui è stato presentato questo provvedimento, mi scuso anche per la grossolanità, ma il blocco era necessario». Nel difendere l’ordinanza, il sindaco Hüllweck ha chiamato in causa la terribile sfilza di valori fuori norma archiviati a gennaio: 30 giorni con pm10 oltre i limiti su 31, un record e «un’emergenza». Di qui il cambio di rotta: «Non si può più sopportare una situazione sempre più dannosa», ha detto Hüllweck. «Non siamo fanatici, non lo facciamo per fare clamore: nessuno, vi assicuro, ci ha mandato fiori in questi giorni. È un’ordinanza non facile, che non avrei mai voluto fare, ma necessaria». Nulla di fatto. Preso atto del voto contrario al ritiro del blocco, il resto della serata è scemato fino alla mancanza del numero legale, che ha interrotto la seduta. Polemici gli associati delle “Vetrine del centro storico”, che in un volantino avevano chiamato a raccolta i cittadini in vista del Consiglio: «Il blocco si farà - si legge - grazie sindaco, Ascom e commercianti del centro. Noi non abbiamo accettato l’inutile compromesso dei quattro giorni. L’assoluta mancanza di coesione e la scarsa collaborazione tra di noi ha negli anni creato la certezza, in chi ci amministra, di poter disporre a proprio piacimento del centro storico e del nostro lavoro. E non dimenticare: se hai le tre scimmiette in vetrina, toglile, perché hanno già preso accordi con il sindaco». Tesi, questa, respinta dallo stesso Hüllweck in aula: «Non c’è stato alcun accordo con nessuno». Soddisfatti a metà. Dal canto loro, di fronte al parziale dietro-front del sindaco Hüllweck, Confartigianato e Confcommercio si dicono «soddisfatti a metà». «Tale correttivo - dichiara Luciano Pozzan, presidente della delegazione Confcommercio di Vicenza, che con la presidente comunale della Confartigianato di Vicenza, Fiorella Bertoldo, ha seguito e coordinato la protesta delle due categorie - è stato deciso solamente dopo la grande mobilitazione intrapresa da Confcommercio e Confartigianato, ma accontenta solamente in parte gli operatori economici. Siamo soddisfatti che siano state almeno in parte accolte le nostre richieste, come le agevolazioni sul costo del servizio di trasporto pubblico e il centrobus gratuito dai parcheggi di interscambio ma, ripeto, siamo soddisfatti a metà poiché rimane la penalizzazione per le attività situate nelle zone in cui sarà operativo il divieto di circolazione». «In sostanza - continua Fiorella Bertoldo -, nonostante debba essere riconosciuto il tentativo dell'Amministrazione di coniugare gli interessi legittimi delle imprese con gli obiettivi di sostenibilità e di vivibilità è opportuno ribadire che sperimentazioni come quella inizialmente prospettata dall'Amministrazione portano come uniche certezze sconcerto e preoccupazione nella pianificazione e nella gestione dell'attività delle imprese, dal momento che le questioni da affrontare quando si parla di tutela dell'ambiente e della salute sono ben più complesse ed impegnative».

