RASSEGNA 25 APRILE 2005

dal Giornale di Vicenza

Una gazzarra rovina il 25 aprile
Il presidente del Consiglio comunale ha portato a termine il suo intervento in mezzo alle contestazioni dei no global e degli esponenti della sinistra

di Marino Smiderle

Per fortuna che pioveva, così ai vicentini che hanno preferito rimanere barricati in casa è stata risparmiata la gazzarra di piazza dei Signori. Sì, una gazzarra in piena regola, organizzata alla vigilia e portata in scena non appena «il fascista Sante Sarracco» si è avvicinato al microfono per pronunciare il discorso di saluto, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale. «Onorato dell’invito del sindaco...», e giù fischi, anzi, fischietti, e cori di "Bella ciao", e urlacci all’indirizzo dell’oratore (il più morbido era, ovviamente, "fascista!"). Questo è il 60° anniversario della Liberazione, ma sessant’anni sembrano essere passati per nulla: gli animi sono infuocati come allora. Nel ’45, in compenso, c’era più felicità, più voglia di guardare al futuro. In questa piazza occupata da una cinquantina di disobbedienti, o no global, tutti giovani, si respirano invece i veleni del passato. Sventolando la bandiera con la falce e il martello, applauditi e sostenuti dai rappresentanti dei Ds, di Rifondazione comunista, dei Comunisti italiani, della Cgil, riuniti sotto il portico della basilica, i giovani contestano il "fascista" che sta sul palco. A prescindere da quello che dirà. Fino a quel momento, era andato tutto bene. Tranne il tempo, inclemente. «Peccato, verrà poca gente», dice un anziano ex combattente. Più tardi lo stesso ringrazierà Giove pluvio. Intanto, si depone una corona d’alloro al monumento ai caduti di via Arzignano. Poi, tutti a messa a San Lorenzo. Ecco, andate in pace, benedice il sacerdote. Il corteo sfila verso piazza dei Signori, ma la pace resta in chiesa. I labari delle associazioni combattentistiche, il gonfalone della città di Vicenza, decorata con due medaglie d’oro al valor militare, quello della Provincia, prendono posto in piazza. Sul palco salgono le autorità. Walter Nelli legge le motivazioni che hanno portato le due medaglie d’oro alla città. La Banda della città regala il sottofondo musicale ad una giornata che dovrebbe riempire di gioia i cuori di tutti i vicentini. Tutto fila liscio, sembra, anche se i disobbedienti hanno già srotolato uno striscione ("Vecchi e nuovi fascismi, diritto di resistenza") che, subito, viene preso come una protesta silenziosa. Accettabile anche da chi non la condivide. Certo, se il sindaco Enrico Hüllweck avesse trovato il modo per disdire gli impegni contratti all’estero, probabilmente tutto si sarebbe svolto in maniera lineare, senza intoppi. Invece il primo cittadino ha delegato il colonnello Sante Sarracco, presidente del Consiglio comunale, aennista, un passato non rinnegato di fascista, a tessere gli elogi della Liberazione. Pare quasi una bella bombetta lanciata tra i piedi ad An cittadina, dopo i recenti sgarbi di potere. La bombetta deflagra. Tanto rumore, una figuraccia per la città e un altoparlante in pezzi sono il bilancio finale della gazzarra. Volevano impedire a Sarracco di parlare, sono riusciti a complicare la vita a chi voleva ascoltarlo. Perché il colonnello, incurante dei fischi e dei cori, lo porterà fino in fondo il suo discorso. «Credo che questo 25 aprile - dice tra la salve di fischi, e per farsi sentire grida sul microfono - debba essere inteso come un ritrovarci in una storia comune, fatta di momenti esaltanti e di errori, di progressi e di confronti politici». Sarracco parla poi di valori comuni, di concetti condivisi, anche se non citerà mai il termine "resistenza" che, nel caso del 25 aprile, qualcosa c’entra. E poi, facendo arrabbiare ancor di più chi lo contesta per partito preso, mette sullo stesso piano chi «in una "busa" in zona, non molto distante, sulle montagne vicentine, celebrano e onorano i caduti infoibati». «Mi chiedo e vi chiedo - grida con quanti decibel madre natura gli consente - quali arcane argomentazioni e quali valide motivazioni possano portare la gente vicentina a non ritrovarsi in una celebrazione comune». I fischi diventano uragano alla fine del discorso, quando, per la prima e unica volta, viene citato il termine "partigiani". «Ai partigiani d’Italia - conclude Sarracco - che in difesa di ideali combatterono fino all’estremo sacrificio, va il nostro ricordo. A loro accomuniamo anche quanti altri italiani in armi, per loro scelta, durante gli stessi anni e negli anni precedenti, sotto il tricolore non furono titubanti e non ebbero timore a esporsi fino a giungere al sacrificio della propria vita. Viva Vicenza decorata, viva l’Italia». Ora toccherebbe allo storico Silvio Lanaro, invitato per l’orazione ufficiale. Ma sul palco c’è un po’ di confusione, tanto che gli organizzatori non si accorgono che Lanaro è lì che aspetta. Macché, vanno in tilt e chiamano in tutta fretta un sostituto. Fortuna che c’è un saggio come Onorio Cengarle, che dopo quell’8 settembre ha preferito essere internato in Germania piuttosto che aderire alla Rsi, disposto a farsi carico di parlare di fronte a questa bolgia. Il suo vocione e il suo rassicurante passato trasformano i fischi in applausi. Ma per poco. «Chi è intervenuto prima di me - dice dopo aver ricordato i valori della resistenza - aveva tutto il diritto di farlo in quanto rappresentante del Comune di Vicenza. Abbiamo fatto la lotta di liberazione proprio per aver diritto di parola, perché tutti avessero diritto di parola. Queste contestazioni non vi fanno onore e non fanno onore alla città di Vicenza». Non cerca l’applauso facile, Cengarle. Dice quello che pensa. E dai più facinorosi si becca i soliti fischi. Tutti coloro che sono sul palco, partigiani compresi, gli stringono la mano. La cerimonia volge al termine. Sarracco se ne va con la sua fascia tricolore, segue il gonfalone di Vicenza, passa proprio davanti ai contestatori che gli vomitano addosso gli insulti del caso. Non una gran bella figura. Fortuna che il sole ha deciso di venir fuori soltanto nel pomeriggio.

