23 AGOSTO 2005

dal Giornale di Vicenza

Curiosità: il Giornale di Vicenza pubblica la lista completa dei denunciati per la Ederle comprendente Nome,Cognome,età e comune di residenza. Lo stesso giornale quando si tratta di citare i nazi valdagnesi denunciati per aggressione usa le iniziali...

Avviso a 45 estremisti della pace + gazzettino
Terrorismo, blindata la Chinotto
VALDAGNO.Torna la violenza: perché?

La procura ha concluso le indagini per danneggiamento e uso dei fumogeni contro la base Usa
Avviso a 45 estremisti della pace
In cima alla lista Luca Casarini Decisivi filmati e foto della Digos

di Ivano Tolettini

Una città blindata come poche altre volte è capitato. Le foto simbolo di quel sabato 29 marzo 2003 sono quelle delle migliaia di persone, in gran parte pacifiste per davvero, che sfilano ordinatamente per ribadire il loro no alla guerra irachena. Poi i flash si spostano sulla Ederle dove decine di disobbedienti, molti dei quali indossano caschi da motociclisti, compiono atti di vandalismo di vario genere. Appiccano il fuoco ai teloni della recinazione della base; imbrattano i muri della caserma americana con le bombolette spray e lanciano fumogeni dentro il perimetro militare. In nome del pacifismo. Due anni e mezzo dopo quella manifestazione che richiamò il popolo della pace, la procura della Repubblica presenta il conto investigativo a 45 persone che avrebbero violato la legge.
In testa alla lista c’è il veneziano L. C., 38 anni, leader dei No Global del Nord Est. Il pm Paolo Pecori al termine delle indagini preliminari ha firmato 45 avvisi che in questi giorni stanno raggiungendo le case e gli studi legali degli estremisti della pace. Tra di loro ci sono molti nomi noti alle cronache, come il padovano M. G., i vicentini F. L. e F. P., e molti altri giovani e meno provenienti da varie pari d’Italia.
La maggior parte è triveneta (13 vicentini, 10 padovani, 9 veneziani e 7 triestini) e nei prossimi venti giorni (termini feriali permettendo) dovrà depositare le proprio controdeduzioni ed, eventualmente, comunicare se vorrà farsi interrogare. È stato un lungo e paziente lavoro quello della Digos della questura. Fotogrammo dopo fotogrammo sono stati isolati colori i quali avrebbero avuto un ruolo nei disordini avvenuti per lo più dalla parte di viale Aldo Moro, dove i tupamaros del pacifismo decisero di sfidare le autorità. Se la foto del biscione ordinato di persone che affolla viale della Pace scandendo slogan contro l’America di Bush è l’emblema della protesta civile e democratica per riaffermare le proprie idee e opinioni, siano esse di ispirazione cattolica o laicista, di sinistra o anche (perché no?) moderate, ma pur sempre contrarie all’impiego dell’esercito per abbattere il tiranno Saddam, quelle di viale Aldo Moro sono le immagini dell’arroganza. Tra le seconde ce n’è una, tra le tante, che le caratterizza. Un commissario di polizia che insegue a perdifiato un ragazzotto che ha appena appiccato le fiamme al telone verde a protezione della rete. Ce ne volle quel giorno, nonostante la blindatura di centinaia di uomini delle forze dell’ordine, per placare la tensione alimentata da Casarini che al megafono incitava a una resistenza attiva ( e violenta?) che di fatto potrebbe avere rappresentato la violazione delle regole democratiche. Se la responsabilità penale è individuale, quel giorno molti manifestanti, anche se nettamente minoritari rispetto a chi sfilava nel rispetto delle norme che ci siamo date, decisero che soltanto con la rappresentazione in qualche modo violenta sarebbe stata santificata la sfilata che accolse almeno 7 mila persone. I filmati di quel giorno, saccheggiati a piene mani dalla polizia, mostrano che la Ederle venne selezionata come facile bersaglio polemico perché da viale della Pace partivano i convogli per Camp Derby a Pisa, da dove le truppe partivano per il fronte iracheno. I momenti di maggior nervosismo si ebbero davanti all’ingresso principale, quando alcuni disobbedienti imbrattarono i muri appena tinteggiati e ingaggiarono un corpo a corpo con le forze dell’ordine, ma soprattutto in via Aldo Moro dove vennero lanciati dei razzi sopra la base e il tafferuglio divampò più intenso e prolungato. Il “cannone” per lanciarli venne sequestrato a casa del padovano D. M. E., il quale non a caso è nell’elenco degli indagati. Per quanti estremisti della pace sarà chiesto il processo è per adesso prematuro ipotizzarlo. Foto, video e riconoscimenti individuali costituiscono il piatto forte delle accuse.