Varata la nuova ordinanza Blocco da venerdì a lunedì

Con un euro si viaggia sui bus per tutto il giorno. “Pollicino” gratis sabato e domenica per chi posteggia negli scambiatori È stata firmata ieri la nuova ordinanza che porta da 7 a 4 i giorni di blocco delt raffico, comuqnue record per le città italiane. Tutti fermi (catalizzati e non catalizzati), quindi, da venerdì 4 a lunedì 7 febbraio, dalle 9 alle 18. Possono invece circolare: i veicoli a Gpl o a gas metano purché utilizzino per la circolazione esclusivamente tale modalità; i veicoli a emissione zero o funzionanti a motore elettrico; gli autoveicoli dei corpi e servizi di polizia stradale e altri autoveicoli con targa non civile; i veicoli con compiti di pronto soccorso, quelli di medici in servizio di visita domiciliare e di reperibilità, di paramedici o tecnici ospedalieri o di case di cura in servizio di reperibilità, di associazioni che svolgono assistenza sanitaria o sociale (con autocertificazione se privi di distintivi); gli autobus del servizio pubblico o al servizio di enti, aziende, comunità, scuole e bus turistici; taxi e autovetture a noleggio con conducente; i veicoli degli enti locali, Aim, Amcps, Ulss, Arpav, Poste, Enel, istituti di vigilanza e mezzi adibiti al pronto intervento su impianti, al trasporto di derrate deperibili, farmaci, per il funzionamento dei servizi pubblici essenziali purché individuabili da scritte e simboli (con autocertificazione se privi di distintivi); i veicoli per il trasporto dei disabili, degli ammalati, di chi deve essere sottoposto a terapie, cure, analisi (con autocertificazione se privi di distintivi); i veicoli per il trasporto dei pasti per le mense (con autocertificazione se privi di distintivi); i veicoli al seguito di cerimonie nuziali o funebri (con autocertificazione); i veicoli che devono recarsi alla revisione obbligatoria, per il solo percorso di andata e ritorno; i veicoli di turisti con prenotazione in un albergo o in una casa d'accoglienza della zona interdetta, per il solo percorso di andata e ritorno (con obbligo di esposizione di copia della prenotazione); i veicoli con targa estera e targhe E.E.; i veicoli di lavoratori turnisti con turni con inizio o fine in orari e zone non sufficientemente coperti dal servizio pubblico di linea (con autocertificazione o dichiarazione della ditta). Si ricorda che durante i giorni del blocco si può usare un unico biglietto per viaggiare sulle linee bus Aim per tutto il giorno (tariffa urbana: 1 euro; tariffa per chi oltrepassa i confini comunali: 1,60 euro). Inoltre il centrobus (linee 7 e 10) è completamente gratuito per chi utilizza i parcheggi di interscambio sabato 5 e domenica 6 febbraio dalle 6.45 alle 20, con attivazione aggiuntiva della linea 10 alla domenica mattina e della linea 7 alla domenica pomeriggio. Il fac-simile dell'autocertificazione è in distribuzione all'Ufficio relazioni con il pubblico, al Comando di polizia municipale e alle portinerie dei palazzi comunali; è inoltre scaricabile da internet, collegandosi al sito del comune www.comune.vicenza.it. I numeri di telefono ai quali chiedere ulteriori informazioni sono 0444/221598: Settore Ambiente; 0444/221360: Urp; 0444/545311: polizia municipale. Una segreteria telefonica è attiva 24 ore su 24 al numero 0444/222324.

I motorini inquinano 200 volte più delle auto Parte la campagna di rottamazione dei 2 tempi

Venezia. (ma. sm.) Secondo voi inquina di più una Porsche o un motorino? Tenetevi dentro la risposta apparentemente più plausibile, perché fareste una figuraccia. Sì, inquina di più il motorino, 200 volte di più, a voler essere precisi. A parità di chilometri percorsi, ovviamente. Però non occorre star qui a sottilizzare sul fatto che Porsche faccia molti chilometri di un cinquantino della Piaggio, per dare un’idea. «La Giunta veneta ha deciso di finanziare una sorta di rottamazione dei mezzi a due ruote - ha spiegato l’assessore Renato Chisso - stanziando contributi per quanti sostituiranno il vecchio veicolo con uno a quattro tempi e catalizzato». Per Vicenza la "concessionaria" della campagna di rottamazione 2005 sarà la Provincia, guidata da Manuela Dal Lago, che riceverà dalla Regione quasi 300 mila euro per incentivare la cessione dei rombanti due tempi attualmente a disposizione dei ragazzini. Accanto alla promozione riservata ai centauri, Chisso ha previsto altri contributi per chi volesse trasformare l’alimentazione propria auto in gpl e metano, che sono molto meno inquinanti. Per dare un’idea dell’attuale composizione del parco moto-macchine-camion-pullman presente attualmente in Veneto, basti dire che ci sono 2.600.000 autovetture, 255.000 veicoli commerciali leggeri, 42.000 veicoli commerciali pesanti, 35.000 autoarticolati, 7.000 bus e pullman, 850.000 ciclomotori e 316.000 motoveicoli. Se tra le auto "solo" il 36 per cento è "euro 0", cioè non catalitico e molto inquinante, sul versante dei ciclomotori questa percentuale sale fino all’85 per cento. Per scendere in fretta verso una composizione meno inquinante, la regione ha deciso di avviare la rottamazione stanziando un contributo complessivo di 1 milione 634 mila euro. Il motivo della caccia ai motorini a due tempi è spiegabile tecnicamente. Lo scopo di questa campagna è di convincere i piccoli centauri a comprare mezzi dotati di motore a quattro tempi, dotato di valvole e alimentato con una miscela aria-benzina e lubrificazione separata. Il due tempi, invece, è privo di valvole sulla testata ed è alimentato da una miscela aria-benzina-olio, con lubrificazione a perdere. Risultato: fatto 1 l’inquinamento dell’auto a benzina catalizzata, il ciclomotore a due tempi inquina 200 volte tanto. Essendoci 850 mila motorini attualmente in circolazione nel Veneto, l’obiettivo della campagna di rottamazione è di far scendere la percentuale di mezzi inquinanti. C’è un piccolo, si fa per dire, problema: «I cinquantini a due tempi - ha spiegato Alessandro Benassi dell’Arpav - sono più scattanti del quattro tempi. E i giovanissimi potrebbero non essere molto propensi al cambio». Però, siccome il grano lo sborsano, di norma, i genitori, può essere che la "musica" della rottamazione diventi determinante nella scelta finale. Resta da convincere le case costruttrici ad abbandonare lo standard dei due tempi, magari più "facili" e pratici, ma terribilmente più inquinanti.