L’oratore ufficiale “oscurato”
E Lanaro restò senza parole

(s. m. d.) Premeditazione o disorganizzazione? Il "mistero" del mancato intervento di Silvio Lanaro, docente di storia contemporanea all'Università di Padova, alla manifestazione del 25 Aprile, si infittisce. E alla voce diffusasi ieri, già a metà mattinata, in merito al fatto che il docente si fosse rifiutato di parlare, lo stesso Lanaro puntualizza: «Non aggiungete al danno la beffa. Chi ha sparso questa voce non sa neanche di cosa parla. È dalle 11 di questa mattina che io sono sul palco in attesa di parlare. Non mi sono mai mosso dallo stesso posto in cui mi trovavo, dietro gli ufficiali dell'esercito. Poi, all'improvviso, dalle parole di Onorio Cengarle che avvisava di sostituire l'oratore ufficiale, ho capito che qualcosa non andava. Ma mi sono reso conto solo dai saluti finali che non avrei proprio parlato». «Le possibilità qui sono due - aggiunge il consigliere ds Ubaldo Alifuoco - o si è di fronte ad un tentativo di esclusione premeditato, o si è di fronte ad una organizzazione veramente dilettantistica». Interpellato a proposito, il presidente del Consiglio comunale Sante Sarracco sembra essere estraneo ad ogni dinamica, ma alla ricerca di un responsabile in merito, si arriva, però, a qualche informazione: sembra che alcuni rappresentanti delle associazioni combattentistiche, dopo aver cercato il docente prima della manifestazione (a testimonianza di questo, verso le 10.50, molti dei presenti hanno sentito chiamare Lanaro al microfono ripetutamente) e non sapendolo riconoscere fisicamente, lo abbiano dato per assente. A questo punto è stato chiesto di tutta fretta a Cengarle di intervenire, spiegando il contrattempo. Una serie di malintesi, dunque, che ha provocato l'esclusione di uno dei più amati intellettuali locali per cui molti erano arrivati in piazza ieri mattina. Ora Silvio Lanaro avrà intenzione di reagire per riscattare il danno subito? «Ci penserò», risponde.