La giustizia dei benpensanti
Quei no global “alleati” di Bush

(ma. sm.) La macchina della giustizia "borghese e guerrafondaia" si è messa in moto quando il primo limone impregnato di vernice rossa è stato scagliato contro i muri giallini della caserma Ederle. Fino a quel momento la giornata "pacifista" contro la guerra in Iraq era filata via quasi liscia, turbata solo dai rutti derivanti dalla troppa birra ingurgitata e dagli slogan agghiaccianti vomitati con convinzione negli altoparlanti da Casarini e compagni. Robetta, di fronte alla quale solo i benpensanti vicentini pensavano... male, in quel pomeriggio di primavera, in fondo a corso Palladio. Ecco, via, il corteo parte. Fondamento di ogni democrazia è quello di permettere a tutti di gridare la propria opinione. Ed essere contro la guerra in Iraq era un’opinione che, sondaggi alla mano, veniva condivisa dalla maggior parte degli italiani. E allora, che bisogno c’era di sporcare, danneggiare, bruciare? Probabilmente quella manifestazione ha avuto come risultato solo quello di arruolare (idealmente) qualche vicentino in più nell’esercito di Bush. Perché, qualsiasi “non pacifista” si fosse trovato a percorrere viale della Pace (dove si trova, guarda la coincidenza dei nomi, la caserma della... guerra) avrebbe avuto dei sani dubbi sulle effettive motivazioni che spingevano decine di manifestanti a sporcare, distruggere, bruciare. Comunque, la giustizia ha acceso i motori. E adesso qualcuno, si spera, pagherà. Intendiamoci, non hanno fatto niente di tragico, gli amici di Casarin. Non hanno ammazzato nessuno, non hanno picchiato vecchiette: hanno “solo” messo a ferro e fuoco una città. Se la sono presa con i muri, le strade, le ringhiere di una Vicenza che, da 50 anni, ha il torto di ospitare una caserma piena di soldati americani. Per manifestare contro la guerra è assolutamente stupido scatenarne un’altra. La giustizia si incaricherà di stabilirlo, codici alla mano, per la gioia dei benpensanti. Che potranno così tornare a pensare male di Bush... in pace.

A quasi due anni e mezzo dal grande happening del 29 marzo 2003
L’elenco oltre a tredici vicentini comprende padovani e veneziani

L’elenco degli indagati si apre con il leader L. C., 38 anni, di Mestre, prosegue con F. P., 26, Vicenza, e M. G., 32 di Padova, portavoce dei disobbedienti vicentini e padovani, e si arricchisce del prof. vicentino F. L., 58 anni; P. D., di 52, di Padova; F. V., 25, di Vicenza; E. D. F., 28, di Isola Vicentina; T. F. M., 22, di Creazzo; D. G., 23, Vicenza; V. P., 22, di Thiene e e M. T., 34 anni, di Vicenza. La lista degli “avvisati” che le indagini sono concluse prosegue con N. B., 22 anni, di Carmignano; G. G., 26, di Trieste e D. M. E., 32 anni, di Padova. Quindi è il turno di F. P., 27 anni, di Vicenza e G. S., di 38, di Padova; R. F., 27, di Bressanvido; L. S., 38, di Sandrigo e M. A., 27 anni, di Longare. L’elenco si compone anche di G. L., 26 anni, di Vicenza, e C. P., 26, di Venezia, così come M. V., 29, M. F., 23, F. T., 26, G. F., 26, N. U., 27, A. L., 26 e V. L. di 26 anni. Il pm Pecori ha informato anche B. D. C., 58 anni, di Fregona (Treviso) e P. A. B., 27, di Padova. Quindi S. C., 27 anni, di Varese; C. G., 28, di Padova, assieme ai concittadini G. L., 33, S. P., 29 anni, M. S., 29, G. S., 40, e M. Z. di 28 anni. Quindi la polizia ha individuato i triestini A. M., 37 anni, A. O., 36, M. D., 30, I. G., 27, e G. F., 29 anni. Per ultimi il goriziano M. B., 36 anni, e gli ultimi due triestini S. M., di 22, e A. R., 41 anni.

dal Gazzettino:

Corteo pacifista.Indagine chiusa
"Assalto" alla Ederle indagati 45 no global
C'è anche Casarini, dodici i vicentini