Sotto la Quercia Ds nasce un contropiano C’è anche il “road pricing” come a Londra

Attacchi alla presidente leghista della Provincia per l’inerzia sulle competenze ambientali C’è un soggetto politico che latita in questa fase di emergenza acuta del caso-inquinamento a Vicenza e che, soprattutto, latita da prima ancora: la Provincia. Spetta all’Amministrazione di palazzo Nievo applicare alcuni fatti concreti previsti dalla normativa del Piano per la salute dell'ambiente che la Regione ha approvato in autunno: «E invece non è mai stata convocata una riunione, non c’è stata nessuna iniziativa di coordinamento degli enti locali, l’assessore Walter Formenton non si è mosso" . L’accusa viene mossa dai Democratici di sinistra, schieratisi ieri per contestare la Provincia con il consigliere regionale Claudio Rizzato - sono suoi i ragionamenti appena riferiti - e con la segretaria provinciale Daniela Sbrollini, il capogruppo comunale Luigi Poletto e il consigliere Giovanni Rolando, il consigliere della Circoscrizione 6 Andrea Tapparo. La critica politica è scattata in concomitanza con le urgenze cittadine che provocano il blocco deciso dal sindaco Enrico Hüllweck e con il consiglio convocato per ieri pomeriggio in Provincia, per discutere anche di situazioni eco-ambientali. Nel mirino dei diessini è ritornata la leader leghista Manuela Dal Lago. «Non è accettabile la sua ambiguità su questo problema - ha dichiarato la Sbrollini - quando è in Comune, da capogruppo della Lega, è critica verso l’Amministrazione Hüllweck, in appoggio alle richieste dei commercianti e artigiani. Quando è in Provincia, da presidente della giunta di centrodestra, non interviene sull’ambiente con le competenze che le spettano» . L’attacco alla Dal Lago - in una conferenza stampa svoltasi ieri mattina in municipio - si è aggiunto alle critiche generali che i Ds rinnnovano all’ordinanza del sindaco sul blocco automobilistico, sia nella vecchia versione settimanale, sia nella versione attuale “scontata”. «Il provvedimento ha un valore simbolico e l’impatto sui vicentini può avere anche un effetto educativo positivo - ha commentato Poletto - ma è mancata ogni consultazione con la città: non solo con le categorie che hanno duramente attaccato Hüllweck, ma con le associazioni che organizzano i cittadini sensibili al problema dell’inquinamento ». La pesantezza dell’aria cittadina, ha aggiunto il capogruppo Ds, non è una scoperta di oggi: «Ma non è stato fatto niente: non è stato aggiornato il Piano urbano del traffico, non è stato predisposto il Piano della mobilità che dovrebbe favorire il trasporto collettivo pubblico, non ci sono che tratti limitatisssimi di corsie preferenziali per i mezzi pubblici, non si è proseguita la politica delle piste ciclabili. L’inquinamento dell’aria che respiriamo è il frutto della politica delle rotatorie. L’assessore Cicero dice che il Comune deve dare ai cittadini automobilisti quello che chiedono? Bene: gli automobilisti potranno anche essere contenti, visto che si è scelto di arrivare dappertutto in auto e di potenziare i parcheggi centrali, ma allora poi non ci si deve lamentare che l’aria è nociva ». La decisione del sindaco Hüllweck, secondo i diessini, privilegia «l’esibizione di eclatanti decisioni che “bruciano” nell’immediatezza un problema, anziché perseguire faticose azioni di modifica dei modelli di gestione della mobilità urbana ». Soluzione indicata da Poletto - oltre a piste ciclabili, trasporto Aim potenziato, più parcheggi esterni collegati con le navette - ampliare la zona a traffico limitato studio di un sistema di incentivi-disincentivi per avere più gente in bus e meno auto che penetrano nella zona più inquinata della città. «Anche a Vicenza - sostiene il capogruppo della Quercia - potrebbe essere attivato il “road pricing” seguendo il modello londinese: una tariffa per accedere a un’area estesa del centro cittadino. Questo determinerebbe un calo del traffico, un aumento della velocità media del trasporto pubblico di superficie, un flusso di risorse nelle casse del Comune da reinvestire nel trasporto pubblico ». Il “contropiano” diessino prosegue e si completa con queste indicazioni riguardanti i momenti di crisi dello stato dell’aria cittadina. «Per le emergenze - dice sempre Poletto - occorre seguire l’esempio della Lombardia. dove le limitazioni del traffico sono stabilite dalla Regione e scattano automaticamente quando si superano i valori-limite. Nel caso di Vicenza, anziché fare della propaganda con un blocco totale di quattro giorni, utile solo come sensibilizzazione dei cittadini, occorre rendere stabile la domenica senza auto, estendere lungo tutta la settimana le targhe alterne e il blocco delle auto non catalizzate, coordinare gli interventi con gli altri Comuni, come sta facendo Padova sotto la regia della Provincia ».