L’oratore dimenticato Ecco cosa avrei dovuto dire

di Silvio Lanaro

Non posso riferire con precisione quello che avrei detto ieri mattina, in Piazza dei Signori, se qualcuno si fosse ricordato di avermi invitato come oratore ufficiale alla festa di libertà del 25 aprile. Quando parlo in pubblico non preparo testi scritti: mi affido ad appunti - credo scrupolosi - perché penso che la passione comunicativa dell’oralità permetta una maggiore forza di convincimento. Avrei comunque cercato di argomentare tre tesi, che espongo qui rapidamente: 1) la Resistenza italiana si iscrive in un moto europeo di rivolta contro l’occupazione militare tedesca che è contemporaneamente volontà di dare vita a ordinamenti liberali e democratici. Si dimentica troppo spesso che nel 1939, quando scoppiò la seconda guerra mondiale, nel continente i regimi democratici si contavano sulle dita di una mano: esistevano solo nella parte settentrionale del continente, non attecchivano in nessuno stato della fascia mediterranea e dell’area orientale. La spinta verso l’indipendenza e la trasformazione politico-sociale, però, fu l’unico elemento condiviso dai movimenti antifascisti e antinazisti. In Polonia divenne decisivo il senso di identità nazionale di un paese conteso da tedeschi e sovietici. In Norvegia, in Danimarca, nel Belgio prevalse la protesta civile e non violenta di popolazioni che si stringevano ai valori costitutivi della loro comunità, e dove il rifiuto della collaborazione coinvolgeva insegnanti e magistrati, medici e funzionari pubblici. In Jugoslavia si formò un esercito vero e proprio, egemonizzato dai comunisti, che per liberare il paese non si limitò al sabotaggio e alla guerriglia ma combattè battaglie in campo aperto. In Francia si contarono cellule e sigle innumerevoli, che solo la lungimiranza di due grandi personaggi come Jean Moulin e Charles De Gaulle seppe ricondurre ad unità. In Italia - dove il fascismo era stato inventato e da dove era stato esportato - la lotta armata fu inevitabilmente guidata dai partiti politici sciolti nel 1925-26, che si riunirono nei comitati di liberazione nazionale dove riuscirono a fondere culture e tradizioni diverse (anche perché si erano assoggettati all’obbligo di assumere unanimemente ogni decisione) inaugurando un clima che nel 1947 avrebbe prodotto la Costituzione repubblicana nonostante le asprissime divisioni suscitate dalla guerra fredda. 2) Da noi si assistè, più che in ogni altro paese occidentale, alla realizzazione di una sistematica “guerra ai civili” le cui spaventose dimensioni stanno emergendo mese dopo mese. Furono le stragi perpetrate dai nazisti, e dai fascisti loro complici, a creare un’atmosfera di invelenimento delle coscienze che, insieme con il degrado morale che accompagna il tramonto di ogni dittatura partorì le vendette, le esecuzioni sommarie, le efferate crudeltà che segnarono i mesi successivi alla liberazione. 3) Non basta affidarsi alla memoria per convalidare le ragioni di una scelta “giusta”. La memoria tende ad offuscarsi, insieme con l’angoscia di chi la custodisce e la trasmette. Occorre la storia, scandagliata con tutta la probità di chi esercita una professione delicatissima, per restituire il “senso” di un passato che non può essere inghiottito dalla separatezza o dalla rabbia di chi lo ha in vario modo sofferto. Sono sicuro che se avessi potuto parlare ai vicentini avrei saputo motivare con esemplificazioni più adeguate - si tratta del mio mestiere, alla fin fine - queste semplici ma essenziali considerazioni. Non mi è stato consentito, volendo usare un verbo che a qualcuno piace molto. Sarà per un’altra volta.

