Gladio stragi riforme istituzionali

Atti dell’assemblea tenutasi giovedì 23 maggio 1991
Atti dell’assemblea tenutasi giovedì 23 maggio 1991
al Centro sociale occupato via Battaglie 61, in Brescia
A cura del centro di iniziativa Luca Rossi – Milano

Interventi di;
Centro sociale occupato, via Battaglie 61 - Brescia
Primo Moroni
Manlio Milani
Centro di iniziativa Luca Rossi - Milano
Cesare Bermani
Sandro Scarso
Michele Gambino

Conclusioni

di Primo Moroni

Siccome si è parlato molto e anche io all’inizio sono stato non del tutto chiaro, voglio provare a fare un riepilogo per punti:

1º) Gladio è una delle molte strutture create negli anni ’50 dagli Americani nell’ambito dei piani “Stay Behind” e “Demagnetize”. Queste strutture sono sempre state coordinate dai servizi segreti italiani in totale dipendenza dalle centrali Cia statunitensi. Obiettivo di queste reti clandestine era e rimane il condizionamento del quadro politico italiano o di altre nazioni.

2º) Queste reti o strutture erano “coperte” ma sicuramente conosciute da molti esponenti democristiani ed è inverosimile pensare che non ne fossero a conoscenza i comandanti generali dell’Arma dei carabinieri e larghi settori degli Stati Maggiori delle forze armate.

3º) Nel corso degli anni ’70 – e dopo l’accertato tentativo di golpe detto del “Piano Solo” – gli ufficiali coinvolti in queste reti sono frequentemente incrociati con le inchieste sulle varie stragi. Sono altresì a fianco, contigui alle varie “maggioranze silenziose” che sono il riscontro di piazza della “strategia della tensione”. Si può ipotizzare che queste reti clandestine fossero in possesso di un considerevole potere ricattatorio derivato dal possesso delle decine di migliaia di fascicoli elaborati dal Sifar al tempo del gen. de Lorenzo.

4º) È noto che molti furono i tentativi di “colpo di Stato” effettuati da esponenti di queste reti negli anni ’70 (Valerio Borghese, il gen. Miceli, la medaglia d’oro Edgardo Sogno, ecc.). E che questi tentativi scattavano sia autonomamente sia ogni qualvolta questi apparati clandestini vedevano messa in pericolo la propria sopravvivenza.

5º) Occorre tenere presente che la politica di intervento degli statunitensi all’interno dei Paesi alleati subisce una radicale modifica a partire dalla nascita della Trilateral Commission. Questo organismo multinazionale infatti sceglie di mutare la strategia di fondo per controllare le politiche e i governi dei Paesi occidentali. Non più appoggio alle borghesie reazionarie ma – come ha correttamente detto il compagno del Centro d’iniziativa Luca Rossi – collaborazione con le imprenditorie ristrutturatrici. La Dc, allargando una possibile collaborazione al Pci e al sindacato, sceglie questa seconda strategia che contempla inevitabilmente anche il ridimensionamento delle reti clandestine (dentro questo schema l’on. Andreotti fece arrestare il gen. Miceli al tempo comandante del Sid).

6º) La risposta di queste strutture fu quella di autonomizzarsi e darsi protezione politica all’interno della loggia massonica P2, che aveva anche il compito di trattare con gli statunitensi la sopravvivenza dei suoi singoli aderenti. A partire quindi dal ’73-74 la loggia massonica P2 diventa una vera e propria componente politica del sistema dei partiti italiano. Una componente politica che dispone di apparati militari e della forza ricattatoria derivatagli dal possesso dei 16.000 fascicoli o schedature Sifar che dovevano essere distrutti e che vennero invece trovati nella villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi.

7º) Dopo la grande avanzata elettorale registrata dal Pci nel ’75-76, il panorama generale può essere così sintetizzato:

a) Negli Usa, in seguito al Watergate, la Trilateral è praticamente padrona delle leve del potere mentre viene smantellata una grossa componente della dirigenza Cia (quella di William Colby) che proteggeva le reti “Demagnetize” in Europa.

b) Queste reti – per ciò che riguarda l’Italia – si convincono di avere perso una parte della protezione americana e si autonomizzano nella loggia massonica di Licio Gelli sospendendo momentaneamente la pratica della “strategia della tensione” (non ci saranno infatti stragi dal ’75 al ’79, vale a dire durante la fase detta di “unità nazionale”) per cercare la collocazione più vantaggiosa nel mutato quadro politico nazionale e internazionale.

c) Nel quadro politico istituzionale italiano avviene il passaggio dalla “strategia della tensione” alla “politica dell’emergenza”. Il governo si assume cioè direttamente ed istituzionalmente il compito repressivo nei confronti dei movimenti e del corpo centrale della classe operaia. Asse portante di questa nuova strategia è la collaborazione del Pci e del sindacato senza i quali non ci sarebbe stata possibilità di successo. Si può qui osservare che la dirigenza statunitense può ritenersi completamente soddisfatta della situazione italiana che corrisponde per larga parte a quanto desiderato dagli strateghi della Trilateral Commission. Non c’è quindi in quella fase la necessità di attivare operazioni “covert action”.

d) Alla fine degli anni ’70, mentre la P2 si è impadronita di larghi settori dei mass media e ha mantenuto intatti i suoi poteri sui servizi segreti e in altri settori delle forze armate, avvengono una serie di episodi (il caso Calvi, il Banco Ambrosiano, Sindona, ecc.) tutti riconducibili a strategie occulte e segrete che mettono in moto inchieste parlamentari. Le reti clandestine rispondono puntualmente.

