DIMONDI 6.0 (O DI COME UN TORNEO DI CALCIO POPOLARE SI APPROCCIA A TEMPI INCERTI)

Pratiche sperimentali di resistenza e condivisione

 

In una pandemia che vuole i corpi immobili e isolati, la lotta si costruisce in forme imprevedibili, o almeno impreviste, sempre fuori dagli schemi. Oggi che il Torneo Dimondi non può più calcare i suoi campi da gioco, si vuole approfittare del tempo a disposizione per aprire a nuovi spazi di riflessione.

Il Dimondi nasce come un (non)torneo di calcio, con l’idea di essere uno strumento di incontro tra contesti e persone che non si incontrerebbero altrimenti. La scommessa – in parte vinta – è stata quella di creare un’intersezione di spazi e di momenti in cui categorizzazioni e divisioni venissero meno. Nel tempo, il Torneo Dimondi ha sempre cercato di declinare i vari “Anti” che caratterizzano il Movimento in pratiche sportive concrete: modifica delle regole, classifica presabbene, spogliatoi all gender, uso di un linguaggio inclusivo, solo per citarne alcune . 

Seguendo i valori di antisessismo, antifascismo, antirazzismo, anticapitalismo e antiabilismo le pratiche si sono autoconsolidate dal basso, permettendo alle soggettività della rete di sperimentarsi contemporaneamente come incluse e includenti.

La particolarità del Dimondi è l’eterogeneità delle persone che lo attraversano: una rete di soggettività tanto varie quanto protese verso valori, obiettivi e sentire comuni. Da qui derivano l’esigenza e la volontà di pensare al Dimondi come ad un appuntamento itinerante, che  permetta quindi non solo di collegare le diverse realtà, ma anche di attraversare la città di Bologna (e le zone limitrofe) recuperando così spazi di aggregazione grazie alla pratica dello sport popolare.

Gli spazi: un tema cruciale. Il Dimondi non ha un campo da gioco fisso di riferimento, è itinerante e si sposta ad ogni giornata in vari luoghi cittadini; la correlazione con gli spazi è stata, sin da subito, l’elemento chiave. La questione, oggi, va ripensata in funzione degli sgomberi che negli ultimi anni hanno interessato il nostro territorio: siamo consce di vivere in una città in cui, in nome di ideali e principi che assolutamente non ci appartengono (come il “decoro” e la predominanza del principio di proprietà su luoghi inutilizzati e pubblici), sono stati eliminati tutti quegli spazi che costituivano forme di aggregazione cittadine alternative ed antagoniste. Come se, cancellando lo spazio, nel tempo e in modo sistematico, qualcuno pensasse automaticamente di poter eliminare anche tutta quella rete di corpi che lo hanno attraversato. 

La sesta edizione del Torneo Dimondi a settembre 2020 era pronta per partire, carica ed entusiasta nonostante gli strascichi del vissuto primaverile. Invece, si è dovuta scontrare con la realtà dei fatti: anche un progetto multiforme come il Dimondi non è stato immune all’emergenza socio-politico-sanitaria ed è stato costretto a ripensarsi.

Il Dimondi è incontro dei corpi sullo spazio da gioco. La gestione dell’emergenza Covid-19 lo ha privato prima della pratica sportiva, poi della possibilità di aggregazione e infine dell’attraversamento degli spazi urbani. L’esigenza di mantenere viva la comunità Dimondi ha portato a sperimentare pratiche di incontro virtuale che, seppur molto partecipate, non potevano e non possono sopperire alla necessità di contatto.

Oggi, l’unica certezza è voler continuare ad attraversare questo spazio e tenerlo vivo, anche a costo di adattarlo e modificarlo come nessuna di noi avrebbe mai potuto immaginare. E intendiamo farlo, come da sempre, senza lasciare nessuna indietro.

In una situazione di ipotetica staticità, il Torneo Dimondi porta avanti un movimento che non si arrende alla realtà dei fatti ma torna a disturbare chi ha provato a disgregarlo, perché cambia le carte in tavola: crea relazioni anche senza contatto, si rende resistente senza ipocrisie e rivendica a gran voce tutto ciò che pian piano è stato tolto alle realtà che lo rendono esistente.

Il Dimondi è la cassa di risonanza di un conflitto che continua ad esistere. Vogliamo dare valore a quello che siamo, alle parole che ci siamo scambiate, alle proposte che di giorno in giorno sono venute fuori, alle pratiche di adattamento e conquista quotidiana che mettiamo in atto, allo spazio che ci rimane e che ci chiediamo come riempire oggi, alla fatica che ultimamente abbiamo fronteggiato, al fortissimo bisogno di non cedere nemmeno un pezzo di quello che abbiamo conquistato in questi 5 anni.

È proprio dalla rielaborazione di questa esperienza che nasce l’idea di scrivere un comunicato: esso infatti è non solo un manifesto, che racchiude in sé i valori e gli obiettivi politici che in questi anni hanno contraddistinto il Dimondi, ma è contemporaneamente anche una pratica sperimentale di resistenza e condivisione, un tentativo di trovare una soluzione, un modo di sopravvivere e la volontà di esserci anche se lo sforzo di adattamento al momento storico in cui viviamo a volte ci sembra insostenibile. Questo comunicato non ha la pretesa di riassumere quello che i cinque anni precedenti hanno significato, ma vuole essere il punto di partenza per proseguire con le piccole ma costanti pratiche che ci contraddistinguono.

Le buone pratiche condivise sono le forme di resistenza che il Dimondi si è dato dentro e fuori dal campo nel corso del tempo, per questo ha valore nominarle e scriverle nero su bianco. Cominciamo quindi con il condividere un glossario aperto (non definito o definitivo) delle pratiche del Dimondi, per chi ha sempre partecipato e le ha sperimentate fin dall’inizio, per chi scopre il Dimondi oggi per la prima volta e vuole capire di cosa si stia parlando.

SCARICA IL GLOSSARIO DELLE BUONE PRATICHE DEL DIMONDI

 

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