27 APRILE 2005

dal Giornale di Vicenza

Disobbedienti anti self service ma arrivano a tempo scaduto
«Non lasciamo parlare il fascista»

La Serenissima ristorazione obiettivo della manifestazione: ma da 26 giorni non serve pasti agli immigrati nei Cpt
Disobbedienti anti self service ma arrivano a tempo scaduto

di Federico Ballardin

Occupano il ristorante, non per riempirsi lo stomaco o distribuire pasti sociali ma per protestare contro il “favoreggiamento” dei Centri di permanenza temporanea da parte della Serenissima ristorazione, in viale della Scienza, “rea” di servire i pasti agli extracomunitari del Cpt di via Mattei a Bologna. Ad occupare il self service che giornalmente rifornisce molte mense cittadine e rifocilla gli operai delle vicine aziende della zona industriale c’era anche il cosiddetto leader dei no global (anche se a lui non piace molto questo titolo) Luca Casarini, supportato anche dalla Rete del precariato sociale di Vicenza e dagli Sportelli degli invisibili, rappresentati da Francesco Pavin. L’occupazione, inziata intorno alle 11,30 ha bloccato l’accesso al self service richiamando in zona carabinieri, polizia municipale, digos e volanti. Pochi minuti dopo mezzogiorno la situazione era già ritornata normale. La notizia era arrivata nei giorni scorsi allo “stato maggiore” dei no global di Bologna che avevano notato i furgoni della Serenissima ristorazione uscire dal Centro di permanenza temporanea di Bologna, dove vengono portati gli immigrati sprovvisti di documenti per l’identificazione e per l’analisi degli eventuali provvedimenti da adottare. Oggi la reazione, in occasione della giornata nazionale contro i centri di permanenza temporanea (proclamata dalla rete dei disobbedienti) che vengono definiti dei lager. «Siamo qui per denunciare chi, come la Serenissima Ristorazione, da questi lager trae sostanziosi profitti. Speculare ed arricchirsi sulla pelle della gente, sulle loro sofferenze, è per noi inaccettabile» si legge in uno dei volantini distribuiti dalla cinquantina di giovani che hanno attuato il blocco del self service installando un filo spinato all’entrata principale ed impedendo agli avventori di entrare. Il locale è stato agghindato anche con cartelloni e striscioni. Di avventori a dire la verità ce n’erano pochi a quell’ora dal momento che il ristorante ha il suo “picco” poco prima delle 13, ma qualche operaio però c’era, e ha brontolato (anche per la fame) per il fatto di non poter entrare. I manifestanti non hanno però impedito il servizio di trasporto pasti alle mense di scuole e istituti. Sono bastati poi pochi minuti perché Casarini e compagni venissero a conoscenza del fatto che la Serenissima Ristorazione dal 30 marzo non effettua più il servizio pasti al Cpt di Bologna (che tecnicamente era comunque servito da una “filiale” in loco). Ma l’obiettivo era un altro: sensibilizzare al problema con una iniziativa eclatante come quelle del passato e ottenere un documento, si potrebbe dire “una dichiarazione d’intenti” in cui l’azienda vicentina s’impegnava a non partecipare più ad appalti per servire i pasti nei cpt. C’è voluta solo una decina di minuti prima che arrivasse lo stringato fax o “comunicazione d’astensione” come è stata definita in burocratese, da parte dei vertici della Serenissima ristorazione. «Con la presente la direzione di Serenissima spa - si legge nella nota - intende impegnarsi a non erogare il servizio di fornitura pasti in strutture quali i cpt, allo stesso tempo la direzione della medesima ditta garantisce che a partire dal 01-04-05 non gestisce più il servizio di ristorazione per il centro di prima accoglienza Mattei di Bologna». Segno questo che evidentemente questi lauti guadagni non erano poi tali. Dopo l’arrivo del comunicato, comunque, in pochissimi minuti i no global hanno sbaraccato, gongolando per la soddisfazione ottenuta e per il polverone sollevato su un problema a loro molto caro.

dal Gazzettino:

I DISOBBEDIENTI Pasti immigrati, Serenissima assediata

Cosa lega un servizio di ristorazione vicentino ad un centro di permanenza temporanea di Bologna? Sembrano saperlo bene coloro che ieri mattina hanno circondato la sede della Serenissima Ristorazione in viale della Scienza, in segno di protesta contro la politica dell'azienda fornitrice di pasti al Cpt bolognese. Le strutture di permanenza temporanea raccolgono gli stranieri nei cui confronti è stato emanato un provvedimento di respingimento o di espulsione non immediatamente eseguibile. Non si tratta però di centri di accoglienza o di realtà equiparabili al carcere, ma di luoghi di transizione per immigrati che sono in attesa di essere accompagnati alla frontiera. Ma sulla situazione di queste strutture si leva la protesta: «Si tratta di centri di detenzione - spiega Francesco Pavin dei disobbedienti di Vicenza - dove i diritti degli stranieri vengono quotidianamente calpestati. Coloro che vi sono rinchiusi, tra cui anche bambini, vivono spesso in spazi angusti e pessime condizioni igieniche». Convinti che un'azienda debba compiere delle scelte etiche, anche contro il proprio profitto, i giovani arrivati da Vicenza, Padova, Trento e Venezia hanno simbolicamente circondato la sede della Serenissima con il filo spinato e sollevato striscioni di protesta inneggianti al boicottaggio della Serenissima "complice dei lager". Durante la mattinata i rappresentanti dell'azienda hanno accettato un confronto con i manifestanti, per spiegare come: «il servizio di fornitura di pasti al centro di permanenza temporanea di Bologna - dice il direttore generale della Serenissima Flavio Faggion - si è concluso un mese fa ed è stato gestito per un semestre dopo la gara d'appalto che la Serenissima ha vinto. È da tempo dunque che non ce ne occupiamo più. Queste persone devono aver fatto un po' di confusione. Il nostro servizio è rivolto a pubblico e privato, non possiamo fare discriminazioni sulla scelta dei nostri clienti».Laura Pilastro


Ma nel variegato panorama del centrosinistra e all’interno dei Ds fioccano le prese di distanza dai fischi contro Sarracco del 25 aprile Alifuoco: «No a condanne preventive». Quero: «Meglio il silenzio»
«Non lasciamo parlare il fascista»
Diffusa via email da esponenti diessini la strategia da adottare in piazza

di Marino Smiderle

L’intervista concessa da Sante Sarracco a Radio Capital è stata "spammata" via email da alcuni autorevoli esponenti dei Ds cittadini, come Antonio Dalla Pozza e Tomaso Rebesani. Un’intervista in cui, a proposito della Repubblica sociale italiana, Sarracco usciva con un «onestamente non me la sento di dire che sia una pagina vergognosa» che autorizzava lo stato maggiore diessino a lanciare un ordine di servizio per la mattinata del 25 aprile: «Come vedete - si legge nell’eloquente email - non c’è bisogno di aspettare quanto dirà oggi...». Un’idea, quella di scatenare una gazzarra di fischi, cori (Bella ciao) e insulti per impedire a Sarracco di leggere il saluto ufficiale dell’Amministrazione comunale, che non è piaciuta affatto alla componente riformista dei Ds e ad altre formazioni della Fed, o Unione o come si chiamerà la nuova "casa" che dovrebbe ospitare i partiti del centrosinistra. A cominciare da Ubaldo Alifuoco, consigliere comunale dei Ds, che il 25 aprile era sul palco delle autorità. «Sarracco è presidente del consiglio comunale - dice - carica istituzionale di rilievo, frutto di una consultazione democratica. È legittimo contestare civilmente i contenuti delle sue valutazioni - dice - ma non certo condannare preventivamente la sua presenza e trarne spunto per disertare il palco, lasciando soli uomini che la Resistenza l’hanno fatta in prima persona». Si sa com’è andata: l’on. Lalla Trupia (Ds versante Correntone) ha dichiarato la sua "diserzione" dal palco delle autorità, trovando il sostegno di Daniela Sbrollini, segretario provinciale Ds, e Claudio Rizzato, ex consigliere regionale Ds reduce da una sconfitta elettorale che ancora brucia, entrambi fassiniani; poi, insieme ai no global, la voce dell’oratore spedito sul palco in rappresentanza della città è stata coperta dalla rumorosa azione di protesta. «Non era intenzione della segreteria provinciale impedire a Sarracco di parlare - si difende la Sbrollini -. Noi avevamo aderito all’iniziativa dell’on. Trupia di disertare il palco. Se poi qualcuno ha esagerato...». Sì, qualcuno evidentemente ha esagerato, conviene Adriano Verlato. «Il 25 aprile, in piazza dei Signori, l’intervento di Sarracco, è stato sonoramente fischiato dalla mia parte politica - afferma l’ulivista vicentino -. Non so se hanno fatto bene o male, tuttavia io non lo avrei fatto. Il non applauso è già un mezzo per manifestare il proprio dissenso. A posteriori, se il suo intervento fosse stato non corretto o partigiano, mi si scusi per l’uso improprio del termine, mi sarei pubblicamente lamentato dell’inopportunità della scelta fatta dal sindaco». «Comunque tra il primo cittadino che latita e Sante Sarracco - aggiunge - preferisco chi dimostra coraggio e coerenza. Che poi la scelta del presidente del consiglio comunale potesse essere considerata una provocazione ci poteva anche stare, però il clamore nel corso di tutto l’intervento non è il massimo della protesta. Sarracco era in piazza come istituzione comunale e non come Alleanza nazionale. Almeno questo è chiaro?».Mica tanto. «Qualche fischio di troppo - sostiene Luigi Poletto, capogruppo Ds in consiglio comunale - non consente di descrivere ciò che è avvenuto in piazza a Vicenza il 25 aprile come "gazzarra", termine che immeschinisce un confronto dai toni magari discutibili ma di forte densità etico-civile. Ciò al di là della decisione insensata di far celebrare il 25 aprile da chi crede nei valori del 28 ottobre del 1922». Chiude Matteo Quero, dei Repubblicani per l’Europa: «Quando ci ritroveremo per parlare della Fed ci saranno alcune cosette da discutere. Simili atteggiamenti non possono essere condivisi. Nel caso specifico, sarebbe stato intelligente restare in silenzio, prima, durante e dopo l’intervento di Sarracco. La protesta, paradossalmente, avrebbe fatto più rumore».