All’albergo cittadino quasi raddoppiati i posti: «In due settimane - dice l’assessore Piazza - contattata una quindicina di persone»
Barboni, più letti e “ronde” notturne
Accordo tra Comune e Croce rossa: volontari lungo le strade con coperte

di Chiara Roverotto

Temperature sotto lo zero che si protraggono da giorni e che, soprattutto durante la notte - quando la colonnina del termometro di abbassa ulteriormente, possono diventare un’insidia mortale per chi decide di dormire all’addiaccio, magari coprendosi solamente con qualche foglio di giornale. Se in molte città italiane è scattata l’emergenza barboni (alcune amministrazioni comunali, per esempio, hanno fatto riaprire per la notte le sale d’attesa delle stazioni), Vicenza ha voluto fare la sua parte: l’assessorato agli Interventi sociali e la Croce rossa, da un paio di settimane, hanno organizzato “ronde” notturne per recuperare o quanto meno aiutare chi dorme all’aperto. Non solo, sono aumentati i posti letto all’albergo cittadino che da 25 passano a 46, almeno finché le temperature non si rialzeranno. Il tutto è stato messo nero su bianco all’interno di una delibera che dovrà essere votata questa mattina dalla giunta. « I l progetto prevede uno stanziamento di 5 mila euro - spiega l’assessore Davide Piazza -. Tutto è nato grazie alla collaborazione con la Croce rossa che di fatto faceva questo servizio da novembre. Ora lo stiamo intensificando, anche perché sono una quindicina le persone che sono state contattate in queste due settimane e che malgrado tutto preferiscono dormire all’aperto. Le aiutiamo con coperte, giacche a vento: i volontari di contrà Torretti offrono bevande calde e generi di prima necessità . Ma questo - precisa l’assessore agli Interventi sociali - non è che il primo passo, in futuro questi barboni saranno avvicinati anche dal personale dell’assessorato in modo che si possa cominciare un percorso di recupero, naturalmente dove sarà possibile. Molti di loro, infatti, hanno problemi di natura comportamentale, parecchi sono stranieri, ma ci sono anche molti italiani» . Il furgone della Croce rossa percorre le strade cittadine dalle 21. 30 fino all’1.30. I percorsi ormai sono quelli classici: il centro, palazzo Barbaran da Porto a Ponte degli Angeli, viale Verona, S. Lazzaro e la zona di Sant’Agostino. Allertate anche le pattuglie di polizia, carabinieri e vigili urbani: se dovessero notare qualcuno che dorme all’aperto chiamano i volontari della Croce rossa. Il problema era stato segnalato oltre che dagli operatori di strada, dalla stessa Caritas cittadina. Nel ricovero di contrà Torretti, infatti, ci sono 65 posti letto più due per le emergenze, inoltre altri 17 sono stati attrezzati in alcune parrocchie che hanno risposto all’invito del vescovo Cesare Nosiglia: in totale 84 posti letto che praticamente sono sempre pieni. « Gennaio e febbraio sono i mesi peggiori - spiega don Giovanni Sandonà, direttore della Caritas diocesana - e non solo per questioni climatiche. Abbiamo deciso di distribuire un pranzo la domenica e la cena tutte le sera della settimana, quando non viene servita al Mezzanino. Inoltre - spiega il direttore della Caritas - abb iamo notato l’aumento di persone che manifestano disturbi comportamentali oppure di natura psichiatrica: nella maggior parte dei casi si tratta di stranieri, ma tra loro ci sono anche italiani . Sono persone che non si adattano alle regole, che soffrono in ambienti chiusi per cui non rimangono a dormire al ricovero, preferiscono prendersi le coperte e stare fuori, lontani a contrà Torretti. Però le condizioni climatiche sono particolarmente rigide quindi i rischi aumentano ». E da qui è partito il progetto che vede coinvolti Comune e Croce rossa. Una specie di “pattuglia notturna” che vigila sulla città. « Li chiamerei angeli custodi - dice l’assessore Piazza - il termine mi sembra più appropriato per quello che fanno. Ma l’importante è riuscire in qualche modo a recuperare queste persone: ecco perché è stato coinvolto anche l’assessorato affinché non ci sia solo un servizio contro il freddo, ma un’operazione per gettare le basi in vista di un disegno più ampio che cerchi di riportare alla vita, cosiddetta normale, queste persone» .