8º) Oggi le dirigenze democristiane cedendo qualcosa su Gladio tendono ad occultare e a coprire le proprie responsabilità complessive in un quadro di interpretazione storica che le vede contemporaneamente avvantaggiate e ricattate dalle dirigenze dei servizi segreti statunitensi. In questo schema interpretativo Gladio appare un’utile operazione per occultare e deviare le pesanti responsabilità dell’Arma dei carabinieri (unico corpo militare moderno ed efficiente del Paese Italia) e di molte alte sfere delle forze armate. In un certo senso si può dire che Cossiga e altri a lui legati sono come stretti da un patto indissolubile alle cordate clandestine che li hanno sostenuti e che parrebbero oggi in grado di ricattarli. Mentre tutto ciò avviene, finisce anche un’epoca storica segnata dalla logica della “democrazia consociativa”. Uno schema dove la Dc ha sostanzialmente “fatto” o impedito che si facesse la prima Repubblica, mentre il Pci godeva della rendita di opposizione. Oggi queste dinamiche non funzionano più né per i democristiani né per gli ex comunisti. La mitica Costituzione “nata dalla Resistenza” non è stata mai completamente attuata e forse proprio perciò la si vuole fare a pezzi.

9º) In questo quadro si possono fare alcune domande inquietanti al nuovo Pds. Tali domande sono semplici: si trattò di ingenuità politica, ad esempio, approvare la nomina di de Lorenzo a comandante generale dell’Arma dei carabinieri per il solo fatto che aveva fatto la Resistenza, mentre lo stesso de Lorenzo stava approntando i campi di concentramento per deportarvi tutta la dirigenza del Pci? Si trattò di ingenuità, di stupidità politica collaborare con Cossiga a ministro degli Interni e ristrutturatore della rete Gladio anticomunista? Si trattò di tragica incompetenza politica berlingueriana approvare entusiasticamente l’elezione di Cossiga a Presidente della Repubblica mentre oggi se ne auspica l’impeachment?

Perché se non si tratta di ingenuità o cecità politica si ha a che fare con una tragica e – speriamo – involontaria complicità determinata da una strumentazione politica completamente errata della quale la “democrazia consociativa” poteva essere una coatta condizione storica, ma il “compromesso storico” non può che essere la tragica e illusoria sintesi teorica.

Nell’attuale quadro di scontro istituzionale si leggono agevolmente sia le teorizzazioni della loggia P2 che le strategie della Trilateral Commission che prevedevano una modifica radicale del sistema rappresentativo. S.P. Huntington – uno dei massimi esponenti della Trilateral – scriveva nel 1976:

«Si potrebbe sostenere che i partiti rappresentano una forma politica particolarmente adatta alle esigenze della società industriale e che quindi l’avanzata di una fase post-industriale implica la fine del sistema dei partiti politici quale finora l’abbiamo conosciuto. Il funzionamento di un sistema politico democratico richiede una certa dose di apatia e di disimpegno di certi individui e gruppi. In passato, ogni società democratica ha avuto una popolazione marginale di dimensioni più o meno grandi che non ha partecipato attivamente alla politica. In sé questa marginalità da parte di alcuni gruppi è intrinsecamente antidemocratica, ma ha anche costituito uno dei fattori che hanno consentito alla democrazia di funzionare efficientemente. La loro attuale diffusa partecipazione» – notare che Huntington scriveva nel ’76 – «sovraccarica il sistema politico, con richieste che ne allargano le funzioni e ne scalzano l’autorità. Tutto questo va modificato radicalmente come necessità del nuovo sistema produttivo».

Se ripensiamo a ciò che è successo tra il ’77 e l’80 in Italia non si può non sottolineare la cinica lucidità del trilateralino. Non si può non ricordare come il Pci sia stato organico a queste necessità politiche. In effetti si può dire che in Italia si è assistito ad un lungo e strisciante “colpo di Stato” mascherato da esigenze di difesa della democrazia. Sono stati modificati i fondamenti dei codici penali e civili, è stato distrutto il “diritto del lavoro”, sono state frantumate le filosofie che sostenevano l’allargamento delle libertà individuali: la collaborazione e il “pentimento” sono stati elevati a principi morali mentre le esperienze democratiche di base sono state violentemente omologate alle pratiche “terroristiche”.