Gli aennisti Donazzan e Sorrentino stigmatizzano il comportamento degli avversari politici
«E questi ci vogliono dare lezioni di libertà...»

(ma. sm.) Se i diessini sono delusi, figurarsi gli aennisti. Per non parlare di quelli di Destra sociale, la corrente di Sante Sarracco. «Sono indignata - esplode Elena Donazzan, consigliere regionale fresca di riconferma a palazzo Ferro Fini -. Anzi, di più. I comunisti nostrani si sono comportati peggio dei giacobini di un tempo, che si rifiutavano di dare diritto di cittadinanza ai Vandelli. Ma Sarracco ha pieno diritto di cittadinanza, oltre che di rappresentanza, visto che è stato eletto con i voti dei vicentini». Ha un diavolo per capello, la Donazzan. Che però, come ogni anno, non è andata in piazza per il 25 aprile. «Chi mi conosce - afferma - se che da tanti anni, ogni 25 aprile, io vado alla Busa della Spaluga, dove c’è una foiba tristemente nota. E devo dire che, più di altre volte, ho fatto bene. La sinistra, scatenando quel finimondo contro Sarracco, ha dimostrato che l’unico collante capace di tenerli tutti insieme è l’odio antifascista. E poi vogliono dare lezioni di liberalità...». Chi ha visto Sarracco sul palco si è fatto una domanda semplice: perché proprio lui? Perché Hüllweck non ha scelto, per esempio, il vicesindaco Valerio Sorrentino? Che pure è aennista, ma che, essendo più giovane, magari... «Il fatto è - obietta l’interessato - che il sindaco non avrebbe mai chiesto al sottoscritto di fare il discorso del 25 aprile per il semplice motivo che sapeva benissimo che io non avrei mai accettato. Non sono mai andato in piazza in quel giorno perché non la ritengo una data in grado di unire gli italiani. Purtroppo quel che è successo l’altro giorno mi ha dato ragione». Al di là di queste considerazioni di principio, Sorrentino vuole aggiungere il suo stupore per l’atteggiamento tenuto da consiglieri comunali e parlamentari diessini. «Che i no global scatenassero in quel modo il loro dissenso era prevedibile - dice il vicesindaco -. Che aderissero a questa protesta anche esponenti delle istituzioni, beh, francamente mi ha colto di sorpresa. A onor del vero, devo dire di aver apprezzato la presa di distanza di altri esponenti, come Alifuoco, che pur dissentendo dalla scelta dell’oratore, ne hanno riconosciuto la legittimità. Per il resto, meglio trovarsi tutti in piazza il 2 giugno, festa della Repubblica».