20 AGOSTO 2005

dal Giornale di Vicenza

«Ma non chiamatemi punkabbestia»
Schiaffo della zona 6 alla Giunta Bocciati ex Lanerossi e Ponte Alto
Un centro per la famiglia nello stabile dell’ ex Coop
SCHIO.Gli immigrati salgono al 9%

Il caso dell’estate. Dopo le roventi polemiche e le segnalazioni di molestie, incontro con Caio, 25 anni, slovacco, uno dei primi arrivati in città
«Ma non chiamatemi punkabbestia»
Di giorno fa “spettacolini” e raccoglie spiccioli. Di notte dorme dove capita

(g. m. m.) «Ma perché mi chiamate punkabbestia? Quella è una parola che non si trova sul vocabolario. Quindi, non si può usare». Dice di chiamarsi Caio, ha 25 anni ed è originario della Slovacchia, a dispetto degli occhi azzurri, dei capelli biondi e di quella “z” crucca che farebbe pensare alla Germania. «Molti, in effetti, pensano che io sia altoatesino», ammette prima di accendersi una sigaretta e prendere una sorsata di acqua dalla bottiglietta di plastica. Caio è a Vicenza da due anni, da cinque gironzola per l’Italia. Chi vive o lavora in centro ha imparato a conoscerlo: alla mattina ha l’abitudine di appostarsi all’ombra dei palazzi storici di contrà Porti, nei giorni di mercato è facile incontrarlo dalle parti di piazza delle Poste, altre volte lo si vede in Corso, vicino a largo Zileri. I capelli sono impastati in dreadlocks da rasta, indossa una camicetta blu, pantaloni militari e scarpe da tennis. Con lui ci sono due cani. Prima ne aveva tre, che si chiamavano Uno, Due e Tre. I due più lenti li ha regalati, la più veloce, Uno, è rimasta e ora si accompagna a un’altra bastardina. Accanto alla coperta dei cani c’è un barattolo per le offerte e un cartello con su scritto: «Ti interessano cuccioli? Prenditi una pausa e parliamone». E sono davvero tanti i vicentini che si fermano, scambiano due chiacchiere e gli chiedono dei cuccioli. E lui estrae un album fotografico, perché i cuccioli non li porta con sé in centro: «Non sarei più libero. Li lascio da amici». Sì, ma i cuccioli sono in vendita? «No, agli amici non si vende niente, si fanno regali». Sembra quasi di rivivere la celebre scena di Eccebombo, il film di Nanni Moretti sui giovani dei Settanta, che vivevano alla giornata e si arrangiavano con espedienti. Caio spesso fa il gesto della pancia piena: «Faccio qualche spettacolino e chiedo qualche spicciolo. Se mi danno la moneta, bene. Altrimenti, bene lo stesso. Io saluto tutti e gli dico “buon divertimento”, perché quello è l’importante. Con i soldi che mi danno, mangio tutti i giorni. E finché ho la pancia piena, sto bene e non ho bisogno di altro». Finito in Corso, Caio si prepara a farsi un giro sull’Altopiano: «Con la pioggia di questi giorni, vado a vedere se ci sono funghi». E poi andrà a pescare con uno dei suoi “amici” - sempre loro - di Vicenza. E di notte? «Dormo da amici, sotto i portici, in case abbandonate, dove capita». Il veterano dei punkabbestia vicentini, nell’estate delle polemiche e del tormentone, allarga le braccia, anche se non nasconde che tutto il polverone gli ha dato un bel po’ di fastidio e più di qualche noia. Qualche passante gira al largo, qualcun altro lo insulta, dice di aver preso anche botte: «Ma per fortuna gli amici sanno chi sono e capiscono». Interviste non ne vuole rilasciare, né gli va di mettersi in posa per le foto di rito. Si concede soltanto qualche riflessione: «Poi ci fate quel che volete». E così racconta come in una vita fuori dalle regole, lui continui a essere allergico alle etichette, naturalmente anche a quella di “punkabbestia”: «Cosa sono io? Uno libero che vuole farsi i c...i suoi». Però continuano a esserci lamentele e segnalazioni: ubriachezza molesta, offese ai passanti, addirittura maltrattamenti ai cani. «Io non dico niente - dice Caio - a me interessa che la gente veda con i suoi occhi e giudichi: io sono qua, basta passare e guardare cosa faccio». La sua filosofia, poi, è fatta di porte chiuse contro spazi aperti: «Tutti in questa città si chiudono in casa, mettono le inferriate alle finestre e le porte blindate. E io invece sono qui fuori, all’aperto: ed è tutto mio, perché sono libero». A un certo punto passa l’ex assessore alla cultura Mario Bagnara, oggi consigliere comunale dell’Udc. Lo saluta e andandosene via gli dice: «Con la capacità comunicativa che ti ritrovi, se ti cercassi un lavoro come si deve, lo troveresti subito». E Caio, in tutta risposta, fa ondeggiare le mani: «Con calma, non c’è fretta. Più avanti».