La Sbrollini (Ds) critica il comportamento della Dal Lago, uscita dall’aula dopo l’intervento
Sarego, “miniera” di contestazioni
I comitati alla Provincia: «Nemmeno ci ascoltate»

di Silvia Maria Dubois

«Cara presidente, perché tutta questa maleducazione?». «Cari assessori, perché tutta questa campagna elettorale?». Botta e risposta, ieri, fra il presidente della Provincia Manuela Dal Lago e la consigliera diessina Daniela Sbrollini. «Siamo sconvolti per il comportamento offensivo della presidente - spiega la Sbrollini alla stampa convocata “a caldo” nei corridoi di palazzo Nievo dove si trovano anche una decina di delegati del coordinamento di comitati ambientalisti del Basso Vicentino- al di là dei contenuti del suo intervento, riteniamo cosa inamissibile che, dopo il suo discorso, si sia alzata senza nemmeno degnarsi di ascoltare la nostra risposta». «Una gravissima mancanza di rispetto - aggiungono i portavoce dei comitati - anche nei confronti di quei mille e trecento firmatari che, da anni, si battono per un ambiente più vivibile». Ma per capire tutte queste arrabbiature ammucchiatesi verso le 17 fra l’ascensore e le scale di un secondo piano di contrà Gazzolle, è necessario fare un passo indietro. È il 25 novembre quando la Sbrollini chiede una commissione apposita per studiare il caso della miniera Costa Benedetta di Sarego, in piena corsa verso l’ampliamento. Nessuna commissione viene convocata, mentre il tempo passa e le scadenze pure. Fra otto giorni, come testimoniano i residenti della zona, una commissione regionale tecnica si riunirà e, se come risulta, non ci saranno segnalazioni negative, Costa Benedetta rischia di estendersi ulteriormente, smantellando un intero colle. «Non capiamo perché per l’analogo caso di Sovizzo l’intervento della Provincia sia stato così veloce ed appoggiato da tutti - puntualizza la Sbrollini - per questo, invece, si risponde semplicemente che non ci sono le competenze necessarie, ma la verità è che la Provincia, se volesse, le potrebbe richiedere con più forza. Insomma, a noi pare che qui non ci sia la volontà per intervenire come si è fatto in altre zone del vicentino. Evidentemente a Sarego non ci sono particolari interessi economici da difendere o promuovere». E mentre i comitati promettono di organizzare nuove manifestazioni e il centro-sinistra di riprendere la questione anche al resto della filiera regionale Rizzato- Variati (e con l’incursione di Bizzotto a titolo personale), la presidente Dal Lago ribadisce il suo intervento. «Mi dispiace che alcune battaglie, oggi, siano parte della campagna elettorale in corso - esordisce la presidente - qui non c’è nessun parallelismo con la cava di Sovizzo, dove la Provincia è potuta partire facendo valere il vincolo ambientalista e con tutt’altra situazione. A Sarego non siamo di fronte ad un caso di cava, ma di miniera, dove la Provincia non ha ancora parere vincolante. Un parere che abbiamo già chiesto alla Regione. Per ora possiamo dire che, dalle verifiche tecniche che abbiamo già attivato, esprimiamo forti perplessità sulla concessione data a questa miniera». Dalla presidenza si sottolinea inoltre l’attuale impegno nel riordinare un territorio bucato (nel vicentino sono almeno 241 le cave attive e almeno 399 quelle dismesse) con troppa facilità da passate amministrazioni. Ma non solo di Sarego si è parlato ieri. A proseguire l’approfondimento del tema ci ha pensato il leghista Ettore Beggiato che, con un’interpellanza, ha chiesto alla Provincia di sostenere la battaglia contro la proroga della cava “Priare” di Sossano. «La ditta ha ritirato la richiesta di nuove escavazioni proprio per i forti dubbi espressi dalla Provincia, visto che abbiamo parere vincolante - puntualizza la Dal Lago - per quanto riguarda la proroga, la Regione, per la prima volta nella storia, ci ha chiesto di esprimere un parere tecnico (fatto eccezionale sulle proroghe) e stiamo già procedendo con delle perizie tecniche molto puntigliose». «Stiamo battendoci per difendere il nostro territorio e rimediare a molti errori commessi in passato - conclude la presidente - la gente, però, deve capire che non si può chiudere tutto e basta perché ci sono molte attività regolari che servono ed è giusto che proseguano. A noi spetta il ruolo di regolamentare l’escavazione analizzando le situazioni ambientali più critiche e fare pressione sulla Regione affinché ci affidi delle nuove competenze».


