Giu 212013
 

Libreria Ex-Cuem -Università Clandestina

Mercoledì  19 giugno alle 6 di mattina la polizia si è presentata nelle case di  dieci ragazzi e ragazze per i fatti del  6maggio. Sette di loro sono agli arresti domiciliari, tre indagati a piedelibero. Le accuse sono resistenza, danneggiamento e travisamento.

Quei giorni li ricordiamo tutti. Il rettore Gianluca Vago decise di sgomberare e distruggere gli spazi della libreriaEx-Cuem. Ci fu subito una reazione: un’assemblea molto partecipata decise di occupare un’auletta inutilizzata all’interno dell’università per proseguire con il progetto della libreria. La polizia autorizzata dal rettore Vago non si fece scrupoli a caricare gli studenti, i solidali e chi in quel momento si trovava nei pressi dell’auletta occupata per sgomberarla.

Nei giorni seguenti ci fu una grossa mobilitazione con cortei in città, fu impedito l’ingresso della polizia nell’ateneo e furono  ri-occupati gli spazi della libreria. Allo stesso tempo altre esperienze universitarie si sono mobilitatein tutta Italia: anche a Napoli gli studenti sono stati caricati in piazza, sia dai fascisti che dalla polizia; a Bologna è stato occupato il rettorato; a Roma si sono verificate diverse azioni di solidarietà.

Da quel momento, nonostante l’ostilità e il silenzio dei professori, l’Ex Cuem è stata ricostruita ed è tornata a vivere.

La difesa dell’Ex-Cuem  non è una battaglia isolata. Gli attacchi polizieschi e dell’amministrazione universitaria rivolti contro la libreria seguono le stesse modalità che vediamo tutti i giorni in Val Susa, le stesse che hanno portato alle rivolte per Gezi Park a Istanbul e in tutta la Turchia o alla cacciata della polizia a Bologna durante un’assemblea in piazza; le stesse modalità con cui ogni giorno vengono sfrattate le famiglie che non riescono a pagare l’affitto, le stesse con cui la polizia decide di sgomberare chi si organizza e vive in collettività in spazi che sarebbero altrimenti vuoti.

I fermi, gli arresti e le misure cautelari non rappresentano altro che il becero tentativo di fermare un’unica grande lotta che si diffonde e contagia tutti i luoghi in cui l’autorganizzazione a partire dai propri bisogni diviene una bandiera e un’irrinunciabile strumento di lotta.

E’ con gioia e orgoglio che affermiamo che ogni sforzo su questo piano è stato e sempre sarà vano: la consapevolezza del forte legame e dei progetti che tengono unite le nostre battaglie va di pari passo con i legami che abbiamo stretto all’interno della Libreria in un anno di occupazione, così come tra i boschi della Valle o con le famiglie degli sfrattati. La solidarietà è la nostra arma più forte e non esiste arresto che possa minare le sue basi. E’ per questo motivo che a difendere l’Ex-Cuem non c’erano solo i suoi occupanti e gli studenti della Statale, ma anche compagni e compagne e tutti i solidali che si riconoscono in questa lotta.

Ci rinchiudono per aver resistito. Siamo fieri di averlo fatto, siamo in un momento storico in cui il termine resistenza assume un valore per noi totalmente positivo.

Se resistere è un reato, siamo tutti recidivi.

Facciamo un appello a tutti coloro che in questo momento sono sotto attacco a non arrendersi, ad alzare la testa, perché anche se per ora ci hanno tolto i nostri compagni, la battaglia non è finita: per loro e per chi lotta senza paura, diffondiamo la solidarietà.

DOVE DISTRUGGONO RICOSTRUIAMO. QUANDO SGOMBERANO RIOCCUPIAMO. QUANDO CARICANO RESISTIAMO.

CLARA,GRAZIANO, PASCA, FRA, ENRICO, TOFFO E MICH LIBER* SUBITO!

                                                                                                                                                            #standup4excuem

 

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SE LA RESISTENZA E’ UN REATO, SIAMO TUTTI RECIDIVI!

Questa mattina (19 giugno 2013) 7 fra compagni e compagne sono stati messi agli arresti domiciliari e altri 3 sono stati perquisiti e accompagnati in Questura a Milano. In più dalla stampa e dai fogliacci della questura si apprende che altre 30 persone sarebbero in corso di identificazione per concorso materiale e morale. Un’operazione, quindi, che riguarderebbe più di una quarantina di compagni con un dispiegamento di forze non indifferente.

A fronte di tale ferocia reati e imputazioni “normali”: resistenza aggravata a pubblico ufficiale e oltraggio. Normali perché oramai sempre più manifestazioni giungono a momenti di tensione con i cani da guardia del potere, perché sempre più frequentemente si decide di resistere alla violenza di Stato, perché sempre più persone potrebbero condividere queste azioni di resistenza e sentire la necessità di ribellarsi.

Diventa così impellente, da parte di chi vuole difendere lo status quo, colpire subitamente chi si organizza per resistere, chi si mette in gioco in prima persona per un cambiamento radicale dell’esistente.

Uno spazio libero e autogestito in una università sempre più legata al profitto, sempre più collusa e funzionale alle imprese è una spina nel fianco per l’anno accademico e al suo normale e triste svolgimento.

Una valle che si ostina a non subire le decisioni e il voler di Stato in nome del dio denaro viene militarizzata e colpita perché questo non può lasciare che una porzione di territorio decida da sé.

I lavoratori che prendono coscienza della loro condizione di sfruttati e iniziano a lottare contro le lobbies delle cooperative vengono puniti esemplarmente per smorzare ogni velleità di ribellione.

Chi trova la forza per resistere agli sfratti, creando reti di solidarietà e organizzandosi per tenersi la propria casa, viene represso per impedire la diffusione di una pratica che metterebbe in discussione il mercato del mattone e la legittimità del potere costituito.

Chi porta solidarietà agli internati nei CIE viene arrestato e bollato come isolato provocatore, perché per lo Stato la solidarietà con i detenuti dei CIE  e delle galere, negli anni in cui le porte delle gabbie si aprono sempre più spesso per gli esclusi di questa società, deve rimanere una pratica marginale e controllabile.

Ci rinchiudono per aver resistito. Siamo fieri di averlo fatto. Se resistere è un reato, siamo tutti recidivi.
Facciamo un appello a tutti coloro che in questo momento sono sotto attacco a non arrendersi, ad alzare la testa, perché anche se per ora ci hanno tolto i nostri compagni, la battaglia non è finita: per loro e per chi lotta senza paura, diffondiamo la solidarietà.

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