Vicenza - Danneggiamento e imbrattamento aggravato, getto pericoloso di cose, uso di casco e di travisamenti per impedire di essere identificati. Questi i reati contestati dalla Procura di Vicenza ai 45 disobbedienti che il pubblico ministero Paolo Pecori ha iscritto nel registro degli indagati: e non mancano nomi "eccellenti" come quelli di Luca Casarini, Francesco Pavin, Massimiliano Gallob e Francesco Lauricella. L'avviso di chiusura delle indagini, a due anni dalla manifestazione cittadina contro la guerra in Iraq, è stato notificato agli interessati e ai loro difensori nei giorni scorsi. Era il 29 marzo del 2003, quando il popolo pacifista, saldatosi in un unico corteo a partire da piazza Matteotti, raggiunge l'obiettivo della contestazione: quella caserma Ederle, sede del comando Usa, simbolo per eccellenza agli occhi dei contestatori, di volontà e determinazione bellica. In testa ai tremila (stima della Questura) o ai settemila (stima dei manifestanti) il leader indiscusso dei no global: Luca Casarini. È lui che detta i tempi di un vero e proprio "attacco" alla base Setaf, lato via Aldo Moro: giù le transenne protettive, fuoco ai teloni che proteggono la recinzione, vernice rossa sul muro di cinta, lancio di razzi e fumogeni, caschi da motociclista e fazzoletti calati sul volto per non essere riconosciuti. Scene di guerriglia urbana con le forze dell'ordine in assetto antisommossa che hanno impedito pericolose degenerazioni, riprese dai filmati girati dagli agenti della polizia scientifica. Dodici i vicentini indagati insieme ai leader storici e a disobbedienti provenienti in particolare da Padova, Trieste e anche da Roma. Ecco l'elenco in cui spiccano i leader storici dei contestatori: F.P, 26 anni, Vicenza, Contra' Piovene 35; F. L. (58), Vicenza, Contra' San Paolo 25; F. V. (25), Vicenza, viale San Lazzaro 191; E. D. F. (28), Isola Vicentina, via Canova 105; T. M. F. (22), Creazzo, via Risorgimento 3; D. G. (23), Vicenza, via G. Prati 34; V. P. (22), Thiene, viale Bassani 48; M. T. (35), Vicenza, via Divisione Julia 18; F. P. (27), Vicenza, corso Padova 206; R. F. (27), Bressanvido, via Fornace 62; L. S. (38), Sandrigo, via Andreetto 6; M. A. (22), Longare, via Ponte di Costozza 58; G. L. (26), Vicenza, via Cairoli 20.

Monica Andolfatto


Terrorismo, blindata la Chinotto
Ma è solo una precauzione. La prefettura: «Non c’è alcun allarme»

di Gian Marco Mancassola

Blocchi di cemento a sbarrare l’ingresso e fioriere a sbarrare la strada per proteggere il “check-point Chinotto”. L’accesso alla caserma Chinotto, sede deputata della Gendarmeria europea, è stato blindato per rafforzare le misure di sicurezza di un obiettivo ritenuto strategico. La decisione è stata assunta all’inizio di agosto e in breve nel quartiere di S. Bortolo sono state imbastite modifiche alla viabilità e allestiti sistemi di difesa. In Comune rispondono: richiesta del prefetto. E in prefettura chiariscono: non c’è alcun allarme. La novità estiva non ha mancato di sollevare dubbi e perplessità nel quartiere. «Sono stato contattato dal prefetto Angelo Tranfaglia - spiega l’assessore alla mobilità Claudio Cicero - che mi ha manifestato l’esigenza, su richiesta dei vertici dei carabinieri, di realizzare una serie di modifiche alla viabilità della zona, per impedire un accesso diretto alla caserma. Quindi, ho dato immediatamente disposizione perché venissero curati gli accorgimenti richiesti, che sono stati allestiti prima di Ferragosto». Della faccenda si è interessato anche il consigliere comunale dei Verdi, Ciro Asproso, che ha chiesto una serie di chiarimenti all’assessore e che ha ottenuto risposta direttamente dalla prefettura durante le vacanze in Finlandia: «Il fatto è che se non ci sono motivi gravi, si crea un circolo vizioso che la viabilità ridotta di agosto può sopportare, ma che il traffico a regime rischia di non reggere. Se invece la situazione è grave tanto da richiedere misure di questo tipo, allora forse questo non è il luogo migliore per ospitare strutture militari di questa importanza». Le modifiche, infatti, comportano la chiusura di uno dei lati del triangolo fra via Medici, via Grappa e via Castelfidardo, sul lato della caserma. «Mi chiedo, poi - prosegue Asproso - perché gli stessi sistemi di sicurezza non siano stati adottati all’ingresso laterale posto lungo via Castelfidardo. E non è solo una questione estetica, anche se sembra di essere a Berlino ai tempi del check-point “Charlie”. Forse è il caso di fare una riflessione su un intervento che altrimenti rischia di apparire ingiustificato». Dalla prefettura, il capo di gabinetto dott. Alfredo Minieri chiarisce che a Vicenza non c’è alcun allarme. «Si tratta di misure di sicurezza adottate attraverso accorgimenti tecnico-operativi per gli obiettivi politico-militari a carattere strategico. E la caserma Chinotto, da tempo indicata per la sede della Gendarmeria europea, è fra questi obiettivi, proprio come la Ederle. Molto semplicemente, si è ritenuto di adattare la viabilità per implementare i sistemi di sicurezza. In relazione alla minaccia terroristica e alla crisi internazionale, anche a Vicenza il dispositivo di contrasto è stato rafforzato». La decisione è stata assunta nell’ambito delle strategie studiate dopo il maxi-vertice per la sicurezza seguito agli attentati di Londra: «È un semplice rafforzamento delle misure di sicurezza in una logica di maggiore attenzione - ribadisce il dott. Minieri - non c’è alcun allarme particolare». «Credo che viabilisticamente ci si farà l’abitudine - commenta il presidente della circoscrizione 5, Marco Bonafede -. È una questione di sicurezza e quindi ci adeguiamo. Mi sembra sia soltanto aumentato il livello di guardia, senza allarmismi: non ci vedo segnali di pericolo».