Recoaro. La Margherita presenta un disegno di legge regionale sulle norme urbanistiche
Antenna Griffani, speranze da Venezia
Potrebbe diventare d’obbligo un permesso comunale di costruire

( m. sc. ) «Rendere obbligatorio il rilascio di un permesso di costruire da parte del Comune e di un'autorizzazione sanitaria per l'installazione di ogni antenna di telefonia mobile». Per ora è solo una proposta, ma se andasse in porto potrebbe essere una soluzione della questione che sta tenendo sulle spine i recoaresi. È contenuta in un progetto di legge, il cui primo firmatario è Achille Variati, capogruppo della Margherita in Consiglio regionale. Andrebbe ad integrare il “collegato all'urbanistica”, che sarà discusso nei prossimi giorni a Palazzo Ferro-Fini. «Una proposta pensata per l'urgenza di Recoaro - spiega Variati - ma che porterebbe sicuro vantaggio a tanti altri Comuni del Veneto. In commissione, l'assessore Chisso ha affermato che non esiste un “no” pregiudiziale, sono fiducioso». Se dovesse passare una norma che imponga il rilascio di un permesso di costruire, l'installazione dell'antenna in contrada Griffani potrebbe essere tutt'altro che scontata. «Sempre che il sindaco sfrutti l'opportunità - precisa Variati -. Come? Approfittando dell'attuale “sospensione” della questione, in virtù del sequestro giudiziario del cantiere, per esprimere il proprio diniego all'installazione. Dopodiché, se l'azienda ricorresse al Tar, il Comune troverebbe in questa norma un forte strumento per difendersi». Se sul fronte legislativo Variati afferma di «voler aiutare il sindaco di Recoaro», su un altro versante non ne condivide l'opera fin qui condotta: lo dice apertamente, in un'interrogazione a risposta immediata presentata ieri sulla questione dell'antenna dei Griffani. Giudica «non convinta» l'azione dell'amministrazione comunale, ricordando che essa si è detta contraria al ricorso al Consiglio di Stato. Richiama il regolamento edilizio, che prevede che gli impianti «devono preferibilmente essere collocati al di fuori dei centri abitati»; ricorda che «la popolazione non è stata preventivamente informata», che l'area dei Griffani è un sito sensibile per la presenza di scuole e di un altro ripetitore Gsm e che perciò «non è stato rispettato il principio di precauzione previsto dall'atto costitutivo dell'Unione europea». Queste le premesse di un documento con cui Variati chiede alla giunta regionale se esista un permesso di costruire, quale sia il vincolo paesaggistico in quella zona, perché il comune non abbia resistito al Tar e cosa intenda fare la Regione «per difendere uno dei luoghi simbolo del benessere».


Per entrare nel tempio bisogna togliersi le scarpe e coprirsi il capo. Sono vietati il fumo, l’alcol, le droghe e la carne. I fedeli recitano in silenzio i passi del libro sacro, lasciato dal guru Govind Singh. E un cartello in lingua hindi dice: spegnere i cellulari
A Castelgomberto il tempio “sikh” più grande d’Italia
Comprato con un mutuo coperto dalle buste paga di 11 fedeli Ottocento posti nella sala preghiere, a turno offrono il pranzo

