FUORI DAL FOSSILE FUORI DAL VIRUS ASSEMBLEA DIGITALE sabato 9 maggio

SABATO PROSSIMO 9 MAGGIO riprendiamo la parola su ambiente, sanità e crisi climatica…ne avvertiamo come tutti il bisogno, siate protagonisti, riprendiamoci il presente, cospiriamo per il futuro

Invitiamo tutti a partecipare all’assemblea virtuale del prossimo 9 maggio della rete Per il Clima, fuori dal Fossile, realtà con la quale abbiamo condiviso le ultime importanti mobilitazioni dalla grande manifestazione di Roma del 23 marzo 2019 alle iniziative in contemporanea sui territori del 20 luglio, sulla spiaggia di Falconara al grido “stop VelENI” e “con Api non si vola più”, e dell’8 dicembre scorso, occupando il sito Eni, sempre a Falconara
Qui trovate la piattaforma rivendicativa di questa nuova campagna:
https://www.globalproject.info/…/fuori-dal-virus-fuor…/22735
Partecipa e condividi l’evento del 9 maggio prossimo https://facebook.com/events/s/assemblea-fuori-dal-virus-fuor/239705960446464/?ti=icl

 

 

“Predatori del mondo intero, adesso che mancano terre alla vostra sete di totale devastazione andate a frugare anche il mare. Avidi se il nemico è ricco e arroganti se è povero. Gente che né l’oriente né l’occidente possono saziare. Solo voi bramate possedere con pari smania ricchezza e miseria. Rubano, massacrano, rapinano, e con falso nome lo chiamano impero. Rubano, massacrano, rapinano, e con falso nome lo chiamano nuovo ordine. Laddove fanno il deserto, lo chiamano pace”. (Tacito)

 

L’esplosione del Covid-19 e lo stato di emergenza economica e sociale da esso provocato ha scoperchiato le molteplici contraddizioni dell’attuale ed egemone modo di produzione e riproduzione della vita, come un mostruoso e moderno vaso di Pandora. Le emergenze che c’erano prima, nella cosiddetta “normalità”, come quella economica e climatica, permangono ingigantite ed accelerate e potrebbero aumentare nel futuro. Per i “signori del mondo” ed i poteri politici che li sostengono, intere popolazioni, ambienti, territori, forme di vita sono sacrificati e sacrificabili in nome del profitto, del mercato, del denaro. Lo chiamano sviluppo, lo chiamano progresso: è il deserto che avanza!

Il nemico si rivela in tutta la sua barbarie e violenza: è lo strapotere del capitalismo estrattivista, predatorio e patriarcale delle banche e della finanza, delle multinazionali dell’intelligenza artificiale, della robotica, del fossile, delle banche e della finanza, dello sfruttamento mondiale della catena alimentare. Ed è anche il capitalismo greenwashing che tenta di trarre profitto dalla gestione di mercato di una riconversione ecologica sbagliata, falsa, improbabile. Inoltre, per assicurare continuità alle forze dominanti, assistiamo al restrizione dei diritti, al controllo sempre più stringente su persone e territori, alla concentrazione di potere decisionale e questo costituisce una seria minaccia alla democrazia reale.

Una svolta radicale è sempre più necessaria nelle politiche economiche, nel modello produttivo ed in quello sociale per la salvezza del pianeta e delle nostre vite.

È necessario rilanciare l’opposizione dal basso ed una nuova resistenza di popolo contro questo modo di produzione e riproduzione sociale in tutte le sue articolazioni. È necessario progettare e praticare in comune alternative sociali ed economiche materiali per un nuovo mondo possibile. E dobbiamo farlo pur sapendo che, allo stesso tempo, nella realtà sociale c’è il rischio che, ingigantito dalla attuale emergenza, prevalgano l’individualismo, le solitudini competitive della cultura liberista, la rassegnazione derivante dall’ inesistenza di riferimenti ideali, di capacità organizzative di cambiamento credibili. C’è il rischio che si radichi ancor più un senso di impotenza ed isolamento a livello sociale, nonostante la sofferenza e l’indignazione dei tanti; c’è soprattutto il rischio che la retorica della ripresa economica metta nel cassetto le poche norme di salvaguardai ambientale o gli stessi i progetti virtuosi di riconversione e transizione energetica come quelli delineati dagli obiettivi dell’IPCC.

In questo scenario i movimenti contro il disastro climatico ed ambientale dovranno avere fin da ora la capacità di respingere quell’odioso ricatto occupazionale che da decenni permette alle multinazionali del fossile di tenere sotto scacco governi, istituzioni di prossimità ed intere comunità. Il futuro, anche in ambito occupazionale, non può quindi che essere green, clean e fuori dal fossile. Ebbene, contro i cambiamenti climatici, per la giustizia ambientale e sociale, si sono mobilitati in questi mesi molti movimenti in tutto il mondo. Anche qui da noi, in Italia, nelle lotte dei comitati, nell’esplosione di Fridays For Future ed altro ancora. La campagna “Per il clima fuori dal fossile” è parte attiva di queste mobilitazioni e di questi movimenti. Una Campagna dalle centinaia  di battaglie quotidiane, a volte vittoriose, nei territori di molte regioni di Italia, che ha prodotto azioni concrete contro un simbolo dell’estrattivismo, l’Eni e che ha avuto il suo peso qualitativo e quantitativo nella stessa straordinaria mobilitazione a Roma del 23 marzo 2019, con centomila persone in piazza. Noi siamo parte dei grandi movimenti moltitudinari per la giustizia climatica, conosciamo la complessità del problema e le molte dimensioni in cui esso si manifesta: dal piano territoriale a quello nazionale, a quello europeo. Così come sappiamo necessario tenerle tutte insieme per rafforzare la nostra progettualità e potenza di agire.