Sono in aumento le aggressioni la cui matrice è riconducibile all’estrema destra
Torna la violenza: perché?
Il sociologo: «È il segnale di un disagio diffuso»

di Marco Scorzato

Due giovani denunciati dai carabinieri di Valdagno per lesioni ai danni di un loro coetaneo, un’altra aggressione avvenuta in pieno centro davanti a numerosi testimoni, che hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine e, pochi giorni fa, un immigrato da anni in Italia finito in ospedale pieno di botte. Episodi di violenza che hanno turbato l’estate valdagnese e che, stando al racconto di vittime o testimoni oculari, avrebbero un’unica matrice: gruppuscoli di giovani dalle teste rasate che si richiamano alla simbologia dell’estrema destra. Per un’aggressione subita da A.R. il 5 giugno scorso, la locale stazione dei carabinieri, guidata dal capitano Andrea Massari, comandante di compagnia e dal luogotenente Stefano Cassanego, ha denunciato per lesioni personali due giovani presunti responsabili, L. C., 22 anni, valdagnese, e P. I., 27 anni, di Cornedo. Quanto c’entri l’ideologia è difficile stabilire e sarebbe affrettato affermare che si è in presenza di un "fenomeno". Le forze dell’ordine li giudicano episodi isolati e rifiutano, per ora, l’equazione tra violenza e ideologia. Sta di fatto che vittime di queste aggressioni sono stati finora immigrati o giovani che per look e stili di vita sono agli antipodi dallo stereotipo di militante di estrema destra: una maglietta con l’icona di Che Guevara, un cappellino con simboli anarchici o dreadlock da rasta sono stati sufficienti per innescare una bega culminata con colpi da codice penale. Un’altra aggressione è avvenuta in pieno centro, nella giornata della manifestazione organizzata dalla destra radicale a Schio, in ricordo delle vittime dell’eccidio. In quell’occasione, l’aggredito e i suoi amici allertarono le forze dell’ordine, ma non ci furono denunce. Insomma, se a Vicenza sono alcuni “punkabestia” a guadagnarsi la ribalta delle cronache, in riva all’Agno, dove da qualche tempo sono apparse scritte xenofobe, svastiche e croci celtiche sui muri - poi coperte da altrettanto vandaliche risposte anarchiche - si torna a parlare di “skinheads”. Una parola che riporta l’orologio valdagnese indietro di circa quindici anni, quando un clima di xenofobia e violenze accolse la prima ondata di immigrati africani. E proprio un immigrato, peraltro ben integrato a Valdagno, è stato vittima di un’aggressione che sembra avere una matrice analoga. «Nessun episodio va sottovalutato - afferma il sociologo Luca Romano - ma va colto come segnale di disagio. Se l’ideologia diventa elemento identitario di un gruppo, vuol dire che c’è un pezzo di gioventù che ha scarsa fiducia nel futuro. In questa valle è sempre più forte e visibile la presenza degli stranieri e si avverte la percezione del declino e della crisi. È un po’ l’atmosfera che, nelle regioni dell’ex Germania Est, fu linfa vitale per i movimenti xenofobi e neonazisti. Questa è una chiave di lettura, anche se fin troppo nobilitante, e non significa che certe manifestazioni del disagio siano tollerabili».