Il comandante Dall’Aglio: «Il fenomeno non va sottovalutato»
Finora i vigili hanno fatto trenta multe L’ultima mercoledì in Campo Marzo

Hanno rappresentato uno dei tormentoni di questa estate 2005: dopo un paio d’anni dalla loro prima apparizione, i punkabbestia hanno provocato lamentele e segnalazioni di ogni genere. Finora la polizia locale ha staccato una trentina di verbali, circoscrivendo il fenomeno a 8, massimo 10 individui che corrispondono all’identikit del punkabbestia, vale a dire persone che vivono senza regole e senza rispetto, tranne che per i propri cani, unici compagni nella loro vita di strada. Così, almeno, li definisce il comandante dei vigili Roberto Dall’Aglio, che a settembre sarà uno dei protagonisti della conferenza dei servizi organizzata in Comune per confrontarsi sulle possibili risposte da approntare per affrontare il fenomeno. Al vertice saranno invitati anche i responsabili dei servizi sociali, come emerso al termine di una riunione coordinata dalla prefettura. L’ultimo episodio di tensione è andato in scena mercoledì sera, nella zona del caffè Moresco in Campo Marzo, dove due punkabbestia hanno finito per subire un verbale per ubriachezza molesta. «Non bisogna sottovalutare il fenomeno - avverte il comandante - ma nemmeno dare addosso agli untori. Non si può multare una persona soltanto perché brutta e sporca, mi si passi la semplificazione. Bisogna accertare l’illecito: solo in quel caso i nostri uomini possono agire e sanzionare. Gli strumenti per intervenire ci sono, ma vanno applicati secondo le regole di uno Stato democratico».


L’assessorato ai servizi sociali ha comprato l’edificio
Un centro per la famiglia nello stabile dell’ ex Coop

(s. m. d.) Laddove c’era un supermercato, ora ci sarà un centro per la famiglia. Lo ha annunciato l’assessore agli interventi sociali Davide Piazza, riferendosi all’ex Coop di via Cavalieri di Vittorio Veneto, accanto al centro sport Palladio. Lo stabile è stato acquistato dal Comune per 800mila euro al fine di creare, entro due anni, un centro polifuzionale per l’aiuto e il sostegno della famiglia. Qualche esempio? Nella struttura si potrà trovare l’ambulatorio dello psicologo, il consultorio, una biblioteca, una serie di servizi a sportello per ogni area di assistenza o di relativa problematica socio-economica, in primis quello dedicato alla casa. Inseriti nella struttura ci saranno anche le sedi degli uffici di volontariato, delle cooperative, dei servizi relativi agli affidi, al Sert, ai disabili e tante altre aree di azione tipiche dei servizi sociali di Vicenza.