«Contro tale provocazione serviva una risposta forte»

Anche la parlamentare Trupia nel gruppo di diessini riunitisi per contestare il rappresentante dell’Amministrazione comunale
«La nostra è stata una reazione civile, solo a Vicenza è accaduto che un fascista salisse sul palco»

di Silvia Maria Dubois

Dieci minuti di fischi assordanti, di strofe dai decibel esasperati di tre "Bella, ciao", di urla scandite sulle vocali di "vergogna, fascista!", mentre sette carabinieri corrono a schierarsi di fronte al crocchio strepitante della sinistra vicentina, e altri quattro vengono spediti a contenere i protestanti che in piazza avanzano dietro gli schieramenti delle divise. Il 25 Aprile è stato il giorno del pubblico processo a Sante Sarracco, il giorno di una Liberazione più prigioniera di prima, di uno show di quelli che solo la Vicenza che non resiste a quella seducente tentazione di litigare "coram populo" sa offrire. Cento diessini da una parte, l’ex missino dall'altra. Le grida che si alzano assieme alle bandiere di una variegata colonia emotiva e rumorosa da una parte, la tenacia di proseguire con impassibile disciplina e militare precisione il proprio compito, dall'altra. Sono solo le 10.30 quando sulle note dell'Internazionale il consigliere comunale Giovanni Rolando, con manieristica precisione, comincia a curare la coreografia dell'appostamento Ds, scelto fra le tre arcate centrali della Basilica Palladiana («se mettesse lo stesso impegno nell'esprimere le posizioni del nostro partito in Consiglio, sarebbe meglio», commenta la dirigenza) : si srotolano le bandiere con la quercia, si sceglie la giusta alternanza con l'arcobaleno della pace e qualche tricolore. Ai colonnati si scoccia qualche slogan "classico" a cui segue la distribuzione di cartelloni da tenere ben alzati durante la manifestazione. In prima fila, fra ombrelli e scrosci di grondaia, si schierano elegantissimi tutti i big berici dei Ds, dentro una singolare atmosfera confidenziale che poco si esibisce sotto i riflettori della politica ufficiale e che, a dir la verità, suscita qualche emozione nuova. Dietro: poeti, sindacalisti ed intellettuali, sì, ci sono proprio tutti.La sinistra, compatta, numerosa e bella da vedere, comincia a farsi sentire quando al microfono si avvicina Sante Sarracco: lì l'insurrezione canora esce da tutti gli spartiti progettati, si canta a tutta gola, si fischia e si grida. «Dai, ora basta, hanno capito» si azzarda a dire qualcuno, ma i fischi si fanno sempre più striduli, «dai, proviamo a lasciarlo parlare», ma le urla si alzano, assieme all'acqua delle grondaie sulle teste ora scende anche una robusta bandiera con falce e martello, «per favore, ora stiamo esagerando», ma non c'è niente da fare, le frange più estreme prendono il sopravvento, il rumore riesce a coprire la voce di Sarracco ma non qualche imbarazzo perché si fiuta che la difesa dei propri diritti sta rischiando di annullarsi nel calpestio di altri diritti. Per qualcuno un vero peccato. Per altri una vera fortuna a carico dello spettacolo che offre, per quella polveriera di rabbia ed emozioni che questa data accende ogni anno e che lascia tutti pieni di qualcosa da dire. «Non mi è mai capitato di vivere con tale partecipazione un evento, torno a casa molto carico ora» si lascia sfuggire uno studente. «Sto chiamando mia madre per raccontarle tutto», aggiunge l'amica che lo accompagna, attaccata al telefono. «Ad una provocazione forte, bisogna reagire con un'azione altrettanto forte e rumorosa - spiega il consigliere regionale,ormai ex, Claudio Rizzato - non si può accettare che un politico della provenienza di Sarracco parli di Resistenza: è come chiedere ad un ateo di parlare di religione!» «La nostra è stata una reazione civile - aggiunge la deputata Lalla Trupia - Vicenza è l'unica città che oggi si vede rappresentare in questa data da un fascista. È inaudito! Non solo, a questo si aggiunge il paradosso che qui, fra Provincia e Comune, oggi a fare gli onori di casa siano Lega ed Alleanza Nazionale, proprio i due partiti che hanno preso le distanze da questo anniversario e che si sono rifiutate di salire sul palco milanese di Ciampi!» «I nostri fischi Sarracco se li è meritati tutti - precisa il consigliere comunale Antonio Dalla Pozza - si è azzardato a parlare di equiparazione fra caduti repubblichini e partigiani, una cosa inaccettabile: forse era più opportuno che oggi si recasse a Lusiana a festeggiare un altro 25 Aprile». «La destra italiana non si è ancora liberata del suo passato - spiega il collega Gigi Poletto -in tutta Europa c'è una destra nata dalla resistenza, invece qui, in Italia, non si riesce a superare queste ambiguità, sintomatiche di una democrazia ancora incompiuta». «Esagerati noi? No, la nostra è stata solo una reazione decisa. E comunque, il primo responsabile di tutto ciò è il sindaco - spiega la segretaria provinciale Daniela Sbrollini - era evidente che già la sua "strana" assenza era di per sé una provocazione. Una provocazione che prevedeva una serie di reazioni e altrettante provocazioni, no?» «Chi sperava in un ravvedimento di Sarracco è rimasto deluso, anzi smentito - conclude il segretario della Cgil, Oscar Mancini - è troppo chiedere ad un uomo che due anni fa festeggiava la marcia su Roma di abbracciare gli ideali della Resistenza».