Di emergenza in emergenza si sono modificate tutte le “regole del gioco” fino a creare un sistema dei diritti in diretto contrasto con i fondamenti costituzionali. Occorre quindi a questo punto anche sul piano formale modificare la Costituzione. Cosa ostacola questo progetto oltre ai contrasti sul come attuarlo e mentre non si vedono conflitti sociali?

Un ostacolo di difficile soluzione è sicuramente rappresentato dai cadaveri nell’armadio che si portano dietro le élites democristiane e quant’altri le hanno appoggiate, ovvero che si porta dietro lo Stato del sistema dei partiti.

La nostra ipotesi inquietante è che se non verrà risolta questa crisi istituzionale, gli episodi riconducibili alla Falange armata, di cui si è parlato stasera saranno bruscolini a confronto di quello che può succedere.

Molti dei segnali oscuri e violenti di cui parlano le cronache paiono essere direttamente indirizzati a Cossiga, ad un destinatario cioè che nelle intenzioni dei mittenti è perfettamente in grado di decifrarne i significati. Il presidente della Repubblica ha sorpreso tutti perché dopo essere stato quattro anni in silenzio – fino a sollecitare le ironie dei “goliardi” di “Cuore” che lo rappresentavano sempre in pantofole con vestaglia e candela perso nei meandri del Quirinale – improvvisamente, come colpito dal “raggio giansenista”, ha cominciato a debordare “esternazioni” torrentizie variamente interpretate. Come al solito, e come è tradizione dei corsivisti de “l’Unità”, Serra e compagni non avevano capito un cazzo. In realtà Francesco Cossiga pare avere avuto la funzione di acquietare le acque dopo il diluvio dell’inchiesta P2. Pare godere, nelle intenzioni di alcune cordate, la fiducia di chi sa di avere commesso azioni illecite. Il suo silenzio è stato anche utile a far dimenticare molto delle inchieste parlamentari.

Gli ultimi anni della storia della Repubblica andrebbero commentati giorno per giorno: dalle dimissioni dell’ammiraglio Martini come capo dei servizi segreti alla nomina di D’Ambrosio come “attaché militaire” del presidente (ma costui, dicono i giornali, non era coinvolto nel golpe detto della “Rosa dei venti”?); dalla rivendicazione dei “gladiatori come patrioti” ai “piduisti brava gente”.

La sensazione più inquietante è che si stia giocando una partita molto grossa e che la posta di questo gioco pericoloso siano le reali verità sugli anni ’70 e sulla realtà dell’incidenza che le dirigenze statunitensi hanno avuto sulla tanto declamata “sovranità nazionale”.

In questo quadro, la vicenda di “Gladio” serve più a deviare l’attenzione dalle questioni di fondo che non a chiarirle. Così come ci viene presentata è utile a tutti – nonostante la sua pericolosità –: al Pci, perché gli consente di fare la parte della vittima senza nessuna autocritica; a Scalfari, che si vede restituita la ragione sul “Piano Solo”; ad altri, che continuano a delirare di “servizi deviati”.

In realtà “Gladio” appare piuttosto “pastura per le trote” che vogliono abboccare fino in fondo. Serve a coprire non già i servizi segreti deviati, che non sono mai esistiti in quanto strutturalmente così concepiti, sia per le caratteristiche assegnategli dalle dirigenze democristiane che per volontà delle centrali spionistiche statunitensi; serve a confondere le ricostruzioni possibili sulla politica e la strategia stragistica. È comprensibile che i “cavalli di razza” democristiani siano disponibili a concedere ancora molto su “Gladio”, a far saltare qualche testa (come spesso hanno fatto in passato), a far emergere qualche verità. Ma tutto questo pare inserirsi in un quadro assai dialettico di continua contrattazione, che vede di volta in volta Andreotti o Forlani limitare le intemperanze di Cossiga per strizzare l’occhio al Pds; il Pds, che prima lancia il sasso e poi ritira la piccola manina occhettiana; il Psi, che è costretto per la prima volta sulla difensiva.

In questo spettacolo francamente miserabile non sono solo in gioco il “cancellierato” o il “presidenzialismo”, ma i futuri spazi di libertà in questo Paese. Il sospetto che una delle merci di scambio siano le verità sull’“emergenza” e la “strategia della tensione” è più che legittimo.

La situazione è quindi pessima in un quadro sociale privo di conflitti e di opposizione politica reale. I frammenti dei movimenti appaiono solo all’inizio di una nuova fase di intelligenza collettiva. Una fase difficile che si trova di fronte scadenze gigantesche. Ciò nonostante occorre di nuovo usare tutta la nostra intelligenza, la nostra capacità di analisi e di autogestione della controinformazione. Occorre studiare e mettere in atto nuove forme di conflitto, ripeto: nuove forme di conflitto per evitare che gli anni ’90 siano peggiori dei già mortali anni ’80.

Fuori da questo impegno non paiono esserci possibilità, mentre sono ipotizzabili “estati calde” nel breve periodo, “calde” per noi, ma i “fuochisti” saranno loro.

dall'opuscolo (PDF) il testo (PDF)


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