Apr 152019
 

Riceviamo e pubblichiamo.

Il testo che segue è il volantino che abbiamo distribuito al corteo del 16 marzo a Trento in solidarietà con i compagni arrestati. Crediamo utile diffonderlo perché sintetizza i ragionamenti fatti nelle varie iniziative di questi due mesi in risposta agli arresti del 19 febbraio.

La natura del corteo del 16 marzo – e dei comizi anarchici che lo hanno preceduto – era ben riassunta dallo striscione di apertura: «Se sono “innocenti” hanno tutta la nostra solidarietà. Se “colpevoli”, ancora di più». Al di là delle modalità pratiche (un corteo tranquillo, con scritte, stencil, striscioni dalle impalcature e un po’ di vernice su banche, agenzie immobiliari e sulla Rai) e del dato quantitativo (oltre quattrocento persone in strada a Trento non si vedono spesso), l’aspetto per noi più importante è la stata la chiara difesa (nell’insieme e una per una) delle azioni di cui sono accusati compagne e compagni. Sul secondo striscione del corteo c’erano i nomi di tutti gli anarchici detenuti in Italia.

Il punto di forza, pensiamo, consiste nel trasformare degli arresti in un’occasione, oltre che di solidarietà agli arrestati, di agitazione e di propaganda per l’azione diretta. Il limite – nostro, ma, più in generale, tipico di questa fase, con le debite eccezioni – è la quasi assenza di conflitti a cui affiancare e in cui declinare l’appoggio ai compagni e alle pratiche di cui sono accusati. Tanto per fare un esempio, ben diverso è parlare di un sabotaggio di un laboratorio di ricerca militare nel contesto di un movimento contro la guerra o di una lotta contro un progetto dell’esercito o farlo in un contesto più generico.

L’altro punto è far capire – a chi? domanda non peregrina – che dietro l’attacco ai compagni c’è un attacco più complessivo. Ora ci stiamo concentrando anche su questo aspetto.

Non da ultimo, dobbiamo saper mettere un po’ di peso contro trasferimenti, blocco della posta, censura, sequestro di libri e giornali, videoconferenza (per non parlare del pestaggio contro Paska) a cui sempre più spesso vengono sottoposti compagne e compagni detenuti.

Sasha, Agnese, Rupert, Nico, Poza, Stecco e Giulio liberi!

Terrorista è lo Stato!

Una questione di cuore

I sette anarchici che hanno arrestato il 19 febbraio sono i nostri compagni. Con loro condividiamo un sogno – una vita liberata dallo Stato, dalle classi, dal denaro – e abbiamo condiviso tante lotte. Li abbiamo sempre avuti al nostro fianco. Oltre a noi, li ha avuti al proprio fianco chiunque abbia lottato in questo territorio. Quando c’era da rompere la normalità per un morto in carcere o in fabbrica, loro c’erano. Quando c’era da bloccare una trivella o delle ruspe per impedire la devastazione ambientale, loro c’erano. Quando c’era da schierarsi con dei lavoratori in lotta, nei picchetti davanti a un supermercato o a un magazzino della logistica, loro c’erano. Quando c’era da scendere in strada autodifesi contro i fascisti o la Lega, loro c’erano. Quando c’era da battersi contro la guerra e le frontiere, loro c’erano. Quando si è trattato di reagire a una retata o a una violenza poliziesca, loro c’erano. Quando c’era da bloccare un treno contro l’ennesimo morto in fuga dal razzismo di Stato, loro c’erano. Nell’occupare spazi di autogestione insieme a chi non ne può più di questo mondo o case insieme a chi vive per strada, loro c’erano. Nell’esprimere solidarietà ad altri compagni arrestati in Italia o all’estero, loro c’erano. Il fango che poliziotti, magistrati, politici e giornalisti hanno gettato addosso a questi compagni è tanto schifoso quanto impotente.

Una questione partigiana

Noi non difendiamo solo i nostri compagni, ma anche le azioni di cui sono accusati. Attaccare i laboratori della ricerca bellica, gli strumenti dell’alienazione e del controllo sociale, le agenzie dello sfruttamento, i finanziatori della guerra, le sedi del razzismo di Stato è giusto, chiunque lo abbia fatto. Così come è giusto, soprattutto in un’epoca in cui milioni di esseri umani sono braccati perché non hanno i documenti in regola, fabbricarne di falsi, che qualcuno lo abbia fatto o meno. Questa è la nostra solidarietà. Chiara e senza opportunismi.

Una questione di autodifesa collettiva

Vorremmo dire qualcosa anche a chi non ha simpatia per gli anarchici e non condivide le pratiche di cui sono accusati. Colpendo alcuni compagni, si vuole spianare la strada a un attacco più ampio a chiunque lotti. Non è retorica. È la logica che emerge esplicitamente dalle carte di questa inchiesta. Sapete che cos’è “terrorismo” per lo Stato? Ecco: “costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto” (art. 270 sexies). Cioè quello che fa qualsiasi lotta che rompe gli argini della legalità, qualsiasi movimento che voglia davvero impedire i progetti politici o economici contro cui si schiera. Impedendo un cantiere del TAV o i licenziamenti imposti da una multinazionale, cosa si fa se non “costringere a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto”? Cosa rimane fuori dal “terrorismo”? La protesta simbolica e inoffensiva. E infatti nelle carte dell’inchiesta si dice che il blocco di un treno o di una trivella del TAV, la manifestazione contro le frontiere al Brennero o l’accoglienza di piazza riservata a Salvini a Rovereto – non solo, quindi, le azioni notturne che si vogliono attribuire ai compagni arrestati – “si connotano della violenza terroristica”. Se questa è la “finalità di terrorismo”, diventa irrilevante che il mezzo sia un blocco del traffico, della vernice contro un tribunale e della benzina contro dei carri armati. Il reato di “associazione sovversiva con finalità di terrorismo” può fare a meno allora non solo delle prove sui singoli fatti, ma dei fatti stessi. Basta il “pericolo presunto”, cioè l’intenzione. Benvenuti nella democrazia totalitaria.

Come si vede, Stato e padroni si stanno attrezzando in anticipo per reprimere quelle lotte di cui dànno per scontata la ripresa, visto lo sfacelo ecologico e sociale che ci stanno preparando. È solo un problema nostro?

anarchiche e anarchici