dal GAZZETTINO

25 Aprile, i tafferugli non zittiscono Sarracco
Il presidente del consiglio comunale: «Oggi è un giorno che deve unire tutte le generazioni nel valore della libertà»

Da un lato bandiere italiane e ideali di libertà. Dall'altro fischi e qualche tafferuglio. È stato questo il 25 aprile di Vicenza: un momento di festa che si è trasformato nell'ennesima occasione di polemica. Il sessantesimo anniversario della Liberazione ha visto consumarsi in piazza dei Signori la tradizionale cerimonia istituzionale, con banda e onori alla bandiera, per commemorare l'affrancamento dal nazifascismo. Ma più che onorare la memoria di chi combatté, anche perdendo la vita, per un'Italia libera e unita, la mattinata è scivolata via tra accuse e proteste.
LA POLEMICA. Pietra dello scandalo la presenza sul palco, allestito per l'occasione, del presidente del consiglio comunale Sante Sarracco, delegato a portare il saluto dell'amministrazione. «Come può un uomo di Alleanza Nazionale che partecipa alla commemorazione della marcia su Roma presentarsi sul palco proprio in questa occasione?». Questa la domanda ricorrente di chi ha vissuto la decisione del sindaco, di lasciare a Sarracco il compito di fare gli onori di casa, come un'offesa ed una provocazione. Così, non appena il presidente munito di fascia tricolore ha preso il microfono per portare il saluto di Palazzo Trissino alla piazza, per la verità poco gremita a causa della pioggia, si è levato un coro di fischi e urla di protesta. Una ventina di giovani dei centri sociali hanno tentato di superare le transenne, subito fermati dalle forze dell'ordine presenti. Sarracco a voce alta, per cercare di farsi capire, ha letto il suo discorso: «Sono onorato di essere qui. La ricorrenza del 25 aprile si deve definire festa della libertà perché tale deve essere nella migliore interpretazione di questo giorno d'incontro tra tutte le generazioni». Attacca così e subito si scatena il finimondo, tra cori e qualche teppista che si scaglia contro gli altoparlanti. Ma lui prosegue. «Altre nazioni hanno vissuto momenti ed eventi simili a quelli vissuti dagli italiani negli anni immediatamente precedenti alla data del 25 aprile 1945. E sono riusciti a superare le barriere ed i furori ideologici forti di un nuovo spirito aggregativo nazionale con il senso di appartenenza e con la volontà istitutiva della libertà e della democrazia. Vicenza celebra quest'anno il decimo anniversario dall'assegnazione alla città della seconda medaglia d'oro al valore militare. È stato il coraggio e la forza morale della nostra gente che con il suo comportamento ha ridato agli eventi un senso nuovo. Ai partigiani d'Italia che in difesa di ideali combatterono fino all'estremo sacrificio va il nostro ricordo». I fischi si placano solo alla fine del suo intervento. Ma qualcuno riprende, ingeneroso, anche a indirizzo del senatore Onorio Cengarle, partigiano e presidente dell'associazione ex internati e reduci di prigionia che si rivolge direttamente ai contestatori: «Ai giovani bulli che hanno disturbato voglio dire che noi abbiamo combattuto per tutti mentre voi state dando il cattivo esempio. Voi dividete l'Italia, noi la volevamo unita. Contestate chi non va contestato e cioè il rappresentante di una pubblica amministrazione che ha tutto il diritto di parlare liberamente».
