Mar 282020
 

Riceviamo e pubblichiamo. Scriveteci a evasioni[at]canaglie.org

7-8 marzo 2020. Decine di carceri italiane vengono private del silenzio e della quiete che le governa. Migliaia di individui, da ogni parte d’Italia, diverse le origini, diversi i reati, ma stesso l’obbiettivo: far sapere a chi comanda che non ci stanno ad essere considerati la feccia sacrificabile, e ad essere ignorati e privati della dignità di uomo, di donna di fronte ad un’emergenza, chiamata coronavirus, che agisce come una livella sulla società. O forse come una livella no?

Lo stato si arroga il dovere di punire, ma non ha il diritto di condannare a morte. Non ancora. Non di nuovo. Questa pandemia è endemica al sistema. È questo sistema a generare le sue malattie. Ed essendo sua espressione rispecchia ogni prassi, ogni modalità, andando a colpire quelle parti “non convenienti” della società che lo tollera. I non produttivi, i non allineati, i dissidenti, come anche le solitudini, le persone fragili, i poveri. I prigionieri.

Nel continuo laborio della crisi e la persistenza di uno stato di emergenza, l’attuazione di un clima di paura e terrore è sempre propedeutico all’applicazione di nuovi strumenti di controllo e limitazione delle libertà. Questo dovrebbe essere oramai chiaro.
Il cortocircuito è avvenuto proprio laddove quelle individualità che rappresentano il surplus sacrificabile quando non l’agente cancerogeno, sono concentrate: il carcere.

La comunicazione assidua e asfissiante di tv e radio ha sollecitato la famosa goccia che fa traboccare il vaso. Il vaso che conteneva già ogni tipo di umiliazione e restrizione per chi doveva scontare una condanna e si è ritrovato a dover riconsiderare in difetto la sua condizione di uomo o di donna.

Negli anni i detenuti hanno provato e riprovato, con modalità non violente, a far sentire la propria voce. A riprendersi quella dignità negata, incorrendo in ogni tipo di punizione a fronte di pochissime e palliative mini riforme.
Ora: assordati dal vociare della paura e accecati dall’in-giustizia che li relega al silenzio, quale convinzione avrebbero mai potuto consolidare “dentro” se non quella di non aver più niente da perdere?

Quindi la rivolta.

La rabbia che ha mosso migliaia di mani viene da lontano. Si è insinuata e poi si è accresciuta nelle crepe dell’emarginazione, dell’impoverimento sociale, nella punizione e nell’esclusione. Ora è semplicemente esplosa. E hanno perso di valore tutti gli espedienti adoperati dal sistema giustizia per assoggettare e annullare ogni ambizione di rivalsa, di protesta. Non i giorni di sconto pena, non la buona condotta né lo spauracchio dei trasferimenti coatti. Non le squadrette con i loro manganelli, non la “camicia di forza chimica”, neanche la morte. E di morti ce ne son stati. Quattordici. Non dimentichiamolo.

Qualcuno si deve autoassolvere. Qualcun altro giustificare. Così, servilmente, qualcuno ha sentito la necessità di imputare gli avvenimenti ad una fantomatica regia esterna. E qui i servi hanno espresso tutta la loro ottusità, la cieca e meschina dietrologia di chi è nano di fronte agli eventi. Superati, spiazzati, hanno tirato fuori dal cilindro della loro scienza da tribuna le solite indicizzazioni: “regia occulta”!
I primi ad essere proposti come indagabili sono stati i soliti noti. Coloro che fuoco alle galere e stato assassino e liberi tutti. Solidali, irrequieti. Quelli che per indole e scelta insieme non tollerano alcuna gabbia, alcuna galera. Così sfacciati da non aver riguardo di tribunali e giudici, così sicuri di voler abbattere quella logica da andare fin sotto le mura di quelle carceri a volto scoperto, per urlarlo a squarciagola… che nessuno resti solo nelle mani dello stato, che questo stato non li avrà mai domi. Che c’è di occulto in tutto ciò? La visione della politica e della società per la quale esistono dei burattini e dei burattinai appartiene a chi il potere lo vuole e lo esercita. A chi certe accuse le formula come metodo e poi le recita. Disperato e senza neanche troppa convinzione. Non certo a chi combatte, a chi fa della lotta una ragione di vita.

Infatti, brancolanti nel buio e inchiodati dalle proprie responsabilità, i servi son finiti poi per indicare con i loro indici sporchi di sangue, addirittura le organizzazioni mafiose. La simultaneità degli eventi. Il clock della sommossa. Li manda proprio in panne pensare e ripensare a come sia mai potuta succedere cotanta puntualità… Sarà stato il cervello fino della camorra a far zompare Poggioreale… l’autorevolezza di cosa nostra a infiammare il Pagliarelli… la scaltrezza della sacra corona unita a distruggere il carcere di Foggia… Eh si, la ndrangheta latitava per deformazione professionale! Tutto ‘sto bordello per ottenere dei mini indulti di cui neanche potrebbero beneficiare? ‘Sto casino per fare uscire gli altri? Migliaia e migliaia di euro ogni mese per corrompere le guardie, assoldare avvocati che assoggetteranno giudici avidi e poi mandano in fiamme il loro principale santuario di affiliazione!? La mafia non vuole rivolte. Nessuna mafia. Tra l’altro: come si chiama la mafia modenese che ha distrutto il sant’Anna?!
Lo sanno bene i servi di aver detto una minchiata! Così bene da non poter pubblicizzare più di tanto queste assurde invettive. Quel che potranno fare e faranno sarà aprire un’inchiesta. Dare lavoro a servi più servi di loro. Quindi solite indagini, soliti attenzionamenti. Magari battezzeranno qualche nuova composizione anarco-mafiosa, con a capo non un mamma santissima ma una “compagna santissima”, con giuramenti fatti sul santino di “san Gaetano Bresci arcangelo” e così via…

Qualcuno lo dica a questi servi che il re è nudo. Che orde di dannati incazzati hanno risposto con la violenza necessaria alla violenza di stato. Che quei figli di nessuno non hanno alcuna voglia di far la fine del topo.

Nel silenzio delle celle ora si starà compiendo la vendetta dei loro stupidi manganelli così come nelle gabbie dei cellulari dei partenti. Questo un detenuto lo tiene in conto, un prigioniero lo sa. La sorpresa è tutta loro. Perché il sistema che alimentano orgogliosi e protetti da leggi, ferro e cemento per due giorni ha vacillato. Un’improvvisa forza distruttrice ha messo in ginocchio uomini e idee al servizio di uno stato omicida.
Questa è una lezione di vita. Che valga per ognuna e ognuno. Per tutte le volte che il coraggio scarseggia.
E per quanto riguarda quei giorni di rivolta… Siano di tutti noi! Non venga mai il tempo di doverli ricordare. Restino oggi, incendino oggi, liberino oggi.

Un illegale