Una piccola indagine fra i giovani dimostra che gli avvenimenti legati al terrorismo internazionale incidono negativamente
Gli immigrati salgono al 9%
Il tema dell’integrazione è un po’ meno scontato

di Elisa Gonzo

La popolazione scledense cresce e il merito va agli stranieri, pari al 9 per cento dei residenti. A Schio l’ integrazione sembra essere un fatto assodato e consolidato da tempo, ma come viene ora vissuta dagli scledensi, alla luce degli attentati di Londra e di Sharm el Sheikh e delle continue minacce che piovono sull’Italia, vere o false che siano? Sicuramente colpiscono le parole di Andrea Zancan che con la spontaneità dei suoi 16 anni non esita a rispondere: «Fino a qualche tempo fa non avevo paura. Di ragazzi stranieri ne conosco parecchi. E poi ho sempre pensato che la regolarità fosse un buon modo per garantire ordine e stabilità. Ora non e più così. Ho paura e mi rendo conto che aumentano preoccupazione e diffidenza». I toni di Massimiliano Gresele, 34 anni, sembrano meno preoccupati: «Siamo fortunati. Schio è un’isola felice sia per noi che per chi ha scelto di vivere qui». «Gli attentati europei - continua Gresele - non hanno cambiato il mio modo di considerare gli immigrati. Ho un sacco di amici originari del Marocco. Sono tristi e impauriti come noi, temono la discriminazione suscitata dall’ estremismo». Più dura la posizione del suo amico Franco Caon, 33 anni: «L’integrazione è l’ultima utopia. Non potrà mai esistere la completa accettazione del diverso. Una città cosmopolita come Londra lo dimostra chiaramente, con la sua suddivisione in quartieri e i diversi fenomeni di autoghettizzazione». Francesca Bassan, 23 anni, non nasconde paura e diffidenza, sensazioni che però esulano dal terrorismo: «A volte si associa la microcriminalità con l’immigrazione e se devo essere sincera, questo mi crea ansia e paura, soprattutto la sera quando rientro dal lavoro a piedi e mi trovo per strada da sola. Non posso dirmi xenofoba, ma sto attenta. In ogni caso le minacce terroristiche non cambiano il mio modo di vivere e di vedere gli starnieri». Interessante, infine la posizione di Nicola Deganello, 39 anni, e Roberta Ruffato, 36 anni, coniugi e genitori di due bimbi: «L’integrazione è possibile - spiega lui - ma con polso e regole. Ho vissuto per anni a Zurigo, città cosmopolita la cui popolazione è composta per il 40 per cento da stranieri. Lì ho imparato che solo con una condotta rispettosa delle regole è possibile vivere tranquillamente. La paura del diverso è inevitabile, così come la diffidenza, quando non si conosce una cultura “altra” dalla nostra». E il timore di azioni estremiste? «Ora ci pensiamo di più - ammette Roberta Ruffato -, soprattutto quando andiamo al centro commerciale, visitiamo una grande città o decidiamo di partire per una vacanza all’estero. Siamo tornati da poco meno di un mese da Sharm el Sheik. Avevamo compiuto dei tour e conosciuto gente del posto. Non potevamo immaginare cosa sarebbe successo. Ma la vita deve andare avanti come prima».

Così il cambiamento

38.529 - È il numero dei residenti a Schio secondo le ultime rilevazioni ufficiali risalenti al 31 marzo 2005.
3.443 - Sono invece gli stranieri aventi residenza scledense. Il numero è in costante crescita, anche se non sui livelli di qualche anno fa. Va tuttavia considerato che la popolazione autoctona è in crescita zero da diversi anni.
8,94% - È la percentuale degli stranieri sul totale della popolazione. Un anno prima arrivava all’8,01%. L’aumento è di quasi un punto percentuale, a significare che il fenomeno immigratorio non si arresta malgrado la crisi economica.
691 - È il numero dei serbo-montenegrini residenti in città. Si tratta di gran lunga della nazione più rappresentata secondo i rilevamenti del 31 dicembre 2004. I maschi sono 389 e le femmine 302. Il 54% degli stranieri arriva da Paesi europei. Il secondo, in questa particolare graduatoria continentale è la Romania con 287 presenze.
341 - È il totale dei marocchini residenti a Schio, suddivisi fra 208 maschi e 131 femmine. Si tratta del Paese africano più rappresentato, seguito dal Ghana con 253 persone.
303 - È il numero dei cittadini del Bangladesh residenti in città. Da soli contano come l’80% degli asiatici abitanti in territorio scledense.(l.b.)