di Marco Scorzato

Verso le 10 del mattino, alla domenica, già si fatica a sistemare l'auto nei parcheggi. Qualcuno la lascia sul ciglio della strada, lungo via Cengelle. La zona industriale di Castelgomberto, da circa tre mesi, ha un volto nuovo. Non si era mai vista tanta gente nel giorno di festa. Al massimo qualche ciclista a passeggio, unico tocco di colore in mezzo a una distesa di capannoni industriali monocromatici. Oggi, invece, di colori ce n'è da vendere. E profumi e suoni. Tutto inedito, per alcuni passanti anche incomprensibile, a giudicare dalle espressioni dei loro volti. Il 7 novembre scorso è stato aperto il nuovo tempio sikh vicentino, il diciassettesimo in Italia. Quello storico è a Novellara, provincia di Reggio Emilia, punto di riferimento di una comunità che, nel nostro paese, supera ormai le 60 mila unità. Questo, però, è il più grande di tutti, il fiore all'occhiello, un piccolo orgoglio etnico, non solo per le dimensioni, ma anche per la sua “genesi”. L'acquisto del capannone è l'apogeo del senso comunitario di questo popolo. Un mutuo in banca, coperto da 11 buste paga di altrettanti lavoratori indiani, e tante libere offerte dei fedeli. «Così abbiamo messo insieme la somma di 800 mila euro, un miliardo e mezzo di lire», sottolinea orgoglioso Kulwindir Dhaliwal, da anni in Italia ed avvezzo alla vecchia valuta. Prima dell'inaugurazione, i sikh si radunavano ad Arzignano, località Villaggio Giardino. Là erano in affitto. A Castelgomberto, invece, il tempio è tutto loro. E lo stanno curando con impegno e fierezza: all'esterno, anche alla domenica, c'è chi si sporca le mani con calce e sabbia, per completare le decorazioni. Vengono da tutta la provincia, ma anche dalle zone di Padova e Verona. Solo nel vicentino, i sikh sono circa 3 mila. L'accoglienza è un loro tratto distintivo: «Siamo aperti a tutti - afferma Harwant Singh, presidente del “Gurdwara”, il tempio - chiunque può venire qui a pregare, meditare o anche soltanto incontrare qualcuno. Basta il rispetto per il luogo e per le persone».
Oasi indiana tra i capannoni
L'impatto col tempio è un'esperienza sensoriale a 360 gradi. Davanti all'entrata, un vociare fitto ma discreto, segno di rispetto per il luogo. Profumi intensi, colori sgargianti. I sikh sono inconfondibili: la maggioranza degli uomini porta la barba lunga ed un turbante a coprire il capo. Le donne vestono abiti di seta dalle tinte accese e nascondono i capelli con un velo. «La barba? Dovrei farla crescere, ma non mi piace - ammette sorridendo lo sbarbato Hardeu Singh, che ha 26 anni e vive a San Bonifacio -. Quando mi sarò sposato, allora ci penserò». Come lui, tanti altri giovani stentano ad adeguarsi ai precetti con la solerzia dei padri. Anche tra i sikh della “diaspora”, a contatto con gli stimoli della società occidentale, fa breccia una sorta di fai-da-te della fede. Sukbir Singh, ventisettenne residente a Montecchia di Corsara, nel veronese, sembra fare eccezione. «Per entrare nel tempio bisogna essere puri, “khalsa” - spiega -. Sono vietati il fumo, l'alcol e le droghe. E non si può mangiare carne». E se qualcuno ci cascasse? «Una doccia completa al mattino, prima di venire qui, è purificatrice - gli fanno eco altri fedeli -. Voi cattolici non avete il sacramento della confessione?». Piedi nudi e capo coperto. Su questo fronte proprio non si transige. Si può accedere al tempio solo dopo essersi lavati le mani, tolti le scarpe e infilati un copricapo. Per questo, all'esterno, campeggiano una fila di rubinetti, un'enorme scarpiera ed un cesto con decine di bandane. Un'immersione dei piedi nella vasca d'acqua calda posta davanti alla scala d'ingresso è l'ultima “purificazione” richiesta. Fatto. Si può entrare.
Tutti giù per terra
Le note dei canti religiosi giungono attutite fino all'atrio, coperto di soffici tappeti orientali. Sulle pareti spoglie, spicca un cartello in lingua hindi: «Spegnere i cellulari», traduce Harwant Singh. Caratteri indecifrabili, ad occhi italiani, ma concetto più che familiare. La grande sala di preghiera accoglie una distesa di fedeli silenziosi. Niente arredo, nemmeno una sedia: stanno tutti seduti a terra a gambe incrociate, gli uomini da una parte, le donne dall'altra. Recitano interiormente i versi del “Granth”, il libro sacro, intonati da alcuni cantori, che da una pedana al centro della stanza accompagnano il canto con tamburi e clavicordo, un antico pianoforte. L'unico elemento di verticalità, oltre alle colonne di sostegno, è un altare dorato. I fedeli vi si prostrano davanti, in ginocchio, mentre un membro “anziano” della comunità sventola a intervalli regolari una bacchetta piumata: purifica l'aria perché lì è ospitato il libro sacro. Diljan Singh guarda la scena con sguardo rapito. Ha 18 anni, abita a Trissino e studia alla scuola professionale: «Vorrei diventare un “Granthi” - spiega - cioè colui che sa leggere il libro sacro: è scritto in una lingua antica, le parole sono attaccate l'una all'altra e non tutti le sanno leggere. Il “Granthi” prega due volte al giorno, apre il tempio alle 5 del mattino e lo chiude alle 21. Dovrò studiare molto, ma ce la farò».
«Venite a pranzo, offro io»
Nelle feste più importanti del calendario religioso sikh, quella sala dalle pareti bianche e azzurre ospita anche 800 persone. Altrettante ce ne stanno al piano seminterrato, l'altra faccia del tempio. Se di sopra si prega, dabbasso si incontrano gli amici, si parla, si mangia insieme. Verso le 13, quando la preghiera è finita, tutti scendono sotto, richiamati dagli aromi di spezie che giungono da una stanza adibita a cucina. «Questo è un luogo dove si rafforzano i rapporti interpersonali - sottolinea Harwant Singh - non solo preghiera, ma anche svago, convivio, purché moderato». La parentela con bar o ristoranti nostrani è lontana: uomini e donne, seduti a terra su lati opposti, aspettano che venga servito il cibo, rigorosamente vegetariano. «Per la nostra religione - spiega un giovane - il pranzo comunitario è importante». Bambini vispi scorrazzano dalla cucina al salone, da camerieri provetti. «Ogni domenica un gruppetto di persone si offre di preparare da mangiare per tutti i fedeli - precisa Hardeu Singh -. È un lavoraccio, una spesa di almeno un migliaio di euro, ma si fa a turno. Siamo così tanti ad offrirci che la lista d'attesa per fare da mangiare arriva fino all'anno prossimo». Le donne siedono sul lato opposto. Vestono abiti di seta, alcune portano una “goccia” disegnata sulla fronte. «È il segno distintivo delle donne sposate - spiega Sandeep Kaur, grandi occhi verdi e pudore d'altri tempi -. Negli ultimi anni, però, la portano anche molte ragazze nubili; è diventata una moda ormai». Dalla stanza dei giochi, intanto, arrivano suoni familiari. Sono le grida dei fanciulli, in italiano perfetto. Piccoli sikh che giocano a rincorrersi e si esibiscono in capriole sui tappeti. Sono loro i volti e le voci dell'integrazione di domani. Ore 15. Il tempio si è ormai svuotato. Una stretta di mano, un cenno d'inchino a salutare gli amici e appuntamento «a domenica prossima». Non prima di aver deposto le bandane all'uscita ed essersi infilati di nuovo le scarpe. Quattro ore prima sembravano più sporche. «Le ho spolverate io», conferma un giovane, sorridendo. Poi sale in auto e se ne va. «Grazie. A domenica prossima».

