Mag 312021
 

Riceviamo e pubblichiamo

Sabato 22 maggio alcune solidali si sono incontrate davanti alle mura del carcere di Rebibbia per portare un saluto di solidarietà e complicità alle persone rinchiuse nel lager romano.

Pochi giorni prima, dalle guardie, era emerso che due sezioni del maschile, G9 e G11, sono state chiuse a causa della diffusione del covid-19, nonostante nell’ultimo mese siano stati inoculati i vaccini a tutti i reclusi. Purtroppo non è stato possibile scambiare molte informazioni con gli uomini imprigionati.

Al femminile la comunicazione è stata più semplice e immediata. Appena hanno sentito il gruppo di solidali all’esterno, alcune donne si sono affacciate ed è stato possibile uno scambio reciproco di informazioni.

Abbiamo saputo che continuano a esserci donne ammalate di covid, che invece di essere trasferite in ospedale vengono rinchiuse in isolamento. Tra queste, sappiamo che c’è una donna in condizioni di salute critiche e una donna incinta di 7 mesi.

Sono stati ristabiliti i colloqui, che vengono ancora effettuati attraverso i vetri in plexiglass, proibendo ogni contatto con la persona cara. I minuti a disposizione per effettuare le chiamate sono stati ridotti. L’aria, che l’amministrazione del carcere aveva completamente eliminato durante il lungo periodo del focolaio, costringendo le donne a restare in cella h24, è stata ripristinata concedendo però solo la metà delle ore che venivano effettuate in precedenza.

Anche la possibilità di fare la cosiddetta “spesina” è stata ridotta a sole 2 volte a settimana, di cui una per i beni di prima necessità; la possibilità di acquistare prodotti, inoltre, è stata ostacolata anche dal rincaro e dalla riduzione della merce disponibile. Se prima, acquistando l’acqua, veniva fornita una cassa contenente 6 bottiglie, adesso, allo stesso prezzo, sono solo 3 le bottiglie che vengono consegnate a chi ha la possibilità di comprarle.

Una detenuta ci ha riferito che era in sciopero della fame da 5 giorni perché le viene negata la possibilità di lavorare.

L’ennesimo paradosso del carcere: prima hanno costretto tutte le persone detenute a vaccinarsi con il ricatto che, se avessero “scelto” di non farlo, non avrebbero avuto più la possibilità di lavorare o fare l’aria, dopo hanno dimezzato le ore d’aria e continuano a negare la possibilità del lavoro.

Il carcere, misura dopo misura, punta a blindarsi sempre di più ed annientare le persone che vi sono rinchiuse, adottando misure particolari sperimentate in precedenza nelle carceri speciali e nelle sezioni-tortura del 41bis e collaudate e normalizzate nel resto delle carceri con la scusa di essere le uniche misure adatte a contenere l’epidemia. Sappiamo che da queste pratiche disgustose, l’amministrazione non intende tornare indietro: è così che, a emergenza focolaio conclusa, Rebibbia continua a negare le ore d’aria, è così che le persone detenute sono ancora costrette a chiamate ridotte e a colloqui alienanti, è così che i processi continuano a svolgersi in videoconferenza, per spezzare qualsiasi legame di solidarietà con chi fuori decide non restare indifferente.

A tutte le persone recluse, a tutte le persone in lotta nelle carceri e nei CPR, a tutte le persone che lo stato individua come non conformi, va la nostra totale solidarietà. Non ci fermeremo finché delle loro luride gabbie non resteranno che le macerie.

Assemblea parenti e solidali