Nov 052016
 

La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione, slegata da provvedimenti penali specifici, che si applica a persone ritenute pericolose per la sicurezza pubblica, la morale, le istituzioni.
É una misura utilizzata nei casi di recidiva e per chi è considerato criminale abituale.
Nel corso degli ultimi anni sono state numerose le richieste di applicazione della sorveglianza speciale per i militanti politici, nella maggior parte dei casi si tratta di anarchici.
Nel dettaglio le richieste si rifanno al codice della legge antimafia: art 4 comma 1 lett. C) D.Lgs. nr. 159 del 06 settembre 2011, che si riferisce a : “coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.”
Le richieste sono avvenute in città sparse nella penisola in cui sono presenti realtà di lotta conflittuali: Bologna, Rovereto, Torino, Teramo, Pisa, Genova, Saronno, Cagliari, Cremona, Roma, Venezia, …
L’applicazione di questa misura comporta una durata e delle prescrizioni modulate caso per caso (obbligo di dimora, rientro notturno, divieto di frequentare pregiudicati e persone colpite da misure di prevenzione, divieto di frequentare iniziative pubbliche, obbligo di lavorare, ecc…). Di fatto mira ad impedire di proseguire l’attività di lotta ed a recidere i legami solidali, politici, affettivi con i propri compagni e le proprie compagne.
Nella maggior parte dei casi l’applicazione della sorveglianza speciale – che è richiesta dal questore – è stata rifiutata. Nonostante questo constatiamo il continuo e insistente tentativo di ricorrere a misure come questa, e l’estensione del loro uso a tutte le aree politiche antagoniste conflittuali.

La questura di Roma, da circa un anno ad oggi, ha emesso numerosi avvisi orali nei confronti di compagne e compagni appartenenti a vari raggruppamenti politici e sindacali. La sottoposizione all’avviso orale, anche se non vincolante, è l’anticamera della sorveglianza speciale.
Negli ultimi mesi il questore D’angelo ha proposto per la sorveglianza speciale cinque compagni, e a due di questi la misura è stata effettivamente applicata.
Considerando i 4 torinesi già sottoposti a questa misura, i sorvegliati speciali per motivi politici di cui siamo a conoscenza sono quindi attualmente 6.
Il 15 ottobre scorso è stata notificata qui a Roma la proposta di applicazione di sorveglianza speciale ad un altro compagno.

Il dilagare di misure coercitive di vario tipo (misure amministrative, cautelari, multe, ecc…) ha portato molti a prendere coscienza del problema: si tratta di un attacco consistente ai movimenti di lotta, di una strategia pianificata. Alcuni gruppi sono stati a tal punto gravati da questo attacco (decine e decine di compagni sottoposti a misure di vario tipo) che sottostarvi sarebbe significato scomparire come realtà di lotta. Ci si è resi conto, quindi, della necessità di rifiutare queste misure e resistere alla loro applicazione. In diverse parti d’Italia (tra cui Venezia, Rovereto, Torino, Valle di Susa) ci sono state forme di opposizione. Si va dalle dichiarazioni in fase processuale, alla violazione dei divieti, al rendersi irreperibili per non farsi notificare le misure. Due compagni della valle sono stati arrestati per aver violato le misure cautelari.

Nel momento in cui anche a Roma comincia ad affermarsi il ricorso sistematico a questi metodi repressivi è importante avere chiaro il problema. Acconsentire a che divengano norma significa farsi mettere la museruola dal ministero degli interni.
É una questione che riguarda tutti quelli che lottano, nei diversi modi, contro questo sistema.

5/11/2016
Rete Evasioni