L'OPPOSIZIONE. Critico tutto il centrosinistra. A spiegare perché Ubaldo Alifuoco, consigliere comunale dei Ds: «Sarracco doveva limitarsi ad un saluto istituzionale ed invece si è improvvisato storico: la sua presenza è una contraddizione e una provocazione. Sono indignato, però, da certe reazioni». Non la pensa così Emilio Franzina, consigliere di Rifondazione comunista: «La contestazione è stata legittima. Non investe Sarracco in quanto uomo né in quanto esponente di Alleanza Nazionale, ma è motivata da fatto che partecipa alla celebrazione della marcia su Roma e poi si presenta il 25 aprile. Si è ridotta una data importante a una cosa penosa». Dello stesso avviso anche Giorgio Langella, capogruppo provinciale dei comunisti italiani: «Non ha voce in capitolo per parlare perché mette sullo stesso piano la lotta per la libertà e quella per la dittatura. La contestazione è stata giustissima».
STUDENTI. «Si è svolta a Vicenza una celebrazione in piazza a cui era invitato a parlare a nome delle istituzioni un repubblichino mai pentito. La piazza antifascista a Vicenza non poteva accettare tutto questo, e quando il relatore Saracco ha preso in mano il microfono ha urlato il suo dissenso, ha fischiato chi non aveva la decenza e la dignità di salire sul palco. Non ha potuto parlare indisturbato perché la piazza ha assunto collettivamente la contestazione. Noi studenti accusati di anacronistiche feste antifasciste oggi eravamo in piazza ad affermare il nostro diritto di resistenza contro chi vuole tramite un meccanismo fascista, subdolo e silenzioso cancellare la storia e insultare la dignità di tutti». Anche il sindacato Rdb-Cub per bocca del suo segretario Raniero Germano fa sapere che «gli antifascisti vicentini hanno contestato chi considera la repubblica sociale italiana e il nazifascismo eventi storici da non condannare».
L'OSPITE. Invitato ufficialmente alla cerimonia, Silvio Lanaro, docente di storia contemporanea all'università di Padova, non ha preso la parola. Non si è capito il perché fino alla fine della manifestazione. Quando è stato lo stesso professore a spiegare: «Ero sul palco e senza preavviso hanno annunciato che al posto mio sarebbe intervenuto il senatore Cengarle. Sono amareggiato, offeso e incavolato nero. Non mi sono mai trovato a dover affrontare una vergogna simile». E se l'onorevole Lalla Trupia annuncia che «è inammissibile che non abbia potuto parlare, così come è inammissibile che sia stato affidato a Sarracco il compito di fare da padrone di casa. Interrogherò il Parlamento a riguardo», la vicenda sembra essere stata provocata da un disguido di organizzazione. «Mi è stato detto che il professore, che io non conoscevo personalmente, non c'era e per questo ci siamo rivolti a Cengarle», spiega Sarracco. «Si è trattato di uno spiacevole equivoco».
EDERLE. Qualche ora prima dell'inizio della cerimonia all'ombra della Basilica Palladiana, Rifondazione comunista si è data appuntamento, con una trentina di simpatizzanti, davanti alla base americana di viale della Pace. A chiarire lo scopo del sit in è Paolo Consolaro: «Quei valori di libertà e pace conquistati con la resistenza sono oggi in grave pericolo. L'alleanza con gli americani ci pone in uno stato di sudditanza rispetto alle loro mire imperialiste. Noi vogliamo che se ne vadano dalla città perché questa non deve diventare base logistica della guerra».
Roberta Labruna