Dic 042018
 

Domenica 2 dicembre, dal primo pomeriggio, circa ottanta persone tra solidali, amici e familiari di detenuti si sono ritrovate davanti il carcere di Velletri per rompere il silenzio che circonda quella prigione e ricordare che, solo nell’ultimo mese, due persone sono morte in quel luogo infame. Tra queste due persone c’è Cristian, ufficialmente suicida, la cui famiglia ha voluto fortemente questa giornata per indicare che è solo il carcere il responsabile della morte del loro caro.

Appena iniziato il presidio con saluti e musica, la risposta delle persone detenute è stata subito molto forte: ai cori dei e delle solidali si sono alternati quelli dei detenuti e l’urlo “libertà” ha scandito il ritmo della nostra presenza lì fuori.

Il carcere di Velletri è completamente isolato, circondato solo dalla campagna: non abbastanza isolato, però, da riuscire a nascondere così bene ciò che avviene oltre quelle mura, tra pestaggi e vessazioni di ogni tipo da parte delle guardie, tra atti di autolesionismo e morti tra i detenuti (sono 4 le persone decedute quest’anno dal mese di aprile). Diverse sono altresì le proteste poste in atto dalle persone ristrette per provare a resistere e rispondere ai trattamenti subiti.

Nel corso delle ore, diversi interventi si sono susseguiti per spiegare i motivi della nostra presenza lì davanti, per provare a raccontare ai detenuti cosa succede fuori da quel carcere e in altre galere; per fare sapere loro che, nonostante gli unici racconti riguardo quello che avviene lì dentro siano quasi sempre quelli delle guardie, le sole voci che per noi contano, le uniche a cui scegliamo di credere, sono quelle delle persone detenute.
Sono proprio queste voci che, ad un certo punto, sono esplose in un fragoroso “L’hanno impiccato!”.
Anche la famiglia di Cristian non ha mai voluto dare per vera l’ipotesi del suicidio.

Che le relazioni tra detenuti, famiglie e solidali siano fondamentali e ci diano forza per continuare a lottare contro carceri e la società che le nutre, lo dimostra il pronto fastidio che ha dimostrato il sindacato dei secondini di Velletri il quale non ha perso tempo per rilasciare l’ennesima dichiarazione e, nonostante l’evidenza delle morti in carcere, continuare a ergersi strenuo difensore dei diritti dei detenuti e dipingersi come vittima del sistema carcerario.
Non staremo qui a rispondere ai loro grotteschi tentativi di proteggersi a vicenda, piuttosto a ribadire quello che domenica abbiamo detto in tre parole, finché ogni muro non sarà abbattuto:
il carcere uccide.

Sempre a fianco di chi lotta
4 dicembre 2018
Rete Evasioni