Rompere il muro della solitudine significa comunicare, prendere parola, organizzarci anche dentro l’emergenza, con tutti gli strumenti a disposizione, per ritornare a far sentire le nostre voci ora ed anche quando essa finirà.

Solo così potremmo uscire dal tempo egemonico del capitale e dal vuoto di senso nel quale crescono, isterismi, paure, riflessi d’ordine, razzismi e svolte autoritarie anche nel nostro mondo di riferimento sociale.

Per tutto questo dobbiamo lottare, anche in collegamento con altre realtà di movimento, su questi punti specifici:

1. Stop a tutti i nuovi cantieri estrattivisti ed a proposte di grandi opere inutili e di estrazioni fossili, sia per garantire la salute dei lavoratori che per garantire l’effettiva riduzione dell’aumento delle temperature globali, contenere il consumo di territorio e l’aggressione agli ecosistemi, evitare ulteriori costi ai cittadini e favorire la piena occupazione.

2. Fermare immediatamente i progetti relativi alla realizzazione di nuove centrali turbogas sul territorio nazionale a cominciare da quelle di Brindisi, Civitavecchia, Fusina e La Spezia. L’uscita dal carbone in Italia non può infatti passare attraverso gli investimenti miliardari sul gas, il quale resta, è bene ricordarlo, un combustibile fossile comunque inquinante e climalterante.

3. Uscire fuori dalla logica anacronistica delle mega centrali e dei grandi poli di produzione energetica anche quando riguardano il voltaico ed eolico; investire ingenti fondi pubblici per ammodernare la rete, ottimizzare il sistema di accumulo e sviluppare centri di produzione di energia rinnovabile più piccoli, più efficienti e delocalizzati. Incentivare quindi l’uso delle fonti rinnovabili e del loro indotto (progettazione, manifattura, istallazione e manutenzione degli impianti), garanzia di salute e occupazione.

4. Fermare la devastazione del Salento e dell’Appennino e bloccare i progetti TAP e SNAM. Stop alla metanizzazione della Sardegna. Spendere miliardi di euro per un hub del gas significa non solo compromettere la biodiversità di interi territori, ma anche legare fisicamente e per diversi decenni le sorti del Paese che ospita i giacimenti di gas a quelle del mercato di arrivo. Una scelta che non tiene conto né delle continue turbolenze geopolitiche di vaste aree del pianeta, né del rispetto dei diritti umani nei paesi che ospitano le strutture estrattive o in cui transitano i gasdotti. Una scelta ingiusta non solo perché è stata presa contro la volontà  della maggioranza delle popolazioni ma anche perché la produzione attuale è più che sufficiente mentre il consumo diminuisce anno dopo anno

5. Stornare i fondi pubblici concessi alle aziende del fossile ( 19 miliardi ) ed utilizzarli per:

– investimenti in sanità pubblica che ha mostrato tutte le sue carenze dopo decenni di privatizzazioni;

– progetti di riconversione energetica che escludano la metanizzazione privilegiando gli interventi dal basso proposti da enti locali e reti di cooperative e comunità energetiche che punti all’autoproduzione, all’efficientamento. Comunità energetiche già presenti in Italia che forniscono energia al 100% rinnovabile ed etica.

– mettere in sicurezza i territori devastati da colpevoli incurie, inondazioni e terremoti, complice anche la dissennata cementificazione e speculazione immobiliare;

– bonificare le centinaia di discariche tossiche e di siti inquinati, proteggere l’aria dagli inquinanti e risanare i sistemi idrici.

6. Garanzie e gratuità per utilizzo di acqua e dei servizi energetici di base a tutte le persone senza tetto o indigenti, a quelli che vivono in campi anche illegali ed alle popolazioni rifugiate a qualunque titolo.

7. Revisione partecipata dagli attori sociali che lottano per l’ambiente del “Decreto clima” del 2019 e ridiscussione del Collegato ambientale.

8. Recuperare investimenti per riparare i danni causati dall’epidemia che non devono trasformarsi in debito pubblico, la Cassa Depositi e Prestiti ritorni a finanziare a tassi agevolati gli enti locali e pubblici.

9. Reddito di quarantena per i settori sociali non occupati o precari, rimborso del 50% delle bollette di acqua, luce e gas  per i mesi di quarantena ( febbraio, marzo, aprile… ) visti, tra l’altro, i continui ribassi dei costi energetici, da coprire attraverso una patrimoniale sui redditi milionari.

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