Sono tremila nel Vicentino La loro patria è il Punjabp> ( m. sc. ) Oltre sessantamila in Italia, più di tremila nel Vicentino, in gran parte concentrati nelle valli del Chiampo e dell'Agno. La comunità sikh è ormai uno dei volti noti dell'immigrazione straniera nel Nord Est. Circa quindici anni sono passati da quando uomini dalle barbe lunghe e dai vistosi turbanti iniziarono ad abitare le nostre città, suscitando curiosità, e talvolta diffidenza, nella popolazione locale. Oggi, fanno parte del nostro vissuto. Ma quanto conosciamo, in realtà, questi nuovi vicini di casa? I sikh provengono quasi tutti dal Punjab, regione compresa tra l'Himalaya ed il deserto del Thar, a cavallo tra l'India ed il Pakistan. Una terra da sempre contesa e per questo teatro di sanguinose guerre. A partire dal Seicento, i sikh dovettero ricorrere alle armi per difendere la propria autonomia. Respinsero le offensive afgane e si costituirono in regno, prima di soccombere a metà del XIX secolo al dominio inglese. Fu con la “partition” del 1947 che il Punjab venne diviso tra Unione Indiana e Pakistan. Nella porzione indiana, dove è sorto lo stato omonimo, frange estremiste del movimento nazionalistico del Punjab vagheggiavano addirittura un'utopistica indipendenza dal governo centrale. Non senza tensioni: le maggiori nel 1984, quando le truppe di Indira Gandhi occuparono addirittura il tempio di Amritsar. Ancora oggi, tra i sikh e Nuova Delhi non corre buon sangue. I sikh sono qualcosa di più di un gruppo religioso. Sono “popolo” nel senso più ampio del termine. Oltre al credo, condividono una storia comune, usi e costumi che esibiscono con orgoglio. Persino i nomi li rendono membri di un'unica, grande “famiglia”: gli uomini hanno l'appellativo di Singh, che significa leone, principe. Le donne, il corrispettivo Kaur, principessa.