Apr 152021
 

Riceviamo e pubblichiamo

Mattia è uno dei cinque detenuti che hanno sottoscritto l’esposto per i fatti di Modena del Marzo 2020, i pestaggi dopo la rivolta e la morte in cella di Salvatore Piscitelli, avvenuta nel carcere di Ascoli Piceno.

Già circa un anno fa fu valutato in Pronto Soccorso ad Ascoli Piceno mentre si trovava in quel carcere (prima che uscisse l’esposto), ed in tale occasione gli fu indicata la necessità di programmare un intervento chirurgico per un grave problema di salute, destinato a peggiorare se trascurato. Attualmente Mattia si trova recluso nel carcere di Montacuto (Ancona). È passato oltre un anno e ancora l’intervento suggerito non è stato effettuato.

Nelle ultime settimane la sua situazione di salute si è ulteriormente aggravata ed è stato trasferito ben due volte in Pronto Soccorso.

Qui i medici hanno nuovamente programmato un intervento e prescritto la somministrazione di un antibiotico che tuttavia, al rientro in carcere, non gli è stato dato per svariati giorni. Nonostante i ricoveri in Pronto Soccorso il medico del carcere sostiene che le condizioni di salute di Mattia siano buone e che possa effettuare una nuova visita fra 6 mesi.

Nel frattempo, nonostante sia stata disposta l’autorizzazione per l’ingresso di un medico di fiducia da circa un mese, non viene comunicata una data per effettuare la visita.

Come leggere tutto ciò?

Partiamo da una considerazione certamente non originale: la sanità in carcere è pessima di prassi. L’eccezione non è la malasanità, ma trovare un medico non connivente con le guardie.

L’abbiamo visto e continuiamo a vederlo, basti ripensare alle rivolte di un anno fa con cui i detenuti hanno chiesto a gran voce la tutela della propria salute, concetto incompatibile con quello di reclusione. Basti guardare oggi, dopo oltre un anno, quanto la pandemia attraversi ancora quelle mura e continui a diffondersi, senza che vengano adottate misure dignitose per frenare tutto questo. Basti ascoltare cosa ci dicono detenuti e detenute a cui il vaccino anti-COVID viene presentato più come una costrizione che come una scelta: se non ti vaccini ti mettiamo in isolamento, ti blocchiamo ogni attività, ti impediamo ogni visita medica.

Ma torniamo un istante alla situazione di Mattia.

Sono ripetute le vessazioni destinate a lui e agli altri detenuti che hanno sottoscritto l’ormai noto esposto; tra pacchi e corrispondenza rifiutati o trattenuti, posta sottoposta a censura, soldi spediti dai familiari che non vengono recapitati, rifiuti di protocollare richieste interne, e l’onnipresente ricatto sul corpo e sulla salute.

La macchina statale, dopo le brutalità e gli omicidi di massa commessi nelle carceri un anno fa, ha apertamente deciso di non invertire la rotta e di dare chiari segnali a tutti/e coloro che non stanno zitti di fronte ai quotidiani soprusi di carcerieri e personale sanitario.

Il pugno duro messo in campo in decine di galere nel marzo 2020 è una prassi tuttora rivendicata dallo Stato. E chi alza la voce per denunciare la violenza delle guardie e la connivenza dei medici deve essere messo a tacere. Hanno provato a vessare i 5 detenuti autori dell’esposto con trasferimenti, con continue minacce e ripetuti interrogatori. Nulla di tutto ciò, ad oggi, ha avuto l’effetto desiderato.

Ora rincarano la dose facendo aggravare volontariamente la situazione di salute di uno di loro. Vogliono la vendetta. Questo stanno dicendo a Mattia trascurando la sua salute, questo stanno dicendo a tutti noi.

Sempre solidali e complici con chi non chiude gli occhi e non abbassa la testa di fronte agli aguzzini di Stato!

Facciamo sentire tutta la nostra solidarietà e rabbia.